Natura umana
La natura umana è l'insieme delle caratteristiche distintive, compresi i modi di pensare, di sentire e di agire, che gli esseri umani tendono naturalmente ad avere, indipendentemente dall'influenza della cultura.
Le questioni su ciò che queste caratteristiche siano, cosa le provochi, e come la natura umana sia costituita, sono tra le più antiche e dibattute della filosofia occidentale. Queste domande hanno ricadute in materia di etica, politica, teologia, oltre ad essere trattate anche nell'arte, nella letteratura, nei molteplici rami delle scienze umane, le quali formano, insieme, un importante dominio di indagine sulla natura umana, che l'individuo rivolge costantemente verso se stesso e i propri simili come nel celebre detto latino, assurto a ideale filantropico dell'humanitas:

La definizione di essere umano come essere superiore per la presenza in lui/lei di un elemento incorporeo (mente, anima, spirito, ...) che lo renda capace di elaborare concetti, di operare scelte e di risponderne responsabilmente, non è solo una concezione intuitiva ma anche il risultato di una lunga elaborazione che dal pensiero greco arcaico arriva alla moderna antropologia filosofica. Tra i rami della scienza contemporanea associati allo studio della natura umana vi sono l'antropologia, la sociologia, la sociobiologia e la psicologia, in particolare quella evoluzionista e dello sviluppo.[2]
L'essere umano nei miti e nella filosofia
Nelle concezioni antiche, la natura dell'essere umano viene concepita ora in maniera decisamente pessimista, in considerazione della sua caducità e mortalità rispetto agli Dei, ora più ottimisticamente riguardo all'idea che in essa vi sia nonostante tutto un elemento d'eccellenza che l'avvicina al divino.
Nei poemi omerici l'essere umano si caratterizza per la sua inferiorità rispetto alla potenza e al sapere divino. Quando egli muore, perde ogni consistenza e diviene come un'ombra.[4] Con queste parole Achille esprime il sentimento greco dell'aldilà:
essere un mendicante che viva nella povertà,
piuttosto che signore del Regno dei Morti.»
Ma, come si vede in Esiodo, vi è anche la convinzione che l'essere umano è in grado, con la ragione e il linguaggio, di uscire dalla sua inferiorità. Così pure il mito di Prometeo attesta che, contro la volontà degli Dei, agli umani è stato donato il fuoco, simbolo di potenza.
Nelle religioni misteriche d'altronde, come ad esempio l'orfismo, nato dal mito di Orfeo, si insegnava già che gli esseri umani possiedono un'anima immortale e d'origine divina, la quale imprigionata nel corpo con la liberazione della morte tornerà allo stato originario. Questa dottrina, in cui si mescolano elementi cosmologici e astrologici, confluirà nella scuola pitagorica con la teoria della metempsicosi:
Dalle prime riflessioni espresse nei miti, nella poesia e nei testi religiosi si arriva alla filosofia che si pone le seguenti questioni:
- il rapporto che l'essere umano ha con gli dei;
- il posto dell'essere umano nel cosmo;
- l'essere umano è una semplice struttura fisica o è in lui presente un'anima? Come questa si rapporta con il corpo?
In maniera oscillante, si pensa che l'essere umano occupi una parte infima nell'universo, eppure che vi sia una sorta di parentela tra l'essere umano, ritenuto un microcosmo, ed il macrocosmo universale.
Socrate, il cui insegnamento mira a far conoscere sé stesso all'essere umano, cerca di fargli scoprire, attraverso il dialogo, la sua essenza, cioè il logos, inteso come ricerca del vero e del bene. La razionalità e il linguaggio sono i doni ricevuti dall'essere umano da parte degli Dei, con cui Socrate, come la levatrice, cerca di portare alla luce nei discepoli la verità attraverso la maieutica:
Anche i sofisti colgono nel linguaggio la facoltà peculiare dell'essere umano, ma essi lo ritengono soltanto uno strumento in grado di dominare sugli altri esseri. Ripudiando tutta la tradizione filosofica precedente come astratta ed inutile essi avanzano l'antropocentrismo della realtà:
Platone e Aristotele
Per Platone, la natura umana si trova perennemente sospesa tra essere e non essere. L'uomo vive drammaticamente questa condizione in quanto individuo calato nell'esistenza, tra il richiamo del mondo iperuranio, eterno, immutabile, e incorruttibile, e la sua parte terrena soggetta alla contingenza, al divenire, e alla morte.
Platone oscilla così tra una concezione pessimista, esposta nel Fedone e nel Fedro, dovuta al corpo che è come un carcere in cui l'anima umana è incarnata per espiare una colpa originaria,[7] e una più positiva, soprattutto nel Timeo, secondo cui l'anima ha origine dal soffio divino (pneuma, cioè «vento» o appunto «soffio»). Nel dialogo Alcibiade primo[8] Platone conferma l'origine divina dell'uomo.[9] L'anima umana possiede tre facoltà, ripartite, secondo il mito del carro e dell'auriga, in tre attività:
- quella razionale (loghistòn) che funge da guida;
- quella volitiva-irascibile (thumoeidès) animata dal coraggio,
- e quella concupiscibile (epithymetikòn) soggetta ai desideri.[10]
Alle tre parti dell'anima corrispondono nella città-stato tre classi sociali (filosofi, guerrieri e mercanti) le cui funzioni si devono mantenere nell'ambito dei rispettivi ruoli affinché il governo sia armonico. Le tre parti dell'anima vengono inoltre così collocate anatomicamente: nella testa, dove ha sede la razionalità, nel petto in cui dimora la parte irascibile, e nel ventre quella desiderativa, le ultime due le più materiali, destinate a dissolversi con la morte.[11] La disposizione anatomica dell'uomo rivela che in lui non opera la casualità, bensì un piano intelligente.
L'origine divina dell'anima viene confermata anche da Aristotele che pure elabora una filosofia per molti aspetti opposta a quella platonica. Anche lui afferma che l'uomo deve ispirare il proprio comportamento alla sua parte più nobile, l'anima.[12]
Questa infatti, nell'antropologia aristotelica, è entelechia del corpo,[13] poiché trasforma in atto la potenza di vita di un uomo. L'anima quindi non è autonoma dal corpo, come nella dottrina platonica: come non è possibile separare nella statua il marmo dalla figura rappresentata, così non si può distinguere, o almeno lo si può solo concettualmente, l'anima dal corpo.
L'anima umana per Aristotele possiede analogamente tre facoltà:
- quella vegetativa, in comune colle piante, che assolve alle funzioni essenziali della vita;
- quella sensitiva, in comune cogli animali, che presiede alla percezione e ai sentimenti;
- infine quella razionale, che appartiene solo all'uomo, collocato al culmine della natura, signore del creato e di tutti gli esseri inferiori che sono materia potenziale per l'attualità del suo sviluppo.
Ellenismo
Una visione puramente materiale è nel pensiero di Epicuro per cui tutto è formato di atomi, compreso l'uomo. L'unica realtà incorporea è il vuoto che però non può, proprio per questa sua immaterialità, compiere alcuna azione né esserne oggetto. Il corpo e l'anima umani sono costituiti solo di particelle materiali piccolissime e rotonde, che si disgregano alla morte.[14]
Diversa è l'impostazione della scuola stoica fondata da Zenone di Cizio, per cui nella materia cosmica e umana è immanente un principio formale inteso come "fuoco", cioè ragione (logos) o anima universale, che si riflette nell'uomo. In lui vi è una dunque una scintilla divina di questo Logos.[15]
Nel periodo ellenistico tornano in auge dottrine neoplatoniche, gnostiche e astrologiche, per le quali la natura umana, di origine cosmica e divina, non solo contiene in sé i quattro elementi dell'universo (fuoco, terra, aria, acqua), ma li riassume come una sorta di zodiaco in miniatura:[16] in base al principio ermetico dell'analogia, nell'homo signorum ogni parte anatomica trova corrispondenza con un preciso segno zodiacale.[16]
Nell'ambito dello gnosticismo, una riflessione peculiare sulla natura umana è quella offerta da Valentino, il quale suddivide gli uomini in tre tipologie:[17]
- Ilici, o materiali, che costituiscono la maggioranza, volti unicamente al soddisfacimento dei bisogni più terreni;
- Psichici, o animici, nei quali predomina il livello dell'anima e dei sentimenti;
- Pneumatici, o spirituali, i pochi capaci di elevarsi alla conoscenza intellegibile propria degli Dei.
La presenza di elementi fatalistici nell'astrologia era stata un tratto peculiare dello stoicismo, che vedeva l'universo dominato da rapporti di affinità o simpatia, attraverso cui il Logos determinava la natura degli uomini.[18] Contro questa visione, Plotino sostenne che il fato non è ineluttabile, a condizione di sapersi elevare al di sopra di esso, verso la dimensione dell'Anima superiore che non soggiace agli impulsi corporei.[19]
L'uomo per Plotino è l'unico fra tutte le creature viventi dotato di libertà, capace di invertire la necessità della dispersione dell'Uno nel molpelice, volgendosi alla contemplazione dell'intelligibile (epistrophé). Soltanto il sapiente però sa compiere questa ascesa, mentre la maggior parte delle anime individuali, incarnate nel corpo, non conosce la meta da raggiungere o non è in grado di arrivarci, restando nell'oscurità e nella schiavitù alle leggi del destino:[20]
L'uomo nel Cristianesimo e nel Medioevo
Con l'avvento del Cristianesimo, da un lato la natura umana viene nobilitata in quanto creata «a immagine e somiglianza di Dio», fatto di amore e dono di sé; dall'altro si ammette che essa è stata inevitabilmente corrotta a causa del peccato originale, ma attraverso il sacrificio di Gesù sulla croce può essere redenta, tornando alla purezza originale dell'antico Adamo. Come Dio è Uno e Trino, così anche nell'essere umano è presente una tripartizione, secondo l'affermazione di San Paolo che contrappone la nobiltà dello spirito umano alla bassezza della carne:
Questa concezione tripartita dell'essere umano, seppure prevalente tra i padri della Chiesa, sarà poi abbandonata.[22] Secondo Ireneo di Lione, «vi sono tre principi dell'uomo intero: il corpo, l'anima e lo spirito. Quello che salva e che forma è lo spirito. L'altro, che è unito e formato, è il corpo. Poi un intermediario tra i due è l'anima. Questa talora segue lo spirito ed è elevata da lui. Talora anche condiscende al corpo e si abbassa alle voglie terrestri».[23] Così anche secondo Origene, che istituisce un parallelismo fra le tre parti della natura umana e i tre sensi della Scrittura.[24]
Per Agostino d'Ippona, che risente dell'influsso neoplatonico,[25] l'essere umano possiede una facoltà superiore, spirituale, in cui si fa sentire la presenza di Dio, ed una inferiore, rivolta agli enti materiali. L'anima funge quindi anche per lui da intermediaria tra spirito e corpo,[25] ora elevandosi alla luce intuitiva delle idee (ratio superior), ora rivolgendosi alle attività mondane ad un livello puramente logico-scientifico (ratio inferior): «L'anima non è tutto l'uomo ma la sua parte migliore; e neanche il corpo è tutto l'uomo intero, ma la sua parte inferiore».[26]
La questione della doppia anima, di cui una di natura puramente spirituale e perciò del tutto separata dal corpo, rimase in seguito dibattuta, finché nei Concili di Costantinopoli dell'869-870 e dell'879-880 venne affermata l'unicità dell'anima umana.[27] In quest'ultima consiste quindi per Tommaso d'Aquino l'essenza della natura umana, un'anima da intendere non come concetto attribuibile alla specie in generale, bensì come forma che porta concretamente a perfezione una materia corporea, alla quale è indissolubilmente unita.[28] Per il resto egli riprende la differenziazione aristotelica in seno all'anima tra razionale, sensitiva, e vegetativa.[28]
Lungi dall'essere un'astrazione generalizzabile, per il pensiero medioevale ogni uomo è quindi persona, «universo di natura spirituale dotato della libertà di scelta e costituente un tutto indipendente di fronte al mondo»,[29] e che nello stesso tempo è sia naturale sia soprannaturale.[30]
L'uomo nella modernità
Se nel Medioevo mancava in parte «lo sguardo della creatura su se stessa», poiché troppo sbilanciato sulle realtà divine per occuparsi in modo profondo di quelle create e umane, con il Rinascimento la situazione inizia a mutare: la creatura viene riabilitata in una prospettiva maggiormente naturalistica e antropocentrica, diventando essa stessa creatrice, cioè non solo homo sapiens, ma anche homo faber.
Nel nuovo clima dell'umanesimo quest'ultimo rappresenta un ideale non più fine a se stesso, ma che racchiude anche un potere: un sapere cioè non solo contemplativo ma funzionale all'azione, attore e costruttore del mondo, in virtù della centralità che l'anima umana assume ora nell'universo. Tenendone collegati gli estremi opposti, il cielo e la terra, il macrocosmo e il microcosmo, l'uomo è definito infatti da Marsilio Ficino vera copula mundi,[32] a indicarne la peculiare caratteristica di trovarsi al centro dell'universo, mediatore tra Dio e il creato, tra spiritualità e corporeità,[32] che scopre la loro segreta e occulta analogia, e li riunifica grazie alla forza dell'amore.[33]
Anche Pico della Mirandola esaltò la peculiarità dell'uomo, unico nella «scala degli esseri» capace di potersi forgiare da solo, non avendo egli natura pre-determinata, bensì la libertà di scelta di evolversi verso l'alto o abbruttirsi verso il basso.[32]
"Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto".»
Questa visione verrà ripresa in parte dallo scienziato e filosofo Blaise Pascal, secondo cui l'uomo non è né «angelo né bestia», essendo la sua propria posizione nel mondo un punto mediano tra questi due estremi.[35]
Una concezione sempre più naturalistica dell'essere umano prese tuttavia in seguito a diffondersi, anche in seguito alla Riforma protestante, secondo la quale l'uomo che riceve la Grazia, pur rimanendo integralmente corrotto e privo di libero arbitrio, diviene l'eletto di Dio sulla terra con la conseguenza che «le sue esigenze imperialistiche saranno senza limiti e la prosperità materiale gli apparirà come un dovere del proprio stato».[29] Il pessimismo protestante sposta il centro vitale dall'ordine spirituale a quello naturale a causa del forte rilievo che attribuisce al peccato originale.[36]
Con Rousseau e Hegel si compie poi la definitiva eliminazione di ogni componente non immanente della persona umana e la sua riduzione ad essere puramente naturale. Secondo Maritain l'errore tragico della modernità non è stato nel rivalutare l'uomo ma aver riabilitato l'uomo senza Dio e contro Dio. Egli distingue fra due umanesimi: un umanesimo teocentrico che riconosce Dio come centro e un umanesimo antropocentrico che pone invece nell'uomo il centro dell'uomo e che viene definito "inumano".[37] Maritain passa poi a delineare storicamente le fasi storiche dell'umanesimo antropocentrico:
- il primo periodo (1300-1600) è caratterizzato da un naturalismo cristiano e dal dominio dell'uomo sulla natura "benedetto" da Dio;
- il secondo periodo (1700-1800) è caratterizzato dalla definitiva separazione della cultura dalla religione e da una fortissima affermazione della tecnica a cui si chiede di procurare la felicità all'uomo;
- il terzo periodo (1900) è caratterizzato dal definitivo spostamento del fine ultimo dell'uomo in sé stesso e la conseguente rivolta dell'uomo contro il mondo e contro Dio al fine di far sorgere una nuova umanità mentre le energie d'ordine materiale che egli pone in opera con la tecnica invadono lo stesso mondo umano.[38]
Prospettive antropologiche
Nuove prospettive sono venute dalla scienza antropologica sorta a partire dall'Ottocento, la quale, pur basandosi su precursori di antica data, si propone di studiare la natura umana sotto diversi aspetti (sociale, culturale, morfologica, psicoevolutiva, sociologica, artistico-espressiva, filosofico-religiosa), indagando soprattutto i comportamenti umani all'interno delle società.
L'uomo religioso
Nell'ambito dell'antropologia culturale, è stata coniata la definizione di homo religiosus, ripresa tra gli altri dallo studioso Mircea Eliade, per denotare la natura peculiare dell'uomo quale essere contemplativo e perennemente rivolto alla dimensione del sacro,[39] a evidenziare come questa sia «un elemento della struttura della coscienza e non un momento della sua storia».[40]
L'uomo economico
Maritain nel suo Umanesimo integrale trattando del marxismo relativamente alla struttura dell'uomo moderno lo definisce come «un sistema completo di dottrina e di vita il quale pretende di svelare all'uomo il senso dell'esistenza, risponde a tutte le questioni fondamentali poste dalla vita e manifesta una potenza di inviluppamento totalitario.» [41]
Il marxismo è quindi una religione, di cui il materialismo dialettico costituisce la teologia dogmatica, il comunismo è l'espressione etica e sociale e l'ateismo dogmatico il primo articolo di fede. Ma nonostante la radicale diversità fra pensiero marxista e pensiero cristiano, Maritain fa notare che le idee marxiste, ad esempio comunione, sacrificio e fede nella causa, si rivelano ad un esame più accurato essere nient'altro che "schegge impazzite", energie religiose secolarizzate di cui il marxismo si nutre e grazie alle quali vive.
Karl Marx, rifiutando non solo l'idealismo ma anche il concetto stesso di spirito, ha sottomesso ogni ambito della vita umana alla sfera economica: «la casualità materiale è diventata la causalità puramente e semplicemente primaria». Il marxismo, poi "respingendo" il processo dialettico nella materia, afferma che il processo economico (non autonomamente ma con tutte le energie che esso genera) trasformerà l'uomo alienato di oggi in padrone della storia e del mondo domani: la redenzione dell'umanità avverrà per mezzo del proletariato e condurrà alla libertà l'umanità e all'individuo della società liberale subentrerà l'individuo collettivo che, liberato con l'abolizione della proprietà privata, assumerà i tratti che la coscienza alienata attribuiva a Dio.
Un'obiezione di carattere metodologico è quella riportata da autori che pure hanno condiviso la posizione neotomistica di Maritain come Étienne Gilson (1884–1978) e Antonin-Dalmace Sertillanges (1863–1948) i quali osservano che nell'analisi di Maritain «il dato cristiano viene assunto come un semplice dato d'esperienza, a prescindere dalla sua pretesa di essere una rivelazione [...] il dato cristiano, in quanto oggetto di fede non può qualificare una ricerca puramente razionale e in quanto oggetto di ragione non sarebbe propriamente cristiano» [42].
L'uomo "nuovo"
L'uomo nuovo è un concetto nato in Italia dopo la prima guerra mondiale sull'onda dell'esaltazione dei valori interventisti e futuristi sorti durante quel conflitto soprattutto in merito ad un principio di "svecchiamento" dei costumi ottocenteschi e nella lotta alla borghesia "imboscata" e "pacifista" individuata nelle categorie come la nobiltà, il clero, l'aristocrazia in genere. A tali categorie verrà aggiunta, successivamente, buona parte dei ceti medi, corrotti dai personaggi del bel mondo [43]
Contro l'uomo economico e «panciafichista» doveva sorgere l'"Uomo nuovo", in contrapposizione all'ideale apolide identificato con la cultura ebraica e caratterizzato dal materialismo, l'edonismo, la competizione senza scrupoli, l'egoismo, i quali si potevano ritrovare sia nelle economie conservatrici capitaliste sia nell'economia marxista.
Questo retroterra culturale scosso dalla guerra era basato sulle idee nuove in fatto sociologico dalla sintesi delle ricerche scientifiche di Charles Darwin, Sigmund Freud, e Cesare Lombroso, accolte con entusiasmo da certi ambienti delusi da quel rinnovamento che la guerra rigeneratrice aveva promesso. L'uomo nuovo vive in un'epoca caratterizzata da un'elevata conflittualità sociale e ideologica i cui principali riferimenti sono Karl Marx e Michail Bakunin contrapposti alla tradizionale società capitalista reazionaria. Di fronte a questa suddivisione l'"uomo nuovo" doveva porsi in alternativa, esso non poteva più riferirsi alla vecchia società borghese, ma neanche a delle teorie politiche materialiste e per antonomasia all'epoca considerate utopistiche.[45]
L'antropologia filosofica
Una prospettiva ulteriore nell'ambito dell'antropologia è quella dell'antropologia filosofica, sorta nei primi decenni del Novecento, la cui espressione si ritrova per la prima volta nell'opera La posizione dell'uomo nel cosmo (1927) di Max Scheler, che osserva come «mai nella storia come noi la conosciamo, l'uomo è stato come oggi un problema per se stesso».[46] Ne La posizione dell'uomo nel cosmo Scheler considera l'uomo come un essere diverso da tutti gli altri animali per la sua capacità di uscire dalla chiusura ambientale di Jakob Johann von Uexküll, nel «dire di no» alla realtà sensibile per aprirsi al mondo sovrasensibile (Weltofenheit).
Secondo Scheler l'uomo si differenzia dall'animale non per l'intelligenza, ma per essere una direzione aperta priva di un'essenza predefinita, un essere quindi che nell'esporsi all'apertura al mondo e alla ricerca di una seconda natura si scopre bisognoso di un processo di formazione (Bildung) [49]. Le conclusioni di Scheler hanno influenzato diversi autori (Helmuth Plessner, Arnold Gehlen, Erich Rothacker, Adolf Portmann, Hans Jonas, Maurice Merleau-Ponty, ecc.), che tuttavia hanno preso le distanze dagli aspetti metafisici del suo pensiero, pur concordando sulla specificità dell'uomo come capace di opporsi alle forze istintuali.[50]
Note
- ^ Enciclopedia Treccani on-line, su treccani.it.
- ^ (EN) Robert H. Blank, Review of Jean-Pierre Changeux and Paul Ricoeur. 2000. What Makes Us Think? A Neuroscientist and Philosopher Argue about Ethics, Human Nature, and the Brain, in The American Journal of Bioethics, vol. 2, n. 4, 2002-09, pp. 69–70, DOI:10.1162/152651602320957718. URL consultato il 28 gennaio 2022.
- ^ Mario Napoli, La tomba del tuffatore: la scoperta della grande pittura greca, ed. De Donato, 1970, p. 165.
- ^ In Omero il corpo dell'essere umano non viene mai indicato con il termine adottato successivamente di soma ma si usano termini riferiti alle membra, agli arti, alla pelle. In Omero soma sta per cadavere. Anche l'aspetto psichico è reso con psyché, inteso come essenza vitale, o con thymos, fonte di emozioni, o nòos, produzione creativa di immagini e pensieri (Francesco Sarri, Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima, introduzione di Giovanni Reale, Vita e Pensiero, Milano, 1997). Sembra quindi che nelle concezioni più antiche si abbia una visione frammentata dell'essere umano come un complesso di facoltà che di volta in volta la/lo determinano a vari comportamenti:
« ...Chi sei tu, guerriero arditissimo, fra gli uomini mortali?
[...]Se invece uno degli immortali sei qui disceso dal cielo
io con gli dei celesti non ingaggerei davvero battaglia...
Ma se uno sei dei mortali...
accostati pure, che più alla svelta tu tocchi il confine di morte.»<ref>Il duello tra Glauco e Diomede, in Iliade, VI, 119-151; tad. it. di G. Cerri, Milano, Rizzoli, 1996«Tal e quale la stirpe delle foglie è la stirpe degli uomini.
Le foglie il vento ne sparge molte a terra, ma rigogliosa la selva
altre ne germina, e torna l'ora della primavera;
così anche la stirpe degli uomini, una sboccia e l'altra sfiorisce» (Iliade op.cit. ibidem) - ^ Porfirio, DK 14 A 8a
- ^ Fr.1, in Platone, Teeteto, 152a
- ^ Di una natura del tutto diversa dal corpo è quindi l'anima, descritta in un mito del Fedone come affine a quel mondo delle idee, pure ed eterne, a cui essa aspira a tornare: «Ma questo almeno, o Cebete, mi pare che sia ben detto: che sono gli dei quelli che si prendono cura di noi, e che noi siamo un possesso degli dei [...] La purificazione, com'è detto in un'antica dottrina, non sta forse nel separare il più possibile l'anima dal corpo e nell'abituarsi a raccogliersi e a restare sola in se medesima, sciolta dai vincoli del corpo?»
- ^ Oggi si dubita dell'autenticità dell'opera il cui autore è probabilmente un discepolo di Platone.
- ^ In questo dialogo l'anima, pur imprigionata nel corpo, se ne serve come uno strumento per il conseguimento del sapere. Come fa dire a Socrate nel brano su citato, per Platone l'uomo deve prendersi cura della propria anima per rispettare il più possibile la sua origine divina con azioni virtuose. Lo scopo dell'uomo, secondo Platone, è in fondo quello di «assimilarsi al divino secondo le proprie possibilità» (Francesco Tomatis, Escatologia della negazione, Città Nuova, 1999 pag.152). Un'espressione questa che in seguito ebbe grande diffusione tra i neoplatonici e la mistica cristiana.
- ^ E. Morselli, Dizionario filosofico, pag. 11, Milano, Signorelli editore, 1961.
- ^ Platone, Timeo, 69c-70e
- ^ «Bisogna farsi immortali e fare di tutto per vivere in funzione della parte più elevata di quelle che sono in noi; se anch'essa per estensione è piccola, per potenza e per valore eccelle di molto sulle altre» (Aristotele, Etica Nicomachea, X 7, 1 177 b 31-1178 a2).
- ^ In greco entelés significa ciò che è "perfetto" poiché ha compiuto il télos, il "fine" della sua stessa esistenza (cfr. Filosofia 1, Ed.Alpha test, p.85).
- ^ Non sopravvivrebbero quindi né l'anima, né una sua possibile reincarnazione. Se l'uomo farà sua questa dottrina, si libererà dalle false credenze che generano timori, non avrà più paura della morte e vivrà senza dolore acquisendo un piacere catastematico, duraturo e stabile.
- ^ Il saggio può vivere così in armonia con la natura adeguando la sua condotta di vita all'ordine della ragione, secondo il principio divino ordinatore del cosmo: «SVF 1 146 Zenone di Cizio, lo stoico, disse che non c'è bisogno di edificare templi agli dei, basta avere il concetto di Dio nell'intelletto, o meglio pensare che l'intelletto sia una realtà divina: esso infatti è immortale. [...] L'anima è diffusa per tutto il cosmo e noi stessi siamo esseri animati in quanto abbiamo parte di essa.»
- ^ a b L'uomo zodiacale, su beic.it, BEIC.
- ^ Pietro Riccio, Ilici, Psichici e Pneumatici, su expartibus.it, 4 aprile 2021.
- ^ Ornella Pompeo Faracovi, introduzione a Scritti sull'astrologia, op. cit., pp. 17-18.
- ^ Ornella Pompeo Faracovi, introduzione a Scritti sull'astrologia, op. cit., pp. 11-21.
- ^ «Ci stupiamo che negli uomini ci sia l'ingiustizia, poiché giudichiamo che l'uomo sia la cosa più preziosa dell'universo e l'essere più saggio di tutti. Invece egli sta in mezzo tra gli dei e le bestie e inclina verso gli uni e verso le altre: alcuni assomigliano agli dei, altri alle bestie, la maggioranza sta nel mezzo» (Plotino, Enneadi, III, 2, 8).
- ^ Trad. it. di Giuseppe Faggin, pag. 219, Milano, Rusconi, 1992.
- ^ Adriano Lanza, op. cit., pag. 84.
- ^ Cit. in Adriano Lanza, Dante e la gnosi, su books.google.it, Roma, Mediterranee, 1990, pp. 83-84.
- ^ Giovanni Magnani, Cristologia storica, pag. 169, Gregorian Biblical BookShop, 2002.
- ^ a b Alessio Brombin, Agostino e lo spirito quale presenza reale di Dio nell'anima umana, su teologiaefilosofia.it, 2019.
- ^ Agostino, La città di Dio, XIII, 24, 2.
- ^ Luis F. Ladaria, Antropologia teologica, pag. 135, Gregorian Biblical BookShop, 2011.
- ^ a b Sergio Simonetti, L' anima in S. Tommaso D'Aquino, pp. 170-181, Armando Editore, 2007.
- ^ a b Jacques Maritain, Umanesimo integrale (Humanisme intégral) del 1936 (trad. it. di G. Dore, Editore Borla, 2002), che raccoglie il testo di sei lezioni tenute nel 1934 presso l'Università di Santander, e in cui l'autore affronta il problema antropologico prima dal punto vista medioevale e poi moderno.
- ^ Jaques Maritain, Du régime temporel et de la liberté, trad. it. di A. Pavan, pag. 40, Brescia, Morcelliana, 1978.
- ^ Rudolf Wittkower, Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo, Torino, Einaudi, 1964.
- ^ a b c Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di filosofia, pp. 228-230, Giunti Editore, 1999.
- ^ Ioan P. Couliano, Eros and the Magic in the Reinassance, University of Chicago Press, 1987.
- ^ Edizione a cura di Eugenio Garin, Vallecchi, 1942, pp. 105-109.
- ^ Sul richiamo di Pascal a Pico della Mirandola, cfr. B. Pascal, Colloquio con il Signore di Saci su Epitteto e Montagne in B. Pascal, Pensieri, a cura di Paolo Serini, Einaudi, Torino 1967, pagg. 423–439.
- ^ La nuova visione della libertà umana si fa largo anche in teologia con Luis de Molina (1535–1600), che afferma l'iniziativa primaria dell'uomo dell'atto morale. Stesso processo si ripete in etica dove si ha una svolta naturalistica che riduce la grazia «a semplice frontone il quale corona la natura» (Maritain). Alla subordinazione organica medioevale fra natura e grazia si passa ad una dicotomia meccanica fra le due.
- ^ Quest'ultimo tuttavia si starebbe ormai decomponendo sotto i colpi del darwinismo e della psicoanalisi che hanno messo in crisi l'assoluta autonomia e centralità dell'uomo e ormai questo umanesimo è sul punto di abdicare a profitto dell'uomo collettivo marxista o hegeliano.
- ^ Dal punto di vista teologico la modernità, distruggendo il concetto medioevale di analogia entis, ha generato secondo Maritain due opposte degenerazioni: da una parte il razionalismo cartesiano con il suo carico di volontarismo teologico e con la sua ragione geometrica che non coglie più il mistero e, dall'altra parte, il giansenismo con il suo fideismo. Il processo di dissoluzione continua con Hegel che riduce Dio a idea senza più alcuna trascendenza. Infine con Nietzsche il naturalismo sfocia definitivamente nell'ateismo con la morte di Dio e della personalità libera e spirituale dell'uomo. Ormai secondo il filosofo sono due le posizioni che si presentano alla fine di questa evoluzione, l'atea pura e la cristiana pura.
- ^ Julien Ries, Il sacro nella storia religiosa dell'umanità, pp. 231-2, trad. it. di Franco Marano, Jaca Book, 1995 3.
- ^ Mircea Eliade, Religions australiennes, pp. 26-36, Parigi, Payrot, 1972.
- ^ Vittorio Possenti, Jacques Maritain oggi, Vita e Pensiero, 1983 p.98
- ^ Virgilio Melchiorre, Figure del sapere, Vita e Pensiero, 1994 p.201
- ^ Francesca Tacchi, Storia illustrata del fascismo, Giunti Editore Firenze, 2000 p.104
- ^ Benito Mussolini, Discorso del 14 novembre 1933, in "Tutti i discorsi - anno 1933
- ^ Alberto Mario Banti, Storia della borghesia italiana, Donzelli Editore, 1996 p.362
- ^ «Jamais dans l'histoire telle que nous la connaissons, l'homme n'a été autant qu'aujourd'hui un problème pour lui-même» in M.Scheler, La situation de l'homme dans le monde, Ed. Aubier, Paris 1951 pag.15
- ^ M.Scheler, Gesammelte Werke, IX, 44
- ^ M. Teresa Pansera, Antropologia filosofica, Pearson Paravia Bruno Mondadori, 2007 pag 20
- ^ M. Scheler, Formare l'uomo, Milano 2009
- ^ Negli ultimi anni sono emerse alcune nuove interpretazioni dell'antropologia filosofica di Scheler dove prevale l'opposizione dualistica fra vita e spirito nella struttura umana. Per questo Joachim Fischer ha sentito la necessità di superare il doppio pregiudizio interpretativo finora dominante sia nei confronti di Scheler (il dualismo fra spirito e vita) sia nei confronti di Arnold Gehlen (il riduttivismo naturalista) come presupposto per una rivalutazione complessiva dell'antropologia filosofica, che nel corso del XX secolo avrebbe ottenuto una legittimazione come sapere scientifico alternativo alla metafisica e al riduttivismo naturalista (Andrea Borsari, Marco Russo, Helmuth Plessner: corporeità, natura e storia nell'antropologia filosofica: atti del convegno internazionale di studi: Salerno, 27-28 novembre 2000, Rubbettino Editore, 2005, passim).
Bibliografia
- AA.VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano 1981.
- Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET, Torino 1971 (seconda edizione).
- Centro Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario delle idee, Sansoni, Firenze 1976.
- Fabio Cioffi et al., Diàlogos, I vol., Bruno Mondadori, Torino 2000.
- Hans Georg Gadamer, L'inizio della filosofia occidentale, Guerini e Associati, Milano 1993.
- Jacques Maritain, Umanesimo integrale, ed. Borla, 2002
- Giovanni Reale, Dario Antiseri, Storia della filosofia, I vol., Brescia 1973.
- Bertrand Russell, La saggezza dell'Occidente, Longanesi & C., Milano 1961.
- Bertrand Russell, Storia della filosofia occidentale, TEA, Milano 1991.
- Max Scheler, La posizione dell'uomo nel cosmo (1927 su rivista, 1928 pubblicazione indipendente), a cura di Guido Cusinato, FrancoAngeli, Milano 2000, V ed. 2009,
- Carlo Sini, I filosofi e le opere, Principato, Milano 1986 (seconda edizione).
- Francesca Tacchi, Storia illustrata del fascismo, Giunti Editore Firenze, 2000
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
- (EN) human nature, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Neil Roughley, Human Nature, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.
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