Utente:BlackPanther2013/Sandbox/2
Bisonte europeo | |
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Stato di conservazione | |
Prossimo alla minaccia (nt)[1] | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Mammalia |
Ordine | Artiodactyla |
Famiglia | Bovidae |
Sottofamiglia | Bovinae |
Tribù | Bovini |
Genere | Bos |
Specie | B. bonasus |
Nomenclatura binomiale | |
Bos bonasus Linnaeus, 1758 | |
Sinonimi | |
Bison bonasus |
Il bisonte europeo (Bos bonasus Linnaeus, 1758; spesso anche Bison bonasus) è una specie di bovino europeo. In passato, questi animali popolavano le foreste primigenie di Europa occidentale, centrale e sud-orientale fino all'Alto Medioevo. Il loro habitat naturale comprende foreste di latifoglie, conifere e miste in zone temperate, caratterizzate da ampie aree aperte. I bisonti europei sono animali gregari, ma, a causa delle peculiarità del loro habitat, vivono in piccoli gruppi. Le mandrie tipiche contano tra i 12 e i 20 individui, principalmente femmine e giovani. I maschi adulti, invece, si uniscono ai gruppi solo durante il periodo dell'accoppiamento. Sebbene il bisonte europeo e quello americano (Bos bison) abbiano un aspetto simile, non sono strettamente imparentati. Tuttavia, le due specie sono completamente interfeconde, ovvero possono riprodursi tra loro senza difficoltà.
In Europa, oltre al bisonte europeo propriamente detto (Bos bonasus), spesso chiamato «bisonte delle pianure», esisteva anche il bisonte del Caucaso (Bos caucasicus), oggi estinto. Quest'ultimo è talvolta considerato una semplice sottospecie del bisonte europeo, con la denominazione scientifica Bos bonasus caucasicus. Si ritiene che questa sottospecie si sia parzialmente preservata attraverso ibridazioni con il bisonte delle pianure. Nell'attuale popolazione del bisonte europeo si distinguono diverse linee genetiche: la linea delle pianure (Flachlandlinie) è composta esclusivamente da esemplari geneticamente puri del bisonte delle pianure, mentre la linea Pianure-Caucaso (Flachland-Kaukasus-Linie) deriva dall'incrocio tra il bisonte delle pianure e quello del Caucaso. Esiste inoltre la linea di montagna (Hochlandlinie), che rappresenta un incrocio tra il bisonte delle pianure, il bisonte del Caucaso e una successiva introduzione di geni del bisonte americano. Tutti gli esemplari geneticamente puri ospitati in cattività sono registrati nel Registro globale del bisonte europeo (Weltwisentzuchtbuch), gestito presso il parco nazionale di Białowieza.
Negli anni '20 del Novecento, il bisonte europeo era gravemente minacciato di estinzione; l'ultimo esemplare selvatico, un bisonte del Caucaso, fu abbattuto nel 1927 nella regione del Caucaso. Tutti i bisonti europei attualmente viventi discendono da soli dodici esemplari ospitati in cattività in zoo e riserve.[2] Questa ridotta variabilità genetica rappresenta una delle principali minacce alla sopravvivenza a lungo termine della specie.[3] Grazie agli sforzi di zoo e privati per preservare il bisonte, le prime mandrie selvatiche furono reintrodotte nel 1952 nell'area dell'odierno parco nazionale di Białowieza, situato al confine tra Polonia e Bielorussia. Nel 2004 si contavano 31 popolazioni selvatiche per un totale di 1955 individui, pari al 60% della popolazione globale.[4] Nel 2013, una mandria di otto bisonti fu liberata nel Rothaargebirge (vedi sotto), segnando il ritorno dei bisonti allo stato selvatico in Germania dopo oltre mezzo millennio. La Schutzgemeinschaft Deutsches Wild dichiarò il bisonte «animale dell'anno» nel 2008 e di nuovo nel 2014.[5] Nel 2022, per la prima volta, una femmina adulta e due giovani bisonti furono reintrodotti in Inghilterra, in una foresta vicino a Canterbury. Tuttavia, la liberazione di un maschio proveniente dalla Germania per unirsi alla mandria fu ritardata a causa delle complicazioni burocratiche post-Brexit.[6] Nel 2019, la popolazione globale di bisonti europei contava 9112 individui: 1792 in cattività, 501 in stato semi-selvatico e 6819 in libertà.[7] Nel 2023, il numero di bisonti selvatici era salito a 7200 esemplari.[8]
Descrizione
Misure
Il bisonte europeo è, dopo l'estinzione dell'uro, il più grande e pesante mammifero terrestre del continente europeo, nonché l'ultimo rappresentante delle specie di bovini selvatici in Europa. Una caratteristica distintiva dei bisonti è la presenza di 14 paia di coste e cinque vertebre lombari, rispetto ai bovini domestici che hanno 13 paia di coste e sei vertebre lombari.[9] I maschi adulti sono significativamente più grandi e pesanti rispetto alle femmine adulte, una differenza che diventa evidente solo a partire dal terzo anno di vita. Alla nascita, le femmine pesano in media 24 kg, mentre i maschi 28 kg.[10] Nei primi tre mesi di vita, il loro peso raddoppia e, al compimento del primo anno, le femmine raggiungono un peso medio di 175 kg e i maschi 190 kg. A quattro anni, i maschi allevati in cattività possono pesare circa 500 kg, mentre le femmine raggiungono i 400 kg. Il bisonte maschio più pesante allevato in Polonia ha raggiunto un peso di 920 kg.[11] Tuttavia, i bisonti selvatici nel parco nazionale di Białowieza sono sensibilmente più leggeri: i maschi di quattro anni pesano in media 467 kg e le femmine 341 kg. Il bisonte selvatico più pesante registrato nel parco pesava 840 kg.[10]
La lunghezza del corpo (dalla testa alla coda) dei maschi di oltre sei anni può raggiungere i tre metri, con un'altezza al garrese fino a 1,88 metri. Le femmine, invece, hanno una lunghezza massima di 2,70 metri e un'altezza al garrese di 1,67 metri.[11][12]
Aspetto
Il corpo del bisonte europeo, in entrambi i sessi, è relativamente corto e stretto, con la testa bassa e piccola rispetto al corpo. Una caratteristica distintiva è il profilo dorsale che scende dal garrese verso la parte posteriore e la robusta muscolatura della parte anteriore, che contrasta con il posteriore più esile.[13] I vitelli nascono con proporzioni corporee equilibrate e prive di queste caratteristiche disarmoniche, che iniziano a svilupparsi tra gli otto e i dieci mesi di età.
Nei maschi, i processi spinosi delle vertebre toraciche sono più lunghi e circondati da una muscolatura più sviluppata, conferendo loro una gobba molto più pronunciata rispetto alle femmine.[14] Le orecchie sono corte, larghe, coperte da una fitta peluria e quasi nascoste dal folto pelo della testa.[15] Entrambi i sessi presentano corna, posizionate sul bordo posteriore del cranio; quelle delle femmine sono più corte e sottili rispetto a quelle dei maschi. I vitelli nascono già con abbozzi di corna, che iniziano a piegarsi verso l'interno a partire dal secondo anno di vita, mantenendo però una distanza maggiore tra le punte rispetto alla basi.[16] Le femmine hanno una curvatura delle corna più accentuata rispetto ai maschi, il che rende la distanza tra le punte più piccola nei maschi. Le corna sono generalmente di colore grigio-nero, ma alcune presentano punte chiare, specialmente nei maschi più anziani, che spesso hanno punte smussate.[17]
Le femmine hanno una piccola mammella con due paia di capezzoli, posizionata in alto e ben nascosta. Nei maschi, lo scroto è aderente all'addome e di dimensioni ridotte rispetto a quelle di un bovino domestico. Il prepuzio termina con un ciuffo di peli, permettendo di distinguere i sessi durante le osservazioni sul campo. Gli occhi sono relativamente piccoli, di colore marrone, con una pupilla ovale orizzontale, e i margini delle palpebre e la congiuntiva sono neri.[18] Un tratto caratteristico del bisonte europeo è il suo odore di muschio.
La pelle è particolarmente spessa sulla parte superiore del collo e molto elastica. Esistono testimonianze di incidenti o combattimenti in cui i bisonti hanno subito gravi ferite interne senza che la pelle fosse lacerata.[19] Il repertorio vocale dei bisonti è limitato e comprende un brontolio profondo e uno sbuffo secco emesso in situazioni di eccitazione.[20] Le femmine riconoscono i propri vitelli attraverso i vocalizzi, e i vitelli, a loro volta, possono individuare le madri anche in mandrie numerose grazie al suono della loro voce.[21]
Mantello
Il colore del mantello del bisonte europeo può variare leggermente tra gli individui, ma negli esemplari adulti è prevalentemente marrone chiaro o marrone intenso. Le zone più scure si trovano sui lati della testa e nella parte inferiore delle zampe. Intorno al muso e agli occhi, i peli sono corti e lisci, mentre sopra l'area nuda del naso si trova solitamente una sottile striscia grigio chiaro.[22]
Sulla parte anteriore del corpo, i peli di guardia e sono allungati, formando una criniera lungo la gola e la parte anteriore del petto. I peli sulla fronte, lunghi circa 20 centimetri, ricadono in avanti e si adagiano sulla testa.[23] Nei maschi adulti, la barba può raggiungere una lunghezza di 34 centimetri.[24] I peli più lunghi si trovano sulla coda, dove possono arrivare fino a 50 centimetri e toccano l'articolazione del garretto.[14][25] La quantità di sottopelo e di peli di guardia varia a seconda della stagione, raggiungendo il massimo in inverno. La muta del mantello estivo inizia generalmente a marzo, con i maschi più anziani che perdono per primi i peli della testa e del collo. Durante questa fase, la lanugine staccata si accumula in ciuffi lungo i peli di guardia e rimane sul mantello finché il bisonte non la rimuove strofinandosi.[26] La muta del mantello dura in media 138 giorni nei maschi e 183 giorni nelle femmine.[25]
I vitelli, alla nascita, hanno un mantello di colore rosso-bruno. Solo con la prima muta del pelo, che avviene tra il terzo e il quarto mese di vita, assumono un colore simile a quello degli esemplari adulti.
Prestazioni fisiche
La vista dei bisonti europei non è particolarmente sviluppata, ma il loro senso dell'olfatto è molto acuto. Grazie a questa capacità, i membri di una mandria separati riescono a ritrovarsi seguendo le tracce olfattive lasciate dagli altri. Allo stesso modo, un maschio può seguire una mandria di femmine rilevando le loro impronte odorose.[17][21]
I bisonti sono in grado di galoppare a velocità relativamente elevate, raggiungendo fino a 60 km/h durante uno sprint.[27] Tuttavia, possono mantenere questa velocità solo per meno di 100 metri, dopo i quali devono fermarsi per riprendere fiato. Il loro movimento abituale è un passo lento e attento, durante il quale il peso del corpo viene trasferito su una zampa solo quando questa è saldamente appoggiata al suolo;[28] la lunghezza del passo varia tra i 75 e i 115 centimetri.[18] Nonostante il loro aspetto massiccio, i bisonti sono molto agili: possono saltare ostacoli alti fino a due metri e superare fossati larghi tre metri.[27]
Distribuzione e habitat
Distribuzione storica
La distribuzione originaria del bisonte europeo comprendeva gran parte del continente europeo. In epoca preistorica e protostorica, il suo areale si estendeva dal nord della penisola iberica, attraverso l'Europa centrale, fino al sud della penisola scandinava e al Baltico. Dal Golfo di Riga, il limite dell'areale proseguiva il direzione sud-est fino al Mar Nero e al Caucaso, dove il bisonte era presente dal livello del mare fino a un'altitudine di 2100 metri.[29] A sud, il bisonte europeo si spingeva probabilmente, durante l'Olocene (l'epoca successiva all'ultima glaciazione), fino al nord dell'Iran, in Europa fino alla Grecia e in alcune regioni della Turchia.[30] A nord, il suo areale comprendeva la Finlandia e l'area di Novgorod.[31] Una testimonianza interessante viene dal cronista persiano Rashīd ad-Dīn, che riferisce che Abaqa, il sovrano mongolo dell'Ilkhanato di Persia, nel 1275-76 cacciò «bufali di montagna» nelle foreste presso Shahrud, nella catena montuosa dell'Elburz a sud-est del Mar Caspio. Questo suggerisce che il bisonte europeo potesse essere presente in tempi storici fino all'area del Mar Caspio e, forse, fino alle montagne Koh-i-Elburz in Afghanistan, sebbene ciò rimanga una possibilità teorica.[32]
L'habitat del bisonte europeo iniziò a ridursi già durante il Neolitico, circa 6000 anni fa. Questo fenomeno coincise con il passaggio delle società umane da culture di cacciatori-raccoglitori a comunità agricole stanziali. La crescente attività umana portò a un uso intensivo e al disboscamento delle foreste per creare radure e terreni agricoli. Su queste nuove aree, si iniziarono a coltivare piante e a utilizzare i pascoli per gli animali domestici.[33] In Francia, il bisonte europeo si estinse già nell'VIII secolo, mentre nell'area dell'attuale Germania scomparve tra il XIV e il XVI secolo.[34] In Renania Settentrionale-Vestfalia, precisamente nel circondario di Coesfeld, sono stati rinvenuti resti ossei del III-IV secolo.[35] All'inizio del XVIII secolo, in Prussia Orientale, i bisonti erano ancora relativamente numerosi. Per esempio, durante le celebrazioni dell'inoronazione di Federico I nel gennaio del 1701, diversi bisonti furono utilizzati nei combattimenti contro orsi e lupi nel teatro di caccia di Königsberg.[36] Tuttavia, il declino fu rapido: l'ultimo bisonte selvatico della Prussia Orientale fu abbattuto da un bracconiere nel 1755 nella foresta di Tapiau.[37] In Romania, invece, il bisonte europeo rimase presente allo stato selvatico fino alla fine del XVIII secolo.[29][38]
Nell'area dell'attuale Polonia, i bisonti europei erano già rari nell'XI secolo, ma piccoli nuclei sopravvissero in vaste foreste dove godevano dello status di selvaggina protetta dalla corona.[29] Un ruolo cruciale nella conservazione della specie lo ebbe la foresta di Białowieża, una regione remota situata al confine tra l'odierna Polonia e la Bielorussia. Fin dal Medioevo, questa area era riservata come terreno di caccia esclusivo dei re polacchi, e la caccia al bisonte era consentita solo con l'approvazione del sovrano.[38] Dal 1795, il territorio passò sotto il controllo dello zar di Russia e fu sottoposto a rigide misure di protezione. Sebbene utilizzato come pascolo per il bestiame, la caccia di frodo era punita con la pena di morte, e dal 1803 gran parte della foresta fu interdetta al disboscamento.[39][40] Tra il 1832 e la fine della prima guerra mondiale, la popolazione di bisonti fu monitorata annualmente.[41] Nel 1857 si registrò un massimo di 1900 esemplari, ma due epidemie, nel 1890 e nel 1910, provocarono un drastico calo. Nel 1915, rimanevano circa 770 bisonti, ridotti a soli 150 nell'autunno del 1917. Dopo la prima guerra mondiale, la maggior parte degli esemplari cadde vittima di soldati e bracconieri,[42] con gli ultimi segni di presenza registrati il 4 aprile 1919. Fortunatamente, vurante il XIX secolo, alcuni bisonti di Białowieża erano stati catturati e donati a zoo e riserve, permettendo così la sopravvivenza della specie. La cosiddetta linea di Pleß (Pleß-Linie) discende da un maschio e quattro femmine regalati nel 1865 al principe di Pleß, che avviò un programma di allevamento nei boschi della regione. Un ruolo fondamentale nella conservazione moderna del bisonte lo ha avuto il maschio «Plisch» (numero di registro 229), riportato a Białowieża nel 1936. Quasi tutti i bisonti attualmente presenti nella foresta primigenia di Białowieża discendono da questo esemplare.[43]
Già nel XVII secolo era noto in Europa centrale che esistessero popolazioni di bisonti anche nella regione del Caucaso.[44] Tuttavia, solo nel XIX secoolo, naturalisti come Alexander von Nordmann e Gustav Radde raccolsero informazioni più dettagliate su questi bovini selvatici durante le loro spedizioni. L'areale del bisonte del Caucaso si estendeva lungo il versante settentrionale della catena montuosa e le sue propaggini. Sul lato meridionale, i bisonti erano presenti solo nella parte occidentale, fino ai confini dell'Abcasia. Nel XIX secolo, la popolazione di bisonti del Caucaso contava circa 2000 individui. Tuttavia, il loro numero diminuì rapidamente a causa della guerra caucasica e della crescente occupazione umana del loro habitat.[45] Negli anni 1890, rimanevano soltanto 442 bisonti, che furono posti sotto protezione dallo zar di Russia. Nonostante ciò, un'epidemia introdotta dal bestiame domestico nel 1919 ridusse ulteriormente la popolazione a soli 50 esemplari. L'ultimo bisonte del Caucaso selvatico fu ucciso nel 1927.[42][46] Un esemplare maschio di questa sottospecie, chiamato «Kaukasus» (numero di registro 100), giocò un ruolo significativo nella conservazione della specie. Fu infatti incrociato con bisonti delle pianure, dando origine alla linea genetica denominata Pianure-Caucaso.
Distribuzione attuale
Le prime reintroduzioni di bisonti europei nell'area di Białowieża avvennero nel 1952 nella parte polacca e nel 1953 in quella bielorussa della foresta. Nel 2004, erano presenti 29 popolazioni selvatiche e due semi-selvatiche distribuite in Polonia, Bielorussia, Ucraina, Russia, Lituania e Slovacchia.[4] Dagli anni '80, una piccola popolazione di bisonti della pianura è tornata a vivere sui monti Altaj della Russia, ma soffre sempre più delle conseguenze dell'inincrocio.[31]
Reintroduzioni
Caucaso (1940)
Nel giugno del 1940, cinque bisonti appartenenti a una linea ibrida caucasica (B. b. bonasus × B. b. caucasicus × B. bison), allevata nell'Unione Sovietica, furono reintrodotti nel Caucaso occidentale. Entro il 1985, questi ibridi avevano colonizzato circa 140000 ettari di foreste montane e praterie alpine. La popolazione della riserva del Caucaso (Kavkazskij zapovednik), situata nel Caucaso nord-occidentale, divenne la più grande popolazione di bisonti al mondo, raggiungendo quasi 1400 individui. Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica, però, il numero di bisonti calò drasticamente, passando da 1400 a soli 240 esemplari. Neel 1999, la riserva naturale del Caucaso, che si estende su quasi 300000 ettari, fu dichiarata patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO. Grazie agli sforzi di conservazione, nel 2010 la popolazione di bisonti della Hochlandlinie (linea di montagna) in libertà è cresciuta di circa il 10%, raggiungendo i 540 esemplari.[47]
Zona di esclusione di Černobyl' (1998)
Dopo aver osservato un aumento della popolazione di altre specie selvatiche nella zona di esclusione di Černobyl', a partire dal 1998 si decise di reintrodurre anche i bisonti europei. Nonostante iniziali difficoltà, nel 2012, nel settore bielorusso della zona di esclusione, si contavano tre mandrie appartenenti alla linea delle pianure (Flachlandlinie), per un totale di 93 esemplari.[48]
Slovacchia (2004)
Il 10 dicembre 2004, nell'ambito del progetto Large Herbivore Network, cinque bisonti europei – tre femmine e due maschi – furono reintrodotti nel parco nazionale di Poloniny, in Slovacchia. Due settimane dopo, un maschio selvatico proveniente dal vicino parco nazionale Bieszczady, in Polonia, si unì al gruppo. Questi due parchi, insieme al parco naturale nazionale delle faggete di Uzhan in Ucraina, formano la riserva della biosfera dei Carpazi Orientali. Successivamente, furono introdotti altri bisonti: una femmina e un maschio nell'ottobre 2005 e due femmine nel settembre 2006. Il 14 luglio 2006 nacque il primo vitello allo stato selvatico. Nel 2013, la popolazione era cresciuta fino a 17 individui: una mandria composta da 15 esemplari e due maschi solitari.[49]
Romania (2012)
Il 22 marzo 2012, nell'ambito del progetto Rewilding Europe, cinque bisonti europei furono reintrodotti nel parco naturale Vânători Neamț, situato nella Romania nord-orientale (distretto di Neamț).[50] Nel 2013, altri cinque esemplari furono liberati nello stesso parco.[51][52]
Im Dezember 2019 war die Herde auf etwa 25 Tiere angewachsen.[53]
Germania (2013)
Il progetto Wisente im Rothaargebirge ha portato, l'11 aprile 2013, alla reintroduzione in libertà di una mandria di otto bisonti europei nel distretto di Siegen-Wittgenstein. La mandria era composta da un maschio, cinque femmine e due giovani.[54][55] Prima della liberazione, gli animali avevano vissuto dal marzo 2010 in un recinto di acclimatazione di 80 ettari,[56] dove erano stati monitorati per verificare il rispetto dei requisiti scientifici e legali necessari per la reintroduzione, tra cui lo sviluppo di un comportamento di fuga naturale e un'adeguata distanza di sicurezza dagli esseri umani.[57] Alla fine del 2012, il Ministero dell'Ambiente della Renania Settentrionale-Vestfalia ha autorizzato la reintroduzione in natura.[58] Per facilitare il monitoraggio, gli animali sono stati dotati di trasmettitori GPS per un periodo di transizione compreso tra due e cinque anni.[59] La mandria, appartenente alla linea genetica Pianure-Caucaso (Flachland-Kaukasus-Linie),[60] si è adattata con successo al nuovo habitat e, nel dicembre 2019, era cresciuta fino a circa 25 esemplari.[53]
Nel maggio[61] e giugno[62] 2013, la mandria di bisonti reintrodotta nel Rothaargebirge ha visto la nascita dei primi due vitelli allo stato selvatico in Germania da secoli. A differenza delle aspettative, la mandria si è mostrata meno elusiva, venendo avvistata frequentemente dai visitatori già nelle prime settimane dopo la liberazione.[63] Nel 2017, i bisonti sono stati filmati mentre attraversavano una strada innevata,[64] e nello stesso anno si è verificato un incidente stradale con lievi danni materiali.[65] Negli anni successivi, sono stati registrati altri incidenti stradali, inclusi casi nel 2022[66] e nel 2023, quando un bisonte ha attaccato un veicolo fermo, danneggiandolo gravemente.[67] Nel 2019 si è proposto di limitare temporaneamente il territorio della mandria a un'area di 1500 ettari mediante un recinto permeabile per altre specie.[68] Tuttavia, l'idea è stata abbandonata nel 2021 perché il recinto non era fattibile.[69] Lo stesso anno, un tribunale di Hamm (OLG Hamm, Atto 5U 153/15) ha stabilito che la mandria non poteva più accedere alle foreste dei proprietari terrieri di Schmallenberg, poiché i bisonti avevano danneggiato gravemente le faggete locali scortecciando gli alberi, causando la loro morte.[70] Inoltre, la mandria ha trascorso lunghi periodi vicino ai cumuli di foraggio insilato dagli agricoltori nel distretto di Hochsauerland, nutrendosi di quel cibo senza mostrare alcun comportamento di fuga.[71]
Nel 2023, la mandria di bisonti europei nel Rothaargebirge è cresciuta fino a circa 40 esemplari, dividendosi in due gruppi: uno si muove nell'area del Siegerland, mentre l'altro nel circondario dell'Alto Sauerland.[72] Per affrontare le sfide legate alla convivenza con i bisonti, è stato istituito un tavolo di confronto, con l'obiettivo di trovare soluzioni condivise e gestire il loro impatto sull'ambiente e sulle attività umane.[73]
Oltre alla popolazione del Rothaargebirge, circa 130 bisonti sono attualmente allevati nella zona centrale della Döberitzer Heide, dove vengono abituati a vivere in condizioni semi-naturali. Questa area, che copre circa 2000 ettari, offre un ambiente il più vicino possibile a quello selvatico, sebbene gli animali siano contenuti all'interno di un vasto recinto.[74][75]
Svizzera (2022)
Conservazionisti e zoologi svizzeri, guidati da Christian Stauffer, ex direttore del Wildnispark di Zurigo, hanno discusso la possibilità di reintrodurre i bisonti europei nella regione del Giura, in particolare nel Naturpark Thal, che include una delle aree forestali più estese e continue della Svizzera, situata sul versante settentrionale della catena del Weissenstein.[76] La regione stessa spera che il progetto aumenti l'attrattiva turistica.[77] Nel giugno 2020, è stato scelto un sito nei pressi di Sollmatt, a Welschenrohr, come area per avviare il progetto. Il criterio principale per la scelta era che il terreno fosse il più ampio possibile e appartenesse a pochi proprietari.[78] Nel settembre 2022, cinque bisonti sono stati introdotti in un recinto di acclimatazione[79] per un periodo iniziale di due anni.[80] L'area, dotata di zone aperte e boscose, è stata progettata con una recinzione permeabile per cervi e altri animali selvatici, mentre percorsi escursionistici esistenti attraversano il recinto. La femmina dominante è stata equipaggiata con un collare GPS per monitorarne i movimenti.[78] Il progetto prevede una durata di cinque anni,[81][82] al termine dei quali si valuterà la possibilità di liberare la mandria in natura, previa ulteriore autorizzazione. L'installazione del recinto ha richiesto una lunga battaglia legale, arrivando fino al Tribunale Federale, dopo che un agricoltore, sostenuto dall'Associazione degli Agricoltori del Canton Soletta e dal Sindacato Agricolo Svizzero, aveva presentato un ricorso contro il progetto.[80][83] Nel luglio 2023, è nato il primo vitello di bisonte in Svizzera da circa 1000 anni.[84] A metà settembre 2024, la mandria è cresciuta fino a dieci esemplari, e il recinto è stato ampliato a 100 ettari.[85] Per prevenire il rischio di inincrocio, nel 2025 si prevede di rimuovere un giovane maschio dalla mandria, possibilmente tramite abbattimento o trasferimento in uno zoo o parco naturale.[86]
Progetti futuri
Attualmente, in diversi paesi europei sono in corso o in fase di preparazione progetti di reintroduzione del bisonte europeo delle pianure. Tra questi si segnalano i progetti nei Paesi Bassi (Veluwe[87][88][89][90] e Maashorst[91][92]), in Danimarca (Almindingen sull'isola di Bornholm[93][94] e Lille Vildmose[95]), in Francia (Monts d'Azur ai margini delle Alpi Marittime)[30] e in Azerbaigian (parco nazionale Shahdag).[96][97][98]
In Germania, è in discussione la reintroduzione del bisonte europeo nella riserva naturale Borkenberge presso Haltern. Questo ex poligono militare britannico, di circa 20 km² e caratterizzato da terreni sabbiosi poveri, potrebbe ospitare bisonti, cervi nobili e cavalli selvatici. L'area dovrebbe rimanere accessibile ai visitatori, con punti di osservazione appositamente predisposti. Oltre a rappresentare un'attrazione turistica, questi grandi erbivori contribuirebbero a prevenire l'eccessiva crescita della vegetazione e a fovorire una composizione naturale delle specie.[99][100][101][102]
Nel 2017, il WWF Germania ha proposto dieci aree particolarmente adatte come habitat per i bisonti. Le quattro più importanti includono la Foresta della Sprea e i suoi dintorni, la regione dei laghi tra Müritz e Schorfheide, l'Harz e la Foresta palatina. Rimane da decidere se promuovere attivamente la reintroduzione in queste aree o attendere che i bisonti vi si insedino naturalmente, migrando da est.[103][104][105]
Dal 2019, si discute anche della possibilità di reintrodurre i bisonti nell'area della Wahner Heide/Königsforst nella Renania, che è già in gran parte protetta come riserva naturale.[106]
Tentativo di colonizzazione naturale in Germania (2017)
Il 13 settembre 2017, per la prima volta dalla scomparsa del bisonte europeo in Germania, un esemplare migrò spontaneamente dalla Polonia attraversando il fiume Oder. L'animale fu avvistato su un argine vicino a Lebus, ma poche ore dopo venne inseguito e abbattuto da due cacciatori locali. L'ordine di abbattimento fu emesso telefonicamente dal direttore amministrativo di Lebus, sulla base della presunta «immediata minaccia per l'incolumità pubblica». Dopo l'abbattimento, la testa del bisonte fu tagliata come trofeo e portata il giorno seguente a un tassifermista. L'animale, un maschio, era noto in Polonia per aver attraversato la regione occidentale per diversi anni senza incidenti.[107] L'uccisione suscitò forti critiche e diverse organizzazioni, tra cui il WWF, presentarono denunce penali contro i responsabili per presunta violazione della legge federale sulla caccia (Bundesjagdgesetz).[108][109] Tuttavia, nel giugno 2018, il procedimento contro il funzionario dell'ufficio ordine pubblico fu archiviato.[110]
Habitat
Il bisonte europeo predilige habitat costituiti da aree aperte e semiaperte, che, secondo la cosiddetta «ipotesi dei megaerbivori», può contribuire a creare autonomamente attraverso il suo impatto ambientale. Le foreste estese, dove il bisonte è stato confinato prima della sua estinzione in natura, rappresentano un habitat sostitutivo più che ideale.[111] Quando vive nei boschi, preferisce foreste di latifoglie o miste, caratterizzate da una struttura eterogenea con vegetazione a densità variabile. Le foreste di conifere pure vengono frequentate raramente, mentre le foreste miste sono preferite rispetto a quelle esclusivamente di latifoglie.[112] In particolare, il bisonte mostra una predilezione per le foreste paludose di ontani. Nella foresta di Białowieża, che ospita le mandrie selvatiche più antiche e rappresenta una delle aree forestali più intatte e meno influenzate dall'uomo in Europa centrale, circa il 20% della biomassa arborea è costituito da alberi morti. Questo rende il bosco molto più aperto rispetto alle tipiche foreste gestite dall'uomo in Europa centrale e favorisce lo sviluppo di uno strato erbaceo più denso.[113] L'utilizzo dell'habitat da parte dei bisonti varia stagionalmente in base allo sviluppo della vegetazione. In primavera, si concentrano nei boschi di latifoglie, dove la crescita della vegetazione erbacea è più precoce. Da fine maggio preferiscono foreste miste fresche, dove la vegetazione erbacea raggiunge il massimo sviluppo tra giugno e luglio.[114] La dimensione territoriale di un gruppo di bisonti è compresa tra 4600 e 5600 ettari (circa 50 km²). Tuttavia, i territori di diversi gruppi possono sovrapporsi significativamente.[115] Il bisonte tollera bene i climi boreali e la sua distribuzione settentrionale in epoca moderna è stata probabilmente limitata da fattori antropici. Una mandria che vive dalla metà degli anni '90 nell'oblast' di Vologda, intorno ai 60° di latitudine nord, sopravvive senza la necessità di essere alimentata artificialmente in inverno.[31]
Alimentazione
Il bisonte europeo è un tipico consumatore di foraggio grezzo, nutrendosi di piante ricche di fibre e silice. Questo lo distingue dal cervo nobile, che rappresenta un tipo alimentare intermedio, e dal capriolo, un selettore che si nutre solo di piante e parti di piante ad alta densità energetica. Di conseguenza, queste tre specie non competono direttamente per le risorse alimentari. Il fabbisogno giornaliero di un bisonte adulto varia, secondo le fonti, tra i 30 e i 60 chilogrammi di cibo.[116]
Durante la stagione vegetativa, i bisonti si nutrono prevalentemente dello strato erbaceo, che rappresenta la loro principale fonte alimentare indipendentemente dal tipo di foresta.[117] Consumano regolarmente anche foglie giovani e germogli, ma questi costituiscono sempre una parte minoritaria della dieta. La corteccia degli alberi viene invece consumata soprattutto verso la fine dell'inverno, quando altre risorse alimentari scarseggiano. Nelle popolazioni che non ricevono foraggio invernale, come quelle del Caucaso centrale, la dieta alimentare si basa su rovi e vegetazione erbacea scavata sotto la neve, con un aumento significativo del consumo di corteccia in presenza di una copertura nevosa più spessa.[118]
Nella foresta di Białowieża, sono state identificate 137 specie di piante che fanno parte della dieta del bisonte. Tra queste, spiccano piante erbacee come la cannella dei boschi (Calamagrostis arundinacea), la carice delle selve (Carex sylvatica) e la carice irta (C. hirta), la girardina silvestre (Aegopodium podagraria), l'ortica (Urtica dioica), il ranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosus) e il cardo giallastro (Cirsium oleraceum). Foglie giovani e germogli vengono prelevati da specie come il carpino (Carpinus betulus), il salice (Salix caprea), il frassino (Fraxinus excelsior) e il lampone (Rubus idaeus). In inverno, la corteccia di alberi come quercia (Quercus robur), carpino, frassino e abete rosso (Picea abies) diventa una risorsa importante.[119] Durante l'autunno, i bisonti integrano la loro dieta con ghiande e faggiole.
Struttura sociale
I bisonti europei sono animali sociali che vivono prevalentemente in mandrie. Tuttavia, i maschi anziani tendono a condurre una vita solitaria, mentre i giovani maschi spesso formano piccoli gruppi separati. La tipica mandria di bisonti è composta da femmine adulte, giovani di due o tre anni, vitelli e, durante la stagione degli accoppiamenti, maschi adulti che si uniscono temporaneamente al gruppo.[120] La composizione delle mandrie è raramente stabile nel tempo. Quando due gruppi si incontrano, spesso si mescolano e, separandosi, possono scambiarsi alcuni membri.[121] Le mandrie sono guidate da una femmina dominante, il cui rango dipende principalmente dall'età. Studi su mandrie selvatiche su mandrie selvatiche hanno dimostrato che alcune femmine mantengono la loro posizione di leadership per diversi anni. I maschi che si uniscono ai gruppi durante il periodo riproduttivo non influenzano la gerarchia del gruppo e sono presenti esclusivamente per l'accoppiamento.[122]
All'interno delle mandrie, i bisonti mantengono una distanza interpersonale di due o tre metri. Se un animale di rango inferiore viola questa distanza, ad esempio in uno stretto passaggio, l'animale dominante può regiare in modo aggressivo. Tuttavia, i combattimenti veri e propri sono estremamente rari, e i conflitti vengono generalmente risolti attraverso comportamenti di minaccia o dimostrazioni di dominanza.[123]
Aktivitätsrhythmus
Studien zur Lebensweise der Wisente liegen nur für solche Tiere vor, die zumindest zeitweise zugefüttert werden. So werden auch die im Urwald von Białowieża freilebenden Wisentherden während des Winters mit Heu gefüttert, bei großen Schneehöhen nehmen die Tiere keine andere Nahrung mehr zu sich.[124]
Jahreszyklus im Nationalpark Białowieża
[[Datei:Bison bonasus Białowieża pl.jpg|mini|Äsende Jungkuh im Białowieża-Nationalpark]] Die Paarungszeit der Wisente fällt in den Zeitraum August bis Oktober. Ab August schließen sich ausgewachsene Bullen den Herden an. Die Bullen tolerieren dann in der Nähe ihrer Herde keine Rivalen und auch Jungtiere halten sich in dieser Zeit etwas von den Kuhherden entfernt. In diesen Monaten legen Wisente auch die Energiereserven für den Winter an, wobei sie Pilze wie Hallimasche und in großen Mengen Brennnesseln fressen. Im Nationalpark Białowieża beginnen die Wisentherden sich allmählich den Wintereinständen zu nähern, an denen sie traditionell mit Heu gefüttert werden. Ab November halten sie sich in unmittelbarer Nähe dieser Fütterungsstellen auf und wandern auf der Suche nach Grünpflanzen nur in näher gelegene Gebiete, wenn die Schneedecke noch nicht geschlossen ist. Altbullen sind in der Regel die letzten Wisente, die sich an den Fütterungsstellen einfinden. Die Konzentration rund um die Fütterungsstellen währt bis März. Erst im April lösen sich die Wintergruppierungen auf. Die Wisente entfernen sich immer weiter von den Fütterungsstellen und suchen insbesondere in Eichen-Hainbuchen-Wäldern nach den ersten grünen Pflanzen. Eine der wesentlichen Nahrungspflanzen in dieser Zeit ist das Buschwindröschen. Sobald das Laub austreibt, fressen die Wisente auch die frischen Triebe.[125] In den Zeitraum Mai bis Juli fällt die Setzzeit und die Aufzucht der Kälber. Wisente durchstreifen dann sehr weiträumig das Gebiet. Sie legen durchschnittlich aber nicht mehr als fünf Kilometer am Tag zurück und halten sich an Stellen mit reichlichem Nahrungsangebot über mehrere Tage auf.[126] Bei den Wanderungen nimmt die Leitkuh grundsätzlich die Position an der Spitze der Gruppe ein. Die anderen Wisente folgen ihr dicht nebeneinander gehend. Jungwisente und ältere Kälber halten sich dabei meist in der Gruppe auf. Begleitet ein erwachsener Bulle die Herde, geht er in der Regel am Ende.[127]
Tagesrhythmik
mini|Der Tagesrhythmus ist durch lange Ruhephasen bestimmt Wie für Wiederkäuer typisch ist der Tagesrhythmus von mehreren Phasen des Äsens und Ruhens bestimmt. Die Länge einer einzelnen Äsungsphase ist sehr variabel und kann von 15 Minuten bis zu fünf Stunden dauern.[128] Während der Vegetationsphase verbringen Wisente im polnischen Teil des Nationalparks etwa 60 Prozent ihrer Zeit mit Äsen, im belarussischen Teil dagegen durchschnittlich 80 Prozent. Dieser Unterschied wird auf das unterschiedliche Nahrungsangebot zurückgeführt.[129] Die erste Äsungsphase beginnt bei Sonnenaufgang, die letzte spielt sich während der Abenddämmerung ab. Bei den im Nationalpark Białowieża untersuchten Wisenten sind während des Tages zwei weitere Äsungsphasen zu beobachten. Länge und Zeitpunkt sind abhängig vom Wetter, von der Belästigung durch Insekten, der Qualität des Nahrungsangebots und der Störung durch Menschen. Im belarussischen Teil des Nationalparks, der den Tieren eine weniger gute Nahrungsbasis bietet, äsen die Wisente auch nachts. Auch im polnischen Teil des Nationalparks verschieben Wisente bei hohen Tagestemperaturen ihre Äsungsphase in die Abend- und Nachtstunden und ruhen während des Tages.[130]
Im Winter kehrt sich das Verhältnis von Äsungs- und Ruhephasen um. Sie verbringen dann etwa 30 Prozent ihrer Zeit mit dem Fressen von Heu. 60 Prozent des Tages ruhen sie.[129]
Fortpflanzung
Geschlechtsreife und Fruchtbarkeit
Zur Fortpflanzung kommen in der Regel Bullen zwischen dem sechsten und zwölften Lebensjahr. Weder jüngere noch ältere Bullen können sich in den Revierkämpfen gegen ihre männlichen Artgenossen durchsetzen. Unter Gehegebedingungen sind aber auch ältere Bullen noch fortpflanzungsaktiv.[131] Freilebende Kühe gebären ihr erstes Kalb in der Regel im vierten Lebensjahr. Sie bleiben bis ins hohe Alter fruchtbar. Kühe, die noch mit 20 Jahren Kälber werfen, sind auch in der freien Haltung keine Seltenheit.[131] Unter natürlichen Umständen kalben die Kühe durchschnittlich alle zwei Jahre. In Gehegehaltung, wo das Futter ganzjährig reichlich zur Verfügung steht, werfen viele Kühe auch jährlich.
Brunft
mini|Wisentkuh mit Jungtier Wisente haben ein polygynes Paarungssystem: Ein Bulle deckt mehrere Kühe. In der Regel bestehen die Harems aus zwei bis sechs paarungsbereiten Kühen.[132] Die Brunfterscheinungen bei den Weibchen sind nicht sehr auffällig. Die Kühe sind lediglich etwas unruhiger. Bullen sind dagegen deutlich aggressiver und vertreiben beispielsweise auch kleine Vögel, die in der Nähe nach Insekten suchen. Auch Kälber werden gelegentlich von ihnen angegriffen.[133]
Die meisten Deckakte finden zwischen August und Oktober statt.[134] Brunftkämpfe zwischen Bullen sind verhältnismäßig selten, beispielsweise im Vergleich zu Rothirschen. Treffen zwei Bullen von ähnlicher Größe und Kraft aufeinander, geht dem Kampf ein ritualisiertes Verhalten voraus, bei dem sich der hohe Erregungszustand der Bullen unter anderem durch ein Wühlen im Boden mit den Klauen, ein Wälzen an Stellen, die sie zuvor mit Urin getränkt haben, oder ein Bearbeiten von Bäumen mit den Hörnern ausdrückt.[135] In der Hauptphase des Kampfes stehen die Bullen frontal mit den Köpfen zueinander, greifen sich in kurzen Zeitabständen mit den Hörnern an und versuchen sich über den Kampfplatz zu schieben. Der Kampf wird in der Regel beendet, wenn einer der beiden Bullen aufgibt. Gelegentlich enden die Kämpfe mit Verletzungen der beteiligten Bullen oder auch tödlich.
Zum typischen Verhalten der Bullen während der Brunftzeit gehört ein Beschnuppern der äußeren Geschlechtsteile der Kühe. Bei diesem sogenannten Flehmen hebt der Bulle den Kopf an, streckt den Hals hoch und zieht die Lippen auseinander. Dabei prüft der Bulle die Konzentration der Sexualhormone im Harn der Kühe, um deren Paarungsbereitschaft zu beurteilen.[136] Eine hochbrünftige Kuh wird für ein oder zwei Tage nahezu ununterbrochen vom Bullen begleitet. Dabei flehmt er wiederholt oder beleckt und beschnuppert ihre Schamgegend. Der hohe Erregungszustand des Bullen drückt sich durch ein Verhalten aus, das den Handlungen kurz vor einem Kampf mit einem anderen Bullen gleicht. Sehr häufig sind von ihnen knörende Rufe zu hören.[137] Während der Brunftzeit fressen Bullen verhältnismäßig selten und verlieren in dieser Zeit erheblich an Gewicht.[132]
Tragezeit, Geburt und Lebenserwartung
Die Kühe tragen in der Regel nur einzelne Kälber aus, welche meistens zwischen Mai und Juli geboren werden. Die Tragezeit beträgt durchschnittlich etwa 264 Tage.[138] Auf Grund der geringen Größe der Kälber und des Körperbaus der Kühe sind Trächtigkeitsanzeichen bei den Kühen nur schwach sichtbar.
Trächtige Kühe sondern sich vor der Geburt von der Herde ab und suchen geschützte Orte auf, um dort zu gebären. Der Geburtsvorgang ist verhältnismäßig schnell und verläuft meist komplikationslos. Die Kälber, die ein Geburtsgewicht von nur 25 bis 30 Kilogramm haben, kommen binnen einer bis zwei Stunden zur Welt.[139] Bereits wenige Minuten nach der Geburt beginnt das Kalb mit Aufstehversuchen. Meist kann es bereits nach 30 Minuten stehen. Die Kühe schließen sich mit ihren Kälbern wenige Tage nach der Geburt wieder den Herden an. Im Gegensatz zu vielen anderen Huftieren wird das Kalb nach dem Säugen nicht versteckt abgelegt, sondern es bleibt ständig in unmittelbarer Nähe der Mutterkuh.[140] Bis zu einem Alter von drei Monaten stellt die Muttermilch die Hauptnahrung der Kälber dar. Beim Säugen steht das Kalb parallel zum mütterlichen Körper. Ab drei Monaten spielt Pflanzennahrung eine zunehmende Rolle in seinem Nahrungsspektrum. Es hält sich ab diesem Zeitpunkt zunehmend weniger in unmittelbarer Nähe der Mutter auf, sondern ist häufiger mit Altersgenossen vergesellschaftet.[141]
Wisentkühe erreichen nur in Ausnahmefällen das 25. Lebensjahr. Bullen werden selten älter als 20 Jahre.[142]
Todesursachen und Krankheiten
mini|Gefährdete Tierart auf russischer Briefmarke Eine Bedeutung als Fressfeind haben heute lediglich Wölfe und Luchse.[143] Als großes Herdenwild ist der Wisent für diese Arten jedoch nur schwer zu erbeuten. Am ehesten werden noch Kälber gerissen. Małgorzata und Zbigniew Krasiński gehen davon aus, dass ein zunehmender Wolfsbestand keinen wesentlichen Einfluss auf die Wisentpopulation hat.[144] Im polnischen Teil des Urwalds von Białowieża sind Verletzungen, Altersschwäche, der Befall durch Parasiten wie etwa Lungenwürmer sowie Wilderei die häufigsten Todesursachen. Bestandsbedrohend können sich ansteckende Krankheiten wie Maul- und Klauenseuche, Wild- und Rinderseuche sowie Rindertuberkulose auswirken. Wisente sind besonders gefährdet, sich mit dem Virus der Maul- und Klauenseuche anzustecken. In den Jahren 1953 und 1954 verendeten 35 Wisente in polnischen Reservaten an dieser Krankheit.[145]
Die niedrige genetische Vielfalt der gegenwärtig lebenden Wisente gilt als die größte Bedrohung des langfristigen Fortbestands dieser Art. Eine Inzuchtdepression kann zu einem vermehrten Auftreten genetischer Fehler und einer Schwächung des Immunsystems führen. Möglicherweise sind die bei untersuchten Wisentbullen zunehmend festgestellten Lageanomalien der Hoden, Hodenhypoplasien und Nebenhoden-Zysten auf solche genetischen Ursachen zurückzuführen.[146]
Vermehrt tritt außerdem eine Vorhaut-Entzündung auf, die sogenannte Balanoposthitis.[147] Sie führt zu nekrotisch-eitrigen Veränderungen an Vorhaut und Penis und im fortgeschrittenen Stadium zu einer Verwachsung der Vorhautöffnung mit Harnfistelbildung und in seltenen Fällen auch Harnverhaltung und Urämie.[148] Verursacht wird die Krankheit von einer Reihe von Bakterienarten, die sich in mehreren Phasen im Gewebe einnisten;[147] die Übertragungswege sind noch nicht bekannt. Die Erkrankung, derentwegen bereits in der Ukraine eine Population aufgelöst sowie im Urwald von Białowieża eine Reihe von Bullen gezielt abgeschossen wurde, tritt gelegentlich bereits bei Kälbern auf und wird offensichtlich nicht nur auf geschlechtlichem Wege übertragen.[149][150]
Systematik
mini|links|Ein Wisent der Flachlandlinie überquert in Białowieża einen Weg. Template:Userboxtop Template:Klade Template:Userboxbottom Der Wisent gehört zur Ordnung der Paarhufer, innerhalb dieser Ordnung werden Wisente der Familie der Hornträger zugeordnet, die nach einer Revision aus dem Jahr 2011 etwa 280 Arten umfasst.[151] Ursprünglich stand der Wisent in der Gattung Bison (das spätlateinische Wort Bison ist vermutlich eine Entlehnung des germanischen Wortes wisund[152]), heute wird er aufgrund von Ergebnissen molekulargenetischer Untersuchungen in die Gattung Bos verwiesen.[153][151] In älterer Literatur wird noch diskutiert, dass der amerikanische Bison und der europäische Wisent einer Art angehören.[154] Analysen der DNA ergaben jedoch, dass Wisente und amerikanische Bisons sich genetisch teilweise stark voneinander unterscheiden, obwohl beide Formen untereinander uneingeschränkt kreuzbar sind. Während Bisons und Wisente in den paternal vererbten Y-Chromosomen stark übereinstimmen, gibt es bei der Sequenz der maternal vererbten mitochondrialen DNA erhebliche Unterschiede. So bildet der amerikanische Bison bezüglich der mitochondrialen DNA eine Einheit mit dem Yak, während der Wisent hierin mit dem Auerochsen übereinstimmt. Eine mögliche Erklärung hierfür wäre, dass prähistorische Bisonbullen sich einst mit Verwandten des Auerochsen oder deren Vorfahren kreuzten und so die Vorfahren des Wisents hervorbrachten, der nach dieser Hypothese eine Hybridspezies darstellt.[155] Insgesamt zeigen diese Untersuchungen auf, dass die Gattungen Bos und Bison paraphyletisch sind, sie wurden somit zu einer einzigen Gattung Bos zusammengeführt.[153]
Teilweise werden zwei bis drei rezente Unterarten in der Literatur unterschieden.[156] Allerdings ist von diesen nur die Nominatform Bos bonasus allgemein anerkannt. Ihr Verbreitungsgebiet umfasste noch in historischer Zeit die Waldgebiete West-, Mittel- und teilweise Südosteuropas bis zum Don. Die Vertreter des typischen Wisents sind etwas größer als die anderen Formen und weisen längliche Klauen auf.[157] Der Wisent wurde Anfang des 20. Jahrhunderts in freier Wildbahn ausgerottet und überlebte nur durch Züchtungsprogramme. Aus denen ging unter anderem die sogenannte Flachlandlinie hervor, die auf sieben in zoologischen Gärten gehaltenen Wisenten beruht. Sie stellt heute die einzige reinblütige Zuchtlinie der Wisente dar. Die meisten der in Polen und Belarus lebenden Wisente gehören dieser Gruppe an. Zucht bedeutet im Fall des Flachlandwisents nur Vermehrung zur Rettung der Art, nicht aber Herausbildung von besonderen Merkmalen und Eigenschaften wie in der Haustierzucht. Es wird lediglich darauf geachtet, die Inzuchtdepression möglichst gering zu halten.[151][60]
Mitunter galt auch der Kaukasus-Wisent oder Bergwisent (B. caucasicus) als Unterart des eigentlichen Wisents und wurde dann als Bos bonasus caucasicus geführt, die 2011 veröffentlichte Revision der Hornträger sieht ihn aber als eigene Art an.[151] Beim Kaukasus-Wisent sind anders als beim eigentlichen Wisent die Endhaare des Schwanzes gekräuselt.[157] Die Art starb Mitte der 1920er Jahre in freier Wildbahn aus. Allerdings hat ein Bulle namens Kaukasus Eingang in die zweite Zuchtlinie der Wisente gefunden, die sogenannte Flachland-Kaukasus-Linie. Bei ihr ist dadurch die genetische Vielfalt größer als bei der reinen Flachlandlinie.[158] Der überwiegende Teil der in Deutschland lebenden Wisente entstammt der Flachland-Kaukasus-Linie.[60]
Als dritte Unterart wird von einigen Autoren der „Karpatenwisent“ (B. b. hungarorum) aufgeführt. Die Beschreibung, die Miklós Kretzoi 1946 durchführte, erfolgte anhand eines vollständigen Skelettes einer Kuh, das aber keine Hörner mehr besaß, und des Teilschädels eines Bullen mit einem vollständigen Horn. Die Form unterscheidet sich in der allgemeinen Größe, der Form der Hörner und der niedrigeren Lage der Schulterhöhe gegenüber der Beckenhöhe von den anderen Wisenten.[159][151] Das Fundmaterial befand sich in der Sammlung des Nationalmuseums in Budapest, ging aber während der Ungarischen Revolution im Jahre 1956 verloren.[46] Die Form war in Siebenbürgen sowie in den Karpaten beheimatet. Sie wurde bereits um 1790 ausgerottet.[160]
Daneben lebt im Zentralkaukasus eine Population von Hybriden von Wisenten und Bisons, die sogenannte Hochlandlinie, welche die dritte Zuchtlinie der Wisente darstellt. Sie wurde Anfang der 1930er Jahre aus Abkömmlingen der Flachlandlinie, der Flachland-Kaukasus-Linie und zusätzlich drei Amerikanischen Bisons gegründet (B. bonasus × B. caucasicus × B. bison). Im Jahr 2000 wurde vorgeschlagen, diese Hybridlinie als neue Unterart mit der wissenschaftlichen Bezeichnung Bos bonasus montanus einzuführen.[161] Dies wird von einigen jedoch als voreilig betrachtet, da verschiedene Exemplare der Hybridherden verschieden große Anteile der Spezies enthalten und eine angebliche Anpassung der Linie an das Gebirgshabitat nicht nachgewiesen werden konnte.[162] Auch wird behauptet, die Hybriden hätten einen schädlichen Einfluss auf die Vegetation dieses Gebiets und sie würden eine Gefahr für in der Nähe vorkommende reine Wisentbestände darstellen.[162] Ursprünglich war geplant, die Hybriden durch Verdrängungszucht an reinerbige Wisente heranzuführen, indem nur solche als Zuchtbullen verwendet werden sollten. Doch dieses Projekt wurde aufgrund praktischer Hemmnisse nicht umgesetzt.[162]
Stammesgeschichte
Template:Userboxtop Template:Klade Template:Userboxbottom Frühe bison- oder wisentartige Formen, hierzu zählen etwa Leptobos, Protobison und Probison, erschienen gegen Ende des Neogens im Pliozän (Villafranchium) in Süd- und Ostasien. Diese Frühformen besiedelten in der Folgezeit auch weitere Gebiete Eurasiens und erreichten über die Beringstraße den nordamerikanischen Kontinent.[163] Fossilreste von Tieren, die dem heutigen Wisent schon deutlich näher standen, datieren in das frühe Pleistozän, sie besitzen also ein Alter von eins bis zwei Millionen Jahren.[164] Vor allem aus dem Mittel- und Jungpleistozän sind zahlreiche bison- oder wisentartige Vertreter aus Eurasien und Nordamerika belegt (der sogenannte Great Bison belt). Ihr bekanntester ist der Steppenbison (Bos priscus), der über weitaus mächtigere Hörner als der Wisent verfügte und aus anatomischer Sicht in die Vorfahrenlinie des Amerikanischen Bisons (Bos bison) gehört. Im Gegensatz dazu ist vom eigentlichen Wisent (ähnlich wie beim Amerikanischen Bison) so gut wie kein Fossilmaterial bekannt, die Art trat relativ unvermittelt zu Beginn des Holozäns im nördlichen Zentraleuropa und in Skandinavien auf.[165][166] Ursprünglich wurde davon ausgegangen, dass mit dem Ende der letzten Eiszeit und dem Abschmelzen der Gletscher sowie dem Ausbreiten der Wälder, was zur Verringerung an geeignetem Lebensraum führte, die weitübergreifende Population der bison- und wisentartigen Rinder in einzelne Subpopulationen zerfiel und unter anderem sich der Wisent durch Verminderung der Horngröße herausbildete.[167] Molekulargenetische Untersuchungen aus dem Jahr 2016, die an mehr als 60 Individuen des ausgestorbenen Steppenbisons und des heutigen Wisents durchgeführt wurden, sehen dieses Szenario differenzierter. Demnach lebte im ausgehenden Pleistozän neben dem Steppenbison und dem fossil ebenfalls gut überlieferten Auerochsen (Bos primigenius) eine weitere, bisher nur genetisch fassbare Rinderform im westlichen Eurasien, die aber dem Wisent näher stand. Diese bildete sich den genetischen Daten zufolge aus einer Hybridisierung der beiden pleistozänen Rinderarten heraus, was vor rund 120.000 Jahren stattfand, etwa zur Zeit des letzten Interglazials. Vermutet wird, dass die Hybridbildung durch Paarung von männlichen Steppenbisons mit weiblichen Auerochsen erfolgte. Die daraus resultierende und vorläufig mit CladeX („Klade X“) bezeichnete Linie wird von den Forschern als Vorläufer des heutigen Wisent angesehen. Die Angehörigen der CladeX-Linie besetzten als weiteres Ergebnis der Untersuchung eine vom Steppenbison abweichende ökologische Nische und waren vor allem während der kalten Klimaabschnitte der letzten Kaltzeit mit Dominanz von tundrenartigen Landschaften häufig, während der Steppenbison sich auf die wärmeren Abschnitte beschränkte.[168][169] Weiteren Untersuchungen zufolge könnte die CladeX identisch mit dem ausgestorbenen Schoetensack-Bison (Bos schoetensacki) sein, der den genetischen Daten zufolge dem Wisent deutlich näher steht als der Steppenbison und fossil bis in die Weichsel-Kaltzeit in Europa präsent war. Das Ergebnis geht mit der Erkenntnis einher, dass der Steppenbison auch aus genetischer Sicht eine sehr enge Beziehung zum Amerikanischen Bison hat.[170][171]
Mensch und Wisent
Der Wisent in Kunst und Literatur
[[Datei:Wisent Vogelherd.jpg|mini|Eines der ältesten Kunstwerke der Menschheit, Wisent aus der Vogelherdhöhle (40.000 Jahre alt, Aurignacien), UNESCO-Welterbe „Höhlen und Eiszeitkunst im Schwäbischen Jura“, Museum der Universität Tübingen MUT]]
mini|Darstellung eines Wisents; in Rentiergeweih geschnitzte Skulptur, ca. 13.000 vor Beginn unserer Zeitrechnung
[[Datei:Auerochsen.jpg|mini|Kämpfende Wisente von August Gaul in Königsberg (1912), heute ein Wahrzeichen von Kaliningrad.
Hier fälschlicherweise als Auerochsen bezeichnet]]
Wisente tauchen bereits in der jungpaläolithischen Kunst auf und wurden häufig neben Mammuten, Wildpferden und Löwen dargestellt. In der mobilen Kleinkunst ist eine fragmentierte, knapp handtellergroße Skulptur eines Wisents (Länge 7,2 cm, Höhe 5,25 cm) aus Mammutelfenbein von Bedeutung, die 1931 bei archäologischen Ausgrabungen in der Vogelherdhöhle (Schwäbische Alb) entdeckt wurde. Sie stammt aus dem Aurignacien und ist heute im Museum Alte Kulturen im Schloss Hohentübingen ausgestellt.[172] Eine weitere Halbplastik liegt aus dem Geißenklösterle bei Blaubeuren vor und datiert ebenfalls ins frühe Jungpaläolithikum. Gravuren von Wisenten finden sich dagegen im Magdalenien, so von drei Tieren, davon zwei in kämpfender Position, auf einer 33 cm langen Pferderippe aus der Pekárna-Höhle bei Brünn.[173]
Häufiger sind Wisente auf Höhlenmalereien im Südwesten Europas vertreten, nach Untersuchungen von rund 1660 Wandbildern können allein 17,5 % dem Wisent zugewiesen werden.[174] Zu den ältesten gehören die realitätsnahen Darstellungen aus der Grotte Chauvet, die mit einem Alter von rund 32.000 Jahren ebenfalls dem Aurignacien angehören.[175] Auf 15.000 Jahre alten Wandmalereien sind Wisente neben Wildpferden die am häufigsten abgebildete Tierart.[176] Zu den bekanntesten gehören die Darstellungen in der Altamira-Höhle in Spanien sowie Darstellungen in Höhlen im Département Dordogne in Südwestfrankreich. Zu den schönsten Darstellungen zählt eine 1910 in der La Madeileine-Höhle gefundene Skulptur aus Rentierhorn. Sie zeigt einen Wisent, der mit zurückgedrehtem Kopf seine Weichen beleckt.
Obwohl der Wisent im Mittelmeerraum schon vor Beginn menschlicher Geschichtsschreibung ausstarb, war sowohl Griechen als auch Römern diese Tierart wegen ihrer Verbreitung in Thrakien und Germanien bekannt. Wisente wurden unter anderem ab 27 v. Chr. nach Rom gebracht, um sie in Tierhetzen zu zeigen.[177] Plinius der Ältere beschrieb den Wisent allerdings noch als ein Rind mit einer Pferdemähne, das so kurze Hörner habe, dass diese im Kampf von keinerlei Nutzen seien. Statt zu kämpfen, laufe der Wisent vor jeder Bedrohung davon und hinterlasse dabei über eine Strecke von einer halben Meile unablässig eine Spur von Dung, die bei Berührung die Haut eines Verfolgers verbrenne wie Feuer.[178]
In der mittelalterlichen Literatur ist der Wisent gelegentlich beschrieben worden. Im Nibelungenlied etwa wird die Stimme Dietrichs von Bern mit dem Klang des Horns eines Wisents verglichen und von einer Jagd Siegfrieds wird berichtet, dass er neben vier Auerochsen und einem Elch auch einen Wisent erlegte.[179] In der spätmittelalterlichen und frühneuzeitlichen Literatur wird zwischen Auerochsen und Wisenten nicht immer eindeutig unterschieden, da mit zunehmendem Verschwinden des Auerochsen dessen Bezeichnung auch für den Wisent verwendet wurde. Das erste literarische Werk der polnischen Literatur beispielsweise, das sich mit Sicherheit auf den Wisent bezieht, ist ein anonym gebliebenes Gedicht aus dem 16. Jahrhundert, das als Auftragsarbeit für Papst Leo X. entstand.[180] Bezeichnet wird der Wisent in diesem Gedicht jedoch als Auerochse. Erst im 19. Jahrhundert trennte die deutsche Sprache mit dem Aufschwung der Zoologie die beiden Rinderarten wieder.
Während in deutschsprachiger Literatur der Wisent in einigen neuzeitlichen Jagderzählungen erwähnt wird, spielt diese Tierart in der polnischen Literatur und Kunst eine größere Rolle. Im 1834 erschienenen polnischen Nationalepos Pan Tadeusz von Adam Mickiewicz wird der Wisent in mehreren Versen erwähnt.[180] Polnische Maler des 19. Jahrhunderts wie Juliusz Kossak und Michał Elwiro Andriolli haben diese Wildrindart auf ihren Gemälden dargestellt.[180] In Polen finden sich auch mehrere Denkmäler und Skulpturen, die an die Jagden polnischer und russischer Herrscher erinnern. Zugleich entstanden in Deutschland vergleichbare Skulpturen, wie die abgebildete von August Gaul. In der Zeit des Nationalsozialismus vergab Reichsjägermeister Hermann Göring entsprechende Auftragsarbeiten. Auf diese Zeit gehen das im Bremer Rhododendronpark befindliche Wisentstandbild von Ernst Gorsemann[181] sowie das Wisentrelief von Max Esser zurück, das in der Nähe der Schorfheide steht.[182]
Erhaltungsmaßnahmen
Der polnische Ornithologe und Vizedirektor des Zoologischen Museums in Warschau Jan Sztolcman forderte in einer Rede am 2. Juni 1923 die anlässlich des Internationalen Naturschutzkongresses in Paris Versammelten auf, Anstrengungen zum Erhalt des Wisents zu unternehmen. Der Kongress regte daraufhin die Gründung einer internationalen Gesellschaft an, in der Vertreter der Länder zusammenarbeiten sollten, auf deren Gebiet sich noch Wisente befanden. Knapp drei Monate später, am 25. und 26. August 1923, wurde die Internationale Gesellschaft zur Erhaltung des Wisents in Berlin gegründet. Der Gesellschaft, zu deren erstem Vorsitzenden der Frankfurter Zoodirektor Kurt Priemel gewählt wurde, traten neben einer Reihe von Privatpersonen unter anderem die American Bison Society, der Zoo in Posen und der Polnische Jägerverband bei.[183] Primäres Ziel der Gesellschaft war es, alle in Gehegen und Zoos gehaltenen Wisente ausfindig zu machen und mit diesen eine Erhaltungszucht zu begründen. Man fand insgesamt 29 Wisentbullen und 25 Kühe, die wiederum jedoch eng miteinander verwandt und die Nachfahren von nur zwölf Tieren waren.[184] Letztendlich stammen daher alle heute lebenden Wisente von nur zwölf Tieren ab, sieben Kühen und fünf Bullen. mini|Italienische Werbekarte für Liebigs Fleischextrakt mit einer Darstellung der Wisentjagd Da man befürchtete, auf Grund der geringen Zahl an reinrassigen Wisenten die Art nicht erhalten zu können, kreuzten in den 1920er und 1930er Jahren einige Zoos Wisente mit anderen Arten.[185] So wurde im Wisentgehege Springe, das 1928 unter Anleitung von Lutz Heck, dem Direktor des Berliner Zoos, angelegt worden war, ein Wisentbulle mit mehreren Bisonkühen verpaart. Ziel war es, in Form einer Verdrängungszucht die Bisonerbanlagen durch Rückkreuzungen mittelfristig wieder herauszuzüchten. Dieser Versuch wurde erst 1935 eingestellt, als man reinrassige Wisentkühe erwerben konnte.[186] Auch in Białowieża wurden zeitweilig Wisent-Bison-Hybriden gehalten. Der letzte dieser Mischlinge wurde 1936 im Warschauer Zoo untergebracht.
Nach den ersten Zuchterfolgen in den 1920er und 1930er Jahren führten die Folgen des Zweiten Weltkrieges erneut zu einem starken Rückgang der Wisentbestände. In Białowieża als dem wichtigsten Zentrum der Erhaltungszucht wurde ein weitgehendes Erlöschen der Wisentbestände durch Wilderei vermieden, indem im Juli 1944, als die deutschen Truppen aus der Region vor den herannahenden russischen abzogen, die Gattertore geöffnet und die Tiere in das große Waldgebiet getrieben wurden.[187] Die nach dem Ende der Kriegshandlungen neugeschaffenen polnischen Behörden ergriffen sofort weitgehende Maßnahmen, um die Wisente wieder unter Schutz zu stellen. Bereits 1946 konnten aus dem polnischen Bestand einige Wisente für den Beginn der Wisentzucht im belarussischen Teil von Białowieża abgegeben werden.[188] 1949 lebten in vier polnischen und zwei sowjetischen Zuchtstätten insgesamt 69 reinblütige Wisente und damit etwas mehr als die Hälfte des Weltbestandes.[189]
Das Zuchtbuch für Wisente gilt als das älteste Zuchtbuch für eine Wildtierart und berücksichtigte von Beginn an die drei heute noch bestehenden Zuchtlinien Pleß-, Flachland- und Flachland-Kaukasus-Linie.[190] Bis 1940 wurde das Wisentzuchtbuch durch den Zoodirektor Goerd von der Groeben, anschließend von Erna Mohr geführt, die bereits großen Anteil an der Erhaltungszucht des Przewalskipferdes hatte.[191] Nach dem Zweiten Weltkrieg führte es der Warschauer Zoodirektor Jan Żabiński (1897–1974) in Zusammenarbeit mit Erna Mohr fort, wobei das erste Ziel darin bestand, die Ahnenreihen der nach dem Zweiten Weltkrieg noch überlebenden Wisente nochmals zu verifizieren.[192] Heute wird das Zuchtbuch in Białowieża geführt.
Aktueller Bestand und Ziele der Bestandsentwicklung
mini|Transportkiste für Wisente Im Jahre 2006 standen etwa 3200 reinblütige Wisente im Zuchtbuch. Davon wurden ungefähr 420 in Deutschland, 26 in der Schweiz und 13 in Österreich gehalten.[193] Rund 60 Prozent des Weltbestandes lebten im Jahre 2004 in freilebenden Populationen.[194]
Der heutige Schwerpunkt der Wisentzucht liegt in einer Verbesserung der Zusammenarbeit zwischen Zuchtstätten und Züchtern. So gibt es seit 1996 ein Europäisches Erhaltungszuchtprogramm, das zooübergreifend die Zucht der in Gefangenschaft gehaltenen Wisente koordiniert.
Ein weiteres Ziel ist der Aufbau weiterer freilebender Wisentbestände, wobei zwei Aspekte eine besondere Rolle spielen: Wisente in freien Populationen sind in der Lage, die Merkmale ihrer wilden Vorfahren unter den Bedingungen der natürlichen Selektion wiederzuerlangen.[58] Wegen der hohen Kosten der Gehegehaltung ist es nur über Auswilderungen möglich, den Wisentbestand weiter zu erhöhen.[195] Seit einigen Jahren versucht man bevorzugt, Wisente in Gebieten anzusiedeln, in denen die jeweilige Population eine demographisch notwendige Mindestgröße von 100 Tieren erreichen kann. Wiederansiedlungen in der Tschernobyl-Sperrzone im belarussisch-ukrainischen Grenzgebiet waren zunächst gescheitert,[196] mittlerweile gibt es dort aber mehrere Herden.[48] Ferner zeigt eine Herde im südlicheren Raum Tscherniwzi–Winnyzja einen stabilen Bestand von etwas unter 100 Tieren. Im Borkener Forst bei Olsztyn (dt. Allenstein in Ostpreußen) wurden 2011 80 freilebende Tiere gezählt. Die Vorfahren dieser Tiere stammen aus einer Nachzucht und entkamen schon vor längerem aus dem Gehege.[197]
Ein Koordinierungsprogramm soll sicherstellen, dass in den bestehenden freien Populationen die genetische Vielfalt erhalten und nach Möglichkeit erhöht wird. Dazu sollen gegebenenfalls Wisente zwischen den einzelnen freien Populationen transferiert werden. Langfristiges Ziel ist es, dass es sowohl von der Flachlandlinie als auch der Flachland-Kaukasus-Linie jeweils 3000 wildlebende Tiere gibt.[198] Pläne für die Auswilderung gibt es unter anderem für Deutschland und Frankreich, wobei erste Auswilderungen in Deutschland bereits stattgefunden haben.[193]
2020 betrug der Bestand an freilebenden Wisenten in Europa 6.200 in 47 Herden, von denen nur acht groß genug sind, um selbstständig zu überleben. Die Mehrheit lebte in Osteuropa (Russland, Belarus und Polen).[199]
Wisente in Weidewirtschaft und Landschaftspflege
Wird ein Moor entwässert und ackerbaulich genutzt, so kann es zu einer deutlichen Absenkung des Geländeniveaus und zu einem erheblichen Bodenabtrag durch Winderosion kommen. So sind etwa im Altbayerischen Donaumoos in den vergangenen 200 Jahren großflächig etwa 3 Meter Torf verlorengegangen.[200] Um diese Entwicklung zu stoppen, soll dort bis zum Jahr 2030 der Grünlandanteil auf über 50 % erhöht werden. Eine nachhaltige Nutzung soll vor allem durch Beweidung erfolgen. Dafür wird die Eignung verschiedener Nutztierrassen getestet. Im Jahr 2003 wurde dazu ein 25 Hektar großes Wisent-Gehege in Betrieb genommen, in dem heute etwa 30 Tiere leben.[201][202]
Interaktionen zwischen Wisent und Mensch
mini|Wisent Vorfälle, bei denen Menschen von Wisenten angegriffen wurden, sind sehr selten, und in der Regel waren an solchen Vorfällen Wisente beteiligt, die auf Grund der Gehegehaltung an Menschen gewöhnt waren.[44] In Gehegen wie dem Damerower Werder (320 Hektar)[203] werden zum Schutz der beteiligten Personen Betäubungsgewehre eingesetzt, wenn Wisente von der Herde abgesondert werden müssen.[204] Freilebende Wisente, die im Wald von Menschen überrascht werden, reagieren grundsätzlich mit Flucht. Meist entfernen sie sich 100 bis 150 Meter im schnellen Lauf und scharen sich dann zusammen. Am scheuesten verhalten sich dabei Herden mit mehreren Jungtieren. Potentiell für den Menschen gefährliche Situationen entstehen, wenn die Tiere überrascht werden und die Fluchtdistanz bereits unterschritten ist. Insbesondere Kühe, die Jungtiere führen, und Bullen während der Brunftzeit können bei Unterschreitung der Fluchtdistanz aggressiv gegenüber dem Menschen reagieren. Hierin unterscheidet sich der Wisent nicht von anderen Wildtierarten. Da Wisente wachsame Tiere sind, kommt es zu solchen Situationen nur in Ausnahmefällen. In der Literatur wird eher darauf hingewiesen, wie schwierig es ist, Wisente in freier Wildbahn zu beobachten.[205] Ihre Erregung signalisieren Wisente durch Schütteln des Kopfes, drohendes Knören, Aufwühlen des Bodens mit den Vorderklauen und heftige Schwanzbewegungen. Zieht sich der Mensch dann nicht zurück, kann er vom Wisent angegriffen werden.[206]
Zu Konflikten zwischen Wisenten und Menschen kommt es, wenn Wisente landwirtschaftliche Anbauflächen heimsuchen oder Heuschober aufbrechen. In Polen hat man die Erfahrung gemacht, dass selbst eine Umsiedlung der Tiere unwirksam ist, da sie an solche nahrungsreichen Orte wieder zurückkehren.[206] Im Bereich des Urwaldes von Białowieża wurden außerdem in einem Zeitraum von knapp 40 Jahren elfmal Pferde und fünfmal Hausrinder durch Wisente verletzt. Die Verletzungen resultieren meist aus einem einzelnen Hornhieb eines erwachsenen Bullen gegenüber einem Haustier, das Sozialkontakt suchte. Hunde werden in der Regel ignoriert. Wisente, die sich durch Hunde bedroht fühlen, können sie auf die Hörner nehmen oder zertrampeln.[207][208]
Neuzeitliche Bejagung
[[Datei:Ruseckas-Stumbro medžioklė.jpg|mini|Kanuti Rusiecki: Wisentjagd mit Hunden, 19. Jahrhundert, Vilnius]] Von den Wildereien nach Ende des Ersten Weltkriegs abgesehen, erfolgte die Jagd auf den Wisent in der Neuzeit überwiegend als aufwendig inszenierte Hofjagd. Bei diesen sogenannten „eingestellten Jagden“ wurden Wisente gemeinsam mit anderem Hochwild über mehrere Wochen auf einer zunehmend kleiner werdenden Fläche zusammengetrieben. Am eigentlichen Jagdtag wurde das Wild so von den Treibern gelenkt, dass es sich optimal für den Abschuss präsentierte. Bei der Hofjagd des polnischen Königs August III. im Jahre 1752 erlegte die höfische Jagdgesellschaft neben einer großen Zahl von Rothirschen, Rehen und Wildschweinen auch 42 Wisente. Allein zwanzig Wisente wurden dabei vom polnischen König und seiner Gemahlin Maria Josepha von Österreich von Kanzeln aus geschossen.[209][210] Obwohl mit der Wende vom 18. zum 19. Jahrhundert solche Jagdformen in Europa zunehmend aus der Mode gerieten und vor dem Hintergrund der Romantik die Jagdethik zunehmend ein waidgerechtes Jagen betonte, ließ der russische Hof solche Hofjagden in Białowieża noch bis ins Jahr 1900 veranstalten. Für Zar Alexander II. und seine Gäste aus dem europäischen Hochadel trieben 1860 2000 Bauern im Frondienst über Wochen das Wild in einem großen Gehege zusammen. Auf der letzten, von Zar Nikolaus II. im Herbst 1900 veranstalteten Hofjagd wurden noch 40 Wisente auf diese Weise erlegt.[211] In der Zeit der deutschen Besetzung des Gebiets von Białowieża seit Sommer 1915 vergab der Oberbefehlshaber der 9. Armee, Leopold von Bayern, ausgewählte Abschussgenehmigungen für Wisente an „hochgestellte Persönlichkeiten“, unter anderem an Kaiser Wilhelm II. und den Oberbefehlshaber Ost, Paul von Hindenburg. Unter Führung des zuständigen Forstmeisters Georg Escherich brachten sie je einen „starken Wisentbullen“ zur Strecke.[212]
In Deutschland ist der Wisent im Bundesjagdgesetz als Wild gelistet, hat aber keine Jagdzeit.
Seit einigen Jahren geben Forst- und Naturschutzbehörden in Belarus, Russland, Polen und der Ukraine jährlich wieder freilebende Wisente zum kommerziellen Abschuss frei. Dabei handelt es sich meist um überalterte Bullen und Kühe.[209] Solche Jagden finden beispielsweise auf der belarussischen Seite von Białowieża sowie in Masuren, den ukrainischen Karpaten und dem russischen Kaukasus statt. Drück- und Ansitzjagd sind verboten, der zum Abschuss freigegebene Wisent muss auf einer teils mehrtägigen Pirschjagd vom Jäger verfolgt werden, bis dieser zum Schuss kommt. Die Jagd gilt wegen der Scheu der Wisente als ausgesprochen schwierig und setzt beim Jäger insbesondere in den ukrainischen Karpaten und im russischen Kaukasus wegen des schwierigen Geländes hohe körperliche Fitness voraus. Für die Abschusserlaubnis auf einen kapitalen Bullen waren zu Beginn des 21. Jahrhunderts ungefähr 5000 EUR zu zahlen.[213] Kritiker solcher Praktiken sehen einen Widerspruch, wenn die Jagd auf eine vom Aussterben bedrohte Art ermöglicht wird. Befürworter der Bejagung argumentieren, dass bei einem Überschreiten der Kapazitätsgrenzen und zu hohen Bestandsdichten das Gleichgewicht eines Ökosystems gestört wird und das Risiko für Tierseuchen deutlich ansteigt. Der drastische Rückgang der zuvor zu hohen Wisentpopulation in Białowieża um 1890 infolge einer Epizootie wird dabei häufig als Beispiel genannt. Aus Sicht der Befürworter trägt eine geregelte Bejagung zum Schutz einer Großtierart und ihres Lebensraumes bei und die Abschussprämien finanzieren zumindest teilweise die Kosten des Managements einer Wisentpopulation.[213]
Kreuzung mit Hausrindern
mini|Kopf eines Żubrońs Bis heute ist es nicht gelungen, Wisente völlig zu zähmen. Selbst Wisente, die aus Populationen stammen, die seit mehreren Generationen unfrei gehalten wurden, behalten ein Misstrauen gegenüber dem Menschen.[195] Diese Erfahrung gilt auch für die wenigen Handaufzuchten im Zuchtreservat Białowieża.[214]
Obwohl in den Zeiten, in denen der Urwald von Białowieża noch als Hutewald genutzt wurde, Hausrinder in der Nähe der Wisente weideten, sind natürliche Hybridengeburten unbekannt. Dies unterscheidet den Wisent unter anderem vom Bison, bei dem dies häufiger vorkommt.[215] Die erste belegte Kreuzung zwischen Wisenten und Hausrindern gelang 1847 dem polnischen Landbesitzer Leopold Walicke, der besonders starke Zugrinder züchten wollte. Die Hybriden, die als Żubroń bezeichnet werden, übertreffen ihre Ausgangsarten an Körpergewicht und -größe. Männliche Żubrońs der ersten Generation sind unfruchtbar, die weiblichen können sich dagegen mit beiden Elternarten fortpflanzen. Żubrońs zeichnen sich durch eine Farbvielfalt in der Behaarung aus und gelten als zäh und widerstandsfähig. Die Zucht von Żubrońs ist jedoch heute weitgehend eingestellt.
Europäische Organisationen zur Erhaltung des Wisent
Rundfunkberichte
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Literatur
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