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Damalisco dalla fronte bianca
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaBovidae
SottofamigliaAlcelaphinae
GenereDamaliscus
SpecieD. pygargus
Nomenclatura binomiale
Damaliscus pygargus
(Pallas, 1767)
Sinonimi

Damaliscus dorcas

Areale

Il damalisco dalla fronte bianca (Damaliscus pygargus (Pallas, 1767)), talvolta indicato anche con il vecchio nome di antilope pigarga, è un'antilope originaria dell'Africa meridionale strettamente imparentata con il damalisco comune (Damaliscus lunatus). Deve il nome scientifico alla caratteristica macchia bianca sulle natiche: pygargus, infatti, è la latinizzazione del termine greco pýgargos (πύγαργος), composto da pygí (πυγή), «natiche», «deretano», e argós (ἀργός), cioè «lucente», «bianco candido»[2].

Tassonomia

Gli studiosi suddividono la specie in due sottospecie:

  • D. p. pygargus (Pallas, 1767), il bontebok, diffuso nel fynbos e nel Renosterveld della Provincia del Capo Occidentale;
  • D. p. phillipsi Harper, 1939), il blesbok, presente nell'Highveld.

Lo status tassonomico di entrambe è da tempo oggetto di discussione tra i tassonomisti. In passato venivano entrambe considerate sottospecie del damalisco comune (D. lunatus) e in alcuni casi venivano riunite in una sola sottospecie. Esse sono infatti molto simili tra loro, sia nell'aspetto che dal punto di vista genetico.

Il nome di entrambe le sottospecie è di origine olandese: «bontebok» deriva da bont, «variopinto», e bok, «cervo» (cfr. l'inglese buck), e blesbok deriva da bles, «fiamma» (cfr. l'inglese blaze), e bok, con allusione alla caratteristica macchia bianca sul naso a forma di fiamma[3].

Descrizione

Dimensioni

Il damalisco dalla fronte bianca misura 140-160 cm di lunghezza e raggiunge un'altezza al garrese di 85-100 cm, per un peso di 65-80 kg nei maschi e di 55-70 kg nelle femmine; la coda è lunga 30-45 cm.

Aspetto

È un'antilope dalla struttura compatta, con collo corto e testa sottile e allungata; le corna, semplici e a forma di lira, sono presenti in entrambi i sessi, pur essendo più sottili nelle femmine. Le due sottospecie differiscono tra loro per la colorazione: il bontebok ha il manto di un bel colore marrone intenso dai riflessi violacei, con muso, natiche, addome e «calzini» bianchi. La zona bianca facciale è generalmente ininterrotta, una caratteristica che lo distingue a prima vista dall'altra sottospecie, il blesbok, in cui tale macchia è quasi sempre spezzata da una fascia marrone estesa tra gli occhi. Oltre a questo, il blesbok si differenzia anche per il manto bruno-rossastro opaco, privo dei riflessi viola del bontebok, e per la colorazione di natiche e «calzini», marrone chiaro le prime e bianco sporco i secondi[3].

Biologia

 
Primo piano di blesbok.

Sia il bontebok che il blesbok sono antilopi erbivore che trascorrono la giornata brucando l'erba bassa. Sono meno attivi durante le ore più calde di metà giornata, quando generalmente rimangono in gruppo rivolti verso il sole, spesso oscillando su e giù le teste abbassate.

Presso i bontebok, i gruppi di femmine con i piccoli occupano generalmente un territorio che varia da 4 a 28 ha. In ogni branco si trovano da 2 a 8 femmine adulte e la sua dimensione e composizione rimangono tendenzialmente costanti per molti mesi. I branchi di maschi sono molto più numerosi, possono raggiungere il centinaio di capi e comprendono animali di età variabile, con una preponderanza di giovani o subadulti e pochi individui adulti. Sono in genere società aperte, da cui in qualsiasi momento ogni animale può allontanarsi, oppure il gruppo può suddividersi in unità più piccole. A queste aggregazioni di maschi si uniscono a volte anche le femmine immature.

I branchi di maschi non hanno un territorio definito come quelli delle femmine: conducono una vita nomade, vagando per la zona senza bisogno di preoccuparsi dei confini territoriali. Non avendo territori da difendere, le bande di «scapoli» non si organizzano gerarchicamente e presentano una quasi assoluta mancanza di comportamento aggressivo; sembra che la coesistenza pacifica sia di regola.

 
Femmina di bontebok con il piccolo.

Il maschio che ha stabilito il suo territorio, invece, difenderà attivamente il suo dominio, che è di varie centinaia di metri di diametro. Il bontebok conserva il suo territorio da un anno all'altro e il maschio residente affronta qualsiasi altro maschio che tenti di penetrarvi. Nel frattempo cerca di attirare il maggior numero possibile di femmine e di non lasciarle uscire dai confini. Durante il periodo degli amori, il maschio corteggia la femmina utilizzando varie posture e atteggiamenti, per esempio avvicinandosi con il collo e il muso allungati in avanti e paralleli al terreno, tenendo la coda sollevata e arricciata sopra il dorso e abbassando le orecchie. La femmina che è oggetto di queste attenzioni permette che il maschio le si avvicini e annusi la zona genitale per determinare se è in calore; poi si allontana di scatto, fermandosi dopo pochi metri. Nel corso di una giornata un maschio può eseguire numerosi controlli sulle femmine presenti nel suo harem, comprese quelle ancora sessualmente immature. Poiché questo comportamento continua durante tutto l'anno, anche se la stagione degli amori è limitata a 3 mesi, si è pensato che il continuo controllo serva al maschio per affermare la sua dominanza sessuale sulle femmine. Tale interpretazione è suffragata anche dal fatto che se una femmina cerca di allontanarsi dall'harem, il maschio la segue, assume la postura di corteggiamento e la annusa. Normalmente questo basta per farla tornare fra le sue compagne. La vigilanza da parte del maschio è molto importante perché la femmina di bontebok resta in estro per un periodo molto breve, 24 ore, e durante questo periodo può scegliere di accoppiarsi con qualsiasi maschio che incontra.

I bontebok maschi creano il loro territorio verso i 5 o 6 anni e lo marcano in vari modi: con cumuli di escrementi e deponendo la secrezione delle ghiandole preorbitali su ramoscelli e steli. Lasciano anche tracce di scavo: si piegano sulle zampe anteriori e «incornano» vigorosamente lo strato erboso. Se un altro maschio viene attirato dalla presenza delle femmine e cerca di entrare nel territorio, il maschio residente insegue l'intruso minacciandolo e lo costringe ad abbandonare la zona.

 
Un branco di bontebok.

Le relazioni fra detentori di territori confinanti consistono in serie quotidiane di minacce e ostentazioni di potenza effettuate mettendo in mostra la lunghezza delle corna. Sono stati registrati almeno 30 diversi tipi di comportamento territoriale e ogni sequenza di minaccia e ostentazione continua per una decina di minuti circa.

I blesbok hanno una struttura sociale simile a quella del bontebok, con poche differenze significative. I gruppi di femmine con i piccoli sono generalmente più numerosi, in quanto possono comprendere fino a 25 femmine, e i maschi adulti non stabiliscono territori in inverno e primavera. Durante questo periodo, corrispondente alla stagione fredda e secca, possono formarsi gruppi molto grandi di età mista che possono contare fino a 650 esemplari. Al fine di conservare energie preziose durante questo periodo di scarsità di cibo, questi animali riducono al minimo qualsiasi genere di attività.

I bontebok si accoppiano tra gennaio e marzo e i piccoli nascono in settembre e ottobre, mentre presso i blesbok il picco degli accoppiamenti si riscontra in aprile e la maggior parte dei piccoli nasce tra novembre e gennaio. In entrambe le sottospecie il periodo di gestazione è di otto mesi e i piccoli sono attivi e mobili entro un'ora o due dalla nascita. Le femmine raggiungono la maturità sessuale verso i due anni di età e possono vivere fino a 17 anni[3].

Distribuzione e habitat

In passato l'areale del bontebok era limitato alla pianura costiera del Capo sud-occidentale, in Sudafrica, tra il Bot River (nei pressi di Hermanus) ad ovest e Mossel Bay ad est, ma è ora limitato al Bontebok National Park e a poche riserve e fattorie private della stessa zona. La popolazione più numerosa si trova nella riserva naturale di De Hoop, vicino Bredasdorp.

Originariamente il blesbok viveva nell'Highveld di Sudafrica, Swaziland e Lesotho, ma a causa della caccia scomparve da Swaziland e Lesotho prima del 1900 e in Sudafrica si ridusse notevolmente già a partire dalla fine del XIX secolo. Da allora, comunque, la popolazione è aumentata all'interno di fattorie prvate e riserve di caccia e questi animali sono stati introdotti in zone situate oltre i conini del suo areale originario (Namibia, Botswana e Zimbabwe), ma sempre all'interno di zone recintate.

Per quanto riguarda la scelta dell'habitat, il bontebok abita le pianure erbose costiere con vegetazione di fynbos, mentre il blesbok abita le praterie aperte dell'Highveld dell'Africa australe.

Conservazione

 
Un esemplare di blesbok.

Il blesbok è diffuso in riserve di caccia e in allevamenti in tutto il Sudafrica, anche se nel XIX secolo era quasi scomparso dal suo areale a causa della caccia indiscriminata. Il suo numero è nuovamente aumentato grazie ad alcuni proprietari terrieri che ne hanno vietato la caccia all'interno dei loro territori. Il bontebok è uno dei Ruminanti più rari dell'Africa meridionale ed è stato molte volte sull'orlo dell'estinzione. Dal 1931 la caccia indiscriminata ne ha decisamente ridotto il numero fino a 30 o 40 esemplari. Proprio quando sembrava che questa sottospecie stesse per scomparire, fu creato, in Sudafrica, il Bontebok National Park, vicino a Bredasdorp, nella Provincia del Capo, e vi furono trasferiti i pochi animali sopravvissuti i quali, al riparo dai cacciatori, si accoppiarono e aumentarono di numero. Nel 1960 fu organizzato un nuovo Bontebok National Park, che sostituiva il primo. Questo secondo, infatti, era situato vicino alla città di Swellendam, 70 km a nord di Bredasdorp, in una zona più ricca di pascoli, dove l'habitat era più adatto all'animale. La popolazione di bontebok, inizialmente limitata, aumentò fino al migliaio di esemplari in soli 10 anni. Da quando è stata attuata questa politica il bontebok non è più una specie minacciata di estinzione, anche se la sua diffusione è in verità assai limitata. Sebbene entrambe le sottospecie vengano ancora cacciate, il prelievo di animali è oggi regolamentato e la caccia non costituisce più una minaccia per la sopravvivenza della specie. Oggi il problema principale è l'ibridazione tra bontebok e blesbok, che, pur non minacciando l'esistenza della specie, potrebbe comportare la perdita di queste sottospecie distinte e uniche.

Sulla lista rossa della IUCN il damalisco dalla fronte bianca figura tra le «specie a rischio minimo» (Least Concern); tuttavia, passando al rango delle sottospecie, solo il blesbok è considerato a rischio minimo: il più raro bontebok, infatti, viene clasificato come «vulnerabile» (Vulnerable). Quest'ultima sottospecie figura inoltre nell'Appendice II della CITES.

Note

  1. ^ (EN) Dalton, D., Birss, C., Cowell, C., Gaylard, A., Kotze, A., Parrini, F., Peinke, D., Radloff, F. & Viljoen, P. 2019, BlackPanther2013/Sandbox/felini, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Voce pigargo su Vocabolario Treccani.
  3. ^ a b c Damaliscus pygargus su Ultimate Ungulate.
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Cinghiale delle Filippine
 
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaSuidae
SottofamigliaSuinae
TribùSuini
GenereSus
SpecieS. philippensis
Nomenclatura binomiale
Sus philippensis
Nehring, 1886

Il cinghiale delle Filippine (Sus philippensis Nehring, 1886) è una delle quattro specie di suidi endemiche delle Filippine[2].

Descrizione

Dimensioni

Il maschio misura 127-129 cm di lunghezza, di cui 12-13 spettanti alla coda. La femmina ne misura 124-125, di cui ne spettano alla coda 11-12[3].

Aspetto

Il cinghiale delle Filippine è un animale dalla struttura robusta; presenta un manto ispido e ruvido di colore nerastro, con setole bianco-argentee sparse sui fianchi. Lunghe setole rigide formano una sorta di cresta lungo la parte mediana del dorso, particolarmente evidente nei maschi durante la stagione degli amori, quando forma una criniera imponente che ricopre la testa e il collo. La coda, di media lunghezza, termina con un ciuffo di lunghi peli neri, utilizzato per scacciare le mosche e come segnalatore dell'umore. Il cinghiale delle Filippine ha un lungo muso che termina con un disco mobile appiattito con al centro le narici. I denti sono ben sviluppati, e nei maschi i grandi canini superiori e inferiori formano zanne sporgenti rivolte lateralmente e all'insù. Gli occhi e gli orecchi sono relativamente piccoli, e i piedi, sottili, sono dotati di quattro dita, delle quali solo le due centrali vengono usate per camminare.

Note

  1. ^ (EN) Heaney, L. & Meijaard, E. (2017), BlackPanther2013/Sandbox/felini, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, BlackPanther2013/Sandbox/felini, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  3. ^ Bearded pig (Sus barbatus), su Ultimate Ungulate. URL consultato il 22 dicembre 2016.

Altri progetti

La terra della tigre
Titolo originaleLand of the Tiger
PaeseRegno Unito
Anno1997
Generenaturalistico
Edizioni1
Puntate6
Durata50 min (puntata)
Lingua originaleinglese
Realizzazione
NarratoreValmik Thapar
MusicheNicholas Hooper
Produttore esecutivoMike Birkhead
Rete televisivaBBC Two

La terra della tigre (Land of the Tiger) è una serie di documentari naturalistici sulla storia naturale del subcontinente indiano prodotta dalla BBC e trasmessa per la prima volta nel Regno Unito su BBC Two tra il 17 novembre e il 26 dicembre 1997. I cameramen viaggiarono in lungo e in largo in ogni parte dell'India, dalle montagne dell'Himalaya a nord alle isole contornate da barriere coralline dell'oceano Indiano, per riprendere i paradisi naturali e le specie più carismatiche della regione.

La serie venne prodotta da Mike Birkhead e presentata dal naturalista indiano Valmik Thapar. Parte della serie di programmi Continents della BBC Natural History Unit, è preceduta da Gli spiriti del giaguaro del 1996 e seguita da Wild South America di tre anni dopo.

Episodi

1. «Il regno della tigre» (The Tiger's Domain)

La serie ha inizio nella foresta di Gir, nello stato occidentale del Gujarat. Questo è l'ultimo rifugio del leone asiatico, meno aggressivo del suo cugino africano, tanto che può essere avvicinato a piedi, come mostra il presentatore Valmik Thapar. Dopo un excursus su quanto verrà mostrato nei programmi successivi, il resto dell'episodio è volto ad illustrare la fauna delle foreste e delle praterie dell'India centrale, la roccaforte della tigre del Bengala. Gran parte delle immagini sono state girate nel parco nazionale di Kanha, una riserva protetta. Qua è ancora possibile osservare dal vivo i protagonisti del Libro della Giungla di Kipling, come l'orso labiato, il lupo, il cuon e la tigre. Molti animali che vivono qui, come gli elefanti, le scimmie, i pavoni e i serpenti, sono considerati sacri o venerati dagli indù. Viene mostrata una femmina di tigre con i piccoli: per provvedere alla loro sopravvivenza, è costretta a cacciare. I cervi pomellati sono la sua preda preferita, ma, seppur distratti dal periodo del calore, il primo attacco va a vuoto. Nel pomeriggio, cervi ed entelli si spingono nelle praterie aperte, dove la femmina riesce a catturare con successo una di queste scimmie. Tra le altre immagini degne di nota che sono state filmate ricordiamo una famiglia di sciacalli dorati che difende i propri piccoli da un orso labiato e un pavone che attacca un serpente. I cobra sono protetti dagli abitanti dei villaggi locali. I piccoli vengono prelevati dai loro nidi sotterranei e maneggiati dai bambini nonostante il rischio di morsi velenosi (Thapar rivela che ogni anno 20.000 uomini muoiono ogni anno in India dopo essere stati morsi dai cobra). Il programma si chiude con un messaggio di avvertimento: il futuro della fauna delle foreste centrali è incerto, a causa della scomparsa dell'habitat e del bracconaggio. Le credenze tradizionali avevano instillato negli abitanti un sentimento di rispetto per gli animali selvatici, ma con i cambiamenti culturali la paura e il rispetto sono venuti meno. Dobbiamo batterci per salvare la tigre, perché le generazioni future possano continuare a vedere una tale meraviglia della natura.

2. «Le acque sacre» (Sacred Waters)

Il secondo programma si concentra sulla fauna dei fiumi sacri dell'India, il Gange e il Brahmaputra. A Devaprayag, punto di confluenza dei due tributari che danno vita al Gange, Thapar spiega come la fertilità delle acque dipenda dal monsone estivo. Quando la piena raggiunge i massimi livelli, i fiumi trasportano verso il mare circa 3.800.000 m³ di acqua al secondo, inondando le pianure dell'India settentrionale e del Bangladesh. Il santuario di Bharatpur, nei pressi del Taj Mahal, è in realtà una zona umida creata dall'uomo, ma ora è un rifugio per centinaia di migliaia di uccelli, tra cui 2000 coppie di tantali indiani che vengono filmati mentre costruiscono i nidi, si accoppiano, covano le uova e nutrono i pulcini. Altri animali che vengono mostrati sono i varani, che danno la caccia alle uova e ai pulcini caduti dal nido, i gatti pescatori e i minacciati gaviali, coccodrilli mangiatori di pesce. I piccoli di gaviale chiamano la loro madre mentre escono dall'uovo, affinché essa possa scavare nel nido sotterraneo in cui si trovano. Le femmine cooperano tra loro, a turno, per fare la guardia ai piccoli vulnerabili in una sorta di asilo nido. Quando il monsone si avvicina alla fine, arrivano altri uccelli, tra cui le gru antigone, filmate durante le loro danze di corteggiamento, e milioni di anatidi. L'enorme concentrazione attira oltre trenta specie di rapaci. Sul Brahmaputra, nello stato nord-orientale dell'Assam, Thapar presenta gli animali di Kaziranga, tra cui rinoceronti indiani, elefanti selvatici e una delle ultime popolazioni di bufali selvatici e barasinga. Questi attraggono una grande densità di tigri, e un esemplare particolarmente audace viene filmato mentre cerca di catturare un bufalo adulto. I fiumi sacri alla fine confluiscono in un vasto delta nel golfo del Bengala, e qui, nelle paludi di mangrovie dei Sundarbans, gli animali e gli uomini si sono adattati al va e vieni delle maree. Vengono mostrati perioftalmi, varani, macachi e pitoni. La zona è anche la dimora di oltre 500 tigri e ora è una riserva protetta. In una sequenza degna di nota, vengono mostrati i pescatori del delta che utilizzano alcune lontre liscie legate alle loro imbarcazioni per scovare e spingere i pesci nelle loro reti.

3. «Mari sconosciuti» (Unknown Seas)

Dopo aver aperto il programma in un cantiere tradizionale di Veraval, nel nord-ovest dell'India, Thapar viaggia lungo la costa del mar Arabico fino alle isole coralline delle Laccadive, incontrando lungo la strada i delfini e uno squalo balena che si nutre. Le barriere coralline intorno alle isole pullulano di vita. Alcuni pesci chirurgo dalla gola bianca vengono mostrati mentre difendono i loro giardini di alghe da un pesce pappagallo e, con minor successo, da un banco di altri acanturidi. I numerosi pesci della barriera attirano predatori come il jack pinneblu, lo squalo pinnabianca e, a 30 m sul fondale sabbioso, una pastinaca. In serata, i paguri, che vivono a terra, scendono sulle spiagge per raccogliere cibo. Una sequenza filmata di notte mostra squali, murene e cernie che cacciano sulla barriera corallina. Gli isolani vengono filmati mentre si arrampicano sulle palme da cocco e vanno a pesca di tonni, mostrando un abile lavoro di squadra. Il viaggio nell'oceano Indiano continua al di là della punta meridionale dell'India, dove vengono incontrati banchi di mante. Pulicat è uno dei pochi luoghi incontaminati della costa orientale, ed è la dimora di molti uccelli trampolieri e anatidi. I pellicani beccomacchiato volano con i loro becchi pieni di pesce a 40 km nell'entroterra fino all'enorme colonia di Nelapattu, dove 1500 uccelli si radunano per allevare i loro piccoli. A 1200 km dalla costa orientale si trovano le isole Andamane e Nicobare. Separatesi dalla massa continentale asiatica 60 milioni di anni fa, ospitano attualmente numerose specie uniche. Molte di esse sono disabitate e ancora ricoperte da una foresta pluviale incontaminata. La deforestazione, tuttavia, costituisce una minaccia - gli elefanti da lavoro sono utilizzati nell'industria del legname e vengono filmati mentre si spostano nuotando tra le isole. Il megapodio delle Nicobare è un uccello endemico che cova le sue uova in un tumulo di sabbia e vegetazione in decomposizione. Gli astuti varani vengono filmati mentre rubano le loro uova e depongono le proprie all'interno del tumulo, che gli uccelli ignari continuano ad accudire. Tra gli animali filmati nelle barriere coralline intorno alle isole figurano pesci damigella, pesci pagliaccio e seppie. Le tartarughe olivacee si accoppiano in mare e arrivano a migliaia sulla spiaggia di Gahirmatha, dove Thapar osserva milioni di neonati che ritornano in acqua.

4. «Il deserto del Thar» (Desert Kingdom)

Il deserto del Thar si estende attraverso gli stati occidentali del Rajasthan e del Gujarat. Qui vivono più persone che in qualsiasi altro deserto, con una densità di popolazione 100 volte superiore a quella del Sahara e in continua crescita. Fortunatamente gli abitanti del deserto vedono di buon occhio i loro vicini selvatici, come dimostrano gli abitanti del villaggio di Khichan, che nutrono grandi stormi di damigelle di Numidia durante l'inverno. Gli uccelli vengono venerati come simboli di fortuna. Thapar visita nel deserto un'abitazione di Bishnoi, rigorosamente vegetariani e guardiani della popolazione animale della zona. Nonostante ciò, il bracconaggio è diffuso e le antilopi cervicapra, filmate durante la stagione riproduttiva, sono sempre più rare. La chinkara o gazzella indiana è un animale perfino più resistente, e ricava tutta l'umidità di cui ha bisogno dalle piante e dalla rugiada mattutina. Vengono mostrati anche lupi e sciacalli. Intorno al fuoco di un accampamento, gli abitanti notturni del deserto vengono filmati mentre emergono dalla sabbia: scarabei stercorari, gerbilli e predatori come le vipere rostrate e gli scorpioni. Gli abitanti di Jodhpur sono vegetariani, ma utilizzano buoi, cammelli e bufali addomesticati come animali da lavoro. Quando muoiono, le loro carcasse vengono portate ai margini della città e lasciate come cibo per gli spazzini, come gli avvoltoi testarossa, gli avvoltoi groppabianca e i grifoni eurasiatici. Le pozze d'acqua attirano molti animali prima che si prosciughino quando l'estate raggiunge il culmine. Vengono anche usate dagli uomini e dal loro bestiame per lavarsi e bere. Tra gli uccelli che vengono mostrati vi sono il martin pescatore bianconero, la pavoncella caruncole rosse e il cavaliere d'Italia. Per sfuggire alle garzette, le rane saltano sulla superficie dell'acqua. Di notte, il pesce arrampicatore lascia l'acqua e si sposta sulla terraferma per trovare altre pozze, e un ingegnoso tasso del miele usa dei tronchi per raggiungere un pulcino di martin pescatore caduto fuori dal nido. Un ambiente ancora più estremo è rappresentato dalle distese salate del Rann di Kutch, dove solo il monsone porta sollievo all'ultima popolazione rimasta di asini selvatici indiani. Nelle scene finali, Thapar osserva gli stormi di fenicotteri che arrivano sulle distese salate quando vengono inondate.

5. «Le montagne degli dei» (Mountains of the Gods)

L'Himalaya, formatasi durante la collisione tra le placche continentali indiana e asiatica, forma il confine settentrionale del subcontinente indiano. Valmik Thapar inizia parlando del deserto freddo e arido del Ladakh, la regione più settentrionale dell'India. Viene mostrata una sequenza di immagini aeree della catena montuosa e alcuni rappresentanti della sua fauna caratteristica, come il leopardo delle nevi, lo stambecco dell'Himalaya e il gipeto, seguita da scene di monasteri buddhisti e feste invernali. Il rispetto dei buddhisti per tutte le forme viventi deriva dall'antico sistema di credenze animista in cui gli animali erano considerati come incarnazioni viventi del mondo degli spiriti. La fauna selvatica è spesso abbondante nei dintorni dei villaggi, dove è possibile vedere comunemente il chukar, la passera scopaiola pettirosso e il gracchio corallino. In inverno le temperature scendono a -30 °C. Il bharal può sopravvivere a grandi altezze scavando alla ricerca di radici o addirittura arrampicandosi sugli alberi. Dall'altra parte del confine, in Pakistan, i markhor non sono così resistenti e devono scendere a quote più basse. In primavera, lo scioglimento delle nevi rivela le vittime dell'inverno. I grifoni dell'Himalaya spolpano una carcassa in 20 minuti, poi i gipeti portano via le ossa. Più ad ovest, nei prati di Deosai, vengono mostrate specie raramente filmate come l'orso bruno dell'Himalaya, il kiang e la gru collonero. Le oche indiane attraversano le montagne per nidificare qui, e le marmotte giocano alla lotta nei prati. Thapar si dirige quindi verso il versante meridionale delle montagne, dove rigogliose foreste di querce, betulle, pecci e rododendri prosperano grazie alle piogge monsoniche. Tra gli animali di questa regione figurano il tahr dell'Himalaya, la martora dalla gola gialla e gli entelli, mostrati mentre si nutrono di germogli dell'ippocastano indiano. Il presbite dorato, scoperto negli anni '50, sopravvive in natura solo in Bhutan e nell'Assam occidentale. Nel nord-est dell'India, gli animali dell'Arunachal Pradesh sono molto diversi. Qui, specie provenienti dalla Cina e dall'Asia orientale hanno colonizzato le foreste. Tra esse vi sono fagiani spettacolari come il lofoforo splendente, il tragopano di Temminck e il tragopano di Blyth. Tra i mammiferi figurano il panda minore, lo scoiattolo gigante della Malesia e il gibbone hulok, l'unica scimmia antropomorfa dell'India. Valmik Thapar conclude il programma a Namobuddha, in Nepal, dove secondo la leggenda il Buddha dette la propria vita per salvare una tigre e i suoi cuccioli che stavano morendo di fame, e così facendo instillò un atteggiamento protettivo verso tutte le creature tra i suoi seguaci.

6. «Le foreste dei monsoni» (Monsoon Forest)

L'ultimo episodio ci porta nelle ultime foreste pluviali dell'India, attualmente confinate ai Ghati Occidentali, all'Assam settentrionale e allo Sri Lanka. Le foreste, un tempo vastissime, sono state devastate dal disboscamento, dalla raccolta di legna da ardere e dalla caccia. Nella scena iniziale, Valmik Thapar segue un branco di macachi dalla coda di leone nell'India meridionale, una rarissima scimmia che si nutre di frutta e semi. Nei Ghati Occidentali ci sono 120 specie di anfibi, comprese le rane volanti. Gli invertebrati usano il colore per mimetizzarsi, lanciare segnali di avvertimento e difendersi, ma mantidi e grilli cadono preda dei camaleonti che si muovono lentamentes. Un rettile più veloce, la lucertola volante, viene mostrata mentre plana da un albero all'altro. Also filmed is the ancient practice of collecting honey from wild bees' nests high in the canopy. Birds visiting a fruiting fig tree include great Indian hornbills, Malabar grey hornbills, blossom-headed parakeets and fairy bluebirds. Mammals are also attracted by the fruit: Nilgiri langurs, bonnet macaques and Malabar giant squirrels. On the forest floor, wild boar and barking deer feed on the rejected figs, drawing a prowling leopard. Monkeys spot the danger and raise the alarm. The many varieties of fig tree provide food year-round for all these animals. Each fig is pollinated by a particular species of wasp, which lay their eggs in the fruits. Thapar visits the world's largest fig, a sacred banyan tree that draw pilgrims from far and wide. In the hill forests of southern India, Thapar tracks Nilgiri tahr on the grassy peaks. Here, the rains last for 6 months, creating huge waterfalls. The Sinharaja forest of Sri Lanka has more unique species than anywhere else on the subcontinent, including dozens of kinds of jumping spiders, each with their own courtship signals. A tiger is filmed stalking a rutting gaur herd. Gaur are the world's biggest cattle but they have been known to fall prey to tigers. The program ends on a sober note, filming elephants crossing tea plantations where forests once stood. The problem elephants are caught and trained as working animals. A wild calf is shown being caught by lasso. The distressed animal is broken by torture, but it is also worshipped: one of the paradoxes of the subcontinent.

Il programma finale guarda alle foreste pluviali in declino dell'India, ora confinate ai Ghati occidentali, nell'Alto Assam e nello Sri Lanka. Le foreste un tempo estese sono state decimate dal disboscamento, dalla raccolta di legna da ardere e dalla caccia. Nella scena iniziale, Valmik Thapar rintraccia i macachi a coda di leone nel sud dell'India, una rarissima scimmia che mangia frutta e semi. Nei Ghati occidentali ci sono 120 specie di anfibi, comprese le rane volanti. Gli invertebrati usano il colore per mimetizzarsi, avvertire e difendersi, ma mantidi e grilli cadono preda di camaleonti che si muovono lentamente. Un rettile più veloce, la lucertola volante, viene mostrato scivolare da un albero all'altro. È anche girata l'antica pratica di raccogliere il miele dai nidi delle api selvatiche in alto nel baldacchino. Gli uccelli che visitano un fico fruttifero includono grandi buceri indiani, buceri grigi di Malabar, parrocchetti testuggine e bluebird fatati. I mammiferi sono anche attratti dal frutto: languri nilgiri, macachi del cofano e scoiattoli giganti di Malabar. Sul terreno della foresta, cinghiali e cervi che abbaiano si nutrono dei fichi rifiutati, disegnando un leopardo in agguato. Le scimmie individuano il pericolo e sollevano l'allarme. Le numerose varietà di fichi forniscono cibo tutto l'anno per tutti questi animali. Ogni fico è impollinata da una particolare specie di vespa, che depone le uova nei frutti. Thapar visita il più grande fico del mondo, un sacro albero di banyan che attira pellegrini da ogni parte del mondo. Nelle foreste collinari dell'India meridionale, Thapar traccia Nilgiri tahr sulle cime erbose. Qui, le piogge durano per 6 mesi, creando enormi cascate. La foresta di Sinharaja nello Sri Lanka ha più specie uniche che altrove nel subcontinente, incluse dozzine di tipi di ragni saltatori, ognuno con i propri segnali di corteggiamento. Una tigre viene filmata mentre insegue un branco di gaurori in piena attività. I Gaur sono il bestiame più grande del mondo, ma sono noti per essere preda delle tigri. Il programma termina con una nota sobria, filmando elefanti che attraversano piantagioni di tè dove un tempo sorgevano le foreste. Il problema è che gli elefanti vengono catturati e addestrati come animali da lavoro. Viene mostrato un vitello selvaggio catturato dal lazo. L'animale angosciato è spezzato dalla tortura, ma è anche venerato: uno dei paradossi del subcontinente.

 
Schema di una piuma.

La piuma, elemento caratteristico della classe degli uccelli, è una produzione tegumentaria complessa costituita da β-cheratina. Come i peli, le scaglie, le unghie, gli artigli o gli zoccoli, le piume sono delle fanere.

L'insieme delle piume, generalmente svariate migliaia, forma il piumaggio, le cui funzioni sono quelle di proteggere il corpo dell'uccello dall'ambiente circostante, soprattutto dall'acqua e dal freddo (fenomeno della termoregolazione), di permettere il volo e di camuffarsi. Ma esso ha anche una funzione sociale e riproduttiva. Le piume degli uccelli sono degli exattamenti: esse comparvero come degli adattamenti, che svolsero probabilmente un ruolo iniziale di termoregolazione nei dinosauri.

L'osservazione di una piuma o del piumaggio può permettere di determinare la specie, il sesso, l'età o la salute di un uccello.

 
Plumes.
Disegno di Adolphe Millot per Larousse pour tous [1907-1910][1].

La piuma

Struttura di base

 
1 Rachide
2 Calamo
3 Vessillo
(3a Vessillo esterno, 3b Vessillo interno)
4 Iporachide
5 Ombelico superiore
6 Ombelico inferiore
7 Barba
8 Barbula prossimale
9 Barbula distale
 
Struttura dettagliata di una piuma.

La piuma caratteristica, la penna di contorno, è costituita da un asse centrale rigidi suddiviso in un calamo prossimale (un cilindro cavo alla base, corrispondente al tubo germinativo fortemente cheratinizzato che nasce in una invaginazione epidermica), e un rachide distale (un «tubo» centrale pieno, parte principale dell'asse). Dal rachide si dipartono le «barbe», lamine inserite obliquamente in due serie da una parte e dall'altra dell'asse su un unico piano, e intrecciate da «barbule» perpendicolari, lamelle prossimali (Barbula proximalis liscia, a forma di «grondaia») e distali (Barbula distalis adunca). Le barbule distali sono prolungate da barbicelle (chiamate anche amuli, scaglie modificate a uncino che s' aggrappano alle «grondaie» grazie a delle piccole spine che evitano il distacco). Questo sistema di ancoraggio assicura la coesione delle barbe, meccanicamente importante per il volo[2].

L'insieme delle barbe situate sullo stesso lato del rachide viene chiamato vessillo o stendardo. Il vessillo esterno (visibile quando l'ala è piegata) è spesso più stretto di quello interno[3].

Sulla base inferiore del rachide può essere presente una piuma secondaria, chiamata iporachide o ipopenna, che costituisce sotto vari aspetti una controparte della piuma iniziale e consente di compensare l'assenza di piume del piumino in alcune specie, come i pinguini[4].

Differenti tipi di piume

 
Remigante primaria (a sinistra) e secondaria (a destra) di una poiana comune, entrambe asimmetriche.

Gli ornitologi distinguono diversi tipi di piume:

Le penne

Le piume più lunghe delle ali e della coda sono chiamate penne o piume di contorno. Esistono due grandi gruppi di penne, le remiganti e le copritrici.

  • Le remiganti sono fissate alle ali. Le remiganti primarie, situate sopra le ossa delle falangi e del metacarpo, sono le più lunghe e partecipano alla forma generale dell'ala. Gli uccelli attuali ne possiedono da 9 a 11 su ogni ala. Le remiganti secondarie sono più corte e inserite a livello dell'avambraccio (cubito). Gli uccelli attuali ne hanno da 6 (nel colibrì) a 38 (nell'albatro) per ala. Certe specie (albatri, berte e alcune anatre) presentano delle remiganti terziarie, a livello dell'omero. Alcune remiganti, più piccole, sono fissate a livello del primo dito. Chiamate remiganti bastarde, costituiscono l'alula, e vengono spiegate soprattutto nelle fasi di volo a bassa velocità[3].
  • Le timoniere sono fissate sulla coda. La maggior parte delle specie ne ha 12[5].

Le piume copritrici o piume di copertura sono il piumino (formato da piume leggere dalle barbe non intrecciate) e le semipiume, piume molto piccole situate sui tarsi. Le piume del piumino sono molto numerose in certe specie (anatre, oche, ecc.); vengono talvolta strappate dall'uccello direttamente dal proprio corpo per rivestire il nido. Certe specie (otarde, aironi, alcuni passeracei, ecc) possiedono dei ciuffi di piumino particolari, la cui estremità produce una polvere utilizzata per la cura delle piume[3] (queste specie hanno generalmente una ghiandola uropigea più piccola del normale)[6].

Le piume sensitive

 
Le vibrisse attorno al becco dei barbetti, qui un barbetto guancebianche, conferiscono a questi uccelli il loro nome comune.
  • Le filopiume sono ridotte a un rachide filiforme dotato di qualche barba alla sommità. Sono mescolate alle altre penne di contorno con cui sono impiantate e la loro base è ben innervata; probabilmente aiutano l'uccello a mettere le piume a posto durante la toeletta.
  • Le vibrisse o piume setiformi sono piccole piume copritrici modificate, molto sottili, situate quasi sempre sulla fronte e nelle zone attorno agli occhi e al cono del becco; la loro parte distale è priva di barbe ed è ridotta al solo rachide.

Formazione e sviluppo

 
Formazione di una piuma.

Una piuma nasce da una gemma epidermica che solleva una papilla dermica vascolarizzata. La gemma si allunga in un cilindro epidermico obliquo che circonda un asse dermico (chiamato polpa) ricco di vasi sanguigni e nervi, che si trasforma progressivamente in una massa composta da cellule vive non differenziate (chiamato germe) che differenziandosi si cheratinizza. Questo asse affonda progressivamente attraverso la sua base sotto la superficie della pelle, deformando l'epidermide che si invagina in una depressione della pelle chiamata follicolo. A partire da una zona germinativa di forma anulare, il colletto, si dividono longitudinalmente delle linee di cellule che daranno vita alle creste che si trasformeranno nelle future barbe e barbule. Un tubo cheratinizzato, chiamato guaina, circonda progressivamente il cilindro epidermico. infine, dopo qualche giorno, la guaina di questo abbozzo di piuma si fende ventralmente, consentendo lo sviluppo del vessillo. Questa guaina scomparirà poi con l'usura, rivelando il calamo, che alla sua estremità non è altro che una struttura morta chiamata rachide. La piuma viene quindi sostenuta da del tessuto muscolare impiantato sullo stesso lato del rachide[7].

Il pigmento di melanina delle piume è dovuto ad organuli chiamati melanosomi, organuli che si trovano nel citoplasma dei melanociti situati nel calamo. Queste cellule trasmettono i loro melanosomi alle cellule midollari presenti nella parte centrale delle barbe. I melanosomi migrano seguendo la crescita della piuma.

Esistono spesso differenze sostanziali tra le remiganti e le timoniere degli adulti e dei giovani della stessa specie. Poiché tutte le piume dei giovani si sviluppano nello stesso arco di tempo, esse sono meno morbide e di qualità inferiore rispetto a quelle degli adulti, il cui sviluppo si estende su un periodo di tempo più lungo[8]. Alcune carenze alimentari (vedere il paragrafo Variazioni alimentari) possono portare alla formazione di striature di crescita sulle piume che è possibile studiare grazie ad una tecnica chiamata ptilocronologia[9][10].

In linea generale, i giovani hanno piume più strette e più appuntite[11][12], caratteristica particolarmente visibile osservando un rapace un volo. Le piume di un giovane sono di lunghezza più uniforme e i bordi più dentellati[8], soprattutto nel caso dei rapaci. Le remiganti degli adulti possono avere lunghezza e resistenza diverse con il susseguirsi delle mute, anno dopo anno[8]. Generalmente nei giovani le timoniere, le primarie esterne e le secondarie sono più lunghe, mentre le primarie interne sono più corte. Tuttavia, in alcune specie di Accipitriformi dalle timoniere particolarmente lunghe, come il nibbio coda di rondine, il segretario o il falco pecchiaiolo occidentale, le timoniere, così come le remiganti delle specie appartenenti al genere Buteo, possono essere più corte nei giovani. Certi studiosi ritengono che tali differenze possano aiutare i giovani uccelli a compensare la loro inesperienza e la loro muscolatura più debole, limitando la loro capacità nel volo battuato[13].

L'usure

Les facteurs d'usures essentiels sont les frottements dû à l'abrasion mécanique lors des mouvements dans le nid, contre la végétation, à cause des intempéries, du sable, du sel, du lissage quotidien des plumes, du grattage ou des frottements occasionnés par le vol ; la consommation de la kératine par des animalcules présents dans le plumage ; l'effet de la lumière (les rayons UV accélèrent la dégradation de la kératine et des pigments des plumes) ; les dommages mécaniques lors des combats ou des attaques des prédateurs. Au fil du temps, les plumes se décolorent, se raccourcissent et s'effilochent en raison de la structure des barbules qui s'altèrent et du rachis qui finit par casser[14]. Les ornithologues peuvent ainsi connaître les périodes du cycle de mue d'une espèce par l'étude de l'usure des plumes.

La lumière agit sur la kératine et le pigment des plumes. Comme les rémiges se recouvrent partiellement, seules les extrémités qui sont exposées au soleil s'usent plus vite. Elles se décolorent d'abord, puis la structure des barbules se détériore et celles-ci se séparent. Les rachis finissent par se casser. Les rectrices s'écartant les unes des autres pour fonctionner, cette fonction entraîne une usure beaucoup plus rapide des plumes.

L'étude de l'usure des plumes permet de connaître la période du cycle de mue de l'oiseau. Les espèces migratrices ont souvent des plumes plus usées que les sédentaires.

Couleurs des plumes

 
Les mélanines diffusent les courtes longueurs d’onde : il y a donc des plumes bleues sans pigments bleus !

Les pigments des plumes sont de deux types, les mélanines (noir) et les caroténoïdes (jaune au rouge). Cependant certaines couleurs, dites structurales, ne sont pas dues à la pigmentation. Ainsi, bien que de nombreux oiseaux disposent de plumes vertes ou bleues, comme les espèces du genre Pavo[15] ou les Psittacidae, ils ne synthétisent pas de pigments de ces couleurs. De nombreuses espèces ont des plumes blanches comme les aigrettes, mouettes, spatules. Le blanc résulte de l’absence de pigmentation mais également de la réflexion totale du spectre lumineux.

La coloration du plumage des oiseaux est un Template:Lien entre la résistance aux rayonnements solaires (provoquant une photo-oxydation différentielle des pigments), la capacité à se dissimuler des prédateurs et à être vu par les partenaires sexuels éventuels[16].

Couleurs pigmentaires

Les pigments obtenus à partir des mélanines (pigment le plus abondant chez les oiseaux[17]) peuvent aller du noir, comme pour le choucas des tours, au brun clair voire au jaune comme pour certaines espèces de Corvidae. Ces pigments mélaniques sont directement synthétisés par l’oiseau. Il n’en est pas de même pour les pigments caroténoïdes qui peuvent, suivant les espèces être soit synthétisés soit plus généralement obtenus par la nourriture. Les Psittacidae synthétisent la psittacine tandis que les flamants, certains serinsTemplate:Etc., trouvent ces pigments dans leur alimentation[18]. Dans ce dernier cas, les caroténoïdes ne subissent pas ou peu de transformations chimiques avant de se déposer dans les plumes. Mais chez les flamants, le pigment initial est produit par des algues unicellulaires, transformé en canthaxanthine chez des crevettes (Artemia salina) qui s’en nourrissent et finalement fixé dans les plumes des flamants. La couleur peut alors varier en fonction de l’alimentation et donc de la saison[19].

La quantité de pigments allouée à la coloration dépend de la disponibilité et de l'état de santé de l'oiseau. Les caroténoïdes sont des précurseurs de la vitamine A qui joue un rôle important dans les défenses immunitaires. Il existe chez les oiseaux ayant une coloration à base de caroténoïdes, un compromis des allocations des caroténoïdes entre la réponse immunitaire et l'intensité de la coloration[20]. L’accumulation des pigments peut varier avec l’âge de l’oiseau[15].

Couleurs structurales

Template:Loupe C’est grâce au phénomène optique de diffusion Rayleigh (décomposition de la lumière par les microstructures des barbes) que des couleurs peuvent apparaître par décomposition de la lumière blanche. Ce phénomène est identique à celui qui permet la coloration des yeux chez l’homme, ou mieux la coloration des bulles de savon et l’arc-en-ciel. Chez les psittacidés, le bleu naît dans des barbes renfermant une couche structurale riche en microgranules de mélanine noire ; si à cela s’ajoute un caroténoïde jaune on a du vert. Les microgranules renvoient les radiations bleues (les plus courtes), les autres sont absorbées par une moelle centrale noire. Chez les paons et les colibris, la couleur structurale est due à l'interférence de la lumière : les barbules renferment des plages de microlamelles qui décomposent la lumière (comme pour un microsillon) et suivant l’écartement des microlamelles on a telle couleur. Dans ce cas, en inclinant la plume pour faire varier l’incidence de la lumière, on voit les couleurs se déplacer[21].

La combinaisons des différents pigments et de ces phénomènes optiques permettent une très grande variété de couleurs. Les éleveurs d’oiseaux de compagnie ont pu sélectionner de nombreuses variétés de couleurs dues à des mutations apparues en élevage et en obtenir de nouvelles par des croisements pour produire les teintes désirées.

Irisation

 
Principe de l’iridescence.

Certaines espèces sont connues pour avoir des plumes iridescentes, comme les oiseaux-mouches mais aussi les guêpiers, l'ibis chauve, les paons, quelques canards, les étourneaux, les corbeauxTemplate:Etc. Les irisations sont produites par les barbules renfermant des réseaux de microlamelles. Une barbule à microlamelles reposant sur une barbule riche en mélanine noire ; cette dernière absorbant les radiations parasites. Les microlamelles ont l’avantage sur les microgranules de mélanine de pouvoir produire toutes les couleurs du spectre solaire, alors que les microgranules ne peuvent produire que du bleu.

Le plumage

 
Les différences de plumage d'un Guiraca bleu, de haut en bas, un mâle reproducteur, un mâle non reproducteur, une femelle (plumage de base) et un Passerin indigo mâle

Le terme plumage fait référence, à la fois aux coloris des plumes et à leur disposition. Les motifs et les couleurs du plumage varient entre les espèces et sous-espèces, et peuvent également varier entre les différentes classes d'âge, de sexe, et les saisons. C'est une des manières les plus usuelles de reconnaître les espèces.

Quantité

Tous les oiseaux ne disposent pas de la même quantité de plumage. Le plumage représente jusqu’à 50 % du poids chez les Fregatidae, 30 % chez les passereaux[22]. Le nombre de plumes peut également beaucoup varier selon les saisons : il passe, chez le bruant à gorge blanche, d’environ 2 600 en février à environ 1 500 en octobre[22]. Le cygne siffleur, dispose lui, lors de sa saison la plus couverte, de près de Template:Nombre tandis que les oiseaux-mouches ne disposent que d’environ Template:Nombre lors de la saison la moins couverte.

Implantation des plumes

 
Implantation des ptérylies Template:Début de colonnes Template:Légende/Début Template:Légende Template:Légende Template:Légende Template:Légende Template:Légende Template:Légende Template:Légende Template:Légende Template:Légende/Fin Template:Fin de colonnes

L'implantation des plumes ne se fait pas au hasard mais sur des zones de la peau appelées ptérylies. Les zones où les plumes ne poussent pas sont appelées aptéries. Seuls les Spheniscidae et les ratites ne répondent pas à ce schéma. Le plumage paraît uniforme du fait de la différence de taille des plumes. Ceci est particulièrement visible chez les juvéniles. Les petits Trochilidae éclosent avec une rangée de plumes dorsales, qui leur permettent de détecter par vibration l'arrivée de leurs parents.

On distingue plusieurs régions d'implantation des plumes dont plusieurs noms sont en rapport avec le vêtement :

  • la cape ou le manteau : la partie supérieure (le dos) du plumage ;
  • le bonnet ou calotte : la partie supérieure de la tête ; lorsque les plumes sont érectiles, on parle de huppe (quelquefois improprement appelée crête) ; certains oiseaux présentent des touffes de plumes dressées sur la tête, appelées aigrettes, qui peuvent, comme chez les hiboux, faire penser à des oreilles, mais n'en sont pas ;
  • la bavette : la partie sous le bec ;
 
Asio otus
  • La couverture parotique, sur la joue ;
  • La couverture scapulaire, sur l'épaule ;
  • Les miroirs, des bandes de couleur sur les rémiges ;
  • Les plumes scapulaires désignent une partie du plumage de l'aile venant recouvrir les épaules de l'oiseau au repos ;
  • Le camail est l'ensemble des plumes de la tête et du cou des animaux d'élevage ;
  • Les lancettes, palettes sont des plumes de la queue.

Convention de numérotation et identification

 
Série de rémiges d'un Martinet noir

Chaque plume, en fonction de sa position et donc de son utilité a une forme différente. Les ornithologues ont créé une convention pour attribuer un identificateur à chacune d'elles. Ainsi les rémiges primaires sont identifiées par un P suivi de son numéro d'ordre. Les rémiges secondaires sont identifiées par un S, les tertiaires par un T et les rectrices par un R, Al pour les alulas. Pour la majorité des auteurs, le dénombrement commence de l'avant vers l'arrière, les rectrices sont numérotées de part et d'autre du centre vers l'extérieur[23]. Chaque espèce dispose d'une formule alaire différente. Elle peut permettre l'identification d'oiseaux. Les spécialistes peuvent même déduire l'espèce d'un oiseau à partir d'une seule plume.

La connaissance des différentes plumes de l'aile est indispensable pour la compréhension des caractéristiques de la mue.

Certaines espèces comme les anatidés du genre Anas ou des perroquets du genre Amazona possèdent sur le dos des ailes une barre iridescente appelée miroir, d'autres espèces disposent d'homochromie mimétique comme des ocelles. Ces caractéristiques peuvent être primordiales pour l'identification d'un oiseau.

Variations des plumages

 
Poussin de Goéland à ailes grises couvert de duvet .

On observe des variations de plumages entre les individus d'une même espèce. Ces variations sont dues à plusieurs facteurs, la production d'hormones, des facteurs d'ordre génétique, et le moins connu et le plus discuté, des facteurs nutritionnels. Les oiseaux changent de plumage au cours de mues, les couleurs peuvent changer en fonction des saisons pour certaines espèces. Ces différentes variantes de plumage sont appelées « formes » et ces espèces sont dites polymorphiques.

Variations endocriniennes

Les plumages peuvent beaucoup varier en fonction des sexes, des saisons ou de l'âge des individus.

Les poussins, qui peuvent à l'éclosion être entièrement nus (ex : pic vert), partiellement couvert de duvet (ex : rougequeue à front blanc) ou entièrement couvert de duvet (ex : poussins nidifuges) vont progressivement acquérir un premier plumage d'immature. Les juvéniles auront dans la plupart des cas un plumage différent des adultes, ou semblable à celui des femelles. Ce plumage immature laissera la place au plumage d'adulte lorsque l'oiseau aura atteint la maturité sexuelle[3].

Les mâles sont, en général, plus colorés, au moins de la période des parades nuptiales à la fin de la période de reproduction. La mue automnale (pour les espèces nordiques) leur permettant d'acquérir une livrée plus discrète.

On parle de plumage éclipse, lorsque les mâles d'une espèce possèdent un plumage de parade nuptial différent de celui de la saison d'hivernage, comme c'est le cas pour les mâles de Sarcelle d'hiver et de nombreux canards en général.

Les femelles de certaines espèces sont connues pour choisir leur mâle en fonction, entre autres, de la couleur de leur plumage, les mâles aux couleurs les plus chatoyantes sont supposés être en meilleure santé. Les femelles et les juvéniles, aux couleurs plus ternes, sont en général mieux camouflés, quoique certains mâles incubent également. Les espèces dites polymorphiques, sédentaires ou non, peuvent connaître des mues saisonnières, leur plumage changeant selon les saisons. Le Chardonneret jaune est un exemple de toutes ces variations de plumage.

Ces variations sont d'origine endocrinienne.

Variations génétiques

 
Leucisme.

Certaines espèces disposent d’une importante variation de plumages en fonction des individus comme chez les Cuculidae ou les Strigiformes. Elles sont principalement dues à des raisons génétiques et peuvent s’étendre à l’ensemble du plumage ou à quelques zones. Une des plus célèbres de ces anomalies est l’albinisme comme chez le merle blanc, un oiseau quasi-mythique. L’albinisme, relativement rare, est liée à l’absence de l’enzyme tyrosinase. Une autre anomalie ne causant que des taches blanches est appelée leucisme et semble héréditaire et parfois liée au sexe[24]. Une pigmentation rouge ou jaune anormale étant respectivement l’érythrisme et la xanthochromie. On a observé à la fin des années 1990 pour les hirondelles de cheminée exposées aux radiations de la catastrophe de Tchernobyl que 13 % d’entre elles présentent des taches de dépigmentation liées à des mutations[25].

Les éleveurs d’oiseaux de compagnie, de Psittacidae et de serins notamment, cherchent à reproduire ces anomalies génétiques, des mutations naturelles, par croisements sélectifs afin de rendre les oisillons produits plus rares et plus chers.

Un autre type de variation génétique du plumage concerne la longueur des plumes. Par exemple, le coq domestique de la variété Onagadori présente trois mutations : une empêchant la mue des rectrices et deux favorisant leur croissance. Il s’ensuit une croissance démesurée et continue des plumes de la queue, dont la longueur atteint souvent 5 ou Template:Nombre, voire (comme dans le cas du record actuel) Template:Nombre[26].

Variations alimentaires

On observe dans de nombreuses études que dans le cas de carence alimentaire il apparaît d'une part des marques blanches sous les rémiges et surtout sous les rectrices et d'autre part un manque de barbes, mais ces études ne permettent cependant pas de conclure avec certitude[27]. On a observé que la présence de lysine dans l'alimentation favorise la croissance des plumes et l'absence des taches[28], la lysine influençant la production de tyrosinase mais ce n'est peut-être pas la seule cause. Ces altérations se traduisent par des barres de croissance qui fragilisent les plumes, qui se cassent à cet endroit à la fin de la saison. La ptilochronologie propose d'étudier la santé alimentaire des oiseaux en observant ces phénomènes[10].

Certains auteurs pensent que d'une part la sous-alimentation entraîne assez rapidement des dépigmentations au niveau des jeunes plumes et que d'autre part on observe une proportionnalité entre la durée de la famine et la taille des marques. Ces marques dans ce cas, seraient liées à la diminution du flux sanguin causant un moindre afflux des produits chimiques précurseurs des couleurs dans le calamus. Ceci expliquerait la différence de positions et de formes de ces marques entre les juvéniles et les adultes, pour qui la pousse est plus étalée.

Contraintes comportementales

Le toilettage

Le toilettage est l'activité de confort la plus gourmande en temps de l'oiseau. C'est aussi une activité sociale, certains oiseaux se toilettant en couple. Par exemple, ils lissent leurs plumes avec les sécrétions cireuses de leur glande uropygienne. L'utilité de cette pratique est discutée mais il semble que cette cire agit sur la flexibilité des plumes et comme un agent antimicrobien en inhibant la croissance de bactéries dégradant les plumes[29], les oiseaux n'utilisent pas que de l'eau pour se nettoyer, plus de 250 espèces complètent ces sécrétions avec de l'acide formique tirées de fourmis[30]. Certains passereaux prennent des « bains » de fumée sur les cheminées des maisons.

Ainsi les séances de toilettage peuvent être mutuelles. Certains oiseaux aiment également se baigner.

La mue

Template:Article détaillé

Canard pilet en plumage nuptial et éclipse
   
mâle en plumage nuptial en haut de l'image Le mâle ne se distingue des femelles que par la couleur du bec

La mue est un processus coûteux en énergie et ressources pour l'oiseau. Le mécanisme, la manière dont elle se déroule et sa durée varient d'une espèce à l'autre. On peut ainsi observer d'une à quatre mues par an. Au sein d'une même espèce, elle dépend des saisons et permet aux oiseaux de disposer d'un meilleur camouflage ou d'arborer un plumage nuptial. Lorsque les mâles d'une espèce possèdent un plumage de parade nuptial différent de celui de la saison d'hivernage en général cryptique, comme c'est le cas pour les mâles de Sarcelle d'hiver, ce dernier est appelé plumage d'éclipse. La mue dépend aussi de l'âge de l'oiseau et de l'état général de celui-ci. Certains oiseaux s'enlèvent eux-mêmes les plumes ou se grattent durant cette période. Toute perte de plume n'est pas nécessairement liée à une mue.

On distingue la première mue des juvéniles qui leur fait perdre leur duvet et les mues saisonnières des adultes. Les phases sont les différents plumages en fonction des saisons, par exemple on parle de plumage prénuptial après la mue prénuptiale et de plumage de reproduction pendant la période de reproduction.

La mue peut être progressive et laisser à l'oiseau la capacité de voler, ou être très rapide, laissant momentanément l'oiseau dans l'incapacité de voler (comme chez les Anatidés, les grèbes, les plongeons...) ou de plonger en eau froide (manchots)[3].

Maladie

 
Reconstruction de plumes

La perte de plume peut être due à des maladies ou des problèmes d'alimentation. On appelle picage chronique, le fait d'arracher les plumes, en dehors du phénomène de la mue. Certaines alopécies sont dues à des levures ou des champignons mais aussi à des facteurs génétiques (dans ce cas un traitement hormonal peut régler le problème)[31]. Les oiseaux peuvent aussi souffrir de kystes folliculaires qui sont des plumes qui poussent sous la peau causant ainsi des amas de peau.

Les plumes accueillent de nombreux ectoparasites qui se nourrissent du sang ou des plumes de leur hôte. Les activités de toilettage permettent notamment de limiter les effets de ces parasites.

Rôles et particularités

On connaît de multiples fonctions du plumage chez les oiseaux modernes. La fonction d'isolation thermique est la plus évidente mais il joue aussi un rôle primordial dans la communication visuelle tout au long des cycles de vie de l'oiseau. La couche de plumes tectrices protège aussi les oiseaux des chocs mécaniques, de l'humidité et des radiations solaires. En outre, le plumage peut jouer un rôle mimétique vis-à-vis des prédateurs, comme signal de dissuasion (cas du Coucou shikra qui ressemble à l'épervier shikra) ou comme camouflage (cas du plumage dit « cryptique » du Petit-duc africain). Les primaires des oiseaux-mouches produisent des bourdonnements particuliers qui leur servent à communiquer. C'est le cas aussi par exemple du Manakin à ailes blanches dont les sons produits par leur seconde rémige extrêmement modifiée, leur servent lors de la parade amoureuse.

Chez les Strigiformes, le bord des rémiges est pourvu de dentures appelées « sourdines », permettant l'assourdissement du bruit des ailes et un vol très silencieux.

Rôle dans la reproduction

 
paon bleu mâle

Template:Loupe On sait que les femelles de certaines espèces évaluent la teinte du plumage des mâles qu'elles choisissent. C'est le cas par exemple de la mésange bleue ou de la Gorgebleue à miroir. Le mâle de Gorgebleue ne disposant que de peu de plumes réfléchissant l'ultra violet mettra plus de temps à former un couple et aura moins de copulations hors couple. D'après la théorie de Ronald Aylmer Fisher[32], les femelles cherchent les mâles avec qui elles auront le plus de descendants parce que les plus beaux. Cependant, les femelles de certaines espèces préfèrent les mâles avec un ornement handicapant. Amotz Zahavi explique, avec sa théorie du handicap, qu'elle choisissent le mâle avec le plus lourd handicap car celui-ci doit avoir de bons gènes pour survivre malgré cela. Ainsi, pour les espèces du genre Pavo, plus les plumes de queues sont longues, plus le mâle a du succès.

Rôle thermique

Le rôle thermique intervient aussi bien pour protéger les oiseaux de la chaleur que du froid. L'oiseau renouvelle son plumage en fonction des saisons par la mue ce qui lui assure une meilleure protection. Mais il peut aussi changer le degré d'isolation en les ébouriffant comme les mammifères hérissent leurs poils. De cette manière les plumes emprisonnent plus d'air ce qui augmente le pouvoir isolant.

En l'absence de glandes sudoripares, la sudation n'existe pas chez les oiseaux. La thermorégulation est essentiellement assurée par la respiration qui élimine l'eau par évaporation[33].

Cas spécifiques

Le duvet des Ardeidae et de certaines espèces de rapaces pousse continuellement, sans muer. Les extrémités de ces plumes se désagrègent en poudre que ces oiseaux répandent lors de leur toilette pour imperméabiliser leur plumes. Les oiseaux marins s’en servent pour enlever le mucus des poissons. Par ailleurs, ces oiseaux sont vulnérables aux plaques d’hydrocarbures causées par les marées noires, qui détruisent l’imperméabilité du plumage et entraînent leur mort par noyade ou par hypothermie[34].

Les plumes longues des dinosaures ont pu jouer un rôle de caractère sexuel, qu'il est difficile de démontrer. Chez certains de ces dinosaures bipèdes actifs, coureurs, des études biomécaniques suggèrent que les longues rémiges présentes sur les bras et la queue ont pu contribuer à améliorer la stabilité de la course ou l'équilibre lors de brusques changements de direction. En effet, leurs longues plumes asymétriques, comme celles des oiseaux « n'améliorent ni le vol, ni même la portance ; elles réduisent la traînée, ce qui est utile pour tout animal se déplaçant à une vitesse élevée »[35].

Cas des oiseaux qui ne volent pas

Tous les oiseaux possèdent des plumes, y compris les oiseaux qui ne volent pas. Elles illustrent les autres utilités des plumes pour les oiseaux.

Les perroquets-hiboux possèdent des rémiges plus courtes, plus symétriques avec un bout plus arrondi que chez les autres Psittaciformes. Les barbules ont moins de crochets ce qui rend les plumes plus souples.

D’autres espèces comme les grèbes microptères ont un nombre de rémiges réduit[36].

Les Sphenisciformes adultes (les manchots) ne possèdent pas de plumes différenciées ; en outre, ce sont les seuls oiseaux pour qui elles poussent uniformément sur le corps. Leur plumes sont petites, rigides et faiblement incurvées et couvrent l’ensemble de leur corps à l’exception de leur pattes.

Trois des quatre espèces de Brassemers ne peuvent pas voler ; leurs plumes ne sont pas très différentes de celle des oiseaux volants.

Oiseaux coureurs

Les rémiges des oiseaux coureurs sont fines et non rigides, les barbules n’ont pas de crochets et leur absence est l'une des causes de l’inaptitude au vol.

Chez les émeus, les rémiges sont plus courtes.

Les rémiges des casoars sont peu nombreuses et ne disposent que de cinq ou six barbes.

Seules les autruches conservent leurs rectrices chez les oiseaux coureurs. Ces plumes leur servent à équilibrer leur trajectoire pendant les phases de course.

Les kiwis ont des plumes qui ressemblent à des poils.

Cas des oiseaux volants

Les plumes constituent la partie la plus importante du corps des oiseaux, les ailes, qui leur permettent de voler.

Selon le type de vol spécifique à chaque catégorie d’oiseaux, les plumes des ailes et de la queue auront une forme et un fonctionnement différents.

  • Les ailes des oiseaux effectuant des vols planés sur de longues distances (albatros) ont un allongement important (planeurs).
  • Certains oiseaux conjuguent le vol plané et le vol en piqué lorsqu’ils observent d’abord le paysage à la recherche d’une proie puis fondent sur elle. Leur aile est d’abord entièrement déployée puis se replie ensuite pour offrir une moindre résistance. Les fous de Bassan qui plongent à plusieurs mètres de profondeur dans l’eau pour pêcher allongent même leurs ailes le long du corps.
  • Les oiseaux au vol très rapide, par exemple l’hirondelle, ont des ailes courtes aux extrémités très fines et pointées vers l’arrière en forme de serpe (flèche importante des chasseurs).
  • Les aigles et les condors au vol plané lent ont à l’extrémité de leurs ailes quelques plumes écartées comme les doigts de la main qui permettent de profiter de la portance créée par le tourbillon (ailerette ou winglet), ce sont les émarginations. En outre, ils ont sur le bord d’attaque de leurs ailes, quelques plumes qui rabattent sur l’extrados l’écoulement d’air qui tend à se décoller en vol très lent à grande incidence (bec contre le décrochage, slat en anglais). Des alulas permettent des vols demandant moins d’énergie.

[[Fichier:Flight of geese.jpg|thumb|right|Volée en triangle d'oies des neiges.]]

  • Certains oiseaux migrateurs volent en triangle, chacun profitant du tourbillon créé par l’animal qui le précède, l’animal placé en tête venant régulièrement se reposer en queue (comme au volley-ball).
  • Certains oiseaux se dirigent à l’aide de leur bec plat situé loin en avant du corps (plan canard) et ont par conséquent des plumes rectrices de très faibles dimensions.

Le fait de couper les plumes, voire les phalanges, des ailes de certains oiseaux domestiques pour les empêcher de voler s’appelle l’éjointage.

Place de la plume dans l'évolution

Template:Article détaillé  

Témoignages fossiles

 

On a longtemps pensé que seuls les oiseaux modernes avaient des plumes. La découverte de plumes asymétriques (donc modernes) sur Archaeopteryx, dans les années 1860 a lancé un débat sur l'origine des plumes chez les oiseaux modernes ; ce cas est longtemps resté unique. Puis de nombreux fossiles de théropodes, dont Sinosauropteryx de la province du Liaoning en Chine ont prouvé que les spécimens de cette lignée, dont font vraisemblablement partie les oiseaux, possédaient des plumes ou des protoplumes (voir dinosaures à plumes). À l’exception des fossiles de dinosaures aviens, proches des oiseaux modernes, la morphologie des squelettes de dinosaures non-aviens à plumes n’est en général pas compatible avec un vol battu.
En 2016, pour la première fois deux fragments d'ailes avec plumes (ayant conservé une coloration), peau et os ont été trouvés dans un morceau d'ambre (provenant du nord-est du Myanmar et datant d'environ 99 millions d'années, soit milieu du Crétacé) suggérant que des plumes aux structures et arrangements assez similaires à ceux des oiseaux d'aujourd'hui existaient déjà. Ces plumes appartenaient probablement à un poussin d'énantiornithes, (sorte d'oiseau primitif à dents et griffes alaires, qui a disparu avec les dinosaures, il y a environ 66 millions d'années).
Il semble cependant que ces plumes, déjà semblables à celles des adultes, ne soit pas issues d'une mue et qu'il n'existait pas encore l'étape du duvet juvénile[37].

Certaines espèces ne possédaient que quelques touffes de plumes symétriques dispersées sur leurs « mains » et leur longue queue osseuse. Pour certaines, le corps était également couvert de duvet, d’autres enfin avaient un plumage bien plus développé sur les pattes arrière, ce qui leur permettait peut-être de planer avec leurs quatre membres étendus. Ces spécimens témoignent d’une apparition de la plume indépendamment de l’origine du vol, même si elle a ensuite été réutilisée à cette fonction : il s’agit d’une exaptation. La plume a donc pu d’abord remplir d’autres rôles (isolation thermique, communication notamment sexuelle, reproduction). Leur apparition, bien avant le vol, semble confirmer ce qui était prédit par la théorie de l’évolution : l’organe crée les fonctions.

vignette|200px|Évolution des plumes[38].

Au fil des découvertes, l’époque de l’apparition de la première plume recule. Le spécimen d’Epidexipteryx décrit en 2008, découvert en Mongolie, possédait déjà des plumes primitives. Il a été daté de 168 à Template:Nombre ; pour lui aussi, toute capacité de vol est exclue[39]. En 2008 puis 2009, c’est au tour d’un petit troodontidé, Anchiornis huxleyi d’être décrit comme étant lui aussi un dinosaure non avien à plumes, antérieur à Archaeopteryx. De longues plumes lui couvrent les membres antérieurs, la queue mais aussi les membres postérieurs. Il est daté du Jurassique, entre 151 et Template:Nombre.

En 2008, la découverte de « poils » sur Tianyulong confuciusi, un dinosaure Heterodontosauridae, donc assez éloigné de la lignée des théropodes et qui vivait entre 99 et Template:Nombre, fait reculer l’origine des plumes à l’origine même des dinosaures. En effet, le groupe des dinosaures s’est séparé il y a Template:Unité environ en deux grands groupes, les Ornithischia auxquels se rattache ce spécimen et les Saurischia dont seront issus les théropodes. De ce fait, si ces protoplumes sont considérées comme homologues, cela veut dire qu’il est possible qu’elles existent depuis au moins cette époque[40]. Ce fait avait déjà été suspecté grâce à un fossile de Psittacosaurus en 2002.

On connaît également de nombreux fossiles de Ptérosaures recouverts d’un duvet (« pycnofibres ») (voir (EN) Pycnofibre), par exemple Sordes pillosus, ce qui pose la question d’une origine commune de ces phanères chez les premiers Archosaures[41].

Plumes et écailles

Template:Refnec, cependant plusieurs observations contredisent ce phénomène[42]. Le germe des plumes est tubulaire, y compris dans le développement des barbes, avant de se répandre ensuite latéralement et cela quelle que soit l'étape de développement de l'oiseau. Les données embryologiques montrent que les plumes, chez les Dinosauriens donc chez les oiseaux, sont issues de plusieurs innovations évolutives spécifiques.

L'étude de ces plumes permet même de retracer l’arbre phylogénétique[42].

Parasitisme des plumes

 
trou des rectrice d'Hirondelle rustique probablement dû à un "pou des oiseaux" du genre Brueelia spp.

De nombreux ectoparasites vivent dans les plumes, notamment les Mallophaga, Phthiraptera et acariens appelés poux des plumes. Au fil du temps, les lignées de parasites coévoluent avec l'espèce hôte, aussi peuvent-ils être utilisés comme marqueurs phylogénétiques. Les Mallophaga surnommés « poux broyeurs » comme Brueelia consomment les rectrices ou les pennes provoquant des trous dans les plumes. Ces espèces ont été décrites abondamment dans le cadre d'études épistémologiques qui mettent au jour le rapport entre écologie et pullulation des parasites[43].

Utilisation humaine

La production de plumes est importante à cause des volumes de volailles produites en aviculture. Des volailles terrestres, on tire essentiellement de la farine animale tandis qu'on exploite les duvets et plumules des oiseaux aquatiques. La production de plumes ornementales est aujourd'hui marginale.

Utilisation ornementale

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Amérindien Pataxó.

Les civilisations amérindiennes tant au sud[44] (quetzal, oiseaux-mouches…) qu’au nord (aigle[45]…) ont utilisé les plumes comme élément décoratif ou comme signe distinctif du rang social ; toutefois l’usage symbolique chez ces peuples ne peut être séparé de l’usage ornemental. Les coiffes en sont l’usage le plus connu, mais aussi les tambourins, habits, colliersTemplate:Etc. Dans ce cas, les plumes étaient fixées par ligature sur un support souple ou incluses dans un support rigide (vannerie, osierTemplate:Etc.). Il existe toutefois un autre usage décoratif par collage. Si cette dernière technique était répandue dans une grande partie du monde précolombien (Pérou, AmazonieTemplate:Etc.), ce sont les Aztèques qui excellèrent dans sa pratique. Elle atteignit une période d’apogée au Template:XVIe siècle, juste avant puis juste après la conquête espagnole avec la création de véritables tableaux religieux en mosaïque de plumes. Une quinzaine de ces tableaux du Template:XVIe siècle sont conservés dans le monde, dont deux en France : le Triptyque de la Crucifixion au Musée national de la Renaissance (Écouen) et la Messe de Saint-Grégoire, le plus ancien conservé (1539), au Musée des Jacobins d’Auch (Gers).

La plume d'autruche était chez les anciens Égyptiens et les anciens Libyens un symbole guerrier, en raison peut-être du caractère combatif et vigilant de cet oiseau; aussi les soldats et les chasseurs avaient-ils coutume de porter une ou plusieurs plumes sur la tête [46].

L'usage de se décorer la tête avec des plumes d'autruche existait aussi dans l’Antiquité européenne : les Grecs ou les Romains en décoraient leur casques).

 
Chapeau décoré de deux plumes d’autruche, Grand magasin du Louvre, Paris, 1911/1912.

Au cours des siècles, différentes vagues de mode apparurent. Les grandes plumes colorées de certains oiseaux (autruche, casoar…) servent d’éléments de décoration dans le vêtement et le costume de scène ainsi que pour les chapeaux et la coiffure. Sous [[Henri VIII|Henri Template:VIII]], les plumes étaient petites et mettaient en valeur les autres accessoires ; sous Charles Template:II et [[Henri IV de France|Henri Template:IV]], elles ornaient les couvre-chefs en panache. Les boas seraient apparus dès le Template:XVIIe siècle mais ne sont réellement décrits qu’à partir du siècle suivant.

Vers la fin du Template:XIXe siècle, cette tendance était si grande que l’activité, connue sous le nom de « plumasserie », avait acquis un statut industriel. En Amérique, cinq millions d’oiseaux étaient tués annuellement pour cet usage. Les plumes des oiseaux de mer étaient particulièrement prisées en raison de leur résistance ; de ce fait, l’industrie de la plume a été considérée comme l’un des facteurs responsables du déclin des populations d’oiseaux marins dans bon nombre de régions de l’Atlantique Nord à cette époque[47]. De tels chiffres mobilisèrent l’opinion publique et des mouvements anti-plume furent créés afin que seules les plumes d’oiseaux domestiques soient utilisées.

Éventails

 
Éventails égyptiens, représentation du Template:XIXe siècle

Les éventails des Égyptiens antiques, dont les plus anciens remontent au Template:-m, étaient en plume. Les premiers éventails chinois étaient également en plume avant d'être fabriqués en papier, bambou et soie. Ils ont été datés du Template:-m environ. De cet origine, le caractère chinois pour le mot « éventail » ( ou ) est graphiquement dérivé de celui du mot « plume » ()[48]. Indépendamment de toute influence extérieure, les Aztèques et les Mayas utilisaient aussi des éventails en plumes.

Fabrication de leurres

Plusieurs centaines de millions de pêcheurs dans le monde utilisent les plumes pour la fabrication de leurres pour la pêche sportive, notamment en mouche de pêche. La première trace écrite que l'on ait de cette utilisation se trouve dans une description de Claude Élien au Template:IIe siècle. Les plumes proviennent la plupart du temps d'élevages spécialisés dans la production de plumes. Elles sont soit prélevées sur l'oiseau vivant, soit proviennent de cous ou de selles, nécessitant l'abattage du volatile. Au cours des derniers siècles, pratiquement toutes les espèces ont été concernées. Notons notamment la perdrix rouge, le faisan, le coq de jungle, le paon ... et surtout le coq de pêche. À titre d'exemple, un seul producteur de coqs de pêche, américain, la Whiting Farms Inc, a en 2008 eu un chiffre d'affaires de 20 millions de dollars américains[49].

Industrie de transformation

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Colorations artisanales

Afin d’obtenir des plumes pour fabriquer entre autres les coiffes, certaines communautés ont mis en place des techniques diverses. Les colorations à base de teintures ou de décolorants pour obtenir les couleurs voulues ont été utilisées en Amérique du Sud notamment. Charles Darwin rapportent que les Amérindiens réussissaient à obtenir des couleurs plus conformes à leur souhait en changeant le régime alimentaire des oiseaux, ce que savaient faire également les Malais. Les Amérindiens pratiquent également le tapirage, c’est-à-dire qu’en appliquant des produits chimiques sur des oiseaux captifs, ils parviennent à obtenir des nuances de couleurs non naturelles. L’oiseau est soit d’abord plumé puis son épiderme est massé avec des décoctions de plantes, soit du venin est déposé dans le calamus des plumes. Les couleurs structurales des plumes disparaissent et les plumes qui repoussent sont alors jaunes ou roses. Les Enawenê-Nawê, avec du venin de batracien transforment des plumes normalement vertes en plumes jaunes avec des nuances de vermillon[50].

Aujourd’hui les nord-amérindiens colorent des plumes de dindons à l’encre pour fabriquer et vendre des coiffes aux touristes, la détention de vraies plumes d’aigle étant interdite aux non indiens[45]. La teinture de plumes ou la fabrication de plumes artificielles est également encouragée auprès de certaines communautés pour tenter de sauver les espèces en danger, comme l’Ara bleu en Bolivie[51]. Les boas confectionnés à partir de plumes d’autruches, de dindes ou de marabouts peuvent également être teints.

Récoltes des plumes après abattage

Toutes les plumes utilisées ne sont pas obtenues après abattage des oiseaux. La pratique de récupération des plumules ou duvet pour les palmipèdes, récupérations des plumes d’autruchesTemplate:Etc., sur les animaux vivants est marginale. Dans les abattoirs, les plumes peuvent être arrachées à sec mais il est plus facile et rapide d’échauder les oiseaux à environ Template:Température pendant 1 à Template:Nombre[52]. Les plumes sont arrachées manuellement, quelquefois avec l’aide d’une machine appelée « plumeuse ». Les plumes sont ensuite séchées dans des tambours pour qu’elles prennent du volume. Elles sont ensuite triées, industriellement par des machines à flux d’air[52]. Le plumage à sec, n’impliquant pas de processus industriel est plus rentable pour les éleveurs[52].

Pour les palmipèdes en France, 70 à 55 % des plumes sont utilisables[53].

La filière duvet

La fabrication de vêtements isolants (anorak, doudouneTemplate:Etc.) ainsi que des sacs de couchage, édredons, duvets, oreillers, couettes est la principale utilisation des plumes. Le duvet est la plume la plus utilisée et celle qui a le plus de valeur. Le duvet provient aujourd’hui essentiellement des volailles palmipèdes de la filière avicole. Les duvets de certaines espèces sont plus réputés que d’autre, aussi plusieurs pays ont mis en place des législations protégeant les consommateurs. Au Canada, il est obligatoire de faire figurer de quel oiseau les plumes proviennent mais les termes employés sont équivoques puisqu’ils désignent en fait toutes les plumes secondaires des oiseaux aquatiques, comme les oies, les canards et les cygnes, constituées des barbes se ramifiant à partir du penne, mais n’ayant pas de rachis[54]. La plupart des produits du commerce sont fabriqués à partir d’un mélange de plumules et de duvet ; plus la quantité de duvet est importante et plus la valeur du produit est élevée.

La production est importante à cause des volumes de volailles produites en aviculture. Les plumes des espèces fournissant le duvet et plumules peuvent être valorisées industriellement en étant incluses dans des articles textiles, le reste étant transformé en farine animale, en cystéine, en engrais ou traité comme déchet. En France, la production de plumes de palmipèdes représente Template:Unité par an dont Template:Unité sont des déchets[53]. Les vêtements et produits à base de plumes sont perçus par la clientèle comme des produits de qualité, la demande en qualité augmentant, la quantité de déchets devrait aussi augmenter. Les plumes blanches sont les plus recherchées.

La récolte continue, dans les pays industriels, d’être une source de revenus non négligeable. Elle est principalement pratiquée sur les canards ou les oies en Europe. Les revenus proviennent des animaux abattus et des récoltes des mues naturelles à partir de l’âge de 9 à Template:Nombre puis toutes les six semaines pour produire Template:Nombre de plumes (8 à 15 % de duvet[53]) environ chez les oies[52] et enfin les plumes à l’abattage.

En 1994, les échanges internationaux ont porté sur plus de Template:Unité de plumes et duvets bruts, soit Template:Nombre de dollars américains[52] dont 30 % en masse et 40 % en valeur pour les oies. 93 % de la demande internationale se concentre sur les États-Unis, la France, l’Allemagne, le Japon, Taïwan et l’Italie tandis que Template:Nombre, surtout en Europe, Amérique du Nord et Asie, détiennent une production significative à l’échelle du marché mondial. En 2002, la demande était grande et le marché n’était pas saturé[52]. Le prix en 2001 sont en France[53] :

Production de cystéine

La β-keratin est obtenue par dialyse d’une solution aqueuse d’urée et de 2-mercaptoethanol[55] dans laquelle sont trempées les plumes. Une agrégation de protéines a lieu et le résidu est soumis à plusieurs acides et agents chimiques[55]. L’acide L-cystéique est ensuite transformé en cystéine (E910 (L-cystéine), E920 (L-cystéine hydrochloride), E921 (L-cystéine hydrochloride monohydrate). La cystéine est par exemple utilisée en boulangerie comme correcteur de la force des pâtes à pain[56]. Si, historiquement, la cystéine a été extraite de plumes d’oiseaux et de cheveux, la législation européenne interdit maintenant l’usage de cystéine d’origine humaine.

La poudre de plume

La farine ou poudre de plumes est une farine animale, elle est peu considérée du fait de son odeur. Elle est produite avant tout avec les plumes des volailles terrestres. Ces farines ont la composition des plumes c’est-à-dire que la kératine représente 85,9 % de la teneur en protéines et 70 % de la matière sèche totale.

Template:Article détaillé

La poudre, pour améliorer sa digestibilité, est hydrolysée par traitement enzymatique ou physico-chimique. Si la digestibilité apparente atteint 65 % pour les volailles, et 85 % pour les ruminants, l’apport nutritif est faible car elle ne contient que 0,5 % de méthionine, 2,2 % de Lysine, 0,8 % de histidine et 0,7 % de tryptophane mais sont riches en cystéine[57]. Elles ont en revanche un relativement bon apport énergétique, comparable à la farine de sang[57] toutes deux pauvres en matières minérales[58].

Composition chimique[58]
Matières sèches Matières azotées totales Lipides Cendres Calcium Phosphore
93 92 3 3,4 0,2 0,7

La production de farine animale représentait Template:Nombre en 1997 en France, la production de farine de plume représentait Template:Nombre[59], Template:Nombre en 1996 et Template:Nombre en 1994 pour Template:Nombre au total. La production de farine de plume est en constante augmentation, même sans débouché et alors que la production générale est en baisse.

En principe, en France[53] :

  • 39 % est incinérée ;
  • 1 % environ est transformée en aliments pour l’aquaculture ;
  • 13 % pour l’alimentation animale mais cet usage est limité du fait des odeurs de cette farine ;
  • 5 % environ ont été incorporées dans la fabrication d’engrais en agriculture biodynamique ;
  • 47 % sont stockées « en attente » et gérées par la Mission Interministérielle sur les farines animales.

Mais en fait, en 2001, 10 % seulement a été incinéré du fait de la saturation des sites d’incinération. Moins de 5 % de la production est utilisée pour l’alimentation animale.

Déchets et recyclage

Les déchèteries peuvent recycler certaines plumes. Cet usage est fort ancien, les selliers-garnisseur ou bourreliers récupéraient les vieux matelas, pour en produire des nouveaux. Bon nombre de plumes, comme celles des Gallus gallus domesticus qui n’ont pas de valeur commerciale suffisante sont considérées comme des déchets encombrants. Des chercheurs de l’Université Hébraïque de Jérusalem ont produit un OGM appelé « bare chicken » qui ne possède pas de plumes[60], ce qui a des implications religieuses[61].

Les plumes de récupération représentent Template:Unité par an dont 30 % à 50 % seraient re-traitées ce qui générerait 2 500 à Template:Unité par an de coutil, 500 à Template:Unité par an de déchets et 100 à Template:Nombre de poussières[53].

Autres usages

[[Fichier:Matoya hane.jpg|thumb|Extrémités de flèches japonaises (Ya) utilisées dans le kyūdō avec leur empennage de plumes.]]

  • L’usage des plumes, principalement d’oie, mais aussi d’autres oiseaux selon l’usage recherché, comme instrument d’écriture est très ancien. La plume a été l’outil principal de l’écriture en Occident jusqu’au Template:XIXe siècle, où elle a été progressivement supplantée par les plumes métalliques, puis les divers types de stylographes. Elle demeure irremplaçable dans divers styles de calligraphie occidentale. Sa portée symbolique reste importante.
  • Les plumes sont aussi utilisées dans l'empennage des flèches.
  • Au Template:XIXe siècle, l’usage est courant, chez les camelots, de vendre au Carnaval de Paris, de longues plumes de paon, pour chatouiller les passants. Cette pratique sera pourchassée par la police et disparaîtra[62].
  • Les plumes d’oiseaux mouches étaient aussi utilisées pour concevoir des fleurs artificielles[63].
  • Les premières balles dont celles de golf, étaient des poches circulaires en cuir bourrées de plumes.
  • En Amérique du Sud, les éventails en plumes de condors étaient utilisés dans la médecine traditionnelle[64].
  • En Inde, les plumes du Paon bleu ont été utilisées dans la médecine traditionnelle pour tenter de soigner les morsures de serpent, la stérilité et la toux[65] · [66].
  • Par la mesure du taux de métaux lourds des plumes, on peut obtenir des donnés sur le saturnisme aviaire ou sur le degré de mobilité de certaines espèces. On a ainsi montré que le biset urbain est peu mobile, (bien que capable en tant que pigeon voyageur de parcourir de grandes distances si on l'y force)[67].
  • par la mesure de la quantité de carbone fixé sur des plumes d'oiseaux naturalisés dans le passé (expérience faite sur cinq espèces trouvées dans des musées d'histoire naturelle aux États-Unis), des scientifiques ont montré en 2017 que ce taux reflétait l'évolution de l'usage du charbon aux États-Unis, croissant à parti des années 1800, chutant au lors de la Grande Récession; puis augmentant à nouveau au milieu du XX siècle jusqu'aux législations de protection de l'air des années 1950, 60 et 70[68].
  • La biomimétique cherche à copier certaines propriétés physiques des plumes de rapaces nocturnes pour diminuer le bruit émis par les trains à très grande vitesse ou les pales des grandes éolienne (ainsi une réduction de 10 dB a déjà été obtenue en 2015 en imitant les structures de plumes de rapaces nocturnes capables de voler silencieusement[69]).

Vocabulaire

Le terme de plume dérive du latin plūma, « duvet » puis « plume » et a éliminé penna (penne*) dans presque toutes les dialectes gallo-romains[70]. Il a désigné, par métonymie, une plume tout aussi bien que le plumage. La synecdoque plume-oiseau se retrouve dans l'expression « gibier à plume » pour désigner ce gibier. L'association plume/léger, se retrouve dans l'expression poids plume, une catégorie de boxe.

Ce terme a donné de nombreuses expressions et sens dérivés. Plumer signifie enlever les plumes des oiseaux mais aussi dérober tous les biens d'un individu, tandis que plumard désigne un lit, sens en relation avec les matelas autrefois fait en plumes.

On parle aussi de plume pour l'organe corné des calmars.

Rôle symbolique

[[Fichier:Maru chigai taka.svg|thumb|left|Meuble héraldique japonais]]

 
Maât

La plume a un rôle symbolique, il désigne l'écriture, un écrivain, etc. Dans de nombreuses symboliques s'appuyant sur la théorie des Quatre éléments la plume est reliée à l'air, ou au souffle qui est à son tour symbole de vie. Les Égyptiens de l'antiquité appelaient la plume « le traceur de tout ». C'est le symbole de l'expression de la parole divine délivrée par l'écriture. Mais, comme la plume est l'attribut exclusif des oiseaux, elle symbolise aussi des vertus anthropomorphiques prêtées à certaines espèces d'oiseaux comme l'aigle, qui est symbole de sagesse et messager spirituel entre les dieux et l'homme pour les peuples nord-amérindiens[71], la plume d'aigle apporte la sagesse à celui qui la porte.

  • Dans la religion de l'Égypte antique, lors de la pesée de l'âme, Maât représentée par une femme coiffée d'une plume d'autruche ou simplement par cette plume elle-même, aussi légère qu'une plume, est le contrepoids du cœur qui doit être aussi léger qu'elle pour que le Ka, l'âme du défunt, puisse accéder au monde des bienheureux.
  • Dans la Religion romaine antique, des bijoux à base de plumes ou des plumes étaient déposés dans les sanctuaires de Junon. Cette tradition, venue vraisemblablement d'Orient, était équivalente à celle retenue pour le culte grec d'Héra. Dans la mythologie, c'est Junon/Héra qui a placé les ocelles sur les plumes du paon[72]. À Rome, les plumes de paon symbolisaient Junon (IVNO REGINA) puisque justement sa beauté résidait, paraît-il surtout dans ses yeux.
  • Pour les civilisations mésoaméricaines, les plumes, et plus particulièrement celles des Quetzals, étaient le symbole du pouvoir et de la richesse. Huitzilihuitl (« Plume de colibri »), Quetzalcoatl (« serpent à plume ») ne sont que deux exemples de divinités de leurs panthéons avec des attributs en plumes. L'artiste chilienne Ximena Armas, chez laquelle l’oiseau est la victime première d’une nature outragée, dissémine des plumes éparses dans ses dessins, pastels et acryliques.
  • Les belles plumes sont rares et chères, elles étaient jusqu'au Template:XIXe siècle également le symbole d'un statut social élevé.

La plume blanche

La plume blanche était, dans l'empire britannique, un symbole de lâcheté, attribué à ceux qui refusaient la guerre. Ce symbole a pour origine la croyance selon laquelle, dans un combat de coq, il apparaissait une plume blanche sur la queue des jeunes coqs combattant mal[73]. Cet usage au Template:S- est le point de départ du roman Les Quatre Plumes blanches. Pendant la Première Guerre mondiale, des distributions de plumes blanches étaient organisées pour couvrir de honte les hommes non engagés dans la guerre. Cette distribution apparaît dans la saison 2 de Downton Abbey.

À l'opposé, dans le manga Negima!, l'équipe du héros a pour symbole une plume blanche (son nom est Ala Alba, traduit par aile blanche ou plume blanche), et se fait remarquer par son courage.

Culture

Note

  1. ^ Claude Augé (dir.); Adolphe Millot (ill.), Le Larousse pour tous: Nouveau dictionnaire encyclopédique, vol. 2, Librairie Larousse, Parigi, [1907-1910], p. 465.
  2. ^ Charles A. Vaucher, Oiseaux en vol, Librairie Marguerat, 1962, p. 10.
  3. ^ a b c d e Zoologie, in Collectif, Grande encyclopédie alpha des sciences et techniques, vol. 2, Parigi, Grange Batelière, 1974.
  4. ^ Guilhem Lesaffre, Histoires remarquables. Les oiseaux, Delachaux & Niestlé, 2014, p. 51.
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Le penne hanno origine nella pelle da fossette o follicoli, e sono generalmente distribuite in aree definite pterili, separate fra loro da aree prive di penne o apterili. In alcune specie, come nei ratiti, nei pinguini e negli uccelli-topo, mancano gli pterilii e le penne sono uniformemente distribuite sulla pelle. Considerata la loro complessità strutturale, le penne sono sorprendentemente simili e uniformi nella loro composizione chimica. Oltre il 90% delle sostanze che costituiscono una penna è rappresentato da beta-cheratina, una proteina simile alla cheratina delle scaglie e a quella dei capelli e delle corna dei mammiferi. Circa l'1% di una penna è costituito da lipidi e circa l'8% da acqua; la rimanente frazione è costituita da piccole quantità di altre proteine e pigmenti, come la melanina.

Tipi principali di penne

Gli ornitologi distinguono generalmente cinque tipi di penne:

  • penne di contorno, che comprendono le tipiche penne del corpo e le penne delle ali;
  • semipiume;
  • piume del piumino, di diverso tipo;
  • setole;
  • filopiume.

Penne di contorno

Le penne di contorno presentano una breve parte basale tubulare, il calamo, che rimane saldamente infissa nel follicolo fino alla muta delle penne. Distalmente, il calamo si continua con una lunga rachide che si assottiglia progressivamente verso l'estremità e dalla quale si dipartono