Sardegna

regione italiana a statuto speciale

Template:Regione La Sardegna (in sardo Sardigna o Sardinnia, in catalano Sardenya, in spagnolo Cerdeña) è un'isola e una regione autonoma a statuto speciale facente parte della Repubblica Italiana.

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La Sardegna vista dal satellite

Generalità

Il riconoscimento della specialità statutaria, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce alle istituzioni regionali una larga autonomia amministrativa e culturale. Infatti, unitamente alla Corsica, l'isola è depositaria di una millenaria cultura autoctona, con singolari peculiarità etniche e linguistiche, e nel contesto storico e culturale italiano è prettamente considerata un'area a sé stante. Situata al centro del Mediterraneo occidentale, l'accentuata insularità è stata il fattore predominante che ha contribuito a differenziarla dalle altre Regioni d'Italia, anche se, già dall'antichità, esistevano continui rapporti commerciali con il continente, principalmente verso il Lazio e la Toscana.

In epoca moderna, molti viaggiatori e scrittori hanno esaltato nelle loro opere le bellezze incomparabili dell'isola, immerse in un ambiente in gran parte incontaminato, che ospita un paesaggio botanico e faunistico con specie uniche al mondo e nel quale si trovano poi le vestigia del non ancora sufficientemente conosciuto periodo nuragico, di quello fenicio e punico, di quello romano. Lo scrittore inglese David Herbert Lawrence, nel suo pellegrinare all'interno delle Barbagie, scriveva meravigliato nel suo diario di viaggio:

«Questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo. La Sardegna è un'altra cosa: incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa»

Il nome Sardegna deriva da quello dei suoi antichi abitatori: i Sardi. Ben conosciuta nell'antichità sia dai Fenici che dai Greci, fu da questi ultimi chiamata Hyknusa o Icnussa (Ιχνουσσα), mentre i Latini la chiamarono invece Sandalion.

La bandiera ufficiale della Sardegna è la bandiera dei quattro mori, che ha accompagnato l'isola dai tempi di Pietro I d'Aragona a oggi. Vedi Bandiera dei quattro mori.

Geografia

La Sardegna è, per estensione, la seconda isola italiana e dell'intero Mediterraneo ed è la terza regione più grande di tutta Italia.

 
La Sardegna per zone altimetriche
 
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Dista circa 187 km dalle coste della penisola - dalla quale è separata dal Mar Tirreno -, mentre il Canale di Sardegna la divide dalle coste tunisine che si trovano 184 km circa più a Sud. A Nord, per 11 km, le bocche di Bonifacio la separano dalla Corsica e il Mar di Sardegna, ad Ovest, dalla Penisola iberica e dalle isole Baleari.

Geologia

La storia geologica della Sardegna, insieme a quella della Corsica - sua isola gemella - cominciò circa 100 milioni di anni fa, attraverso gli spostamenti e gli scontri tra la grande placca africana, quella eurasiatica e quella nord-atlantica. Tra 35 e 13 milioni di anni fa, questi fenomeni crearono una profonda frattura che correva lungo tutta la costa che attualmente va dalla Catalogna alla Liguria. I relativi lati rocciosi originati da questa frattura sono ancora visibili tra i graniti cristallini che affiorano oggi in Provenza, nel massiccio dell'Esterel - tra Cannes e Fréjus - e poi, oltre il Mare di Sardegna, sulla costa sud-occidentale còrsa e su quella nord e nord-occidentale sarda.

Lungo questa spaccatura, circa 30 milioni di anni fa, si originò il distacco di una micro-placca che comprendeva a Nord-Est le attuali Sardegna e Corsica, e più a Sud-Ovest il complesso delle isole Baleari. Conseguentemente, la rotazione della placca sardo-corsa in senso antiorario, nel suo progredire, determinò il sollevamento dal mare della catena degli Appennini e delle Alpi Apuane. Furono queste le cause che portarono la Sardegna e la Corsica a migrare dalla parte continentale. Esse raggiunsero la loro posizione attuale circa 6-7 milioni di anni fa e al fenomeno della migrazione si aggiunse più tardi la tensione di apertura del Mar Tirreno, che creò conseguentemente la conformazione orientale tra le due isole e la penisola italiana.

Geografia fisica

La sua superficie è di 24.090 km² e gli abitanti sono circa 1,65 milioni, per una densità demografica di 68 abitanti per km².

Più dell'80% del territorio è montuoso o collinare; per il 67,9% è formato da colline e da altopiani rocciosi chiamati giare o gollei - se granitici o basaltici - tacchi o tonneri - quelli in arenaria o calcarei. Le montagne sono il 13,6% e sono formate da rocce antichissime, livellate da un lento e continuo processo di erosione. Presentano forme arrotondate e culminano nella parte centrale dell'Isola con Punta La Marmora, a 1.834 m s.l.m, nel Massiccio del Gennargentu.

Da Nord, si distinguono i Monti di Limbara (1.362 m), i Monti di Alà (1.090 m), il Monte Rasu (1.258 m), il Monte Albo (1.127 m) e il Supramonte con le Dolomiti di Oliena (1.463 m). Verso Sud i Monti dell'Iglesiente digradano verso il mare con minori altitudini.

Le zone pianeggianti sono il 18,5% del territorio; la pianura più estesa è il Campidano, che separa i rilievi centro settentrionali dai monti dell'Iglesiente, mentre la piana della Nurra si trova nella parte nord-occidentale verso la città di Sassari.

I fiumi hanno carattere torrentizio e i più importanti sono sbarrati da imponenti dighe che formano ampi laghi artificiali utilizzati principalmente per irrigare i campi; tra questi il bacino del lago Omodeo, il più vasto d'Italia. Seguono poi il bacino del Flumendosa, del Coghinas, del Posada. I fiumi più importanti sono il Tirso, il Flumendosa, il Coghinas, il Cedrino. L'unico lago naturale è il lago di Baratz, a nord di Alghero.

Le coste, per complessivi 2.400 km, sono alte, rocciose e con piccole insenature che a nord-est diventano profonde e s'incuneano nelle valli (rias). Litorali bassi, sabbiosi e talvolta paludosi si trovano nelle parti meridionale e occidentale: sono gli stagni costieri, zone umide molto importanti dal punto di vista ecologico. Le coste si articolano nei golfi dell'Asinara a settentrione, di Orosei a oriente, di Cagliari a meridione e di Oristano a occidente. L'isola è circondata da molte isole ed isolette, tra le quali l'isola dell'Asinara, San Pietro, Sant'Antioco, l'isola di Tavolara, l'arcipelago della Maddalena con Caprera.

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Città

 
Le due aree metropolitane, i principali centri fra 50.000 e 25.000 abitanti, e quelli oltre i 10.000 abitanti.

Le città più importanti sono Cagliari, capoluogo regionale, e Sassari, secondo polo di rilevanza regionale.

Cagliari (160.000 abitanti) è al centro di un'area metropolitana di oltre 450.000 abitanti che comprende anche i comuni di Quartu Sant'Elena (70.000 ab.), Selargius (29.000 ab.), Assemini (25.000 ab.), Capoterra (22.000 ab.), Monserrato (21.000 ab.), Sestu (15.000 ab.), Sinnai (15.000 ab.) e Quartucciu (11.000 ab.).

Sassari, unica altra città a superare i 100.000 abitanti (128.000 ab.) possiede un'area urbana, espansa soprattutto verso nord ed il Golfo dell'Asinara, di oltre 200.000 abitanti comprendente anche Porto Torres (21.000 ab.) e Sorso (14.000 ab.).

Le rimanenti città che svolgono funzione di polarità locale hanno tutte una popolazione compresa tra i 10.000 e i 50.000 abitanti: Olbia (50.000 ab.), Alghero (43.000 ab.), Nuoro (37.000 ab.), Oristano (33.000 ab.), Carbonia (31.000 ab.), Iglesias (28.000 ab.), Villacidro (15.000 ab.), Tempio Pausania (14.000 ab.), Guspini (13.000 ab.), Arzachena (12.000 ab.), Sant'Antioco (12.000 ab.), La Maddalena (11.000 ab.), Ozieri (11.000 ab.), Macomer (11.000 ab), Siniscola (11.000 ab.), Tortolì (10.000 ab.) e Terralba (10.000 ab.). Tra i centri minori con meno di 10.000 abitanti troviamo inclusi alcuni capoluoghi di provincia, come Sanluri (8.500 ab.) e Lanusei (6.000 ab.).

Clima

Il clima mediterraneo è tipico di gran parte della Sardegna, tranne alcune zone interne contraddistinte da un clima più rigido. Lungo le zone costiere, dove risiede la gran parte della popolazione, abbiamo inverni miti, grazie alla presenza del mare (nevicate rare, all'incirca ogni 5-10 anni e temperatura quasi mai sotto lo zero) ed estati calde e secche; la bassa umidità e la relativa mancanza d'afa, come la notevole ventosità, permette di sopportare più facilmente le elevate temperature estive, capaci di raggiungere normalmente i 35-40°C.

La Sardegna è inoltre una regione molto ventosa (soprattutto grazie al Maestrale), peculiarità che permette una efficace dispersione di tutti gli inquinanti, oltre all'installazione di numerosi impianti eolici sui crinali dei principali rilievi.

Subregioni

 
Subregioni sarde

La Sardegna è divisa storicamente in sub-regioni, che per lo più derivano direttamente, nella denominazione e nell'estensione, dai distretti amministrativi-giudiziari-elettorali dei regni giudicali, le curatorie (in sardo curadorias o partes):

Anglona, Barbagia di Belvì, Barbagia di Ollollai, Barbagia di Seulo, Barigadu, Baronie, Campidano di Cagliari, Campidani di Cabras, Milis, Oristano, Gallura, Goceano, Mandrolisai, Marghine, Marmilla, Meilogu, Monreale (o Campidano di Sanluri), Monteacuto o Monte Acuto, Montiferru, Nuorese, Nurra, Ogliastra, Planargia, Quirra, Romangia, Sarcidano, Sarrabus-Gerrei, Sassarese, Sulcis-Iglesiente, Trexenta

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Storia

Situata strategicamente al centro del mar Mediterraneo occidentale, la Sardegna fu sin dagli albori della civiltà umana un attracco obbligato per quanti navigavano da una sponda all'altra del mare nostrum in cerca di materie prime e di nuovi sbocchi commerciali. Il suo territorio, ricco di boschi, di acque e di importanti minerali, fu luogo di insediamenti importanti, e gli approdi naturali lungo le sue coste si rivelarono essenziali per le navi che transitavano su rotte dirette verso altri porti.

Fu così che nella sua storia millenaria ha saputo trarre vantaggio sia dal proprio isolamento, che ha consentito lo svilupparsi della civiltà nuragica, sia dalla propria posizione strategica, ostacolo inaggirabile nella rete degli antichi percorsi. Il risultato è che nel suo antico bagaglio storico si trovano segni di solide culture indigene sviluppatesi praticamente immutate nel corso dei secoli, così come i segni delle maggiori potenze coloniali antiche. Sono ricche le testimonianze di queste presenze disseminate dappertutto lungo l'intera isola.

I primi abitanti

 
Dorgali - Tomba dei Giganti de sa Ena 'e Thomes

Le prime tracce di presenza umana in Sardegna, risalenti al Paleolitico inferiore, consistono in rudimentali selci, ritrovate nel sassarese, scheggiate in un periodo compreso tra i 500.000 e i 100.000 anni fa da Homo erectus per costruire utensili. Per trovare Homo sapiens sapiens bisogna risalire a 14.000 anni a.C.: gli scavi della grotta di Corbeddu, a Oliena, oltre a delle pietre sbozzate, hanno restituito anche fossili umani. Le testimonianze dell'uomo Neolitico (6.000 - 2.700 a.C.) sono numerose: i neolitici più antichi incidevano le loro ceramiche con il bordo di una conchiglia, il cardium edule, e la civiltà cardiale si sviluppò fino a 4.500 a.C. La successiva civiltà di Bonu-Ighinu durò fino al 3.500 a.C. circa, mentre l'ultimo periodo è caratterizzato dalla civiltà di San Michele che giunse fino al 2.700 a.C. I neolitici sardi vivevano all'aperto e in grotte, allevavano bestiame, utilizzavano strumenti in selce ed in ossidiana, coltivavano cereali, cacciavano e pescavano. Conoscevano la tessitura, scolpivano statuine stilizzate raffiguranti la Dea Madre accentuando le forme del seno e del bacino, costruivano ciotole e vasi decorati in vario modo. Si svilupparono in quel periodo due forme di architettura funeraria: da una parte strutture megalitiche come dolmen e menhir (pedras fittas), dall'altro le domus de janas (casa delle fate o delle streghe)[1], tombe scavate nella roccia che riproducevano l'intera struttura abitativa e nelle quali venivano seppelliti i morti, colorando con ocra rossa il pavimento, le pareti della tomba e anche il corpo del defunto. Nella fase finale del periodo neolitico (fino al 1.600 a.C.) si succedono altre due civiltà ceramiche (di Ozieri e di Bonnanaro), e inizia la lavorazione dei metalli: prima il rame, poi il bronzo.

I costruttori di torri

  Lo stesso argomento in dettaglio: Civiltà nuragica, Nuraghe, Pozzo sacro, Bronzetto sardo e Tomba dei giganti.
File:Sunurax gay gayguy.it.jpg
Barumini - Su Nuraxi - la reggia nuragica. Il sito è stato classificato dall'Unesco patrimonio mondiale dell'umanità. Secondo alcuni studiosi, durante la civiltà nuragica, l'isola era molto popolata: si suppone che su una media di 5000 nuraghi semplici, di 3000 fra nuraghi complessi e villaggi, con una media di 10 abitanti per ogni torre isolata e di 100 abitanti per ogni borgo, si poteva contare una popolazione di circa 350.000 unità (la Sardegna raggiungerà nuovamente una simile densità abitativa solo nel Quattrocento).

Più di 7.000 nuraghi (8.000/12000 secondo altre fonti), uno ogni 4 km², e centinaia di villaggi e tombe megalitiche sono la testimonianza di una delle civiltà mediterranee più misteriose, al punto che anche le interpretazioni più avanzate sulla funzione delle torri nuragiche e sulla vita e struttura sociale di questo popolo mancano di riscontri archeologici certi. Ma allora, i nuragici, i costruttori di torri, i Tirsenoy come li chiamavano i Greci di allora (al pari degli Etruschi)[2], chi erano? Dalle testimonianze delle genti antiche con cui interagivano, sicuramente furono un popolo di guerrieri e di naviganti, di pastori e di contadini, suddiviso in piccoli nuclei tribali (clan). Andavano per mare, commerciavano con Micene, con i Fenici, con gli Etruschi. Furono i padroni assoluti della Sardegna per circa 1000 anni (dal 1.500 al 500 a.C.), su un territorio allora ricchissimo di boschi, di acque, di fertili valli. Il nuraghe era il centro della vita sociale delle tribù, ma oltre alle torri, altre strutture megalitiche caratterizzavano la civiltà nuragica: le tombe dei giganti (luoghi di sepoltura) e i pozzi sacri (luoghi di culto). Le enormi steli centrali delle tombe dei giganti (molte superano i 4 m di altezza) e la straordinaria precisione costruttiva dei pozzi sacri[3] dimostrano la complessità e la raffinatezza raggiunta da questa civiltà. Anche la produzione di bronzetti, tipica espressione della civiltà nuragica, con raffigurazioni a volte realistiche, a volte immaginarie, aggiunge fascino al mistero dei nuragici, mistero destinato sicuramente a durare ancora per la mancanza di un elemento fondamentale per decifrare le civiltà antiche: la scrittura. Infine furono sconfitti da Cartagine e da Roma. A quel punto la Sardegna si è divisa. Nelle valli e sulla costa ha trionfato la civiltà dei vincitori; in montagna e nelle zone impervie, mai romanizzate (la Barbagia), la cultura nuragica ha resistito tramandandosi nei secoli: per la sua originalità e per i suoi misteri è quella che più di ogni altra simboleggia la Sardegna.

Le nuove ipotesi

 
I nuraghi sono composti da filari di macigni, senza l'ausilio di malta o leganti, edificati con una tecnica costruttiva sconosciuta detta ciclopica.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Popoli del mare.

La civiltà nuragica abbraccia un periodo di tempo che va dalla prima età del Bronzo (dal 1.700 a.C.) al II sec. d.C., ormai in piena epoca romana, e fu il frutto dell'evoluzione di una preesistente cultura megalitica, costruttrice di dolmens, secondo alcuni di influsso miceneo. Per molto tempo ha convissuto con altre culture estranee all'isola, come quella fenicia, quella punica e quella romana.

Le torri nuragiche sono i monumenti più rappresentativi di questa civiltà e sulla loro effettiva funzione si discute da almeno cinque secoli: c'è chi li ha visti come tombe monumentali e chi come case di giganti, chi fortezze, forni per la fusione di metalli, prigioni, e chi templi di culto del sole. Per altri la funzione dei nuraghi era principalmente quella di torri comunicanti - (certo fortificate, certo dotate di sacralità e attività di ogni genere tutto intorno, con le quali le ipotesi precedenti sono plausibili e collegate) - che si passavano informazioni in tutta l'Isola in tempo quasi reale, con tecniche basate sul suono o sulla rifrazione della luce.

 
I bronzetti testimoniano l'alta capacità raggiunta dai nuragici nell'arte di lavorare i metalli

"La prima rete Internet" qualcuno ha ipotizzato, in contrasto con la visione prospettata e poi rivista negli anni dall'illustre archeologo Giovanni Lilliu che vedeva i nuraghi uno contro l'altro, ognuno chiuso in sé stesso e in competizione con gli altri. Secondo questa ipotesi ciò fu vero solamente quando i nuraghi persero la loro funzione originaria di controllori del territorio, in mancanza di quell'abbondanza di risorse che in passato aveva garantito la pace interna sull'intera isola.

Un contributo molto discusso allo studio di tale civiltà è di recente giunto da una teoria del giornalista Sergio Frau, che vedrebbe nella civiltà nuragica l'origine storica del mito di Atlantide. Il centro della presunta civiltà atlantidea sarebbe dovuto essere il nuraghe-castello di Barumini, forse il più imponente dell'isola. Recenti studi su di esso, e la zona circostante, hanno evidenziato come un probabile cataclisma naturale (forse uno Tsunami nel Mediterraneo) abbia disperso nel nulla una fiorente ed avanzata civiltà. Sempre secondo questa teoria, le misure citate nel testo di Platone sono proporzionate a quelle effettive della Sardegna (circa 300 x 500 km secondo il filosofo; circa 150 x 250 km nella realtà), e posizionando le Colonne d'Ercole nel canale di Sicilia e non nello stretto di Gibilterra: anche la posizione sembrerebbe combaciare. .

Altre ipotesi[4], scarsamente sostenute dalla scienza ufficiale, descrivono le strutture megalitiche come osservatorî astronomici: le torri sarebbero state disposte secondo precise regole astronomiche e utilizzate per la misura del tempo. Secondo altri, i nuraghi e le tombe dei giganti sono costruiti e ubicati in base a regole che derivano dalla conoscenza del magnetismo e della rabdomanzia.

Come i Celti nelle isole britanniche, anche i Sardi costruirono circoli megalitici (anelli di pietre conficcati nel terreno) orientati verso i punti dell'orizzonte in cui sorgevano il Sole, la Luna, Venere e la Croce del Sud; alcuni sostengono che a quei tempi la Sardegna fosse stata la grande isola sacra del Mediterraneo.

Fenici e Cartaginesi

 
Statuetta fenicia

Quando arrivarono i naviganti Fenici, tra il IX e l'VIII secolo a.C., in Sardegna si contavano circa 8000 nuraghi, dalle semplici torri di avvistamento (avamposti ai confini dei territori dei singoli clan) ai castelli veri e propri, con annessi villaggi di capanne (come il nuraghe Santu Antine di Torralba). I Fenici stabilirono colonie un po' ovunque nel Mediterraneo e arrivarono non come invasori, ma per commerciare. Si stanziarono dapprima in insediamenti temporanei che dovevano servire come magazzini di raccolta di materie prime e i Sardi delle zone costiere pian piano fraternizzarono con loro; anche quelli rimasti indipendenti sulle montagne, abbandonato nel tempo l'iniziale atteggiamento ostile, divennero federati e più tardi anche alleati dei Punici contro l'espansione di Roma.

Si insediarono soprattutto lungo la costa occidentale e ancora oggi la loro presenza è ben visibile, nonostante le successive sovrapposizioni romane. L'insediamento più spettacolare è Nora, uno dei loro maggiori scali e allora una delle prime città dell'isola; si possono ammirare ancora ben conservati un insieme di resti fenici (la necropoli, il tempio di Tanit) e romani (il teatro, il foro, le terme, edifici civili e religiosi).

I Romani

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Sardegna romana e Guerre puniche.
 
Mosaico romano

Dopo la caduta della potenza fenicia e un periodo di convivenza tra le due potenze di allora, Cartagine e Roma, e dopo due guerre puniche, i Romani si impossessarono definitivamente dell'isola nel 214 a.C. Anche per loro, a un iniziale periodo di difficile convivenza con i Sardi e con i Sardo-punici seguì una graduale integrazione. Quelli che erano stati prosperi centri fenici, come Karalis, Sulci, Nora, Bithia, Tharros, Neapolis, continuarono la loro esistenza romanizzandosi velocemente. Cagliari (Karalis) divenne la capitale della nuova provincia e fu arricchita da molti monumenti, tra i quali l'anfiteatro, utilizzato tutt'ora.

Nella parte settentrionale, una città molto importante fu Olbia che durante la permanenza romana fu dotata di piazze e acquedotti ed anche fornita di due complessi termali. Un ritrovamento di particolare importanza, avvenuto nella zona del porto vecchio nel 1999, è stato poi il recupero di 18 relitti di navi, di cui due dell'età di Nerone, che dimostrò l'importanza strategica del porto olbiense.

Sempre nella parte settentrionale dell'isola, Turris Libisonis (Porto Torres) era il centro più importante della parte settentrionale, e una lunga strada la univa al capoluogo (A Karalibus Turrem) attraversando la fertile pianura campidanese. Nel mezzo del percorso si trovava Forum Traiani (Fordongianus), altro importante centro, abbellito nel I secolo d.C. da lussuose terme. La Sardegna divenne un importante granaio di Roma, secondo solo all'Egitto, e prosperò per quattro secoli sotto la sua egemonia, che la segnò indelebilmente, fino alla caduta dell'Impero.

I Bizantini

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Sardegna bizantina.
 
Il culto di Santu Antine (San Costantino) fu introdotto dai Bizantini e si radicò profondamente nella tradizione isolana. Un'importante testimonianza di questo culto è la celebre Ardia (una corsa equestre che si svolge nei paesi di Sedilo e Pozzomaggiore) dedicata al santo. Si svolge il 6 luglio.

Alla caduta dell'impero romano, la Sardegna fu occupata dai Vandali, che mantennero sull'isola un presidio militare per circa ottant'anni fino alla presa di potere dei Bizantini nel 534 d.C. Con loro al potere, le strutture sociali non subirono profonde trasformazioni se non in campo religioso: per opera di Gregorio Magno si giunse alla completa conversione dei Sardi al Cristianesimo. La nuova religione non trasformò però subito il carattere degli abitanti delle Barbagie, che continuarono a restare isolati nelle montagne e a scendere nelle pianure, secondo antiche consuetudini, per commettere scorrerie e rapine.

Pian piano il bizantinismo esercitò il suo influsso nella cultura e nell'arte isolane e creò un forte legame con Bisanzio che servì sicuramente ad impedire l'occupazione longobarda. Ma fu soprattutto in campo religioso che si sentì la sua presenza, con la costruzione di chiese a croce greca, a cupola emisferica - secondo il modello di Santa Sofia a Costantinopoli - e a pianta quadrata, e con l'introduzione nell'isola del rito bizantino insieme a tradizioni e consuetudini fino ad allora sconosciute. Si affermò in quel periodo il culto dell'imperatore Costantino, in onore del quale si tiene tuttora a Sedilo la cavalcata detta s'Ardia che ricorda le corse dell'ippodromo di Bisanzio.

I Giudicati

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Eleonora d'Arborea

A partire dall'VIII secolo gli Arabi iniziarono scorrerie sempre più frequenti alle quali i Sardi, ritiratisi i Bizantini, dovettero far fronte solo con le loro forze. Iniziò allora il periodo dei Giudicati, una forma originale di governo che durò per i successivi 500 anni. I quattro giudicati erano quelli di Torres-Logudoro, di Cagliari, di Gallura e di Arborea ed erano retti da un giudice con potere sovrano. Amministravano un territorio, chiamato logu, suddiviso in curatorie formate da più villaggi, retti da capi chiamati majori. Parte dello sfruttamento del territorio, come anche l'agricoltura, veniva gestito in modo collettivo.

L'aiuto portato alla Sardegna contro gli Arabi da parte delle flotte genovese e pisana - specie dopo il fallito tentativo di conquista dell'isola nel 1015-16 da parte di Mujāhid al-'Āmirī di Denia (il Mugetto o Musetto delle cronache cristiane italiche), signore delle Baleari dopo il crollo del Califfato omayyade di al-Andalus - ebbe come conseguenza un crescente influsso delle due Repubbliche marinare. Rimase completamente autonomo il Giudicato d'Arborea dove, nel 1395, il giudice Eleonora d'Arborea emanò la Carta de Logu, simbolo e sintesi di una concezione statale totalmente sarda, anche se di diretta derivazione romana. La carta comprendeva un codice civile ed uno rurale, per complessivi 198 capitoli, e segnava una tappa fondamentale verso i diritti d'uguaglianza. Questo insieme di leggi rimase in vigore fino al 1827.

Gli Aragonesi

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Sardegna aragonese.
 
Stendardo aragonese

Il periodo che va dagli inizi del XIV secolo a circa la metà del secolo successivo rappresenta per la civiltà occidentale un periodo di transizione dal Medioevo all'età moderna. La società si svincola dai miti e dalle tradizioni medievali e si avvia verso il Rinascimento. Purtroppo, questi cambiamenti non si riscontrano in Sardegna: questo periodo corrisponde infatti all'occupazione aragonese; (ebbe inizio nel 1323 - 1324) ed è considerato da molti come il peggiore di tutta la storia dell'isola. Il cammino verso l'età moderna viene bruscamente interrotto e tutta la società isolana regredisce verso un nuovo e più buio Medioevo. Le maggiori cause furono viste nelle continue guerre contro il Regno di Arborea e nel regime di privilegio, di angherie e di monopolio esclusivo di ogni potere, instaurato a proprio favore dai Catalano-aragonesi e poi dagli spagnoli. Una testimonianza evidente della situazione creatasi è fornita dagli stessi Catalani, che ancora nel 1481 e nel 1511 chiedevano al Re - nel loro Parlamento - la conferma in blocco degli antichi privilegi, ricordando che erano stati concessi «per tenir appretada e sotmesa la naciò sarda» (mantenere bisognosa e sottomessa la nazione sarda). Con il dispotismo e la confisca di tutte le ricchezze si arrestò bruscamente il processo di rinnovamento economico, culturale e sociale che gli Arborensi, i Genovesi, i Pisani e la Chiesa stessa, con i suoi ordini monastici, avevano suscitato nei primi tre secoli dopo l'anno Mille. Riuscirono dopo quasi un secolo di guerre e di sanguinose battaglie ad unificare il Regno di Sardegna e Corsica, composto - per lungo tempo - unicamente dalle città di Cagliari e di Alghero, ma in realtà gli aragonesi non disponevano dei mezzi per una tale invasione, e i due popoli sconteranno duramente - in epoche successive - il loro combattersi accanitamente fino ad annullarsi a vicenda. Sia i sardi che i catalano-aragonesi finiranno per essere assorbiti in realtà nazionali sostanzialmente estranee alla loro storia.

Il regno di Sardegna

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sardegna e Lista dei re di Sardegna.
 
Il regno di Sardegna

Il Regnum Sardiniae et Corsicae ebbe inizio nel 1297, quando Papa Bonifacio VIII lo istituì per dirimere le contesa tra Angioini e Aragonesi circa il Regno di Sicilia (che aveva scatenato i moti popolari passati poi alla storia come Vespri siciliani). Il Regno faceva parte del variegato complesso di stati che formavano la Corona d'Aragona e, dal 1479 in poi, la Corona di Spagna. In seguito agli aggiustamenti territoriali seguiti alla Guerra di successione spagnola, finita nel 1713, per un brevissimo periodo, tra il 1713 ed il 1718, l'isola passò agli austriaci che la cedettero poi al duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, ottenendo in questo modo il relativo titolo regio. Per più di cento anni mantenne lo status di regno autonomo, fino al 1847 quando fu poi pienamente integrata nell'amministrazione piemontese: questo significò de iure l'annessione piena del Piemonte alla Sardegna, de facto la scomparsa di quel che restava delle istituzioni autonome dell'isola di Sardegna all'interno del Regno. In quel periodo varie riforme provocarono forti cambiamenti nell'assetto del territorio: l'editto delle chiudende («tancas serradas a muru») introdusse la proprietà privata ponendo fine alla gestione collettiva dei terreni e determinando forti malumori e rivolte. Il Regno di Sardegna fu poi la culla del Risorgimento italiano e, insieme a Piemontesi e Savoiardi, i Sardi contribuirono non poco all'unificazione italiana.

La costante resistenziale sarda

Con questo concetto[5] l'insigne archeologo Giovanni Lilliu riassume la lotta millenaria condotta dal popolo sardo contro i colonizzatori che di volta in volta si sono affacciati sulle coste dell'Isola. Una lotta dai forti connotati nazionali ma anche, almeno in tempi moderni, sociali e progressisti. Questa forma di resistenza (che è stata attiva o passiva a seconda dei casi) esordì sconfiggendo i Cartaginesi che invasero a più riprese la Sardegna con un imponente corpo di spedizione (per cui non di vera dominazione punica si dovrebbe parlare, bensì di federazione sardo-punica cementata dalla comune avversione per l'avanzata romana nel Mediterraneo). Le rivolte contro il dominio romano furono numerose in periodo repubblicano, ma vennero schiacciate nel sangue e permisero di riversare a più riprese sui mercati dell'Urbe un ingente flusso di schiavi (un destino che accomunava i Sardi di allora agli altri popoli conquistati militarmente). Cicerone non mancò mai di sottolineare l'infedeltà delle città sarde nei confronti del potere romano.

Nel Medioevo, la nuova unità suscitata dalla lotta contro le scorrerie arabe permise al popolo sardo di dotarsi di istituzioni uniche nel loro genere nell'Europa del tempo. Il Giudicato di Arborea rappresentò l'ultimo bastione tanto contro l'egemonia delle Repubbliche marinare genovese e pisana, quanto contro l'invasione dei re aragonesi-catalani, cui fu ceduto il Regno di Sardegna costituito artificialmente dal papato.

I Savoia trovarono un'Isola tutt'altro che docile al loro comando. Nel 1793-'94 i moti antifeudali ed antipiemontesi guidati dal magistrato Giovanni Maria Angioy allontanarono i Piemontesi dalla Sardegna gettando le basi per una repubblica giacobina, ma ben presto furono soffocati dai nobili e possidenti sardi impauriti dalle rivendicazioni sociali espresse dal movimento angioiano.

L'Ottocento vide il sorgere di un pensiero federalista originale negli scritti di Giorgio Asproni e Giovan Battista Tuveri, ai quali si ricollegò dopo la prima guerra mondiale il Partito Sardo d'Azione di Bellieni e Lussu, sotto le cui insegne vennero organizzate le rivendicazioni dei contadini e pastori sardi, dopo più di un secolo di acquiescenza forzata. La penetrazione del fascismo in Sardegna fu tutt'altro che facile e il regime ebbe numerosi ed agguerriti oppositori (come Antonio Gramsci ed Emilio Lussu, per esempio).

Nel secondo dopoguerra l'autonomia regionale è stata spesso messa in discussione per le sue carenze ed il fallimento dei più importanti progetti di riforma economica e sociale (Piani di Rinascita; industrializzazione calata dall'alto). Oggi la lotta contro le basi militari, contro la prevaricazione coloniale dei gruppi economici italiani ed esteri, contro la distruzione dell'identità nazionale sono nuove tappe di questo processo di resistenza del popolo sardo.

I Sardi

  Lo stesso argomento in dettaglio: Genetica dei Sardi.
 
Bronzetto sardo - Cagliari Museo Archeologico Nazionale

L'interpretazione linguistica sostiene che i Sardi, originatisi a partire da una popolazione mediterranea, ma pre-indoeuropea per la lingua (come è stato dimostrato dal glottologo L. Wagner), hanno avuto infiltrazioni provenienti dall'Eurasia. Bisogna però sottolineare che non esiste necessariamente una correlazione tra lingua e genetica. Infatti i Sardi, pur essendo di origine preindoeuropea parlano da almeno due millenni lingue indoeuropee: dapprima il latino, poi le lingue romanze sarde e quella italiana. Oggigiorno è invece possibile ricostruire la storia naturale della popolazione sarda attingendo alla informazione contenuta nel DNA della popolazione sarda attuale. L'interpretazione della variabilità genetica fa ritenere la popolazione sarda derivante da un gruppo di genti arrivate in Sardegna attraverso varie migrazioni nel paleolitico superiore (14.000 anni fa). L'antichità della fondazione, l'isolamento millenario e le difficili condizioni ambientali - ad esempio, la malaria - hanno generato nel tempo particolari caratteristiche antropologiche e genetiche. Per queste ragioni i Sardi si differenziano non solo dagli altri Europei, ma anche dai vari gruppi mediterranei, compresi i vicini Corsi. Nonostante ciò i Sardi si inquadrano all'interno della variabilità genetica europea, benché dimostrino di essere la popolazione più conservativa delle radici paleolitiche in Europa, nonostante le dominazioni succedutesi nel corso dei secoli.

Genetica e longevità

Nell'ottobre 2004, ricercatori di diverse università del mondo si sono recati in Sardegna per studiare una particolare peculiarità sarda. Nell'Isola, infatti, è stata constatata la presenza di numerosi ultracentenari con un rapporto maschi/femmine opposto a quello presente altrove. In genere infatti, sono soprattutto le donne che riescono a raggiungere il secolo di vita, mentre in Sardegna sarebbero più i maschi. Sono state formulate molte spiegazioni di questa particolarità, come la qualità della vita o un particolare regime alimentare, ma principalmente gli studiosi sono interessati ad analizzare specifici fattori genetici che interagirebbero in concomitanza con i fattori ambientali.

Caratteri somatici ed ereditari

  Lo stesso argomento in dettaglio: Antropologia dei Sardi.

I Protosardi hanno lasciato dunque una chiara eredità genetica che si riscontra nelle caratteristiche antropologiche e sociali delle attuali popolazioni. Alcune di queste caratteristiche sono:

  • prevalenza del tipo bruno puro con altissime percentuali;
  • muscoli mimici in apparenza ridotti;
  • emogruppi con assenza del gruppo CW (come nei Baschi);
  • macchie cerulee congenite a grande frequenza;
  • dolicocefalia, la più elevata nelle popolazioni mediterranee;
  • dermatoglifi chirodattili, palmari e plantari, con caratteristiche proprie;
  • emopoiesi con particolari alterazioni.

Le lingue dei Sardi

 
Lingue e dialetti della Sardegna

Sulle reali origini della lingua sarda gli studiosi non sono ancora riusciti ad esprimere un parere comune ed attualmente esistono differenti versioni: per molti linguisti il sardo è una lingua neolatina autonoma appartenente al gruppo delle lingue indo-europee, considerata la più conservativa tra le lingue derivanti dal latino. In effetti - secondo questa corrente di pensiero - ai tempi di Giulio Cesare, un cittadino romano, prima di partire per un breve viaggio, avrebbe molto probabilmente chiesto alla moglie di preparargli una bisaccia dicendo «pone mihi tres panes in bertula»; esattamente la stessa frase è attualmente ancora utilizzata in sardo per chiedere la stessa cosa. Questa versione, quasi unanimemente accettata, è secondo alcuni studiosi totalmente falsa. Il sardo infatti esisteva da millenni prima della comparsa del latino ed era, secondo gli studi di Giovanni Semerano, direttamente legato all'accadico e al sumerico, come il Basco. La lingua latina (come la cultura, la tecnologia, la religione), per stessa ammissione degli stessi romani, derivava da quella etrusca che a sua volta, sebbene su questo punto gli studiosi "ufficiali" siano sempre molto prudenti, deriverebbe da quella sarda. Prova ne sono i reperti sardi ritrovati in tante tombe etrusche e la chiarissima frase di Festo: "Reges soliti sunt esse Etruscorum qui Sardi appellantur" (Solitamente i re degli Etruschi sono coloro che vengono chiamati Sardi). Ne deriverebbe che il latino è una lingua neosarda e non il contrario. Tutte le varianti che sono potute derivare dall'introduzione del latino in terra sarda non avrebbero mai potuto sostituire in toto la lingua vecchia e soprattutto "creare" un nuovo sardo neolatino.

In ogni modo, i glottologi riconoscono unanimemente due macro-varianti (gruppi) non ancora unificate:

  • A nord il Logudorese (costituisce il tipo tradizionalmente considerato più conservativo e caratteristico) comprendente le parlate del Logudoro e del Nuorese. Il dialetto nuorese, nonostante sia di tipo logudorese, in virtù dell'isolamento si caratterizza per maggiore conservatività e fedeltà a forme latine arcaiche rispetto al logudorese comune e per questo motivo viene talvolta trattato come una variante autonoma.
  • A sud il Campidanese, si presenta nel complesso varietà più innovativa, esprimendo a tratti una maggiore e differente evoluzione rispetto alle varietà centro-settentrionali, riconducibile a un insieme di fattori quali una latinizzazione antecedente, maggiore esposizione a ondate successive di latinizzazione, un generale maggior grado di contatto e accumulazione culturale, nonché dinamiche intrinseche che hanno dato luogo a sviluppi autonomi, talora peculiari. Presenta vocaboli di matrice fenicio-punica ed è parlato nell'intero meridione dell'isola. Esso costituisce la variante più diffusa.

Il sardo, oltre che in queste due varianti, è frammentato in una certa quantità di dialetti (sono state individuate 67 varietà interne, corrispondenti a variazioni fonetiche e lessicali) che però non ne impediscono la comprensione reciproca all'interno di ciascun gruppo.

I dialetti gallurese e turritano, di tipo còrso-gallurese, appartengono linguisticamente al gruppo dei dialetti italiani e non sono dunque a rigore linguisticamente ascrivibili alla lingua sarda se non geograficamente e per varie influenze lessicali. Anche questo punto però è attualmente molto dibattuto in quanto sembra che il gallurese, identificato dai linguisti anche col nome di còrso-gallurese e da cui originano molti dialetti parlati sia nella Sardegna settentrionele che nel sud della Corsica - sembra derivare da un antico idioma parlato dalle etnie Corse che abitavano stabilmente la Gallura sin dalla preistoria e che originarono la cultura di Arzachena, cultura che si estese anche alla Corsica e che si differenziava sensibilmente da quella attigua di Ozieri. Il ritrovamento poi di radici toscane nel gallurese in concomitanza anche di radici linguistiche innegabilmente nuragiche, sembrerebbe rafforzare quelle ipotesi di uno stretto rapporto, anche linguistico, intercorso tra Nuragici ed Etruschi. Secondo alcuni studiosi, anche se lo spazio temporale è assai lontano, quello etno-psicologico lo è molto meno, rispetto alle origini tanto remote della preistoria.

Ad Alghero è parlato un dialetto della lingua catalana (algherese). Nelle isole del Sulcis, a Calasetta e Carloforte, è parlato un dialetto di tipo ligure arcaico (tabarchino) portatovi dai coloni di origine genovese esiliati dall'isola di Tabarka (Tunisia) nel XVIII secolo.Ad Arborea (già Mussolinia di Sardegna) si parla un dialetto veneto da parte della popolazione, discendente dai coloni arrivati durante l'opera di bonifica nel ventennio fascista. A Isili è inoltre in via di estinzione il gergo di origine zingara dei ramai ambulanti locali (Romaniska);

Sono tutte lingue romanze derivate dal latino e dai precedenti substrati preistorici, e appartenenti alla famiglia delle lingue indo-europee. Più di un milione e mezzo di Sardi parlano una di queste lingue, che dopo l'italiano sono le lingue più parlate in Italia. Nell'ambito delle iniziative per l'ufficializzazione dell'uso della lingua sarda, la Regione ha avviato dei progetti denominati LSU (Limba Sarda Unificada) e LSC (Limba Sarda Comuna) al fine di definire e normalizzare trascrizione e grammatica di una lingua unificata che comprenda le caratteristiche comuni delle varianti logudorese, nuorese e campidanese. Nell'aprile del 2006 la Limba Sarda Comuna è diventata lingua ufficiale "in uscita" dell'amministrazione regionale sarda.

La musica

 

L'origine delle launeddas viene fatta risalire all'VIII secolo a.C., sulla base di un bronzetto raffigurante un suonatore ritrovato nelle campagne di Ittiri.]]

  Lo stesso argomento in dettaglio: Launeddas e Canto a tenore.

La musica tradizionale sarda, sia cantata che strumentale, è una delle più antiche e ricche del Mediterraneo: basti pensare che in un vaso risalente alla cultura di Ozieri - circa 3000 anni a.C. - si documenta un tipico "ballo sardo".

È impossibile sapere quali strumenti musicali suonassero gli artisti di allora insieme alle launeddas ma, presumibilmente, si trattava di quello più antico di tutti e cioè la voce, con la quale molto probabilmente i nuragici si sono esercitati a lungo, visto che sono riusciti ad elaborare un incredibile coro polifonico, i tenores (su concordu, su tenore, su contrattu o s'aggorropamentu attualmente tipici dell'area barbaricina), dimostrando di conoscere bene i principi dell'armonia nella polifonia. Nel 2005, l'Unesco li ha classificati come patrimonio orale e immateriale dell'Umanità.

Da questo suono indigeno, migliaia di anni fa, ha originato uno strumento musicale polifonico unico nel suo genere, le launeddas, formato da tre canne palustri: alla più lunga, detta tumbu, è legata sa mancosa manna e poi sa mancosedda. Per poterlo suonare si utilizza una tecnica di respirazione molto particolare chiamata respirazione circolare (espirazione e inspirazione) grazie alla quale è possibile per il suonatore fornire fiato senza interruzione per diversi minuti.

Sull'origine dello strumento e sull'etimologia, è plausibile che la launedda sia molto più antica dell'VIII secolo a.C. : labum + ed, infatti, è una parola sumerica e significa la grande vescica si gonfia. Un altro legame diretto tra Sardi e Mesopotamici. Altri strumenti tipici, oltre all'organetto, sono: la serraggia - costituita da una grossa canna, una sacca rigonfia ed una corda tesa che viene sfregata con un archetto di lentischio -, su pipiolu - uno zufolo fatto di canna palustre - e su tumbarinu, uno strumento a percussione tipico di Aidomaggiore e di Gavoi.

Le feste popolari

 
Mamuthone, tipica maschera mamoiadina
  Lo stesso argomento in dettaglio: Le principali sagre in Sardegna.

Le feste scandiscono da sempre la vita delle comunità isolane e oggi più che mai, soprattutto con la rivalutazione di molte sagre minori, esse sono legate al desiderio (ed alla necessità) di riaffermare la propria unica identità culturale.

In Sardegna, andare per feste significa immergersi in una cultura antica alla scoperta di suoni e di armonie sconosciute, di balli ritmici con ricchi costumi tradizionali, di gare poetiche fuori dal tempo, di sfrenate corse di cavalli, di sfilate folcloristiche - a piedi o a cavallo - con preziosi e coloratissimi abiti d'altri tempi.

Spesso le feste durano diversi giorni e coinvolgono tutta la comunità; molte volte, per l'occasione, vengono preparati dolci speciali ed organizzati banchetti con pietanze tradizionali a cui tutti possono partecipare.

La cucina sarda

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina sarda.
 
Su pane carasau o pane fresa. Il nome deriva da carasare che in sardo significa tostare. In italiano viene chiamato carta da musica.

La cucina sarda si basa su ingredienti molto semplici derivati dalla tradizione pastorale e contadina e dalla tradizione marinara lungo le coste. È molto varia e cambia da regione a regione non solo nel nome delle pietanze ma anche negli ingredienti.

Come antipasti sono molto apprezzati i prosciutti di cinghiale, le salsicce di Irgoli e i prosciutti di Aritzo accompagnati da olive e funghi, mentre per i piatti a base di pesce si possono scegliere vari antipasti di mare.

Primi piatti tipici sono i malloreddus (gnocchetti di semola conditi con sugo e salsicce), i culurgiones (fagottini ripieni di ricotta e menta oppure con un ripieno a base di patata, formaggio fresco e menta), i cui ingredienti variano da regione a regione; il pane frattau (pane carasau bagnato nel brodo con salsa di pomodoro e uovo in camicia); la suppa cuata o suppa gadduresa (pane raffermo, formaggio fresco (casju spiattatu), spezie, pecorino, il tutto ammorbidito con brodo di carne vaccina e cucinato al forno); sa fregula (minestra di brodo di carne con pasta di semola lavorata a piccoli grumi come il cuscus).

I pani votivi e i dolci

 
Un pane votivo

Legata a particolari ricorrenze, la lavorazione del pane e la preparazione dei dolci - in certe regioni dell'isola può diventare un'arte. Gli ingredienti sono semplici e vanno dalla farina di grano duro alle mandorle, al miele.

A gennaio in alcune regioni, per i falò di Sant'Antonio, vengono preparati sas Cozzuleddas, sos Pirighitos e su Pistiddu (una focaccia molto decorata con un ripieno di buccia d'arancia, miele e vino cotto). Per Carnevale si preparano sas Frisolas (li Frisgiori in sassarese) e sas Cattas (Zippulas in campidanese), che sono delle frittelle dolci.

Per la festa di San Marco sono tipici i pani votivi artistici, gialli per la presenza dello zafferano, decorati con delle particolari fantasie floreali che sono delle vere e proprie effimere opere d'arte. A Nuoro per la Pasqua si preparano sas pizzinnas de ovu, figure antropomorfe fatte con la pasta dolce e decorate con un uovo, simbolo di fecondità.

 
Su Pistiddu, dolce caratteristico sardo

Un altro dolce tipico del periodo pasquale sono sas Casadinas (Pardulas in campidanese), fatte con formaggio, e sa Pischedda, aromatizzato con finocchio selvatico e buccia d'arancio. Per Ognissanti il dolce caratteristico è il pan'e sapa, preparato con la sapa (mosto cotto), mandorle e noci, e poi tutta una varietà di Papassinos, da quelli semplici a quelli con la glassa.

Da non dimenticare il tipico torrone di Tonara e gli altri dolci conosciuti anche nel continente come sas Sebadas (Seadas a secondo delle regioni) e sos Rujolos, preparati con Casizzolu e miele. Molto variegati sono i dolci per i matrimoni che vanno dai Gattò, a sos Coros, a s'Aranzada, sas Urigliettas, sos Sospiros, sas Tiriccas, sos Amarettos....

I formaggi

  Lo stesso argomento in dettaglio: Formaggi sardi.

La Sardegna, grazie alla sua atavica tradizione pastorale, offre la più vasta produzione di formaggi pecorini d'Europa. Sono esportati ed apprezzati ovunque, ma soprattutto in Nord America. Vi si trovano i canestrati (pecorini stagionati in cesti di vimini), le Paste di pecorino (simili alle creme di formaggio), la Frue (antenata della Feta greca), i pecorini a pasta molle (Friscu) e quelli a pasta dura (DOP), su Brotzu (Brocciu nelle Gallure), ricotta di antichissima tradizione (ottima quella stagionata su legni aromatici), su Gioddu, una sorta di yogurt di pecora (molto buono con miele amaro), e su Casizzolu (o casu conzeddu), fatto con latte vaccino, buonissimo se mangiato alla sarda (sulla brace, con legna di macchia mediterranea e bacche di mirto).

Vini e liquori

 
Pianta di Mirto. Dalle foglie e dalle bacche si ricava un liquore dal gusto inconfondibile e molto apprezzato
  Lo stesso argomento in dettaglio: Vini della Sardegna e Liquore di Mirto.

Da sempre la Sardegna è stata considerata un vigneto in mezzo al mare. Alcune ricerche archeologiche hanno evidenziato che già al tempo della civiltà nuragica si coltivava la vite [6] e si produceva vino. Tale tradizione è continuata con i Romani e poi, attraverso le varie occupazioni straniere, si è ancora arricchita. Tra i vini rossi il Cannonau è il più importante, insieme alla Monica, al Carignano, al Turriga, al Girò, mentre tra i bianchi i più rinomati sono il Vermentino di Gallura (DOCG), la Malvasia di Bosa, il Nasco, il Torbato, il Nuragus, il Moscato, l'Angialis, senza dimenticare la tipica Vernaccia. Vista la lunga tradizione, molti vini sono D.O.C., come il Cannonau, e variano di gusto e di gradazione a secondo delle regioni in cui vengono prodotti: quello di Jerzu è uno dei più conosciuti insieme al Nepente di Oliena. Infine ci sono i liquori, molto apprezzati per il loro sapore unico, che rispecchia gli aromi di questa terra. Alcuni di questi sono il liquore di Mirto (sia bianco che rosso) la fortissima grappa filu 'e ferru ed il Villacidro.


Ambiente naturale

File:Capo dorso.jpg
Più del 50% delle rocce sarde è costituito da granito. Il forte vento di maestrale, insieme alla pioggia, ha creato le incredibili sculture del vento, sparse su tutta l'isola: l' orso di Palau, l' elefante di Castelsardo, il grande ombrello di granito del fungo di Arzachena, sono opere di particolare suggestione
  Lo stesso argomento in dettaglio: Parchi e riserve naturali in Sardegna.

La Sardegna è, per estensione, la terza regione italiana e la seconda isola del Mediterraneo. Per la varietà dei suoi ecosistemi è da molti considerata come un micro-continente costituito da un alternarsi di paesaggi montuosi e di foreste, di zone completamente disabitate, di lagune, di corsi d'acqua tumultuosi, di lunghissime spiagge sabbiose e di falesie a strapiombo sul mare. Gruppi rocciosi calcarei, popolati da ginepri contorti dal vento, si possono ammirare nel Supramonte e nel Monte Albo. Le rocce frastagliate e affilate, le doline, le voragini, le arcate pittoresche e le guglie, fanno di questi posti le Dolomiti sarde.

 
Foto panoramica dell'altopiano di Abbasanta (Oristano), situato ad un'altezza media di 400 metri s.l.m.

Merita sicuramente un nota la Grotta Di Nereo. Proprio con la scoperta di questa eccezionale grotta, considerata la più vasta grotta sommersa marina di tutto il Mediterraneo, negli anni '50, è cominciata la "febbre dell'oro rosso" cioè la pesca del corallo rosso da parte dei subacquei, che seminò anche molte tragedie. Al suo interno vi era un vero e proprio giacimento di quello che viene chiamato appunto oro rosso. Finalmente essendo all'interno della "Area Marina Protetta di Capo Caccia e Isola Piana" non è più possibile effettuare nessun tipo di prelievo e pesca. I suoi lunghi e tortuosi tunnel ospitano una grandissima varietà di specie marine, ed è meta ogni anno di moltissimi appassionati turisti subacquei. Complessivamente le formazioni calcaree costituiscono il 10% della superficie dell'isola e sono interessate da particolari fenomeni carsici che formano grotte, voragini con laghetti sotterranei e sorgenti carsiche come quelle de Su Gologone di Oliena. Le grotte più famose sono quelle litoranee del Bue Marino, a Cala Gonone, e quelle di Nettuno ad Alghero, nel cui interno si trova uno dei più grandi laghi sotterranei d'Europa. Molto belle sono pure quelle di Is Zuddas a Santadi, Su Mannau a Fluminimaggiore, San Giovanni a Domusnovas e Su Marmuri a Ulassai, e la voragine di Ispinigoli vicino a Dorgali. Numerose poi sono quelle sommerse, tra le quali una delle più famose è la Grotta del Nereo, proprio sotto il promontorio di Capo Caccia, dove si possono ammirare intere pareti di roccia ricoperte di corallo rosso.

Più di 600.000 ettari di territorio sardo sono sotto protezione ambientale. Anche se con qualche difficoltà per quanto riguarda il Parco Nazionale del Gennargentu, sono sotto tutela alcuni dei più affascinanti tratti della costa sarda: da La Maddalena all'Asinara, dalla penisola del Sinis a Capo Carbonara.

 
Il Muflone - su muvrone -: specie autoctona, è l'emblema della fauna sarda.

Immerse in questo ambiente in gran parte incontaminato, che ospita un paesaggio botanico e faunistico con specie uniche al mondo, si trovano poi le vestigia del periodo nuragico, fenicio-punico e romano; la Regione Autonoma della Sardegna, per conservare e valorizzare questo patrimonio unico, con la legge n. 31 del 7/06/1989 ha definito le aree protette sottoposte a tutela che si trovano sull'isola; complessivamente si contano:

Flora e fauna terrestri

  Lo stesso argomento in dettaglio: Fauna terrestre della Sardegna.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Flora della Sardegna.
 
Il cervo sardo. Alla fine degli anni ottanta alcuni esemplari di Cervo Sardo sono stati trasferiti in Corsica, dove la specie si era già estinta a metà degli sessanta.

Aspri, selvaggi e ricchissimi di fauna, i rilievi dell'Isola sono stati modellati dall'azione del vento e degli agenti atmosferici. Alcuni ambienti sono da primato come l'immensa dolina de su Suercone (Orgosolo), dal contorno perfettamente circolare e poi sul Supramonte - tra Orgosolo ed Urzulei - nascosta tra calcari bianchissimi, graniti erosi e ginepri secolari, si trova una delle gole più spettacolari d'Europa, con pareti alte fino a 300 metri: l'orrido di Su Gorropu.

Il muflone si è perfettamente adattato a questi luoghi, così come l'aquila reale, la varietà sarda dell'astore, il gracchio corallino, il cervo sardo, il daino. Tra le foreste di aceri, lecci, agrifogli e castagni, numerosissimi sono i cinghiali, così come i gatti selvatici, la martora, le lepri, la donnola, il tasso. Un tempo erano presenti il grifone, l'avvoltoio monaco ed il gipeto, ma di tutti questi è sopravvissuto solamente il grifone, del quale esistono un centinaio di esemplari, gli unici rimasti allo stato naturale su tutto il territorio italiano.

Nell'isola dell'Asinara sono presenti i caratteristici asinelli bianchi, esclusivi dell'isola, ma vi si trovano anche mufloni, capre selvatiche, cinghiali, diversi tipi di uccelli e di insetti, mentre la flora è costituita da specie di inestimabile valore botanico, ed in certi spazi, talvolta da essenze forestali plurisecolari.

Le pianure sono altrettanto ricche di flora e di fauna, come il Campidano, gli altopiani di Campeda e di Chilivani, le piane della Nurra a nord e di Orosei sulla costa orientale. I grandi pascoli bradi, ricoperti anche da vegetazione cespugliosa, sono ricchi di tante specie selvatiche. Vi si possono trovare pernici sarde, gruccioni, upupe, pivieri, pavoncelle, galline prataiole, gli aironi, e numerosi rapaci come il gheppio, la poiana e le albanelle, il falco pellegrino ed una grande varietà di rettili.

File:Cala Mariuolu.jpg
Cala Mariolu

Le coste si sviluppano per 2.400 km di costa, solo il 24% è formato da litorali sabbiosi, altrimenti è un continuo alternarsi di spiagge, costoni, calette, scogliere e falesie, molte delle quali ancora incontaminate.

La costa rocciosa è in larga parte alta sul mare ed è circondata da una grande quantità di piccole isole, per lo più deserte. Quelle di dimensioni maggiori sono più di 160, principalmente[7] concentrate nell'arcipelago della Maddalena (più di 54) e nella zona di San Pietro e Sant'Antioco. Le zone costiere e le isole hanno flora e fauna molto particolari ed esclusive. Sulle pareti rocciose fioriscono il garofanino, varie specie del genere limonium, la Centaurea horrida e la Centaurea filiformis. La palma nana cresce insieme alle altre piante della macchia mediterranea, e nei litorali sabbiosi fioriscono il giglio di mare, la violacciocca di mare, l'armeria e il ginepro fenicio.

L'aspetto faunistico più importante sono gli uccelli marini: il marangone dal ciuffo, che forma colonie di centinaia di unità; il gabbiano corso, uno degli uccelli più rari del mondo, esclusivo del Mar Mediterraneo; si trovano anche le sterne, i fraticelli e i cavalieri d'Italia, e nidificano a migliaia le procellarie.

Flora e fauna acquatiche

 
Nello stagno di Sale èPorcus (Oristano) ogni anno svernano oltre 8000 fenicotteri; altre numerose colonie preferiscono gli stagni di Molentargius (Cagliari).

Nelle zone umide, lungo tutto il perimetro dell'isola, dove le pianure sfociano sul mare, sono distribuiti stagni e lagune: circa 12.000 ettari di zone umide pari al 10% di tutto il patrimonio nazionale. Sono aree ad alta produttività naturale ed ancora oggi utilizzate dall'uomo per la pesca. Quelle di maggiore importanza naturalistica sono protette da convenzioni internazionali. Sono il paradiso dell'osservazione degli uccelli, specialmente d'inverno e in primavera. Nonostante la ricchezza di zone umide, l'unico lago naturale è quello di Baratz, nei pressi dell' Argentiera, dove l'ambiente lacustre ospita varie specie di uccelli acquatici e sulle cui rive nidifica il gruccione.

 
Gorgonia - Grazie alla trasparenza delle acque, i fondali sono molto colorati.

Lo spettacolo di migliaia di fenicotteri negli stagni di Sale èPorcus, nel Sinis o negli stagni di Cagliari, è indimenticabile. Assieme al fenicottero, un altro simbolo della fauna sarda è il pollo sultano; nell'Italia continentale è una specie molto rara mentre in Sardegna si riproduce anche nei canneti di piccoli stagni.

Nell' ambiente marino la straordinaria limpidezza dell'acqua è la prima qualità che distingue il mare della Sardegna dalla maggior parte del Mediterraneo.

La maggior quantità di luce che raggiunge il fondale consente alla posidonia [8] di crescere ben più profonda che il suo limite naturale. Proprio le posidonie sono il primo indicatore della buona salute di questo mare. L'enorme polmone verde produce ossigeno e ospita un'infinità di forme di vita che crescono e si riproducono nelle immense praterie del fondo.

I paesaggi sommersi sono molto complessi e ricchi di colori e richiamano sull'isola schiere di appassionati di immersioni subacquee, per ammirare, in ambienti straordinari, cernie, dentici e riciole, oppure coloratissime specie di gorgonie, di anemoni gioiello, di spugne e di gialle margherite di mare, o restare stupefatti davanti a intere pareti ricoperte di corallo rosso.

Gli endemismi

Ampie distese di territorio sono appena sfiorate dalla presenza dall'uomo e contengono una elevata diversità di flora e di fauna, nonché un alto numero di endemismi.

 
Sull'isola si possono trovare almeno 50 specie di orchidee selvatiche.

La foca monaca, uno dei mammiferi più rari del pianeta, rappresentava fino agli anni novanta un simbolo della fauna selvatica dell'isola; è stata a lungo perseguitata dai pescatori che la accusavano di rubare il pesce rompendo le reti, ma anche il turismo ha contribuito a scacciarla: nei mesi estivi i vacanzieri invadevano le spiagge e le grotte nelle quali si riproduceva. Si pensa che sia ormai estinta ma ogni tanto vengono fatti avvistamenti certi (con tutta probabilità giovani in fase di dispersione). Sull'isola di Tavolara l'ultima riproduzione documentata risale al 1978, mentre nel 1991 ci furono degli avvistamenti a Cala Gonone. Molti avvistamenti sono stati fatti anche all'Asinara, dove si pensa di reintrodurla. Assolutamente unici sono il cavallino selvatico della Giara di Gesturi, il cavallo del Sarcidano vero fossile vivente nella scala evolutiva degli equini e l'asinello bianco dell'Asinara. Nelle acque dei torrenti, vive una trota molto bella e tipica della Sardegna, la trota macrostigma.

Molte piante, grazie all'isolamento dovuto all'insularità, hanno sviluppato nel tempo caratteristiche uniche. Gli endemismi botanici sono oltre 220 (il 10% di tutta la flora sarda) e alcuni sono delle vere rarità; solamente per le orchidee selvatiche, 50 delle 120 specie presenti sul territorio italiano sono in Sardegna. Alcune sono molto piccole e misurano appena 5 cm e molte hanno un'altezza che varia dai 20 agli 80 cm, ma il primato spetta alla Dacthyloriza elata sesquipedalis, i cui esemplari arrivano a un metro di altezza: in Sardegna è la specie più rara ed è presente in un unico sito, nascosto nelle montagne dell'Ogliastra. Rimarcabile è l'associazione biologica tra molteplici endemismi, risultato di millenni di evoluzione in contesti adattativi estremi, come quelli che hanno generato il centauretum horridae nelle coste nord-occidentali dell'Isola.


Economia

I metalli, l'agricoltura e la pastorizia furono nell'antichità le tre principali risorse che portarono l'isola al centro di intensi traffici commerciali. Prima l'ossidiana, poi l'argento, lo zinco e il rame sono stati per molto tempo una vera ricchezza per la Sardegna. Dopo il secolare sfruttamento, attualmente, le prospettive per le miniere sarde sono molto limitate e le zone minerarie (tra le quali spicca il Sulcis-Inglesiente) si stanno convertendo sempre di più al turismo. E infatti, oltre al commercio e al pubblico impiego, l'attività trainante dell'economia è il turismo, sviluppatosi inizialmente lungo le coste settentrionali e orientali dell'isola. Il terziario è il settore che occupa il maggior numero di addetti; gli occupati sono ripartiti nei tre settori nelle seguenti percentuali:

Turismo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Località turistiche della Sardegna.
 
Gallura - Capriccioli - la costa gallurese comprende tutta la parte nord-orientale della Sardegna. È prevalentemente rocciosa e dominata dalle forme levigate del granito e dal verde scuro della macchia mediterranea.

Grazie al clima mite, caratterizzato da scarse precipitazioni concentrate nei mesi invernali, e grazie ai paesaggi incontaminati, alla purezza della acque marine, all'interesse storico e archeologico di tante località, la Sardegna è motivo di grande richiamo e attira ogni anno un gran numero di vacanzieri. Palau, Santa Teresa, Porto Cervo, Loiri Porto San Paolo, Olbia, La Maddalena, Alghero, Porto Rotondo, Villasimius, Pula ,Sarroch, San Teodoro, Orosei, Dorgali, Stintino, la Costa Smeralda, sono rinomate località di fama internazionale. Ovunque, lungo la costa ma anche sulle isole, sono sorti villaggi turistici e alberghi esclusivi. Si iniziò a costruirli nei primi anni sessanta in Costa Smeralda: nacque così Porto Cervo, con il porto e le prime ville; seguirono poi Porto Rotondo, Romazzino, Cala di Volpe, Porto Raphael. Sin dagli inizi si caratterizzò principalmente come turismo di lusso, basato sulla qualità degli spazi abitati, di quelli urbani e sulla qualità indiscussa dell'ambiente circostante. In questi ultimi anni, però, pian piano si sta diversificando; non solo mare turchese e spiagge bianchissime, ma anche varietà dell'offerta che va dall'archeologia, alla storia, all'arte, a tutte le attività che portano a contatto con l'ambiente naturale. Ormai si parla sempre più di turismo subacqueo, di golf, di turismo equestre, di escursionismo, di osservazione degli uccelli, di vela, di agriturismo - attività che si possono praticare quasi tutto l'anno e sono quindi una fonte di reddito più costante.

Agricoltura e Allevamento

 
In Sardegna si trova circa un terzo dell'intero patrimonio ovino e caprino italiano

L'agricoltura sarda è oggi legata a produzioni specializzate come quelle vinicole e quelle del carciofo, unico prodotto agricolo di esportazione. Le bonifiche e l'irrigazione hanno permesso di estendere comunque le colture e di introdurre alcune coltivazioni specializzate quali ortaggi, primizie e frutta, accanto a quelle tradizionali dell'ulivo e della vite che prosperano nelle zone collinose. La piana del Campidano produce frumento, orzo e avena, della quale è una delle principali produttrici italiane. Tra gli ortaggi, oltre ai carciofi, primeggiano e sono di un certo peso la produzione di barbabietole e di arance. Il patrimonio boschivo è stato smantellato da pisani e genovesi ed è oggi sostanzialmente limitato alla quercia da sughero, che cresce spontanea favorita dall'aridità del terreno. La maggior parte del sughero italiano viene prodotto in Sardegna.

Per secolare tradizione, la percentuale degli addetti alle attività primarie è alta e l'allevamento rappresenta una fonte di reddito molto importante. Attualmente nell'isola si trova circa un terzo dell'intero patrimonio ovino e caprino italiano. Oltre alla carne, dal latte ricavato si produce una grande varietà di formaggi; basti pensare che la metà del latte ovino prodotto in Italia viene dalla Sardegna e viene in gran parte lavorato dalle cooperative dei pastori e da piccole industrie. L'altra forma di allevamento molto diffusa è quella del cavallo, principalmente razza anglo-arabo. Prima regione in Italia per numero di puledri nati (circa l'80% del totale nazionale). La Sardegna vanta una tradizione secolare nell'allevamento dei cavalli sin dalla dominazione Aragonese in cui la cavalleria attingeva dal patrimonio equino dell'isola per rimpinguare il proprio esercito o per farne ambito dono ai sovrani d'Europa.

Pesca

 
Gran parte dei tonni pescati in Sardegna vengono esportati in Giappone dove vengono consumati entro 72 ore dalla cattura.

Resa insicura, in passato, dalle frequenti scorrerie saracene, la pesca è oggi un'attività che i Sardi stanno riscoprendo sempre di più, vista la pescosità di alcune zone marine e le lunghissime coste dell'isola. È molto sviluppata a Cagliari, ad Alghero e nelle coste del Sulcis: da queste zone proviene la maggior parte del pescato sardo. Tale attività ha una certa rilevanza anche in Gallura e soprattutto nell'Oristanese, dove i pescatori lavorano nei vasti stagni e nelle peschiere e si pescano in grandi quantità anguille e cefali. Ottima è anche la produzione di mitili, specialmente ad Olbia. Nelle zone di Alghero e di Santa Teresa è molto attiva la pesca alle aragoste insieme alla raccolta del corallo.

Di antica tradizione e mai abbandonate, nonostante la rarefazione del tonno, sono ancora molto importanti le tonnare di Carloforte e di Portoscuso. Costituiscono un pezzo di storia e di tradizione dei pescatori sardi, e certi riti, insieme a particolari tecniche di pesca, sono rimasti immutati nel tempo, come la lavorazione stessa delle bottarghe e delle frattaglie. Gran parte dei tonni vengono esportati direttamente in Giappone, dove sono consumati entro 72 ore dalla pesca.

L'industria

 
Raffineria

La nascita del settore industriale sardo contemporaneo (escludendo quindi il settore minerario) è principalmente dovuta all'apporto di finanziamenti statali, concentrati soprattutto negli anni '60-'70, e denominati "piano di Rinascita". La politica economica finalizzata all'accrescimento industriale nell'Isola si è caratterizzata in quel periodo con la formazione dei cosiddetti "poli di sviluppo" industriali, a Cagliari (Macchiareddu e Sarroch) , Porto Torres e in un secondo momento ad Ottana. Sono sorti così i complessi petrolchimici e le grandi raffinerie per la lavorazione del greggio, che si collocano attualmente tra le maggiori d'Europa.

Nell'Ogliastra e nel Nuorese si trovano stabilimenti specializzati nella produzione di fibre tessili sintetiche e industrie della carta (Arbatax). Di portata modesta sono invece le industrie manifatturiere.

L'energia viene prodotta, in misura anche superiore al fabbisogno, da centrali idroelettriche alimentate dai bacini che raccolgono le acque dei fiumi e da centrali termoelettriche alimentate a carbone di importazione estera.

L'Artigianato

 
Artigianato sardo, manufatti in filigrana d'oro

L'artigianato tradizionale sardo è un insieme di arti popolari estremamente vario, sviluppato in campi molto diversi, ricco di gusto e originalità. Alcune di queste forme artistiche sono di origine molto antica ed hanno subito l'influenza delle diverse culture che hanno segnato la storia dell'isola.

La ceramica è diffusa in diverse zone[9], ma i maestri più noti operano ad Assemini, Decimomannu, Dorgali, Oristano, Pabillonis, Siniscola, Villaputzu.

La tessitura in lana, cotone e lino di tappeti, arazzi, cuscini e tende[10] è in larga parte ancora praticata a mano con telai di concezione molto antica, ma molte delle produzioni meccanizzate mantengono le caratteristiche della tradizione. Le più famose sono quelle di Bonorva, Dorgali, Nule, Nuoro, Osilo, Samugheo, Sarule, Sedilo, Tonara e Mogoro.

I lavori tradizionali di oreficeria, dal gusto molto raffinato, sono in filigrana. I gioielli rappresentano una delle testimonianze artigianali più autentiche dell'isola. Costituiscono parte integrante dei costumi tradizionali, e la scelta di spille e bottoni in filigrana e di collane arricchite con corallo, pietre dure e perle è molto vasta. Gli orafi[11] e gli argentieri più apprezzati sono quelli di Bosa, Iglesias, Oristano, Nuoro, Sassari, Sinnai e Oliena, nota anche per la produzione di scialli neri[12], con ricami in colori vivaci e fili d'oro e d'argento. Ad Alghero, insieme alle produzioni in filigrana, viene lavorato anche il corallo.

La lavorazione del legno è caratterizzata da prodotti molto originali e tipicamente sardi, come le cassapanche intagliate, le sedie impagliate di Assemini, le bisere dei Mamuthones (ossia le maschere [13], tradizionali di Mamoiada e Ottana) e le produzioni in sughero di Calangianus. A Castelsardo, Ollolai, Olzai, San Vero Milis, Tinnura e Sinnai, l'artigianato più tipico è la lavorazione di cestini[14], in fibre vegetali.

Altra antica tradizione artigianale sarda è quella della resolza o resordza (dal termine latino rasoria che indicava un genere di coltello con la lama pieghevole). Esistono diverse scuole tra le quali quella di Pattada è una delle più rinomate (sa pattadesa), seguita da quella di Arbus, Guspini, Gavoi e Santu Lussurgiu. Dalla classica lama a fozza è murta (a foglia di mirto), sono chiamate anche lepa e sono considerate dagli appassionati delle veritabili opere d'arte. Quelle da collezione non sempre sono a serramanico, ma anche a manico fisso, generalmente in corno di montone o di muflone e intarsiate a mano. Alcune, quelle con lame damascate, le più ricercate dai collezionisti di tutto il mondo, sono fabricate dai maestri coltellieri solo su ordinazione.

Le miniere

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia mineraria della Sardegna.

La Sardegna è la regione italiana con il sottosuolo più ricco di minerali. Conosciuti sin dall'antichità, alcuni centri minerari erano sfruttati per l'estrazione di piombo, zinco, rame e argento (la galena argentifera conteneva fino a 10 kg d'argento per tonnellata di minerale). A partire dal 1800, furono aperte miniere di carbone, antimonio e bauxite: i giacimenti più importanti si trovano nell'Iglesiente, nel Sulcis, nel Sarrabus, nella Nurra e nella zona dell'Argentiera.

Attualmente l'attività estrattiva sta attraversando un periodo di grave crisi e molte miniere sono state chiuse perché poco competitive: l'economia dell'Iglesiente si sta legando non più alle miniere ma al turismo e allo sviluppo del Parco Archeologico Minerario, sotto il patrocinio dell'Unesco, con la salvaguardia del patrimonio storico e architettonico delle miniere e utilizzando la bellezza incontaminata delle sue coste come sua altra grande risorsa.

Demografia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sardegna (demografia).

Nonostante una civilizzazione plurimillenaria e una popolazione residente quasi triplicatasi negli ultimi 140 anni, la Sardegna è una delle poche regioni europee in cui un'economia moderna e diversificata convive con un ecosistema ancora intatto, se non vergine, in vaste aree del territorio; questo fatto è spiegabibile demograficamente grazie alla bassa densità abitativa, pari a 68 ab./km². Il milione e seicentomila sardi risiede nella seconda isola del Mediterraneo per estensione, fatto che consegna il loro territorio al terzultimo posto per la densità fra le regioni italiane, preceduto solo dalla Valle d'Aosta con 37 ab./ km² e dalla Basilicata con 60 ab./km². Inoltre questa densità si ritrova equamente distribuita fra le province che presentano tutte valori simili (42, 88, 70, 30, 40, 55, 78 ab./ km² per le province di Nuoro, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, Olbia-Tempio, Oristano e Sassari rispettivamente), tranne nel caso della Provincia di Cagliari che tocca i 119 ab./ km², dato comunque sempre sensibilmente inferiore alla densità media italiana (194 ab./km²).

Immigrazione

  Lo stesso argomento in dettaglio: I flussi migratori in Sardegna.

La sua particolare posizione geografica, inserita al centro del Mediterraneo, le sue ricchezze minerarie e le sue fertili pianure, hanno fatto della Sardegna, sin dall'antichità, un'isola molto ambita a cui le potenze coloniali antiche non potevano rinunciare.

Sempre in guerra con i Sardi dell'interno, mai assoggettati, sia i Cartaginesi che i Romani deportarono nell'Isola un vasto numero di schiavi, utilizzati per lavorare nelle miniere e nelle pianure come agricoltori, per la produzione intensiva di cereali.

Importante fu anche l'afflusso di genti iberiche durante la dominazione aragonese e spagnola, mentre in epoca moderna, nel XIX secolo, furono molteplici gli insediamenti di pescatori Campani provenienti da Ponza e Torre del Greco, che si stabilirono nei centri marinari della costa nord orientale. Arrivarono poi popolazioni venete, chiamate da Mussolini ad insediarsi nelle bonifiche dell'oristanese e che fondarono Mussolinia (1928), chiamata poi Arborea. Molti minatori giunsero da diverse parti d'Italia per popolare il grosso centro minerario di Carbonia, nel Sulcis (1935). Gli ultimi arrivi di popolazioni in ordine temporale, furono i Giuliano-Dalmati nel 1947, scampati all'epurazione etnica perpetrata in Dalmazia e nell' Istria: si stabilirono a Fertilia, presso Alghero, nella Nurra.

In questi ultimi anni si assiste ad un flusso di immigrazione dai paesi del Maghreb e dall' Est Europa. Da terra di emigrazione, la Sardegna sta diventando terra di immigrazione. È notizia recente quella che nel comune di Arzachena, su una popolazione di 12.000 abitanti, più di 1000 persone sono di origine extracomunitaria e trovano lavoro nell'industria turistica, nel commercio e nell'agricoltura, una media molto più alta di quella nazionale.

Emigrazione

 
Juan Peron: una contestata ricerca storica lo identifica con l'emigrato sardo Giovanni Piras

I Sardi che vivono al di fuori della Sardegna, secondo le ultime statistiche, sono circa 500.000. Benché sia sempre esistito un debole flusso migratorio, la grande diaspora si originò negli anni del dopoguerra con la fine dei lavori per la costruzione di grandi opere pubbliche (dighe, strade, riforestazione), avviate congiuntamente dallo Stato e dai privati al fine di ammodernare l'Isola. Molti pastori e contadini, divenuti operai e muratori, si trovarono ben presto senza lavoro, mentre il piano di rinascita economica, promesso da vari governi, tardava a concretizzarsi. Si creò così una corrente migratoria che si diresse principalmente verso le aree industriali del Nord Italia, dove si stabilirono più di 200.000 Sardi. Lasciarono l'Isola in tanti, fuggendo la crisi delle zone interne e degli agglomerati urbani, trovando lavoro in tutte le attività produttive, negli impieghi pubblici, nelle fabbriche, negli ospedali, nelle università. Molti, benché emigrando, non rinunciarono alla loro antica tradizione pastorale ed insieme alle greggi, si trasferirono in Toscana, nel Lazio e nelle Romagne, rivitalizzando territori ormai in via d'abbandono. Quelli che lasciarono l'Isola per andare in Europa, circa 150.000, si stabilirono in Germania (60.000), altrettanti in Francia, in Belgio (30.000), in Svizzera (28.000), meno numerosi in Inghilterra (circa un migliaio).

In epoche precedenti, verso la fine dell' Ottocento, un importante flusso migratorio si diresse nelle Americhe ed in Australia. Ancor oggi, nella sola Argentina, si contano più di centomila persone di origini sarde. Proprio in quel lontano paese si stabilì tale Giovanni Piras da Mamoiada che varie e contestate ricerche storiche identificano con il presidente argentino Juan Peron[15]

In anni recenti, dal 1987 al 1999, secondo le statistiche, sono emigrati 15.647 isolani (82% in Europa, 16% nelle Americhe), mentre ne sono rientrati 12.869, con una differenza di 2.598 unità. La maggior parte degli emigrati degli ultimi anni proviene dalla provincia di Cagliari ed hanno lasciato l'Isola diretti per il 70% verso i grandi paesi europei (Francia, Inghilterra, Germania, Svizzera), mentre il 30% verso nazioni minori come Paesi Bassi, Belgio, Spagna, Argentina e Venezuela.

Trasporti e comunicazioni

 
Santa Teresa di Gallura - Capo Testa. Da Santa Teresa partono i traghetti che collegano la Sardegna con la Corsica (Bonifacio).

In Sardegna si arriva sia in aereo che in nave, con l'auto al seguito oppure no: per evitare spiacevoli inconvenienti, bisogna tener conto che nei mesi estivi l'afflusso di vacanzieri verso l'isola è maggiore. Gli spostamenti nelle località interne richiedono tempo e spesso le strade sono tortuose (a parte le principali direttrici), con tante curve e saliscendi a secondo l'orografia del territorio: andare piano è d'obbligo. Ecco come raggiungere i porti principali e come muoversi:

 
Durante la stagione estiva, navi veloci collegano la Sardegna al continente in sole tre ore e mezza.

Per mare la Sardegna è collegata con i porti di Civitavecchia,Fiumicino, Palermo, Genova, Livorno, La Spezia, Piombino, Napoli, Trapani, Bonifacio, Propriano, Tolone, Marsiglia, Tunisi.

In estate aumentano il numero delle corse ed entrano in funziona anche traghetti veloci che compiono il tragitto in circa tre ore e mezza/quattro. I porti di arrivo sono: Cagliari, Arbatax, Palau, Santa Teresa di Gallura, Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres. Il porto passeggeri (Olbia-Isola Bianca) negli ultimi 30 anni è cresciuto tanto da far diventare lo scalo gallurese il primo porto passeggeri in Italia.

Visto il richiamo esercitato dall'isola sui turisti, soprattutto nei mesi estivi, i mezzi di trasporto viaggiano sempre a pieno regime, tanto che può essere difficile trovare un posto per i vacanzieri che sono perciò costretti a prenotare, mentre nei periodi di bassa stagione i traghetti viaggiano mediamente liberi.

Le compagnie di navigazione più conosciute per i servizi verso l'isola sono Moby Lines, corsica ferries-sardinia ferries, Tirrenia, Grandi Navi Veloci, Snav e la francese Sncm

Trasporti aerei

File:Aeroporto Olbia Costa Smeralda Departure Hall.jpg
La sala d'attesa per l'imbarco del nuovo ("Olbia-Costa Smeralda"), recentemente ampliato è considerato oggi uno dei più all'avanguardia in Italia.

La Sardegna ha ricorso da sempre al trasporto aereo per contrastare gli effetti dell'insularità, fatto che l'ha portata a sviluppare una buona rete di servizi ed impianti ben distribuiti sul territorio. Specialmente negli ultimi anni, il traffico aeroportuale ha registrato forti incrementi sul numero di voli e di passeggeri, confermando come la Sardegna sia un mercato fra i più attivi ed interessanti del mercato italiano ed europeo. Aeroporti di arrivo: Alghero-Riviera del Corallo, Olbia-Costa Smeralda, Cagliari-Elmas e - con meno traffico e volume aereo - quelli di Oristano-Fenosu e Tortoli. Le principali compagnie aeree che servono l'isola con il resto d' Italia e d' Europa sono: Meridiana, Air One, Alpi Eagles, Air Dolomiti, Ryanair, easyJet e Air Berlin

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sardegna (trasporto aereo).

Trasporti su rotaia

 
Trenino Verde. Alcuni trenini sono mossi da locomotive a vapore: la più antica risale al 1893

La rete ferroviaria, costruita sul finire del XIX secolo, è considerata insieme alla costruzione della ferrovie del Regno di Sardegna in Piemonte, come una delle cause principali del disboscamento dell'isola. Si sviluppa per 600 km e si limita a congiungere le città principali e i porti. Le Ferrovie dello Stato collegano Cagliari con Sassari (3 ore), con Olbia e Golfo Aranci (4 ore e mezza). Chilivani è lo snodo ferroviario da dove ripartono i due tronchi verso Sassari e verso Olbia-Golfo Aranci. Un'altra linea collega Cagliari con Iglesias (1 ora). L'intera rete non è elettrificata (se non in alcuni tratti legati alla zone metropolitane, come per la Metropolitana di superficie di Sassari), e presenta visibilmente decenni di mancati investimenti in innovazione, oltre all'inutilità ed assurdità di alcuni fra i pochi investimenti effettuati.

Il Trenino verde è un modo particolare per visitare alcune zone interne dell'Isola; il Trenino verde penetra in aree assolutamente prive di strade ed altrimenti irraggiungibili. È un viaggiare d'altri tempi, sia per la velocità sia per i percorsi che attraversano zone impervie e incontaminate nell'interno dell'isola. Alcuni trenini sono mossi da locomotive a vapore, veri pezzi di antiquariato, perfettamente funzionanti: la più antica risale al 1893. I principali percorsi sono: Cagliari - Mandas; Arbatax - Mandas; Sadali - Arbatax; Isili - Sorgono; Palau - Tempio Pausania; Macomer - Bosa. I paesaggi sono mozzafiato e si scopre una Sardegna quale mai si potrebbe immaginare.

Trasporti su gomma

Sebbena la Sardegna sia l'unica regione italiana priva di autostrade, la rete stradale è abbastanza sviluppata e si sta ampliando ulteriormente, completando la costruzione di una rete di superstrade fra i principali centri dell'Isola. Da queste importanti arterie si diramano poi strade secondarie verso tutte le località, ma alcune strade periferiche ed interne, restano tortuose e non consentono velocità elevate.

La superstrada SS 131 Carlo Felice attraversa l'Isola da nord a sud collegando Cagliari con Sassari e Porto Torres, passando per Oristano e Macomer, mentre una sua deviazione, la SS 131 bis DCN - Diramazione Centrale Nuoro raggiunge Olbia passando per Nuoro, Siniscola e San Teodoro.

Tra le varie altre strade statali la Strada Statale 125 Orientale Sarda è considerata come una delle più belle d'Italia; parte da Palau ed arriva a Cagliari attraversando i paesaggi spettacolari della costa orientale.

L'Azienda Regionale Trasporti Sarda (ARST) collega quasi tutti i centri della Sardegna con almeno una corsa giornaliera.

Gli autobus sono presenti negli aeroporti e nei porti in coincidenza con l'arrivo dei traghetti.

Le strade, generalmente ricche di tornanti e panoramiche, sono molto frequentate dagli appassionati delle due ruote, e la moto sembrerebbe il mezzo ideale per spostarsi nei mesi estivi; difatti a cause delle distanze e della scarsa densità, un mezzo di trasporto privato resta spesso l'unica scelta praticabile per visitare molte zone dell'Isola.

Sport

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sport in Sardegna.

Impianti sportivi sardi

Principali società sportive

Tiro con l'arco

  • Scuola sarda di tiro con l'arco Amatori Uras

Amministrazione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Nuove province sarde.
 

La Sardegna è una delle cinque regioni autonome a statuto speciale d'Italia ed è l'unica Regione d'Italia (assieme al Veneto e precedentemente, alla originaria versione dello Statuto della Valle d'Aosta) ai cui abitanti il Parlamento Italiano riconosce ufficialmente la dicitura di «popolo».

Causa e testimonianza della forte identità sarda, per alcuni autonoma e diversa da quella italiana, sono presenti diversi gruppi politici indipendentisti, fra cui si citano Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna e Sardigna Natzione, oltre ai principali due partiti autonomisti Partito Sardo d'Azione e Progetto Sardegna (cui fondatore è Renato Soru, presidente della Regione Sardegna dal 2003), alleato con l'Unione nelle elezioni amministrative del 2005. A questo si aggiunga che la gran parte delle sezioni locali dei partiti nazionali italiani gode di uno status particolare e considera fra i propri valori l'autonomismo ed il federalismo: ad esempio la sezione locale dei Democratici di sinistra prende il nome di Sinistra Federalista Sarda.

Personaggi famosi

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sardi e Presidenti della Sardegna.
 
Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura nel 1926.

Note

  1. ^ Le misteriose tombe preistoriche conosciute come Domus de Janas
  2. ^ Approfondimento sui Costruttori di torri, [1] e sui "metallari" sardi.
  3. ^ Notizie sui Pozzi Sacri si trovano qui e qui.
  4. ^ Le tesi dei sostenitori dei nuraghi come osservatori astronomici.
  5. ^ Importanti approfondimenti sulla Costante resistenziale sarda - versione Pdf-
  6. ^ (EN) Le origini del vino Cannonau secondo i risultati delle più recenti scoperte.
  7. ^ Immagini della spiaggia rosa. La spiaggia si trova nell'arcipelago de La Maddalena sull'isola di Budelli.
  8. ^ Le praterie di posidonia e la loro importanza per il mare.
  9. ^ Immagini delle tipiche ceramiche sarde.
  10. ^ Immagini sui caratteristici arazzi sardi.
  11. ^ Immagini dei lavori in filigrana tipici dell'artigianato sardo.
  12. ^ Immagini sui famosi scialli di Oliena.
  13. ^ Immagini di alcune maschere sarde.
  14. ^ Immagini di tipici cestini prodotti dall'artigianato sardo.
  15. ^ Le supposte origini sarde di Juan Domingo Peron.

Bibliografia

  • Casula F.C. - La storia di Sardegna - Sassari 1994.
  • Casula F.C. - Breve Storia di Sardegna - Sassari - 1994 - C. Delfino Editore.
  • Tola P. - Codice diplomatico della Sardegna - Cagliari - 1986.
  • F.Tassi, F. Pratesi. Guida alla natura della Sardegna - Roma - 1985.
  • Casula F.C. - Profilo storico della Sardegna catalano-aragonese - Cagliari - 1982.
  • Boscolo A., Bulfaretti L., Del Piano L., Profilo storico-economico della Sardegna - Padova - 1972.
  • Lilliu, G. La civiltà dei Sardi dal neolitico all'età dei nuraghi. Torino - Edizioni ERI - 1967.
  • Piras P.G. Aspetti della Sardegna bizantina - Cagliari - 1966.
  • Alziator F. Folclore Sardo. Cagliari, 1957.
  • Dessì A. Raccolta di usi e consuetudini della provincia di Cagliari - Cagliari - 1957.
  • AA.VV. La civiltà in Sardegna nei secoli - Torino - Edizioni ERI.
  • Stefani G. - Dizionario generale geografico-statistico degli stati sardi. - Sassari - C. Delfino Editore.

Voci correlate

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