Utente:BlackPanther2013/Sandbox/felini
Foreste umide della costa del Malabar Malabar Coast moist forests | |
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Ecozona | Indomalese (IM) |
Bioma | Foreste pluviali di latifoglie tropicali e subtropicali |
Codice WWF | IM0124 |
Superficie | 35,500 km² |
Conservazione | In pericolo critico |
Stati | ![]() |
Scheda WWF |
Le foreste umide della costa del Malabar sono un'ecoregione dell'ecozona indomalese, definita dal WWF, che si estende attraverso l'India sud-occidentale (codice ecoregione: IM0124[1]).
Territorio
Questa ecoregione comprende le foreste semi-sempreverdi che si estendono lungo la costa del Malabar, una sottile striscia di terra compresa tra l'oceano Indiano ad ovest e le colline di 250 m che contornano i Ghati Occidentali ad est. Si estende attraverso gli stati indiani di Kerala, Karnataka e Maharashtra.
Dal punto di vista geologico, l'altopiano del Deccan - e di conseguenza questa ecoregione - è un frammento del Gondwana. La catena dei Ghati Occidentali si sollevò dopo che la placca indiana si separò dal continente meridionale e andò alla deriva verso nord per poi congiungersi al continente eurasiatico settentrionale. Queste montagne iniziarono quindi a intercettare le piogge del monsone di sud-ovest, creando condizioni più umide sulle pendici occidentali della catena e condizioni più aride su quelle orientali.
Il monsone di sud-ovest apporta oltre 2500 mm di piogge annuali all'ecoregione, influenzando così la sua vegetazione. Le parti meridionali dell'ecoregione, nello stato del Kerala, ricevono una maggiore quantità di precipitazioni e di conseguenza la vegetazione, di tipo sempreverde umido tropicale a sud, tende a condizioni di maggiore aridità procedendo verso nord.
Flora
La vegetazione originaria lungo la costa occidentale della penisola del Deccan era di tipo sempreverde tropicale, ma le foreste sono state in gran parte sostituite o intervallate da piantagioni di teak, conferendo alla vegetazione un carattere semi-deciduo; il teak è ora considerato un indicatore di uno stadio secondario della vegetazione o della presenza di piantagioni.
Le foreste di questa ecoregione sono caratterizzate da specie come Tetrameles nudiflora, Stereospermum tetragonum, Dysoxylum gotadhora, Ficus nervosa, Ficus racemosa, Pterocarpus marsupium, Bombax ceiba, Terminalia bellirica, Terminalia tomentosa, Anogeissus latifolia, Dalbergia latifolia, Lannea coromandelica, Madhuca longifolia, Garuga pinnata, Syzygium cumini, Olea dioica, Xantolis tomentosa, Bridelia retusa, Mangifera spp. e Actinodaphne gullavara. È presente generalmente uno strato intermedio di Erythrina variegata, Butea monosperma, Wrightia tinctoria, Bauhinia racemosa e Ziziphus rugosa e uno strato arbustivo di Flacourtia spp., Woodfordia fruticosa, Meyna laxiflora e Carissa spinarum. Along the northern coast of Karnataka State several patches of moist deciduous forests are represented by an association of Lagerstroemia microcarpa, Tectona grandis, and Dillenia pentagyna (Pascal et al. 1982), representing the drier climatic conditions. The Myristica swamps and the inland lagoons represent distinct habitat types within this ecoregion (Rodgers and Panwar 1988) that are now endangered.
La vegetazione originale lungo la costa occidentale della penisola del Deccan era sempreverde tropicale (Champion e Seth 1968). Ma le foreste sono state in gran parte sostituite o intervallate da teak, conferendo alla vegetazione un carattere semi-deciduo; il tek è ora considerato indicativo di uno stadio successionale secondario o presenza di piantagioni.
Champion e Seth (1968) hanno caratterizzato queste foreste decidue umide meridionali con le seguenti specie: Tetrameles nudiflora, Stereospermum personatum, Disxylum binectariferum, Ficus nervosa, Ficus glomerata, Pterocarpus marsupium, Salmalia malabarica, Terminalia bellerica, Terminalia tomentosa, Anogeissus latifolia, Dalbergia latifolia , Lannea coromandelica, Madhuca indica, Garuga pinnata, Syzygium cumini, Olea dioica, Pouteria tomentosa, Bridelia retusa, Mangifera spp. E Actinodaphne angustifolia. C'è in genere una seconda storia di Erythrina variegata, Butea monosperma, Wrightia tinctoria, Bauhinia racemosa e Zizyphus rugosa e uno strato arbustivo di Flacourtia spp., Woodfordia fruticosa, Meyna laxiflora e Carissa congesta (Puri et al., 1989). Lungo la costa settentrionale dello stato del Karnataka diverse macchie di foreste decidue umide sono rappresentate da un'associazione di Lagerstroemia microcarpa, Tectona grandis e Dillenia pentagyna (Pascal et al 1982), che rappresentano le condizioni climatiche più asciutte. Le paludi di Myristica e le lagune interne rappresentano diversi tipi di habitat all'interno di questa ecoregione (Rodgers e Panwar 1988) che sono ora in pericolo.
Fauna
L'ecoregione non presenta elevati livelli di endemismo, ma ospita comunque alcune specie minacciate. I mammiferi sono rappresentati da 126 specie, compresa una forma quasi endemica, il pipistrello Tadarida teniotis. Specie in pericolo di estinzione qui presenti sono la tigre (Panthera tigris), l'elefante asiatico (Elephas maximus), il gaur (Bos gaurus), l'orso labiato (Melursus ursinus), la lontra liscia (Lutrogale perspicillata), la civetta indiana (Viverra zibetha) e l'antilopre quadricorne (Tetracerus quadricornis). Di particolare importanza ai fini della conservazione della specie è la popolazione di elefanti presente nel Distretto di Midnapore.
L'avifauna è rappresentata da 380 specie, nessuna delle quali endemica. Comunque, l'ecoregione ospita due specie globalmente minacciate, il florican del Bengala (Houbaropsis bengalensis) e il florican minore (Sypheotides indicus), così come l'aquila pescatrice di Pallas (Haliaeetus leucoryphus) e il francolino di palude (Francolinus gularis). Il bucero grigio indiano (Ocyceros birostris) e il bucero bianconero orientale (Anthracoceros albirostris) sono buoni indicatori della qualità della foresta e necessitano di urgenti misure di protezione.
Conservazione
Nonostante centinaia di anni di attività antropiche, molte foreste rimasero intatte fino all'inizio del XX secolo. Da allora il tasso di deforestazione è accelerato e le aree ricoperte da vegetazione originaria sono quasi del tutto scomparse. Solo il 3% circa della superficie originaria è ancora ricoperta da foreste, e rimane unicamente una sola area di habitat intatto di grandi dimensioni (a sud di Varanasi). Sebbene all'interno dell'ecoregione si trovino più di quaranta aree protette, esse coprono solo circa il 3% dell'ecoregione e più della metà di queste sono di piccole dimensioni, con un'area inferiore ai 100 km².
Note
- ^ (EN) Malabar Coast moist forests, in Terrestrial Ecoregions, World Wildlife Fund. URL consultato il 29 dicembre 2016.
Cormorano comune | |
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Stato di conservazione | |
Rischio minimo[1] | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Aves |
Ordine | Suliformes |
Famiglia | Phalacrocoracidae |
Genere | Phalacrocorax |
Specie | P. carbo |
Nomenclatura binomiale | |
Phalacrocorax carbo (Linnaeus, 1758) | |
Areale | |
Stanziale Areale estivo Areale invernale |
Il cormorano comune (Phalacrocorax carbo (Linnaeus, 1758)) è un uccello acquatico della famiglia dei Falacrocoracidi diffuso in tutta l'Eurasia e l'Australasia, nonché nelle regioni nord-orientali dell'America Settentrionale e in quelle settentrionali dell'Africa[2].
Descrizione
Dimensioni
Misura 80-100 cm di lunghezza, per un peso di 1810-2810 g (le femmine sono più piccole dei maschi); l'apertura alare è di 130-160 cm[3].
Aspetto
Il cormorano comune, una sorta di corvo dei mari, è un uccello di grandi dimensioni, con la testa, il collo e il corpo di colore scuro e un robusto becco a forma di uncino.
Le penne delle ali, color bronzo, sono bordate di nero e creano un contrasto cromatico col resto del corpo; il piumaggio inferiore è quasi interamente nero. I maschi e le femmine adulti si distinguono dai giovani, i quali, nel primo anno di vita, hanno il ventre coperto di piume bianche che formano una grande macchia più o meno estesa. Durante il secondo anno, questa fascia bianca scompare, ma essi restano comunque riconoscibili per il colore brunastro del piumaggio, che comincia ad assomigliare a quello degli adulti solo durante il terzo anno di vita.
La muta degli adulti ha luogo due volte all'anno: da luglio (dopo la stagione della riproduzione) a dicembre per le penne della coda e, prima della nidificazione, da gennaio ad aprile per le piume della testa, del collo e del corpo.
Ben adattato all'ambiente acquatico (mare o acqua dolce) che gli fornisce la maggior parte del cibo, il cormorano gode di una buona capacità visiva sia sott'acqua sia in superficie: il suo occhio infatti è provvisto di una membrana nittitante trasparente (una terza palpebra che si sposta dall'angolo interno sull'intero occhio) che funge da maschera subacquea consentendogli una visione eccellente. Il tatto e l'odorato sono invece sensi poco sviluppati in questa specie.
Il corpo affusolato, le zampe molto arretrate e munite di larghissime membrane interdigitali gli garantiscono una grande agilità negli spostamenti sottomarini, che avvengono a volte a grandi profondità (fino a 9 metri).
Grazie a un apparato respiratorio ben sviluppato, quest'uccello può restare un minuto sott'acqua. Non vi rimane più a lungo perché l'acqua penetra all'interno del piumaggio, che è poco impermeabile: infatti la ghiandola uropigea, situata vicino al codrione, che secerne un olio (sebo) protettivo impermeabilizzante, è atrofizzata. Il cormorano è perciò costretto a effettuare lunghe soste posandosi su di un ramo, con le ali ben spiegate per far asciugare penne e piume. Tuttavia la permeabilità del piumaggio costituisce un vantaggio durante l'immersione: infatti l'aria imprigionata tra le barbe delle piume diminuisce a causa dell'umidità e quindi non sospinge più il corpo verso l'alto.
Il cormorano è un eccellente volatore, capace di coprire lunghe distanze fendendo l'aria con il collo teso. Il decollo dall'acqua è invece difficoltoso e appare goffo a causa della posizione molto arretrata delle zampe[3].
Biologia
I cormorani sono uccelli estremamente sociali. Vivono insieme in colonie che, nel periodo della riproduzione, comprendono parecchie centinaia di coppie. Durante l'inverno poi la tendenza alla coabitazione si accentua ulteriormente e gli uccelli si raggruppano a migliaia lungo i fiumi o sulle grandi distese di acqua ricavandone parecchi vantaggi: maggiore redditività nella pesca, rinforzo della coesione dei gruppi e sollecitazione dei comportamenti nuziali.
Di notte i cormorani si riuniscono a centinaia o a migliaia nei luoghi di riposo, i dormitori, costituiti dai grandi alberi che costeggiano i fiumi, formando «grappoli» di uccelli che vi si posano a partire dal tramonto fino a notte fonda. Di questo soggiorno resta, alla fine dell'inverno, una traccia ben visibile: la crosta biancastra costituita dalle deiezioni degli uccelli. I cormorani svernano in genere sempre negli stessi luoghi e spesso anche sullo stesso albero, come ha potuto constatare in Vandea l'ornitologo francese Pierre Yesou. Nei Paesi Bassi, i ricercatori Eerden e Ziljlstra hanno rilevato che nei dormitori esiste una gerarchia: i maschi adulti hanno una supremazia sulle femmine e sui giovani che non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale. Le zone di riposo vengono scelte in base alla sicurezza e alla quiete che esse garantiscono agli uccelli: quando si sentono tranquilli e ben protetti, i cormorani danno inizio alle parate nuziali.
Grazie alle ali possenti, i cormorani possono compiere ogni giorno spostamenti di parecchie decine di chilometri per raggiungere le zone di alimentazione o i luoghi di riposo e di accoppiamento. Durante il tragitto, gli stormi si dispongono in una formazione a cuneo che ne facilita il volo: un uccello si pone alla testa del gruppo cosicché gli altri possono avanzare nella sua scia compiendo uno sforzo minore. Il ruolo di «guida» viene assunto a turno e con regolarità da altri esemplari. Passata la stagione della riproduzione, quasi tutta la colonia si mette in viaggio verso il Sud: compirà un volo lungo parecchie centinaia di chilometri (anche 2000) per poter raggiungere le zone di svernamento adatte. La maggior parte dei cormorani che svernano in Italia proviene dalle colonie danesi, olandesi e tedesche[3].
Alimentazione
Le aquile rapaci sono predatori molto opportunisti, che si nutrono di tutto ciò che riescono a trovare. La loro dieta è quasi esclusivamente carnivora: comprende una vasta gamma di piccoli mammiferi (principalmente roditori), uccelli (soprattutto gallinacei), rettili, insetti (comprese le termiti) e carogne di tutti i tipi. Frequentano regolarmente i bordi delle strade per approfittare degli animali uccisi dalle collisioni con i veicoli. Praticano il cleptoparassitismo ai danni di altre specie di rapaci, in particolare dei falchi giocolieri. Si avvicinano anche alle abitazioni, dove frugano regolarmente nei bidoni della spazzatura. Le aquile rapaci cacciano a partire dai posatoi, inseguendo le loro vittime in aria ed eventualmente camminando sul terreno. A volte si radunano in gran numero attorno agli incendi della boscaglia per catturare gli animali che fuggono in preda al panico. Sono predatori molto potenti: in Kenya, talvolta, riescono a uccidere piccole antilopi che pesano il doppio di loro[3].
Riproduzione
Le aquile rapaci nidificano solo una volta a stagione. Quest'ultima varia leggermente a seconda della regione, ma, in generale, ha luogo da aprile a luglio. Entrambi i partner collaborano assiduamente alla costruzione del nido. Il maschio si occupa della raccolta dei materiali e la femmina di assemblarli. Il nido è una larga piattaforma di rami, rivestita con erba e foglie fresche, situata in cima ad un'acacia. Nelle regioni dove non ci sono alberi, come il Karoo, in Sudafrica, la coppia installa generalmente la struttura su un palo del telefono. Il nido viene occupato per due o tre anni consecutivi, quindi viene abbandonato. La covata comprende generalmente due uova, ma molto spesso giunge all'età dell'involo un solo aquilotto, in quanto il piccolo più fragile viene quasi sempre ucciso dal fratello. Il periodo di incubazione dura 45 giorni. Il giovane aquilotto è nidicolo e resta nel nido tra 76 e 85 giorni. Nei primi giorni dopo la schiusa, viene nutrito quasi esclusivamente dal padre, ma verso i 15 giorni entrambi i genitori si alternano nel compito di fornire il cibo. Quando le uova sono due, i rapporti tra i pulcini sono molto aggressivi. I conflitti tra fratelli e la competizione per il cibo sono quasi sempre fatali per i più deboli. Il primo volo viene effettuato quando il superstite raggiunge l'età di 10 settimane. Quest'ultimo rimane dipendente dagli adulti per altre cinque settimane, ma alcuni giovani rimangono con i loro genitori fino all'inizio della stagione successiva[3].
Distribuzione e habitat
L'aquila iberica vive in zone di montagna, ma ad un'altitudine non troppo elevata, in quanto necessita, per nidificare, di alberi di grosse dimensioni e di terreni aperti ai piedi delle pendici per cacciare. Inoltre vive spesso a bassa quota, in praterie dove crescono alberi sparsi. A prima vista sembra che il suo habitat sia condizionato dall'abbondanza di prede, [3].
Conservazione
Questi rapaci sono comuni. Non abbiamo a disposizione valutazioni precise della loro densità, ma alcuni nidi distano tra loro solo 400 metri. La superficie del loro areale viene stimata in 18.000 chilometri quadrati, ma questi uccelli sono in grado di adattarsi a tutti i tipi di habitat dove ci siano degli alberi. Nella categoria dei rapaci, questo astore non ha concorrenti diretti. Secondo Christie, la popolazione globale supera senza dubbio le diecimila unità. Nonostante la specie sia perseguitata dai cacciatori, questa attività non ha una grande influenza sulle dimensioni della popolazione[1].
Note
- ^ a b (EN) BirdLife International 2017, BlackPanther2013/Sandbox/felini, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
- ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Phalacrocoracidae, in IOC World Bird Names (ver 14.2), International Ornithologists’ Union, 2024. URL consultato il 12 ottobre 2018.
- ^ a b c d e f (EN) Great Cormorant (Phalacrocorax carbo), su hbw.com. URL consultato il 12 ottobre 2018.
Altri progetti
Collegamenti esterni
- Ovampo sparrowhawk (Accipiter ovampensis) on ARKive.