Duomo di Ancona
Il duomo di Ancona è dedicato a san Ciriaco ed è la cattedrale metropolitana dell'arcidiocesi di Ancona-Osimo. È una chiesa medioevale in cui lo stile romanico si fonde con quello bizantino, evidente nella pianta a croce greca e in molte opere d'arte conservate al suo interno. Sorge in scenografica posizione sulla sommità del Colle Guasco, già occupata dall'acropoli della città greco-dorica, da dove domina tutta la città di Ancona e il suo golfo.
Basilica Cattedrale Metropolitana di San Ciriaco | |
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Stato | ![]() |
Regione | Marche |
Località | Ancona |
Indirizzo | piazzale del Duomo - Ancona |
Coordinate | 43°37′30.87″N 13°30′35.7″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | San Ciriaco |
Arcidiocesi | Ancona-Osimo |
Stile architettonico | romanico-bizantino |
Inizio costruzione | 996 (su basilica precedente) |
Completamento | 1017 |
Nonostante mostri un aspetto fortemente unitario, all'esame attento il Duomo mostra le testimonianze della storia secolare della sua costruzione, che va dal VI secolo, in cui sorse come basilica paleocristiana, all'XI, quando diventò cattedrale, al XII, epoca in cui venne ampliato con pianta a croce greca, al XIII secolo, quando fu voltata la cupola e realizzato il portale principale e il monumentale protiro, con le sculture simboliche dei leoni stilofori, divenuti presto uno dei simboli della città.
Nel maggio del 1926, papa Pio XI l'ha elevata alla dignità di basilica[1]. Dal 1940 è monumento nazionale[2]. Il 30 maggio 1999 si è festeggiato il millenario della dedica della cattedrale, con la visita di papa Giovanni Paolo II, che celebrò la messa al suo interno[3].
All'interno del Duomo è custodito il quadro della Madonna Regina di tutti i Santi, oggetto di particolare devozione e oggetto di un evento che la tradizione cattolica reputa prodigioso, denominato Miracolo mariano di San Ciriaco.
Storia
modificaL'edificio del Duomo ha una storia di più di 2000 anni, in cui si possono distinguere cinque eventi principali, elencati di seguito[4][5].
- IV-II secolo a.C. - costruzione del Tempio di Afrodite (detto "di Venere" in epoca romana), il cui perimetro corrisponde esatamente alla crociera e al braccio sinistro della chiesa attuale.
- V secolo d.C. - costruzione della Basilica paleocristiana di San Lorenzo, sorta sui resti del tempio antico, sullo stesso perimetro.
- XI secolo d.C. - la Basilica di San Lorenzo diventa cattedrale e viene ampliata; costituisce il transetto della chiesa attuale. Con la traslazione del corpo di San Ciriaco, poi, la chiesa cambia nome e prende il titolo attuale.
- XII secolo d.C. - trasformazione della pianta in croce greca, che dà alla chiesa un assetto orientale, sua carattteristica principale.
- XIII secolo d.C. - costruzione della cupola e del protiro. Con modifiche minori effettuate nei secoli successivi (principalmente la costruzione del coro e delle due adiacenti cappelle), questi interventi hanno dato l'edificio che si vede oggi.
Nelle sezioni seguenti si esaminano dettagliatamente le quattro fasi segnate da questi eventi e, infine, gli interventi minori successivi, dal XVII secolo al XXI, consistenti in sovrapposizioni decorative, adeguamenti liturgici e restauri.
Il tempio di Afrodite
modifica«La prodigiosa mole di un rombo adriatico capitò davanti al tempio di Venere, che la dorica Ancona innalza, e riempì le reti...»
«Ora, o divina creatura del ceruleo mare, tu che abiti il sacro Idalio e l’esposta Urio, che dimori ad Ancona e a Cnido ricca di canneti, [tu che abiti] ad Amatunte, a Golgi e a Durazzo, taverna dell’Adriatico ...»
Secondo la tradizione storiografica, che è basata sulle citazioni riportate sopra, i dori siracusani, fondatori della colonia greca di Ankón (l'attuale Ancona), eressero nell'acropoli della nuova città un tempio dedicato ad Afrodite/Venere, nel luogo in cui nel Medioevo sorse il Duomo. Il tempio è identificato con quello rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana[6].
In particolare, il carme 36 di Catullo, da cui è riportato il brano sopra, ci presenta, quasi come in un inno cletico, i luoghi che fin dall’età arcaica furono sedi del culto di Afrodite, diffusosi lungo le antiche rotte di navigazione dall'oriente verso l'occidente. Sono così citate dal poeta le città di Cnido, in Asia Minore, di Idalio, Golgi ed Amatunte, nell'isola di Cipro, ed infine di Urio, Ancona e Durazzo, sulle coste adriatiche[7]. Ancona rientra dunque tra le città mediterranee più note nell'antichità per il culto di Afrodite[8].
Il passo di Giovenale, invece, ci informa sulla localizzazione del tempio, sulla sommità di una collina e dominante sul mare: in questo senso si deve intendere l'espressione quam dorica sustinet Ancon ("che la dorica Ancona innalza"). Il "rombo adriatico" di cui si parla nel testo è un pesce dell'ordine dei Pleuronectiformi o pesci piatti.
La scoperta
modificaNel 1932, alcuni saggi eseguiti nei pressi dell'abside sinistra del duomo permisero di scoprire i resti di una muratura costituita da grandi blocchi di arenaria in filari pseudoisodomi; subito alcuni studiosi ipotizzarono che tale struttura appartenesse a un edificio templare, forse quello dedicato a Venere citato da Catullo e Giovenale. Che l'edificio cristiano fosse stato costruito sopra al tempio di Venere/Afrodite era già stato ipotizzato dalla storiografia, pur in mancanza di testimonianze archeologiche[9].
Nel 1948, in occasione dei lavori di restauro del duomo, danneggiato dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, superando numerose difficoltà fu eseguito uno scavo completo di tutto il sottosuolo, ed in effetti furono rinvenuti resti di un tempio pagano, coincidente con il transetto della chiesa[6].
Il tempio fu subito identificato con quello citato da Catullo e Giovenale e rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana. Secondo un'ipotesi che ha dominato la storiografia sino a tutto il Novecento[10], seguita anche da alcuni studiosi moderni[11], Afrodite/Venere aveva nel tempio anconitano l'epiclesi o epiteto di "euplea" (Εὔπλοια, Éuploia), ossia di "dea della buona navigazione", protettrice dei naviganti.
Mentre si procedeva agli scavi all'interno della chiesa, nel piazzale del Duomo, sconvolto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, furono notate colonne di arenaria scanalate, allora interpretate come colonne del tempio greco[12].
Le ipotesi ricostruttive del Tempio di Afrodite
modificaDell'antico edificio furono rinvenute le fondazioni sotto al Duomo, esattamente in corrispondenza con la crociera e il braccio sinistro del transetto. Tali fondazioni sono costituite da blocchi di arenaria sovrapposti; quelle perimetrali compongono un rettangolo di metri 19 X 32, hanno una larghezza di metri 2,50 e sono conservate per un'altezza massima di circa due metri. Parallele ed interne a questo rettangolo, e con pianta a Π (pi greco), sono rimaste tracce della fondazione della cella. Non tutti i blocchi di arenaria delle fondazioni si sono ritrovati; dove essi mancano, sono comunque rimaste le trincee ove erano allocati, cosa che permette di ricostruire tutto il sistema fondante del tempio e di formulare ipotesi ricostruttive del suo aspetto originario. Importante, a tal proposito, è la presenza di trincee di collegamento tra le fondazioni esterne e quelle interne, che permette di risalire al numero delle colonne di ogni lato.
Secondo le ipotesi comunemente accettate, l'edificio sacro era un periptero esastilo con l'ingresso rivolto verso sud-est, ossia verso la città e la strada di accesso all'acropoli[6]; in discussione è l'ordine architettonico e l'epoca di realizzazione: esistono a riguardo tre ipotesi ricostruttive del tempio di Afrodite, esposte di seguito.
- Tempio di ordine dorico - IV secolo a.C. L'ipotesi è sostenuta dalla presenza della soluzione classica del conflitto angolare (comprovata dalla misurazione delle distanze tra le colonne del tempio, la cui posizione è deducibile dall'esame delle fondazioni) e dalla possibilità di inserirlo nel gruppo dei templi che presero come modello quello di Asclepio a Epidauro, costruito nel 380 a.C. circa, ossia intorno alla data di fondazione della colonia greca di Ankón[13].
- Tempio di ordine corinzio - II secolo a.C. L'ipotesi è basata sul ritrovamento di marchi di cava con due lettere latine ("F" e "V") e sulla presenza al Museo Diocesano di un capitello corinzio (e non dorico) che sarebbe appartenuto al tempio, in quanto scolpito nella stessa pietra delle fondazioni rimaste[14].
- Tempio che ha avuto due fasi costruttive. Chi sostiene quest'ipotesi considera che il tempio, nel corso dei secoli, potrebbe essere stato anche ricostruito o profondamente ristrutturato, come testimonierebbe un'epigrafe riutilizzata nella basilica paleocristiana che fu costruita sui resti del tempio pagano, in cui si cita un rifacimento totale di un edificio, non specificato a causa della frammentarietà dell'iscrizione riportata[15].
La basilica di San Lorenzo
modificaIl tempio di Afrodite, che con la romanizzazione della città aveva assunto il nome di Tempio di Venere, continuava a dominare l'antica acropoli, anche dopo l'introduzione del Cristianesimo in Ancona, che fu precoce. L'antica origine della prima comunità cristiana anconetana è testimoniata da sant'Agostino, che già nel IV secolo disse essere "antichissima", in quanto nata con l'arrivo in città di una reliquia di Santo Stefano protomartire e dunque risalente al I secolo. Tale reliquia, un sasso che colpì il martire durante la lapidazione, è detta "memoria di Santo Stefano" ed è attualmente esposta nella Cripta delle Lacrime[16].
Quando la comunità crebbe e, con l'editto di Costantino, nel 313 ebbe libertà di culto, si decise di erigere una chiesa cattedrale. Il tempio classico era però ancora esistente sul Colle Guasco e dunque la nuova chiesa non poteva essere localizzata sul luogo più significativo della città; venne così edificata fuori dalle mura e dedicata a Santo Stefano, in corrispondenza del luogo in cui era custodita l'antica reliquia. Secondo gli studi più recenti, la la prima cattedrale dorica si può identificare con l'attuale Santa Maria della Piazza[17].
Al termine della Guerra greco-gotica, Ancona entrò a far parte dell'Impero Bizantino e ne conseguì un periodo di pace; inoltre, il devastante terremoto del 558 aveva fatto crollare il tempio di Venere. Tutto ciò permise di edificare sopra alle fondazioni del tempio una basilica paleocristiana dedicata a San Lorenzo, di cui si conservano tracce importanti, visibili dalle due scale che conducono alla Cripta dei Protettori. Altre testimonianze della basilica di San Lorenzo sono alcuni lacerti musivi sotto al pavimento attuale (protetti da griglie di bronzo) e, nelle mura esterne del transetto, tracce dell'antica muratura in opus mixtum, con ricorsi di mattoni e di arenaria, di tradizione bizantina.
In base alle testimonianze ritrovate, si possono ricostruire le caratteristiche salienti della basilica di San Lorenzo: essa aveva pianta basilicale a tre navate, corrispondente all'attuale transetto, con l'ingresso verso sud-est, dove attualmente è il braccio del Crocifisso e dove era situato anche il prospetto anteriore del tempio classico. Questo ingresso verosimilmente era il punto di arrivo dell'attuale Scalone Nappi[18].
La basilica di San Lorenzo diventa cattedrale
modificaTra la fine del X secolo e l'inizio dell'XI, Ancona iniziò il suo cammino di repubblica marinara. Nel frattempo, l'antica cattedrale di Santo Stefano, situata fuori dalle mura, era stata danneggiata nel corso degli attacchi saraceni dell'841 e dell'850 e da tempo non era più ritenuta sicura. Inoltre, la rinascita commerciale e marittima della città aveva fatto emergere la volontà di avere una cattedrale nel posto più visibile dalla città e dal porto: il Colle Guasco.
Tutto ciò portò alla decisione di traformare in cattedrale la basilica di San Lorenzo; per adeguarla alla nuova importante funzione, la chiesa venne ampliata, tra il 996 e il 1015, prolungando nelle due direzioni le tre navate preesistenti, mantenendo la pianta basilicale, sino a farle corrispondere quasi a tutto l'attuale transetto. Completati i lavori, venne trasferita a San Lorenzo la cattedra episcopale: la chiesa in tal modo divenne effettivamente cattedrale e questo evento è quello celebrato nel 1999-2000 con il nome di "millenario della cattedrale di Ancona".
Ben presto, nel 1017, i corpi dei santi protettori San Marcellino e San Ciriaco vennero trasferiti nella cripta all'interno della basilica e per accoglierli fu costruita la Cripta dei Santi Protettori[19].
Dalla pianta basilicale alla croce greca
modificaAlla fine del XII secolo, Ancona aveva da pochi anni superato vittoriosa il terribile assedio del 1173 e il legame con l'Impero d'Oriente e con il suo imperatore Manuele I Comneno era più saldo che mai. Ciò portò al consolidamento dei traffici marittimi della città e alla conseguente crescita demografica; con quest'onda di fiducia nel futuro, si decise di attuare importanti lavori di ampliamento della cattedrale, eseguiti tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo. Si scelse di aggiungere un corpo trasversale ortogonale al preesistente, trasformando la precedente pianta basilicale a tre navate in una croce greca, anch'essa a tre navate. Non deve sorprendere l'adozione di una planimetria rarissima in Europa occidentale e tipica bizantina, se si pensa agli intensi rapporti che legavano Ancona e l'Impero d'Oriente.
All'incrocio dei bracci venne voltata una cupola; si ipotizza che essa avesse una tipologia simile a quella di Santa Maria di Portonovo. La trasformazione della pianta è stata attribuita da alcuni a Mastro Filippo[20]; antichi documenti citano come autori Leonardo, Teobaldo e Odviteo, di cui non si hanno informazioni e che non sono noti per altre opere[21].
Sul nuovo corpo venne aperto un nuovo ingresso principale, verso sud-ovest: la vecchia chiesa divenne il transetto della nuova e l'ingresso originario venne chiuso per realizzare al suo posto l'attuale abside destra. Il braccio destro del nuovo transetto venne inoltre sopraelevato, per realizzarvi al di sotto una nuova cripta, simmetrica a quella preesistente. In questo modo, l'edificio sacro assunse la peculiarità di avere i bracci laterali sopraelevati e il braccio dell'altar maggiore senza cripta, cose assai rara nelle cattedrali romaniche. Con questa nuova geniale composizione la chiesa venne rivolta verso il porto, sorgente del benessere di cui godeva ormai la città.
All'interno, il braccio di sinistra fu delimitato da plutei, nel 1158, quando era vescovo Lamberto (detti perciò "plutei di Laberto"). Anche il braccio di destra venne delimitato pochi anni dopo, nel 1189, da preziosi plutei, opera di mastro Leonardo[22], su commissione del vescovo Beraldo (detti perciò "plutei di Beraldo")[23]. In essi il fondo è scavato, in modo da poterlo ricoprire con mastice colorato che fa spiccare le figure rappresentate; questa tecnica è detta "scultura a incrostazione" ed è tipica dell'arte bizantina. Ciò si spiega con il fatto che Ancona era in quel periodo legata strettamente all'Impero Bizantino e in particolare all'imperatore Manuele I Comneno. Ciascuna delle due serie di plutei chiudeva originariamente tutto il braccio del transetto, ad eccezione delle strette scale laterali che permettevano di salire al presbiterio; sopra ai plutei di Berardo dei pilastrini sorreggevano un architrave, su cui correva l'iscrizione dedicatoria, con la data di esecuzione[24].
La pianta a croce greca, i capitelli e le due serie di plutei sono gli elementi di arte bizantina che improntano di sé tutta la cattedrale e sono prova degli intensi contatti che la città, ormai avviata repubblica marinara, aveva sviluppato con l'Impero d'Oriente e in genere con tutti i centri del Mediterraneo orientale.
Costruzione della cupola e del protiro
modificaNella metà del Duecento, venne realizzato il protiro[20], con i monumentali leoni stilofori, divenuti in breve uno dei simboli della città. Inoltre, sempre nello stesso periodo, la cupola precedente, che si ipotizza fosse simile a quella di Santa Maria di Portonovo, venne sostituita da una più alta e di stile gotico, con archi rampanti e, sui pennacchi, angeli oranti con le mani alzate al cielo, di tradizione bizantina. Si tratta di una delle cupole più antiche d'Italia, a quarto di sesto acuto, importante passo in avanti nella graduale riscoperta della perduta tecnica romana di elevazione delle cupole. Per non alterare l'armonia romanica dell'esterno dell'edificio, gli archi rampanti furono mascherati all'interno delle navate laterali, che dovettero per questo motivo essere sopraelevate. Si spiega così la presenza di finestre che si aprono tra la navata centrale e quelle laterali, altrimenti ingiustificata[25]. Giorgio Vasari attribuisce il protiro e la cupola a Margaritone d'Arezzo; ciò è stato messo recentemente in dubbio[26].
Tra il XIII e il XIV secolo la basilica cambiò denominazione e venne dedicata al patrono di Ancona, San Ciriaco, martire e, secondo la tradizione, vescovo della città. L'immagine del Santo si ritrova nell'agontano, come simbolo della repubblica marinara di Ancona alla pari del cavaliere dello stemma della citta, posto sull'altro lato[27].
Nel 1391 fu edificata la cappella del coro, in prosecuzione del braccio longitudinale, opera dello scultore senese Giovanni di Stefano[28], grazie al lascito di Egidio Albornoz.
Periodo rinascimentale
modificaNel XV secolo venne rinnovata la cappella del coro e costruite le due cappelle a sinistra e a destra di esso, in prosecuzione delle navate laterali del braccio longitudinale. La pianta della basilica assunse allora la forma che ancor oggi conserva. Nella cappella di sinistra (del Sacramento) lavorarono importanti artisti rinascimentali: nel 1450 Piero della Francesca, residente ad Ancona, affrescò sulla parete della cappella uno Sposalizio della Vergine[29] e Giovanni Dalmata realizzò il monumento a Girolamo Ginelli[30].
Sempre nel XV secolo, papa Pio II morì nell'episcopio che sorgeva a fianco della cattedrale, in attesa di partire per la crociata che aveva indetto per tentare di salvare i residui territori dell'Impero bizantino minacciati dai Turchi dopo la caduta di Costantinopoli. Dietro all'altare maggiore sono da allora tumulati i precordi del pontefice umanista[31].
Nel 1599 i plutei che facevano da transenne nel braccio sinistro vennero rimossi dal vescovo Conti, per realizzare l'attuale scalone centrale[32]; alcuni di essi si sono conservati e sono esposti nel Museo diocesano di Ancona.
Sempre nel 1599 gli antichi portoni bronzei dell'ingresso principali vennero rimossi e fusi per finanziare il restauro del campanile e della sua cupola, che erano stati danneggiati da un incendio[32].
Dal XVII al XIX secolo
modificaNel 1646, il vescovo Gallo, volendo realizzare una nuova scala d'accesso al braccio destro della chiesa, centrale e più ampia delle due precedenti, laterali, fece smontare gli antichi plutei; gli otto che si trovavano nella navata centrale furono eliminati, mentre gli otto laterali furono riposizionati, probabilmente senza rispettare perfettamente la loro posizione originale; inoltre vennero rimossi i pilastrini e l'architrave sovrapposti alla serie di plutei. Alcuni di questi pilastrini vennero utilizzati per realizzare l'altare della cappella di San Lorenzo[33].
Dal 1727 al 1731, nominato da papa Clemente XII, fu vescovo di Ancona Prospero Lambertini, futuro papa Benedetto XIV. Grazie al suo interessamento, vennero effettuati importanti lavori in cattedrale. In particolare, si intervenne nella zona posta al termine della navata principale, in cui venne posto un nuovo, monumentale altar maggiore, che con gli slanciati candelabri sovrapposti aveva un'altezza tale da schermare parzialmente il coro cinquecentesco retrostante; in tal modo si ripristinò otticamente la percezione della pianta a croce greca, che era stata alterata nel periodo rinascimentale con il prolungamento del braccio longitudinale necessario a realizzare la cappella del coro[34][35][36]. Il coro ligneo, assai rovinato, fu rinnovato e sulla parete di fondo fu sostituita la statua manierista del Tibaldi, rappresentante Cristo risorto, con l'attuale pala d'altare di Ercole Fava, dello stesso soggetto[37]. Ai lati del nuovo altare furono innalzati due monumenti, scolpiti da Gioacchino Varlè, entrambi con iscrizioni: su quello a destra è posta la statua di un angelo reggente le insegne pontificali e su quello a sinistra il busto di papa Benedetto XVI.
Nel 1732 papa Clemente XII inviò ad Ancona il grande architetto Luigi Vanvitelli, che nell'occasione decorò in stile barocco il braccio sinistro del transetto, ove progettò la monumentale edicola, destinata all'ostensione delle reliquie e che accoglie l'immagine votiva della Madonna del Duomo. Egli inoltre intervenne nel protiro, migliorandone la stabilità in modo rispettosissimo, con l'aggiunta di due colonne dietro ai leoni stilofori.
Nel 1796, nell'imminenza dell'arrivo dell'esercito napoleonico, centinaia di fedeli furono testimoni del prodigio della Madonna del Duomo.
Nel 1834, per realizzare la scalinata centrale e rinnovare gli ingressi alla cripta, furono rimossi dal braccio sinistro del transetto i plutei a bassorilevo del 1158, risalenti al tempo del vescovo Lamberto. Nello stesso anno, su disposizione del cardinale Nembrini, fu inaugurato il primo nucleo del Museo Diocesano, ove vennero raccolte tutte le pietre ornate e scritte, tutti i frammenti e i cimeli che avevano relazione con la Cattedrale, tra cui anche i plutei di Lamberto; la prima sede fu la Cripta delle Lacrime, sotto al braccio destro del transetto[38].
Nel 1835 l'architetto Niccolò Matas restaurò il campanile e fece nuovamente ricoprire di rame la cupola, di cui rifece il lanternino[39][40].
Tra il 1883 e il 1901 la basilica ebbe un secondo restauro, ad opera di Giuseppe Sacconi[41]; questo intervento fu davvero radicale, in quanto la riportò all'originario, austero, aspetto medievale. Ciò comportò la rimozione delle decorazioni e degli intonaci sovrapposti a partire dal XVII secolo e la demolizione della sacrestia che occupava l'angolo tra il braccio d'ingresso e il braccio sinistro, e che alterava profondamente la percezione dall'esterno della pianta a croce greca. Tra le opere rimosse, ci furono anche le decorazioni barocche progettate dal Vanvitelli all'interno del braccio sinistro. Sacconi riconobbe però il valore dell'edicola vanvitelliana in cui è esposto il quadro della Madonna del Duomo, che lasciò intatta; privata delle decorazioni in cui era inserita, tale edicola sembrò però troppo spoglia e perciò Sacconi vi fece sovrapporre delle statue di angeli reggenti il monogramma di Maria[42]. In quest'occasione Sacconi riscoprì le tracce della cattedra lapidea dell'XI secolo, cioè dell'epoca in cui l'edificio sacro divenne cattedrale; ancor oggi i suoi resti sono visibili, al centro dell'abside sinistra[43]. Oltre all'edicola del Vanvitelli, Sacconi rispettò anche le opere dovute a papa Benedetto XIV, per il valore storico-artistico che ad esse attribuì: l'altare maggiore, i due monumenti ad esso affiancati e il coro ligneo. Lasciò anche le sovrapposizioni barocche della Cripta dei Protettori, perché erano state realizzate cancellando o deturpando le preesistenze e dunque la loro rimozione non avrebbe avuto senso; rimangono così ancor oggi le colonne rivestite di marmo verde, gli altari e le sepolture dei santi protettori[21].
XX secolo
modificaIl primo giorno d'inizio della Prima guerra mondiale, il 24 maggio 1915, il bombardamento navale operato dalla flotta austro-ungarica inflisse gravi danni alla Cappella del Sacramento, che venne restaurata e in parte ricostruita nel 1920; in quell'occasione forse andarono perduti gli affreschi di Piero della Francesca, che già nel 1800 erano stati coperti da intonaco. Nel bombardamento venne distrutto il lanternino della cupola; fu pesantemente danneggiato inoltre l'organo del XVII secolo, opera del celebre organaro Gaetano Callido, e venne colpito il monumento sepolcrale quattrocentesco del beato Girolamo Ginelli. Nel 1919, a guerra finita, la cappella fu ricostruita e le opere danneggiate furono restaurate, anche grazie ai solleciti della “Brigata degli amici dell'arte - Accolta dei Trenta”[44]. Il monumento del beato Girolamo Ginelli fu ricostruito utilizzando i frammenti in cui era stato ridotto, e fu posto al termine della navata sinistra, appena fuori dalla cappella in cui si trovava originariamente[21].
Nel 1926 il duomo fu insignito del titolo di Basilica pontificia[1] e dal 1940 è monumento nazionale[2]. Nello stesso anno Guido Cirilli ridisegna la cappella del Sacramento[45].
I bombardamenti aerei americani della Seconda guerra mondiale colpirono il transetto destro, che fu parzialmente distrutto, così come la sottostante Cripta delle Lacrime, ove aveva sede il Museo di arte sacra. Le parti distrutte furono ricostruite per anastilosi, ossia riutilizzando le pietre originali, a cura di Guido Cirilli. Il sacro edificio venne solennemente riaperto nel 1951. Durante i lavori di restauro furono scavati sotto l'edificio cristiano i resti del precedente tempio classico dedicato ad Afrodite in epoca greca e a Venere in epoca romana.
Il terremoto del 1972 provocò danni di piccola entità, a causa dei quali, tuttavia, la Cattedrale fu dichiarata inagibile e quindi interdetta al culto, per permettere di attuare gli imponenti lavori necessari per adeguare la basilica a severe norme antisismiche. Il sarcofago con il corpo di San Ciriaco e il dipinto Maria regina di tutti i Santi furono traslate nella moderna Chiesa del Sacro Cuore, nel rione Adriatico, ove rimasero sino alla ripresa di funzionalità del Duomo, riaperto solennemente ai fedeli nell'autunno del 1977. Durante il periodo di chiusura della chiesa, si utilizzò la concattedrale della chiesa del Santissimo Sacramento.
Nel 1979 fu effettuata la ricognizione del corpo di San Ciriaco, eseguita da un medico e alla presenza di uno storico della chiesa e di un esperto latinista, che provò la verità dell'antica tradizione relativa al martirio con ingestione di piombo fuso[46].
XXI secolo
modificaTra il 1999 e il 2000 fu celebrato il millenario del duomo di Ancona; tale anniversario non era riferito alla data di costruzione dell'edificio sacro, il cui primo nucleo risale al VI secolo, ma al momento in cui esso diventò cattedrale. Le celebrazioni culminarono con la visita nel capoluogo dorico di papa Giovanni Paolo II che celebrò messa all'interno della cattedrale e allo stadio del Conero[3]. Nell'occasione l'arcidiocesi di Ancona e il comune dorico organizzarono le mostre Ancona e la sua cattedrale, rappresentazioni grafiche nel tempo[47] e Libri di pietra. Mille anni della cattedrale di Ancona tra Oriente e Occidente; quest'ultima, tenutasi al Lazzaretto, ha celebrato gli intensi contatti tra l'arte medievale anconitana e quella dei paesi del Mediterraneo orientale[48].
Nel 2006, davanti all'altare maggiore, furono collocati tre nuovi elementi d'arredo liturgico: un ambone, un altare e la cattedra vescovile; ognuno di essi è stato realizzato inglobando un elemento antico, testimonianza della storia della chiesa anconitana, nel modo descritto di seguito[49].
- Come ambone è stato utilizzato quello alto medievale della chiesa di Santa Maria della Misericordia (distrutta nel corso dei bombardamenti del 1943-44), di arte bizantina e con un'iscrizione che lo data all'epoca dell'arcivescovo ravennate Sergio (744-769).
- Sull'altare è stato posto un pluteo, messo in opera come paliotto, risalente al XII secolo e raffigurante Santo Stefano e San Ciriaco, ossia due santi legati ai momenti storici fondamentali della chiesa anconitana; era uno dei plutei del vescovo Lamberto e dunque originariamente era collocato come transenna nel braccio sinistro del transetto.
- La cattedra, in pietra, è stata composta utilizzando come schienale un frammento scolpito di transenna di finestra, rimosso dalla parete sinistra del braccio del Crocifisso; esso raffigura un grifone alato retrospiciente, inquadrato da segmenti di un motivo a cancello con borchie e, nella parte alta, curvilinea, due grandi mezze foglie aperte in forma di ali[50].
Dal 3 all'11 settembre 2011 la cattedrale è stata al centro delle celebrazioni del Congresso eucaristico nazionale con la visita di papa Benedetto XVI.
Nel 2022 si sono conclusi importanti lavori, motivati da adeguamento liturgico e funzionale: il presbiterio venne ampliato con una sopraelevazione della pavimentazione, e il monumentale altare maggiore barocco, costituito da intarsi marmorei e donato nel 1730 alla città da papa Benedetto XIV, venne abbassato eliminandone i gradini e diviso orizzontalmente in due parti, di cui l'inferiore fu lasciata in loco e la superiore trasferita nella cappella del Sacramento[51]. Questi interventi sono stati all'origine di varie proteste, in quanto accusati di avere eliminato e stravolto importanti testimonianze storiche e artistiche della cattedrale e di aver alterato la percezione della planimetria a croce greca, mettendo in luce il coro, precedentemente schermato dal monumentale altare e dagli alti candelabri sovrapposti[36]. In occasione dei lavori del 2022, il nuovo altare realizzato nel 2006 è stato smontato e il pluteo che vi era inserito è stato trasferito nella Cripta delle Lacrime[52].
Sempre nel 2022, nella Cripta delle Lacrime furono collocate importati reliquie da secoli conservate in cattedrale, finalmente esposte alla venerazione dei fedeli, tra cui[53]:
- la "memoria di Santo Stefano";
- la teca con il cranio di San Giacomo minore.
Esse sono descritte nella sezione Cripta delle Lacrime.
Descrizione
modificaIl duomo costituisce uno dei più importanti esempi di arte romanica in Italia[54], in cui si fondono elementi bizantini e gotici.
L'architettura di questa chiesa presenta diverse peculiarità; la particolarità maggiore è la pianta a croce greca, che nell'Europa occidentale è assai rara in epoca medievale e caratteristica solo dei centri in contatto con l'oriente mediterraneo; per di più, non c'è cripta al termine del braccio longitudinale, come di consueto, ma ce ne sono due, nei bracci laterali, che risultano così rialzati, con un effetto spaziale inedito per l'epoca.
Altra peculiarità è l'orientamento, che non è quello classico con l'altar maggiore ad est: il corpo longitudinale ha l'ingresso a sud-ovest e l'altar maggiore è a nord-est; il preesistente tempio di Afrodite e la particolare posizione geografica del duomo, sulla sommità di un colle, ha spinto a porre il portale principale verso il porto e la città, in modo da essere di riferimento a coloro che giungono via mare e ai cittadini. Il protiro stesso, di dimensioni singolarmente imponenti rispetto alla facciata, con la sua profonda strombatura accentua questo abbraccio rivolto ai fedeli di terra e di mare[55] e attrae lo sguardo verso la porta[56][57].
Note caratteristiche geografiche di Ancona sono la possibilità di vedere il sole specchiarsi sul mare sia l'alba, sia al tramonto, e quella di osservare, in giornate particolarmente limpide, le coste dalmate; dal piazzale del Duomo questi fenomeni sono tutti e tre possibili. Nel 1838, lo storico svizzero Jean-Charles-Léonard Sismondi, il primo a mettere a fuoco il concetto di "repubbliche marinare", scrisse:
«Dal portico [della cattedrale] si scoprono a destra le montagne innevate della Dalmazia; a sinistra la costa ridente e varia, mentre il sole appare, sorge e tramonta tra le onde»
Facciata
modificaLa facciata, tripartita, è preceduta da un'ampia scalinata, al di sopra della quale si alza il duecentesco protiro, sovrastato da un rosone con cornice romanico-lombarda e affiancato da due monofore. Sopra al rosone si trova un bassorilievo che raffigura il Redentore, con la scritta In principium erat verbum[58]. Sotto al protiro si apre il portale principale della chiesa, profondamente strombato. Il coronamento della facciata è caratterizzato da un doppio filare di denti di sega e da archetti ciechi.
Il protiro e il portale sono attribuiti da Giorgio Vasari a Margaritone d'Arezzo[20][26], da Giuseppe Sacconi a Giorgio da Como e da Arthur Kingsley Porter a Mastro Filippo[59]. Lo storico dell'arte Pietro Zampetti ha dimostrato che nessuna di queste attribuzioni è plausibile e che anche se le fonti non consentono di conoscere il nome dell'artista che li ha realizzati, è invece possibile capirne lo spirito e la grandezza, che l'osservazione del protiro e del portale rendono evidenti, più di qualsiasi altra documentazione: egli prese dallo stile romanico e da quello gotico ciò che ritenne utile, "senza lasciarsi dominare, ma piuttosto dominando l'uno e l'altro, senza alcuna soggezione stilistica". Ciò rende la facciata del Duomo un'opera originale, senza possibilità di riscontro, che ha lo scopo di abbracciare i fedeli di terra e di mare e di convogliare i loro sguardi verso la porta[60][56], come detto poco sopra.
Protiro
modificaIl protiro è caratterizzato da un arco a tutto sesto, sorretto da quattro colonne. Quelle anteriori, a sezione ottagonale, poggiano su leoni stilofori di marmo rosso di Verona, accovacciati e con lo sguardo rivolto verso chi sta per entrare nella chiesa; i due leoni spiccano per un realismo raro nella scultura medievale, e in ciò si avvicinano all'arte classica[61]. Le colonne posteriori, aggiunte nel Settecento dal Vanvitelli, poggiano su basamento.
Il leone di sinistra affonda i suoi artigli su un ariete, mentre quello di destra compie la stessa azione su un |serpente alato, da cui è morso sulla gola. Chiaramente, i due leoni hanno un significato simbolico diretto a coloro che stanno per entrare in chiesa, che va ricercato nella posizione e nella presenza degli animali a loro abbinati. Anche gli otto lati delle colonne rimandano al valore simbolico del numero otto.
L'ampia volta a tutto sesto del protiro è in marmo rosso di Verona ed è sostenuta da architravi che poggiano su due telamoni in marmo bianco e che terminano verso l'esterno con due draghi affrontati e con i colli intrecciati; sul culmine della volta è presente una protome di leone che ruggisce, rivolto verso il basso. Nel sottarco sono quattro rilievi rappresentanti i simboli degli Evangelisti, che come è usuale sono mutuati dalla visione veterotestamentaria del profeta Ezechiele, riproposta nella descrizione neotestamentaria dei "quattro esseri viventi" contenuta nell'Apocalisse di Giovanni e infine ripresa e interpretata da san Girolamo.
Portale
modificaIl portale, costruito in pietra bianca del Conero e marmo rosso di Verona, è composto da cinque archi che diventano progressivamente più a sesto acuto dal più esterno al più interno. Esso presenta una profonda strombatura ed è caratterizzato da colonne (di cui una tortile) reggenti cinque archi ogivali su cui sono posti rilievi in marmo greco o proconnesio con immagini simboliche. Tra i cinque archi si dispongono quattro costoloni retti da altrettante colonne; ciò fa sì che sia a destra, sia a sinistra dell'accesso ci siano nove colonne. Si elencano di seguito le sculture sui cinque archi, a partire dal più interno[58][62].
- Sulla chiave di volta del primo arco è rappresentato il volto di un uomo dalla cui bocca cui fuoriescono due girali che poi si svolgono sui due lati, fino alla base; si tratta di tralci di vite, come mostrano i grappoli. Questa figura è interpretabile come un "Cristo bacchico", dalle cui parole (la bocca) scaturisce la vita (i tralci)[63]. Sulle volute dei girali sono posti animali e figure umane simboliche, quasi tutti in posizione d'ascesa. Si tratta di un albero della vita e tra gli animali si riconoscono degli aquilotti, un vitello, una lepre e forse anche un agnello; tra le figure umane, un uomo vestito ed uno nudo.
- Le sculture del secondo arco occupano solo lo spigolo tra archivolto e intradosso e rappresentano ciuffi di foglie d'acanto, intervallate da larghi spazi vuoti. Sulla chiave di volta è rappresentato forse San Lorenzo, santo molto venerato dalla comunità cristiana di Ancona, specie nei primi secoli, e a cui era dedicata la chiesa prima della trasformazione in cattedrale[64].
- Anche nel terzo arco, come nel precedente, le sculture occupano solo lo spigolo tra archivolto e intradosso; esse rappresentano foglie di acanto popolate da aquilotti che beccano; alla base dei due lati si trovano due teste umane. Sulla chiave di volta è rappresentato un santo benedicente, forse Santo Stefano, data l'importanza a lui attribuita dalla comunità cristiana di Ancona nei primi secoli dell'introduzione del Cristianesimo[64].
- Il quarto arco ha la figurazione simbolica più complessa e più ricca di significati, mutuata dal repertorio biblico e da quello orientale; comprende animali fantastici e personaggi dall'aspetto bizzarro. Ogni coppia di immagini è intervallata dal simbolo cristologico del pesce. Le figure sono rappresentate spesso con cappucci e fardelli da viaggio retti da un bastone; tra esse si notano un centauro-sagittario, una sirena, cani, pesci, uccelli con testa felina, uomini con testa di unicorno, grifoni. Sulle basi di entrambi i lati sono raffigurate due teste umane, forse Adamo ed Eva. Le figure sono poste secondo una simmetria speculare quasi perfetta tra lato destro e lato sinistro, con l'unica eccezione del centauro-sagittario di sinistra a cui corrisponde un pavone con la coda alzata di destra. Sul culmine è rappresentato un santo vescovo benedicente, con aureola, mitra e infule, forse San Ciriaco, santo nato a Gerusalemme a cui è dedicata cattedrale, che secondo la tradizione fu acclamato vescovo di Ancona durante un suo pellegrinaggio a Roma e che poi subì il martirio sotto Giuliano l'apostata.
- Nel quinto arco è rappresentata l'assemblea celeste, ossia un corteo di martiri che tengono con una mano la palma del martirio, in alcuni casi accompagnata dai frutti, e con l'altra il Vangelo. I martiri, uomini e donne, ciascuno con una diversa fisionomia, sono quattordici per lato, convergenti verso la chiave di volta, su cui è rappresentato Cristo benedicente e con il Vangelo, con aureola, tunica e pallio. Cristo è affiancato da San Paolo e San Pietro con i loro attributi classici: la spada e le due chiavi; la spada di San Paolo ha la punta simbolicamente spezzata.
L'interpretazione del programma iconografico simbolico dei cinque archi era all'epoca della costruzione facilmente ricavabile da qualunque fedele, a cui comunicava il difficile percorso verso il raggiungimento della salvezza, rappresentata dalle figure poste al centro dei vari archi e dalla gloria celeste raffigurata nell'arco più esterno. Il percorso verso queste alte mete viene mostrato come un'evoluzione personale, fatta di varie fasi, rappresentate dalle varie figure simboliche.
Esterni
modificaTutt'intorno, l'edificio si presenta come una poderosa e luminosa massa in pietra bianca del Conero e, nella facciata principale, in marmo greco, movimentata dalle absidi sporgenti dai transetti e dall'alzarsi del piano della navata mediana; il tutto è incentrato sullo slancio della cupola nella crociera. Una fine decorazione ad archetti pensili di gusto lombardo profila tutte le superfici e crea bei giochi di chiaroscuri.
Isolato dal corpo principale sorge il campanile di cui si hanno notizie fin dal 1314 e che sorge sulla base di una torre militare tardo-duecentesca. Si hanno notizie di un grande orologio posizionato sulla facciata rivolta verso la sottostante piazza del Senato, risalente all'XI secolo e poi rimosso. Le monofore sotto la cella campanaria furono riaperte negli anni '60 del secolo scorso, dopo essere state obliterate nel secolo XVI per ragioni statiche a seguito di un incendio provocato da una negligenza del sacrista.
L'abside del braccio sinistro ha un cornicione con archetti pensili le cui colonne, perdute, originariamente poggiavano su protomi di animali simbolici: una pecora, un leone, una chimera, un elefante, un montone, una pantera, un ariete, un secondo elefante, un cane, un bue, una seconda chimera e un felino. Ancora più sotto, si allunga una fila di archetti ciechi. L'abside destra ha una decorazione simile, ma senza sculture simboliche.
Sul fianco destro del braccio longitudinale si aprono due portali laterali; è stato ipotizzato che il più vicino all'ingresso, con un piccolo protiro, sia stato originariamente posto sulla facciata principale, prima della costruzione del protiro attuale. Questo portale presenta sculture simboliche simili a quelle del portale principale, tra cui due basilischi; ciascuno di essi si volta indietro atterrito perché ghermito da due grifoni. La stessa scena si ripete con due arpie, anch'esse messe in fuga da basilischi[65].
Cupola
modificaSan Ciriaco ha una delle più antiche cupole medievali d'Italia[25]. Di forma ogivale con tamburo dodecagonale poggiante su una base quadrata decorata ad archetti, venne alzata nell'incrocio dei bracci nel XIII secolo; da alcuni viene attribuita a Margaritone d'Arezzo (1270). Rappresenta uno degli sporadici esempi nell'architettura del periodo in cui si vede una cupola posta a coronamento di una chiesa, e non di un battistero; altri esempi sono le cupole della Basilica di Sant'Antonio di Padova (1235) e quelle della Basilica di San Marco a Venezia (1094, ricostruite nel XIII secolo).
Nel XVI secolo venne realizzata la copertura in rame che ancor oggi la caratterizza nel panorama cittadino.
Interno
modificaTesto dell'iscrizione:
hic recvbo montis accola chymerici
vnde mare et terras tenebrosvmq[ve] aera cerno
et video celvm quod colo syderevm»
*Il termine "chymericus" si riferisce al colle del Duomo monte Conero, in latino Cumerus.
L'interno è a croce greca a tre navate, con tre campate in ogni braccio. Come in tutte le cattedrali romaniche, l'interno è dominato da giochi di luci e di ombre: l'ombra non è l'inverso della luce, ma serve a metterla in risalto; i raggi del sole, che entrano dai rosoni e dalle monofore, sono il simbolo della presenza di Dio, mettono in risalto le architetture e invitano i fedeli al raccoglimento[66].
Le colonne e i loro capitelli bizantini sono di vario tipo, secondo lo schema riportato di seguito[67].
- Corpo longitudinale:
- sette colonne uguali di marmo greco proconnesio e una (l'ultima della navata sinistra, con tracce di affresco) di granito grigio orientale, tutte sormontate da capitelli marmorei di tipo corinzio teodosiano;
- tre di queste colonne (la prima e la seconda colonna di sinistra e la seconda colonna di destra) hanno invece come base pulvini bizantini rovesciati, probabilmente importati da Costantinopoli, decorati solo sulla fronte, con una croce inserita in una composizione fogliare;
- le altre cinque colonne poggiano su un dado quadrato.
- Braccio destro del transetto:
- due colonne di marmo greco proconnesio, di diametro 1,96 m, con capitelli ionici ad imposta, di stile bizantino-ravennate;
- due colonne di marmo greco proconnesio, di diametro minore (1,50 m) e più basse e delle altre, con capitelli ionici ad imposta, di stile bizantino-ravennate, di cui quello della prima colonna a destra è di imitazione medievale;
- la prima colonna sinistra del braccio del Crocifisso ha come base un cippo di tomba romana.
- Braccio sinistro del transetto:
- due colonne di granito grigio su alto basamento, con capitelli compositi decorati finemente;
- due pilastri con capitelli a smussi angolari.
La presenza di tipologie così diverse di colonne e di capitelli è stata spiegata con il reimpiego di elementi provenienti dalla fasi precedenti dell'edificio. In particolare si ipotizza che le quattordici colonne di altezza uguale siano quelle che sostenevano la chiesa paleocristiana di San Lorenzo, che doveva quindi avere tre navate con sette colonne per lato[68]. Anche i capitelli di tipo corinzio teodosiano sono di reimpiego; d'altronde, ciascun gruppo di capitelli oggi presenti nella chiesa è di tipo costantinopolitano, la cui produzione si colloca tra la seconda metà del V e la prima metà del VI secolo, ossia nel periodo di costruzione della chiesa di San Lorenzo, per la quale vennero appositamente realizzati dagli opifici collegati alle cave del Proconneso[69]. Come si evince dagli elenchi riportati sopra, i diversi elementi della basilica paleocristiana di San Lorenzo furono ricollocati nella nuova chiesa a croce greca in base alle loro caratteristiche, per creare insiemi omogenei[67].
Al centro della crociera è la slanciata cupola dodecagonale costolonata, con pennacchi sorretti simbolicamente da figure bizantineggianti di angeli oranti. La cupola poggia su pilastri cruciformi polistili; gli archi rampanti che la collegano alle pareti esterne hanno la peculiare caratteristica di essere posti all'interno e non all'esterno della costruzione, come di consueto negli edifici gotici; probabilmente ciò è stato attuato per non alterare l'armonia della costruzione romanica, già completa nel momento dell'innalzamento della cupola.
Le navate centrali sono coperte da pregiate volte lignee a carena di nave rovesciata, tipiche anche dell'arte veneziana; queste volte sono dipinte a motivi geometrici e risalgono al XIV - XV secolo[21].
Nella pavimentazione sono segnati i lati dell'antico Tempio di Afrodite, con fasce di pietra rossa; una lastra di vetro, in corrispondenza di una colonna, permette di vedere un piccolo tratto delle fondazioni del tempio.
Braccio longitudinale
modificaIl braccio longitudinale termina con il presbiterio, dietro al quale si trova la cappella del coro, realizzata nel XIV secolo per volere testamentario del cardinale-guerriero Egidio Albornoz, il cui stemma infatti si trova sull'arco trionfale; la costruzione di questa cappella, prolungando il corpo longitudinale, alterò la percezione della planimetria a croce greca. Nel 1464 vennero tumulati dietro all'altare i precordi di papa Pio II, morto ad Ancona in procinto di imbarcarsi alla guida di una spedizione militare volta a contrastare i turchi ottomani, che dopo aver conquistato Costantinopoli stavano per prendere possesso di tutto l'Impero bizantino. Nel Settecento, il vescovo Prospero Lambertini, futuro papa Benedetto XIV, rinnovò la cappella del coro e fece realizzare un nuovo, monumentale altare maggiore, che schermava e metteva in ombra la cappella retrostante, ristabilendo otticamente l'armonia della croce greca[70]; lo smembramento di questo altare, avvenuto nel 2022[52], e il nuovo impianto di illuminazione hanno annullato questa correzione ottica rendendo il coro completamente visibile, cosa che ha suscitato vibranti proteste[36]. Si è ipotizzato che anche questo braccio, come i due laterali, terminasse in origine con un'abside, demolita durante i lavori di costruzione del coro. L'iscrizione che corre lungo il fregio della cappella del coro ricorda il committente della sua costruzione:
L'ambone è dell'VIII secolo ed è composto da due pezzi, mancanti della parte inferiore; ciascuno di essi ha una decorazione tripartita, con colonnine tortili reggenti archi e timpani, che racchiudono calici da cui fuoriescono motivi a spirale. L'iscrizione che corre lungo il lato alto riporta il nome del committente (Andreas) e l'arcivescovo di Ravenna Sergio; ciò fa datare il manufatto all'epoca in cui Ancona era parte della Pentapoli marittima, territorio bizantino dell'Esarcato d'Italia[71]. L'ambone proviene dal Museo diocesano ed è stato posto in cattedrale nel 2006[49].
A sinistra e a destra del coro si aprono rispettivamente la cappella del Sacramento, e quella di San Lorenzo, costruite alla fine del XV secolo[72].
Si segnalano i seguenti monumenti sepolcrali rinascimentali collocati nel braccio longitudinale.
- Monumento sepolcrale del beato francescano Girolamo Ginelli (1509). Posto al termine della navata laterale sinistra, è una pregevole opera eseguita dall'artista rinascimentale Giovanni Dalmata, con epigrafe poetica che ricorda la vita solitaria e contemplativa del frate francescano, condotta nell'eremo di San Pietro a monte Conero. Sul sepolcro è raffigurato Girolamo Ginelli giacente e sopra a lui Cristo risorto tra Giovanni Battista, con un lungo bastone sormontato da una piccola croce, e San Girolamo, con il libro della Vulgata e una pietra; i due santi vissero periodi di eremitaggio come Girolamo Ginelli. Il sarcofago reca al centro il monogramma di Cristo con la sigla IHS al centro di un Sole con dodici raggi serpeggianti, cioè nella forma diffusa da san Bernardino da Siena, anch'egli francescano. Ai lati del sarcofago sono scolpiti due stemmi: a destra il cavaliere dello stemma di Ancona, a sinistra il leone rampante della famiglia Ginelli. Ai lati dell'iscrizione si trovano invece due angeli[73].
- Monumento sepolcrale di Francesco Nobili (1530). Posto all'inizio della navata laterale sinistra e dedicato a un guerriero fermano, gli è stato innalzato dalla moglie; di lui si sa solo ciò che testimonia l'epigrafe, ossia che si trasferì ad Ancona per evitare le lotte tra le famiglie più potenti che a quel tempo imperversavano nella sua città natale[74].
- Monumento sepolcrale di Giovanni Ferretti (1558). Situato al termine della navata laterale destra è dedicato al nobile anconetano, ambasciatore. Di stile tibaldesco, consiste in un busto del defunto nelle vesti di antico romano, con due geni alati, due telamoni laterali e due iscrizioni[74].
Braccio destro
modificaI bracci laterali terminano con presbiteri sopraelevati su cripte e terminanti con absidi. Il braccio destro è dedicato al Crocifisso, e prende nome dal crocifisso ligneo che si erge dietro all'altare. Quello attualmente presente è del XVIII secolo e sostituisce quello distrutto a causa dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, che era un dipinto su tavola del XIII secolo di arte bizantina, attribuito a Giunta Pisano e proveniente dalla chiesa di San Francesco ad Alto[74][75].
I parapetti sono composti da preziosi plutei di arte bizantina, risalenti al 1189, opera di un maestro Leonardo, incaricato dal vescovo Berardo (o Beraldo); l'insieme è perciò detto "pluteo di Beraldo". Esso riporta figure di santi, profeti e animali simbolici ed è considerato unanimemente il capolavoro della scultura a incrostazione di mastice bizantina[76], in cui il fondo è scavato, in modo da poterlo ricoprire con mastice colorato che fa spiccare le figure rappresentate.
Le immagini a sinistra della scalinata, tutte accompagnate da iscrizioni, rappresentano:
- Re David e la Vergine annunziata;
- Arcangelo Gabriele annunziante e San Giovanni Evangelista;
- Geremia e Abacuc;
- San Ciriaco.
Le immagini a destra della scalinata sono invece:
- due fenici affrontate, con i colli intrecciati e che si guardano, su un albero di melograno a nove rami;
- un'aquila che tiene un coniglio con gli artigli;
- due pavoni con la coda abbassata e chiusa e dunque simbolo dell'umiltà, affrontati e con il capo rivolto all'indietro, su un albero a tre rami; quest'immagine è stata scelta come emblema dell'Università di Ancona;
- due grifoni posti di schiena l'uno contro l'altro mentre si guardano, su un albero a sette rami e con fiori di giglio.
-
Plutei di sinistra (1189): Re Davide, Vergine Annunziata, Arcangelo Gabriele, San Giovanni Evangelista, Geremia, Abacuc.
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Plutei di destra: fenici, aquila e coniglio, pavoni, grifoni.
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Braccio del Crocifisso
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L'emblema dell'Università Politecnica delle Marche di Ancona, simbolo dell'umiltà necessaria all'uomo di Scienza, tratto da un'immagine presente sui plutei del transetto destro.
Cripta delle Lacrime
modificaLa Cripta delle Lacrime si trova sotto il braccio del Crocifisso ed è stata costruita tra la fine del X secolo e l'inizio dell'XI, quando la pianta della chiesa fu trasformata in croce greca, simmetricamente alla già presente Cripta delle Lacrime. Conserva le tombe di alcuni dei vescovi della diocesi. Fino al 1943 fu la sede della prima raccolta di antichità cristiane, confluite dopo la guerra nel vicino museo. Venne devastata in seguito ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, ed è stata ricostruita con i materiali originari. Da essa è possibile accedere alla zona archeologica del tempio di Afrodite e della basilica di San Lorenzo.
All'interno della cripta sono esposte due importanti reliquie:
- la "memoria di Santo Stefano" - si tratta della teca che accoglie il sasso che colpì il protomartire durante la lapidazione, al cui arrivo in Ancona si deve l'introduzione del cristianesimo in città;
- la teca con il cranio di San Giacomo minore - una ricognizione del 1873 ha appurato, in seguito alla scoperta del segno dei colpi inferti all'apostolo, l'effettiva appartenenza del cranio custodito in Ancona al suo corpo, mentre i suoi altri resti mortali sono conservati a Roma, nella basilica dei Santi XII Apostoli[77].
Braccio sinistro
modificaIl braccio sinistro, anch'esso terminante con un'abside, è dedicato alla Madonna, in quanto accoglie una sfarzosa edicola marmorea del 1739, opera dell'architetto Vanvitelli e ospitante la venerata immagine della "Regina di tutti i Santi", sino a quel momento esposta nella Cripta dei Protettori. Questa immagine venne donata alla chiesa nel 1615 dal mercante veneziano Bartolo (o Bortolo), come ex-voto per aver ottenuto la salvezza del figlio, che era caduto in mare al largo della città e che le onde avevano riportato sull'imbarcazione. Il dipinto è stato al centro del miracolo mariano di San Ciriaco.
Ogni castello di Ancona (Monte San Vito, Fiumesino, Cassero, Camerata Picena, Castel d'Emilio, Falconara, Agugliano, Polverigi, Offagna, Bolignano, Camerano, Poggio, Massignano, Varano, Sirolo, Numana, Paterno, Sappanico, Gallignano, Montesicuro) aveva il compito di rifornire di olio una delle lampade pendenti che circondano l'edicola.
Alla destra dell'edicola si trova una croce astile devozionale, opera moderna di Valeriano Trubbiani. Dietro all'edicola, invece, sono visibili sul muro dell'abside le tracce della cattedra marmorea della precedente chiesa di San Lorenzo.
Cripta dei Protettori
modificaLa Cripta dei Santi Protettori si trova sotto il braccio della Madonna Regina di tutti i Santi; si trova sullo stesso piano del tempio greco e fu costruita intorno all'anno Mille, quando la basilica di San Lorenzo ebbe il titolo di cattedrale, con lo scopo precipuo di accogliere le spoglie dei santi protettori della città e in particolare il sarcofago del patrono principale, San Ciriaco, di bizantino, in marmo imezio, che precedentemente, sin dall'arrivo del corpo ad Ancona nel 433-435, era custodito nella prima cattedrale cittadina, la basilica di Santo Stefano.
Nel 1755, l'aspetto della cripta è stato completamente trasformato, ad opera dell'architetto Francesco Ciaraffoni, che inglobò le colonne originarie in pilastri di marmo verde, e dello scultore Gioacchino Varlè che ricoprì completamente di decorazioni il sarcofago di San Ciriaco e realizzò due preziose urne, con fastose decorazioni a festoni bronzei dorati, che da allora custodiscono i resti di San Liberio e di San Marcellino, in diaspro rosso di Sicilia. Inoltre, nel sarcofago di San Ciriaco venne tolta la parete frontale, sostituendola con un pannello mobile e cernierato che potesse consentire l'esposizione del corpo in occasioni particolari. Venne inoltre rimossa l'inferriata che da secoli chiudeva senza alcuna possibilità di accesso la zona dell'altare, per prevenire furti dei corpi dei santi, che all'epoca erano frequenti. Prima di questo intervento, le spoglie di San Liberio erano custodite nel sarcofago di Flavio Gorgonio, ora custodito al Museo diocesano. Nell'occasione, venne effettuata una ricognizione dei resti mortali dei santi[78]. Il pastorale e l'anello di San Ciriaco sono dono di papa Benedetto XVI[79].
Nel mese di maggio, in cui ricorre la festa di San Ciriaco, il pannello mobile frontale di bronzo dorato viene rimosso per mostrare, dietro ad una teca di vetro[80], il corpo del santo, testimonianza della sua vita e del suo martirio: nella ricognizione del 1979, effettuata con moderni metodi scientifici, molti dettagli del martirio tramandati dalla tradizione hanno trovato conferma, e in particolare l'ingestione forzata di piombo fuso[46].
Nella cripta si aprono quattro cappelle laterali, erette tra il 1766 e il 1782, descritte di seguito, nell'ordine in cui si incontrano scenendo dalla scala d'accesso più vicina all'ingresso principale della chiesa e percorrendo la cripta in senso orario[81].
- Cappella di Sant'Anna (madre di San Ciriaco): accoglie l'urna del beato Antonio Fatati, di Francesco Ciaraffoni, e il tondo dipinto da Giuseppe Pallavicini La Vergine e Sant'Anna, su pietra di paragone; tra questa cappella e la successiva è il ritratto di papa Pio VII, di Melchiorre Jeli, dipinto ad olio su un ovale di alabastro[82].
- Cappella della Flagellazione: sopra all'altare si trova il quadro omonimo di Francesco Caccianiga.
- Cappella di Santa Palazia: vi è posta l'urna seicentesca, di ispirazione berniniana, con le ceneri della Santa e della sua nutrice Laurenzia, e un tondo marmoreo rappresentante una Pietà, copia da Giovanni Angelo Montorsoli; Tra questa cappella e la successiva è il ritratto di papa Pio VI, di Melchiorre Jeli, simmetrico all'altro e anch'esso dipinto ad olio su un ovale di alabastro. I due papi ritratti da Jeli sostarono ad Ancona nel periodo napoleonico; Pio VII, in particolare, di ritorno dalla cattività francese, incoronò il quadro della Regina di tutti i Santi.
- Cappella dell'Addolorata: sopra all'altare si trova il quadro di Francesco Caccianiga Vergine dei dolori tra i santi Benvenuto e Costanzo.
Le pitture
modificaLa Cattedrale ha pochi dipinti al suo interno; la maggior parte di questi si trova nelle cappelle con cui termina il braccio del presbiterio, eccezion fatta per il quadro della Madonna Regina di tutti i Santi, collocato nell'edicola vanvitelliana, nel braccio sinistro, e per la tavola cinquecentesca di Luca d'Ancona Madonna col Bambino e i santi Ciriaco e Primiano, posta sopra alla porta che conduce alla sagrestia[83].
Nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1936 il quadro di Maria Regina di tutti i Santi, allora custodito presso l'episcopio, fu rubato da ignoti e ritrovato un mese dopo circa, spogliato degli ornamenti, nella cappella di Tor Mezzavia di Albano Laziale. Fu riportato ad Ancona il 31 gennaio 1937[84].
Sull'altare maggiore si trova collocato Il Cristo Risorto, dipinto realizzato dal bolognese Ercole Fava, in sostituzione di uno stucco, raffigurante un soggetto analogo, di Pellegrino Tibaldi[85]. Ai lati, sopra al retrostante coro ligneo, si trovano due tele del pittore anconetano Domenico Simonetti, detto il Magatta: L'incoronazione della Vergine Assunta e L'apparizione della vera Croce a San Ciriaco vescovo tra i Santi Marcellino vescovo, Liberio Monaco, Palazia e Lorenza[85].
Nella cappella di san Lorenzo era presente il celebrato dipinto di Francesco Podesti Martirio di San Lorenzo, che aveva procurato al pittore la nomina a membro dell'Accademia di San Luca. Distrutto dai bombardamenti del 1943 è oggi sostituito dalla copia dipinta da Umberto Polenti e Cesare(?) Peruzzi. Il bozzetto preparatorio originario è esposto alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma[85][86].
Nella cappella del Santissimo Sacramento, a sinistra dell'altare, è collocata la tela di Filippo Bellini Celebrazione della S. Messa per le anime del Purgatorio,[87] proveniente dall'altare della Cripta dei Santi Protettori e databile tra 1577 e 1585.[88]
Sopra all'altare di San Giuseppe, nella cappella del SS. Sacramento, era presente anche un affresco di Piero della Francesca, uno Sposalizio della Vergine, coperto di intonaco nel 1821[89][29].
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Polenti e Peruzzi, Martirio di San Lorenzo (copia dall'originale di Francesco Podesti)
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Ercole Fava, Cristo Risorto, 1731
-
Soluzione d'angolo tra braccio longitudinale e transetto destro
Prodigio della Madonna del Duomo
modificaIl quadro della Madonna Regina di tutti i Santi, chiamata dagli anconetani Madonna del Duomo, fu donato alla Cattedrale di Ancona nel 1615 da un marinaio veneziano di nome Bartolo, come ringraziamento per aver salvato suo figlio dal mare in tempesta. Da allora il quadro della Vergine è oggetto di profonda devozione da parte di molti fedeli anconetani.
Alcuni cronisti parlano di un miracolo avvenuto la sera del 25 giugno 1796, davanti ad alcuni fedeli che stavano recitando le litanie alla Madonna. Secondo queste cronache il quadro avrebbe aperto gli occhi e sorriso, anche nei giorni seguenti. In quel periodo si era diffusa in città la notizia della vittoria di Napoleone Bonaparte e la firma dell'armistizio che prevedeva la cessione di Bologna, Ferrara ed Ancona e la possibilità, da parte dei francesi, di confiscare i beni della Chiesa.
In base alla testimonianza del Vicario Generale e di altri testimoni, la Chiesa cattolica, ancora sotto minaccia napoleonica, decise di interpretare il prodigio come una protezione dal cielo sulla città, sperando di rinforzare gli animi della fazione anti-francese.
L'11 gennaio 1797 Napoleone Bonaparte, arrivato ad Ancona, decise di non confiscare i gioielli e gli ornamenti del Duomo. Secondo alcuni storici ciò fu dovuto ad un mero calcolo politico: i francesi volevano evitare attriti con la fazione cattolica della città, cercando di trovare un accordo con essa. Tra l'altro un esponente della municipalità filofrancese, l'israelita Sansone Costantini sembra influì positivamente per la salvaguardia del simulacro, memore della reazione della gente del porto subita anni addietro a causa della rimozione da lui effettuata di un'immagine della Vergine già posta all'esterno di una casa che aveva acquistato. Per altri questa decisione fu presa per un intervento divino.
Il 13 maggio 1814 papa Pio VII, durante un breve soggiorno ad Ancona, incoronò il venerato quadro[90].
L'immagine del Duomo nell'arte
modificaLa cattedrale di San Ciriaco è da sempre il simbolo religioso della città di Ancona, come l'Arco di Traiano ne è il simbolo laico; infatti, entrambi per la loro posizione affacciata sul mare rappresentano i primi punti di riferimento ragguardevoli della città che il navigatore nota avvicinandosi al porto. Dal 1789, quando per volontà di papa Pio VI venne aperta la strada litoranea, nuovo accesso urbano da nord (oggi Via Marconi e via XXIX Settembre), anche a chi arriva da terra la città si presenta attraverso il panorama sul colle Guasco e sul Duomo.
La cattedrale, con la sua posizione inusuale, sulla cima di una collina protesa sul mare, è un punto di riferimento per i naviganti, che avvistandola capiscono di avvicinarsi al porto; inoltre, il fatto che questa chiesa sia visibile da lontano sparge tutt'attorno la luce della spiritualità che essa rappresenta. Queste caratteristiche della cattedrale anconetana colpirono gli artisti rinascimentali, che utilizzarono l'immagine del Duomo per permettere l'identificazione di Ancona nei loro dipinti; inoltre, l'aspetto orientaleggiante della chiesa, dovuto agli influssi dell'arte bizantina, era utile per rappresentare città del levante mediterraneo non conosciute nel loro aspetto, come Gerusalemme o Alessandria d'Egitto[91][92].
L'affresco Pio II giunge ad Ancona per dare inizio alla crociata, realizzato dal Pinturicchio tra il 1502 e il 1507 nella Libreria Piccolomini del Duomo di Siena, ricorda l'ultima impresa di Pio II[93]: la crociata contro i turchi conquistatori di Costantinopoli. Sullo sfondo ci sono il porto di Ancona, con le galee veneziane in arrivo dal mare, le mura trecentesche della città, l'arco di Traiano, e il Colle Guasco con sulla sommità la cattedrale di San Ciriaco, che il pittore perugino rappresenta in forma fantastica, in stile rinascimentale, privandola della caratteristica cupola e dei suoi caratteri più gotici e inserendo un altissimo campanile[91][92].
Nel dipinto di Vittore Carpaccio Predica di santo Stefano del 1514, oggi conservato al Museo del Louvre di Parigi, parte del ciclo dei cinque teleri eseguiti dal pittore veneto per la Scuola di Santo Stefano di Venezia, dietro il Santo che predica in piedi su un rudere di una struttura architettonica, è ritratto un insieme di edifici all'orientale intonacati di bianco, con cupolette e altre invenzioni architettoniche, che dovrebbe rappresentare una Gerusalemme di fantasia. Tra questi edifici è riconoscibilissimo l'anconetano arco di Traiano, così come nella struttura con cupola e torre al fianco in cima alla collina alcuni hanno individuato un'immagine rielaborata della cattedrale di San Ciriaco[91][92].
Altro dipinto di Carpaccio in cui è raffigurato il Duomo è San Giorgio e il drago, conservato nella Scuola di San Giorgio degli Schiavoni a Venezia. Qui l'immagine orientaleggiante della cattedrale anconitana è utilizzata per evocare l'aspetto esotico di Silene di Libia[91][92].
Altra notevole rappresentazione rinascimentale del Duomo, più fedele all'originale, è nell'opera di Giovanni Bellini, Vittore Belliniano e Lorenzo Lotto, Martirio di San Marco, dipinta nel 1526 per la Scuola Grande di San Marco e conservata alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. La chiesa è qui raffigurata con la mezzaluna sulla sommità della cupola, come fosse una moschea, per suggerire l'atmosfera orientale della città di Alessandria d'Egitto[91][92].
Altra opera in cui il Duomo serve per rappresentare una città orientale, in questo caso Gerusalemme, è la Crocifissione di Giovanni Bellini, del 1530, in cui, dietro alla croce è rappresentato il Duomo, anche in questo caso in forme molto realistiche[91][92].
Nella Galleria delle Carte Geografiche dei Palazzi Vaticani, Antonio Danti, oltre che le carte geografiche di tutte le regioni italiane, rappresenta anche vedute aeree dei quattro porti italiani principali dell'epoca; nel caso di Ancona, il punto di vista scelto è il centro del porto, con il Duomo che spicca nel panorama per consentire l'identificazione della città (1580/1583)[94][95].
Oltre ai dipinti citati, i più noti per l'importanza degli autori, il Duomo di Ancona è stato raffigurato innumerevoli volte da artisti locali e nelle guide illustrate della città[47].
Eventi bellici
modificaA causa della vicinanza al porto e per il suo ruolo di simbolo della città il Duomo fu oggetto di bombardamenti durante i due conflitti mondiali.
Già durante l'assedio di Ancona del 1860 la cattedrale potrebbe essere stata oggetto di lesioni attribuibili ad alcuni tipi di proiettili conici usati nel corso dell'attacco piemontese alla città[96].
All'alba del primo giorno della Prima guerra mondiale, il 24 maggio 1915, la marina imperiale austro-ungarica si mosse dal porto di Pola e, giunta davanti alla costa adriatica italiana inflisse gravi danni alle città rivierasche, del tutto impreparate a fronteggiare tale attacco-lampo. Il porto e la città di Ancona, importante centro militare della Regia Marina, subirono un pesante bombardamento dal mare, dalle quattro alle sei del mattino, ad opera del cacciatorpediniere Dinara e della nave silurante Tb 53T, a seguito del quale morirono 63 persone, tra militari e civili italiani[97]. Gli austriaci colpirono il cantiere navale e la cappella del Santissimo Sacramento del Duomo di San Ciriaco, che venne seriamente danneggiata da otto cannonate austriache[98].
Durante la Seconda guerra mondiale, il 1º novembre del 1943 i bombardieri alleati effettuarono un'incursione aerea sul centro storico di Ancona: tre grosse formazioni di 24 apparecchi quadrimotori ciascuno, per più di un'ora bombardarono la città. In un solo giorno morirono 2.000 persone e venne colpito il braccio del Crocifisso della Cattedrale di San Ciriaco.
I danni subiti dalla Cattedrale di San Ciriaco vennero evidenziati in un francobollo della seconda serie propagandistica "Monumenti distrutti" di 10 valori più un espresso, emessa dalle Poste della Repubblica Sociale Italiana tra l'agosto 1944 e il marzo 1945. La prima tiratura del francobollo fu stampata il 27.10.1944 in 2.000.000 di esemplari su fogli doppi da 100 pezzi l'uno, in rotocalco senza filigrana, dalla sezione di Novara dell'Istituto Poligrafico dello Stato, in color seppia, valore 5 centesimi[99].
Ancora oggi sul lato sinistro del Duomo di Ancona si possono vedere alcune lesioni belliche[100] apparentemente riferibili a danni da schegge da bombardamento, che potrebbero risalire al periodo relativo al secondo conflitto mondiale.
Il Duomo nel film Ossessione
modificaNel film Ossessione, capolavoro di Luchino Visconti (1943), considerato il primo film neorealista, una delle sequenze centrali è stata girata sul piazzale del Duomo. Il protagonista Gino (Massimo Girotti) e il suo amico "lo spagnolo" (Elio Marcuzzo) si siedono con le gambe a penzoloni sul muretto del belvedere del piazzale del Duomo. Lo sguardo sognante di Gino è perso a scrutare l’orizzonte lontano alla ricerca di uno spazio interiore nel quale rifugiarsi e porre fine alla sua esistenza vagabonda. Nello sfondo dell'inquadratura si nota sul colmo del tetto della cattedrale un personaggio vestito di chiaro, in compagnia di alcuni operai: si tratta dell'allora trentacinquenne Riccardo Pacini, soprintendente ai monumenti che proprio nel 1942 fu richiamato ad Ancona per guidare le attività a protezione e salvaguardia degli edifici dorici dal rischio dei bombardamenti. Del Duomo venne "imballato" il protiro principale, ed "evidenziato" il tetto del braccio sopra il coro con un rettangolo orlato di giallo con all'interno due campi bianco e nero suddivisi da diagonale (simbologia per segnalare agli aerei da bombardamento gli edifici monumentali). La macchina da presa scorre poi in panoramica sulle banchine del porto ingombro di navi, su cui Gino sogna di imbarcarsi per iniziare una nuova vita. La sequenza del film continua e riprende il campanile del Duomo e l’edificio che gli stava accanto (oggi non più esistente) incluso negli antichi annessi di servizio alla cattedrale[101].
Note
modifica- ^ a b (EN) Basilica Cattedrale di S. Ciriaco, su GCatholic.org. URL consultato il 24 maggio 2022.
- ^ a b Regio decreto 21 novembre 1940, n. 1746
- ^ a b
- Discorso di Giovanni Paolo II, su vatican.va.
- Omelia di Giovanni Paolo II, su vatican.va.
- ^ Centanni 1996, p. 36-39
- ^ In contrasto con tutti gli altri autori, Paolo Piva sostiene che la terza fase ("la basilica di San Lorenzo diventa cattedrale") non è supportata da prove e quindi non sarebbe mai avvenuta. Si veda: Piva 2012 Nello stesso volume, nel capitolo di aggiornamento di Cristiano Cerioni, si rivaluta invece questa fase, alla luce di Polichetti 2003
- ^ a b c Tra la vasta letteratura in proposito, si veda:
- Bacchielli 1985, pp. 106-137
- Coppola 1993, pp. 189-191
- Bacchielli 1996, pp. 49-55
- ^ Afrodite (PDF), su adriaskolpos.comune.rimini.it. URL consultato il 10 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2018).
- ^ È interessante notare che, nella versione originale del carme di Catullo, il termine Ancona è un accusativo con desinenza greca; in latino, e specialmente in poesia, il nome della città è sentito come un termine greco e ciò ne influenza la declinazione. Il termine greco Ἀγκών è infatti della terza declinazione e del gruppo dei nomi con tema in nasale; pertanto all'accusativo fa Ἀγκῶνα.
- ^ Mario Natalucci, Ancon dorica, in Natalucci 1960, p. 42, nota 1. Secondo Natalucci, gli autori antichi che sostenevano che il Duomo fosse stato edificato sopra al tempio pagano erano il Saracini e il Peruzzi.
- ^
- Si veda in primis Agostino Peruzzi, Storia d'Ancona dalla sua fondazione all'anno MDXXXII, vol. 1, Pesaro, tipografia Nobili, 1835, p. 18.
- Bibliografia in merito riassunta da Bacchielli 1985, p. 107, ripreso da Cordano 1993, p. 145, in Braccesi 1993.
- ^ Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco e culti minori, L'Erma di Bretschneider, 2004, p. 196.
- ^ Mario Natalucci, Ancon dorica, in Natalucci 1960, p. 42, nota 1. L'autore dice espressamente che la scoperta di quelle colonne fu "cosa da pochi notata".
- ^ Lo studioso che per primo ha formulato l'ipotesi del tempio dorico è stato l'archeologo Lidiano Bacchielli, nell'articolo Domus Veneris quam dorica sustinet Ancona, in Archeologia Classica volume XXXVII, 1985 (pagine 106-137) - l'estratto dell'articolo è stato nel pubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985; lo stesso Lidiano Bacchielli ha poi ripreso l'argomento, con nuove considerazioni, in Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in Centanni 1996, p. 49–55
- ^ Lo studioso che ha proposto per primo l'ipotesi del tempio corinzio è Mario Luni, in Polichetti 2003, p. 49-93
- ^
- Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona: fonti e documentazione archeologica, in Centanni 1996, p. 49–55
- Stefania Sebastiani, Ancona, forma ed urbanistica, della collana Città antiche d'Italia, L'Erma di Bretschneider, 1996, pagina 33.
- ^ È Sant'Agostino ad informarci di ciò, in due diversi discorsi: il 322 e il 323. Si veda:
- Discorso 323, su augustinus.it.
- Discorso 322, su augustinus.it.
- ^ Gli studiosi per secoli hanno cercato di identificare il primitivo luogo in cui la reliquia di Santo Stefano fosse custodita, ossia il primitivo luogo di culto cristiano di Ancona, sorto nell'epoca in cui ancora le persecuzioni non erano finite. L'unico dato certo è la localizzazione di questo luogo di culto fuori dalle mura, attestata dalle parole di San Gregorio Magno: Iuxta eam namque civitatem ecclesia beati martyris Stephani sita est - Libro I, Migne, PL, tom. 77, col. 177. La chiesa di Santo Stefano, poi la prima cattedrale di Ancona, è situata dalla tradizione sul colle Astagno, mentre gli studi più recenti la identificano nella basilica sottostante la chiuesa di Santa Maria della Piazza, che è in effetti fuori dalla cinta muraria romana, per quanto a essa addossata. Si veda:
- Maria Luisa Canti Polichetti, Santa Maria della Piazza, Editrice Sagraf, 1981.
- Maria Luisa Polichetti, San Ciriaco: la cattedrale di Ancona., in Polichetti 2003, p. 17
- ^ Letizia Pani ermini, La chiesa di San Lorenzo, in Maria Luisa Polichetti, San Ciriaco: la cattedrale di Ancona, vol. 1, F. Motta, 2003.
- ^ Per tutta la sezione: Maria Luisa Polichetti, La cattedrale di Ancona. in Polichetti 2003, p. 18, 19, 22
- ^ a b c Sito ufficiale della Regione Marche
- ^ a b c d Fortunati 1962, p. 1
- ^ Probabilmente lo stesso che lavorò alla chiesa di Santa Maria della Piazza.
- ^
- Posti 1912, p. 166
- Morello 1999, p. 27
- ^
- Ulrich Schneider, Due recinzioni liturgiche medievali nel duomo di San Ciriaco di Ancona., in Polichetti 2003, p. 253-293
- Michele Polverari, Ancona e Bisanzio, Pinacoteca Comunale "Francesco Podesti", 1993, p. 19.
- ^ a b
- Centanni 1996
- Paolo Piva, Marche romaniche, D'Auria editrice - Jaca Book, 2003, p. 188, ISBN 9788816603028.
- ^ a b L'attribuzione a Margaritone ha avuto sempre scarso seguito, anche per la larga tendenza del Vasari ad attribuire al suo conterraneo opere di cui sia ignoto l'autore, a cui assegna, tra l'altro non solo il protiro, ma l'intera cattedrale. Gli studi evidenziano, comunque, la somiglianza stilistica tra le figure scolpite nel portale e quelle della facciata del Palazzo degli Anziani, anch'esse da Vasari attribuite a Margaritone. Per la contestazione dell'attribuzione della cupola del Duomo di Ancona a Margaritone, vedi: Polichetti 2003
- ^ Anconetano, su treccani.it.
- ^ Serra 1929, p. 328
- ^ a b
- Matteo Mazzalupi, "Uno se parte dal Borgo... e va ad Ancona": Piero della Francesca nel 1450, in "Nuovi studi. Rivista di arte antica e moderna", 11, 2006 (2007), pp. 37–54.
- R. Lightbown, Dizionario biografico degli italiani - Piero della Francesca.
- ^ Cfr. Il sepolcro del beato Girolamo Ginelli Archiviato il 22 marzo 2013 in Internet Archive..
- ^ Cfr. Eugenio Garin, Ritratto di Enea Silvio Piccolomini, in Ritratti di umanisti, Sansoni, Firenze, 1967
- ^ a b Celso Battaglini, Basilica cattedrale di San Ciriaco - millenario della fondazione, Mondadori, 1997.
- ^
- Marinelli 1921, p. 50
- Serra 1929, p. 96
- Natalucci 1966, p. 46
- Polichetti 2003, p. 283
- ^ Pirani 1998, p. 35
- ^ Nel 2022, in seguito a lavori di adeguamento liturgico, l'altare donato da papa Benedetto XIV venne smembrato e diviso orizzontalmente in due parti, vanificando l'intervento settecentesco a favore della percezione ottica della pianta a croce greca. Ciò provocò veementi proteste, che però non ebbero alcun esito. Si veda la nota seguente.
- ^ a b c
- Claudio Comirato, Lesionato l'altare della cattedrale di San Ciriaco. Sgarbi: «Spostarlo in avanti è stata una grossa stupidità», in Corriere Adriatico, 4 febbraio 2022.
- Pierfrancesco Curzi, Danni per stravolgere il duomo di San Ciriaco, in Il Resto del Carlino, 15 febbraio 2022.
- ^ Giampietro Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina di Bologna, II, 1739, p. 196.
- ^ Vincenzo Pirani, in collaborazione con il Prof. Giorgio Nicolini, Storia della Chiesa di Ancona, su lavocecattolica.it.
- ^ Nello stesso anno il Matas eseguì la decorazione per il teatro delle Muse e progettò lo stabilimento dei Bagni dorici, una struttura ricreativa su palafitte inaugurata il 20 luglio 1835
- ^ Niccolò Matas, su treccani.it.
- ^ Autore dell'Altare della Patria e futuro soprintendente ai monumenti delle Marche e dell'Umbria dal 1891 al 1902
- ^ Queste sculture furono rimosse con i restauri di Guido Cirilli, eseguiti nel 1934.
- ^ Centanni 1996, p. 29
- ^ Danni di guerra: il restauro del duomo di San Ciriaco, su movio.beniculturali.it.
- ^ Maria Luisa Polichetti, La cattedrale di Ancona - genesi e sviluppo. in Polichetti 2003, p. 33
- ^ a b
- Lausdei 1986
- Davide Toccaceli, Vescovo, martire e santo, l'anconetano più vecchio della storia: San Ciriaco, su anconatoday.it, 8 maggio 2017.
- ^ a b catalogo dalla Casa editrice Nuove Ricerche, Ancona, 1999
- ^ Morello 1999
- ^ a b
- Cattedrale di San Ciriaco, su beweb.chiesacattolica.it.
- Claudia Barsanti, Episodi di reimpiego nel San Ciriaco di Ancona, in Temporis signa - Archeologia della tarda antichità e del Medioevo, X, 2015, ISBN 9788868091323.
- Per l'ambone: Marche, su treccani.it.
- ^ Nel momento della rimozione dal muro del braccio del Crocifisso, si è potuto constatare che sul retro della transenna è presente l'incisione preparatoria di un pluteo di forma quadrangolare, realizzata con punta sottile e raffigurante sei fusi radiali iscritti in una circonferenza.
- ^ Lavori al duomo, come cambia l'interno della cattedrale di san Ciriaco, su anconatoday.it.
- ^ a b Giampaolo Milzi, Cattedrale di San Ciriaco: via al restauro, su cronacheancona.it, 6 febbraio 2022.
- ^ Restauro San Ciriaco, su cronacheancona.it.
- ^ È considerato in tal modo sin dalla pubblicazione monumentale pubblicazione, nel 1808-23, dell'Histoire de l'art par les monuments, di d'Agincourt.
- ^ Pirani 1998, p. 34
- ^ a b Umberto Utro, La porta santa di Ancona. in Polichetti 2003, p. 231
- ^ Zampetti 1940, p. 24
- ^ a b Mario Natalucci, Ancon dorica civitas fidei, Aniballi, 1980, p. 236.
- ^ Il Porter scrive, erroneamente, che è stato Cesare Posti (Posti 1912) ad attribuire per primo a Mastro Filippo il portale, ma ciò è una svista dello studioso statunitense. In realtà, il Posti attribuisce il portale del Duomo ad un maestro Marcellino.
- ^ Zampetti 1940, p. 24
- ^ Brunella Teodori, Il protiro della Cattedrale. in Polichetti 2003, p. 195
- ^ Per tutta la sezione:
- Brunella Teodori, Il protiro della cattedrale di Ancona - considerazioni dopo il restauro. in Polichetti 2003, pp. 188-227
- Umberto Utro, La porta santa di Ancona - il portale di San Ciriaco tra iconografia e iconologia. in Polichetti 2003, pp. 228-251
- ^ Eros Pirani, L'autore del Duomo di Osimo e il problema della sua identità col maestro comacino Filippo operante ad Ancona agli inizi del 200, in Atti e Memorie, 101 (1996), Accademia Marchigiana di Scienze Lettere ed Arti, pp. 7-100.
- ^ a b Secondo Umberto Utro, autore dello studio citato, San Lorenzo e Santo Stefano non sono rappresentati nelle chiavi di volta, ma a fianco di San Pietro e di San Paolo, nel quinto arco. Secondo questo studioso, nelle chiavi di volta sono rappresentati, oltre a San Ciriaco (sul quarto arco), San Liberio, il santo eremita armeno (sul secondo arco), e San Marcellino, uno dei primi vescovi di Ancona (sul terzo arco), ma quest'ultimo solo dubitativamente, a causa dell'erosione della scultura.
- ^ Umberto Utro, La porta santa di Ancona. in Polichetti 2003, p. 246
- ^ Isabella Romanello, Il colore: espressione e funzione, Hoepli editore, 2002, p. 51.
- ^ a b
- Letizia Pani Ermini, La chiesa di San Lorenzo. in Polichetti 2003, che rimanda a:
- Claudia Barsanti, Testimonianze bizantine in Ancona. Le spoglie paleocristiane del S. Ciriaco, in Atti del VI Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, Consiglio Regionale delle Marche, 1985.
- Fortunati 1962, p. 17 In questo testo, in contrasto con quanto affermato in quelli precedenti, i capitelli del corpo lungitudinale sono definiti "compositi".
- ^ Piva 2012, p. 111
- ^ Le sculture anconetane non trovano infatti raffronti nel corpus delle sculture di manifattura costantinopolitana esistenti a Ravenna.
- ^ Pirani 1994, p. 146
- ^ Michele Polverari, Ancona e Bisanzio, Pinacoteca Comunale "Francesco Podesti", 1993, p. 55.
- ^ Pirani 1988, p. 32
- ^ Fortunati 1962, p. 20
- ^ a b c Michele Polverari, Su alcuni dipinti e su tre monumenti sepolcrali nella cattedrale di Ancona. in Polichetti 2003, p.324-328
- ^ Ernesto Spadolini, Chiese anconitane (TXT), su archive.org, p. 382-383.
- ^
- (FR) Émile Bertaux, L'art dans l’Italie méridionale, Fontemoing, 1905, p. 52-54.«D'un intérêt exceptionnel»
- Luigi Serra, L'arte nelle Marche - dalle origini alla fine del gotico, G. Federici, 1929, p. 166.«Per la raffinatezza che lo impronta tutto, la calda sensuale fantasmagoria, la sontuosa ricchezza, lo spirito ieratico, il senso decorativo e ritmico così spontaneo, rigoglioso ed elegante, questo pluteo riflette tutto intero la tendenza bizantina, ed è da ritenersi il capolavoro della tarsia in pietra del periodo romanico.»
- Polverari 1993, p. 18-19
- (FR) Émile Bertaux, L'art dans l’Italie méridionale, Fontemoing, 1905, p. 52-54.
- ^ Giovanni Antonio Bonelli, Memorie storiche della Basilica costantiniana dei SS. XII Apostoli di Roma, Salviucci, 1879 (pp. 69-81)
- ^
- Lausdei 1986
- Urna di San Liberio, su catalogo.beniculturali.it. (aprire la scheda completa)
- ^ Federico Cecconi, Guida per una visita veloce al duomo di Ancona, Errebi, 1996.
- ^ La teca di vetro è stata posta nell'antico sarcofago nel 1979, quando il corpo di San Ciriaco tornò in Cattedrale dopo il termine dei lavori di consolidamento antisismico.
- ^ Fortunati 1962, p. 19; Pirani 1994
- ^ Melchiorre Jeli, o Jheli o Iheli, fu un pittore di Friburgo attivo ad Ancona, Filottrano e Osimo tra Settecento e Ottocento.
- ^ Masala 2019, p. 17
- ^ Mario Natalucci, La vita millenaria di Ancona, Dal periodo napoleonico ai nostri giorni, Canonici, 1975, p. 291.
- ^ a b c Masala 2019, p. 14
- ^ Michele Polverari (a cura di), scheda 12, in Francesco Podesti, Electa, 1996.
- ^ Masala 2019, p. 16
- ^ Maria Giannatiempo Lopez, Filippo Bellini, Messa per le anime purganti, in Simone De Magistris. Un pittore visionario tra Lotto e El Greco, catalogo della mostra a cura di Vittorio Sgarbi, Venezia, 2007, pagg. 120 - 121.
- ^ Secondo la testimonianza di Alessandro Maggiori; si veda: Posti 1912, p. 36 (II volume)
- ^ Per l'intera sezione:
- Giovanni Marchetti, De' prodigi avvenuti in molte sagre immagini, specialmente di Maria Santissima, secondo gli autentici Processi compilati in Roma, memorie estratte e ragionate, Stampe di Zempel presso Vincenzo Poggioli, 1797.
- Francesco Candelari, Storia della miracolosa Immagine di Maria SS.ma sotto il titolo di Regina di Tutti i Santi, Ancona, 1796-1810
- "Bibliophile Catholique", Histoire des images miraculeuses de Rome et des états de l'Église, Francia, 1850
- Renzo De Felice, Paura e religiosità popolare nello Stato della Chiesa alla fine del XVIII secolo, in Italia giacobina, Napoli, 1965
- Massimo Cattaneo, Gli occhi di Maria sulla rivoluzione. «Miracoli» a Roma e nello Stato della Chiesa (1796-1797), Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 1995
- Celso Battaglini, Il prodigio della Madonna del Duomo, Ancona, 1996
- ^ a b c d e f Polichetti 2003
- ^ a b c d e f Zampetti 1980
- ^ Cfr. Marco Pellegrini, voce "Pio II" in "Enciclopedia dei Papi" della Treccani
- ^ (EN) Roberto Villavecchia, Rome and Its Environs, McGraw-Hill, 1964, p. 402.
- ^ AA.VV., Roma, Milano, Touring Editore, 2008, ISBN 978-88-365-4134-8.
- ^ Le lesioni presumibilmente ottocentesche sono visibili sul lato destro del Duomo, rivolto verso il cantiere navale, accanto ad altre, probabilmente riferibili a danni da schegge da bombardamento risalenti al secondo conflitto mondiale. Dall'esame del residuo metallico ancora infisso al centro è stato ipotizzato che le lesioni possano essere causa del bombardamento operato dal mare dalle navi comandate dall'ammiraglio Persano. Si veda Duomo di Ancona - lesioni belliche. Altre lesioni belliche ottocentesche si possono osservare nel Lazzaretto, nel Parco della Cittadella, nell'Arco di Traiano e a Porta Pia.
- ^ (HR) Grga Novak, Jadransko more u sukobima i borbama kroz stoljeća, vol. 2, Vojnoizdavački zavod JNA "Vojno delo", 1962.
- ^ La storia di Ancona Archiviato il 13 aprile 2009 in Internet Archive.
- ^ Il francobollo della seconda serie propagandistica "Monumenti distrutti" emesso dalle Poste della Repubblica Sociale Italiana tra l'agosto 1944 e il marzo 1945, dedicato al Duomo di Ancona.
- ^ Duomo di Ancona - lesioni belliche
- ^ Cfr. Mediateca delle Marche, L'immagine delle Marche nel cinema italiano. Da "Ossessione" a "Il grande Blek", Il lavoro editoriale, Ancona.
Bibliografia
modificaXVIII e XIX secolo
modifica- O. Corsini, Relazione dello scuoprimento e ricognizione fatta in Ancona dei sacri corpi di San Ciriaco, Marcellino e Liberio protettori della città e riflessioni sopra alla traslazione e il culto di questi santi, Roma, Stamperia Giovanni Zempel, 1756.
- Girolamo Speciali, Notizie istorische de'Santi protettori della citta d'Ancona, Locatelli, 1759.
- (FR) Jean Baptiste Louis Georges Seroux d'Agincourt, Histoire de l'art par les monuments (6 volumi), 1808-23.
- Giuseppe Sacconi, Una lettera sui restauri del Tempio di San Ciriaco (PDF), in Nuova Rivista Misena, X, 1889.
- Enrico Pierelli, Memoria storico-critica sulla Cattedrale di Ancona, Morelli, 1893.
XX secolo
modifica- Cesare Posti, Il duomo di Ancona: genesi, innovazioni, ritocchi (2 volumi), Unione tipografica Jesina, 1912.
- Manlio Marinelli, L'Architettura romanica in Ancona, Reale Deputazione di Storia Patria per le Marche, 1921. (Riedito nel 1961 dalla Camera di Commercio, Industria e Architettura delle Marche).
- Pietro Toesca, Il Medioevo, UTET - Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1913-1927. (Riedito nel 1965).
- Arthur Kingsley Porter, Il portale romanico della cattedrale di Ancona, in Dedalo, anno VI, luglio 1925, fasc. II, 1925.
- Luigi Serra, L'arte nelle Marche: Dalle origini cristiane alla fine del gotico, Federici, 1929, pp. 92-98.
- Pietro Zampetti, Il portale del Duomo di Ancona, collana Accolta dei Trenta e Brigata amici dell'arte - Studi anconitani, S.I.T.A., 1940.
- Mario Natalucci, Ancona attraverso i secoli, volume I Dalle origini alla fine del Quattrocento, Unione arti grafiche, 1960.
- Vera Fortunati (a cura di), Ancona - San Ciriaco, Il Resto del Carlino - officine grafiche, post 1962.
- Mario Natalucci, Visita al Duomo di S. Ciriaco e breve itinerario della città di Ancona, Arti grafiche, 1966.
- Pietro Zampetti, Itinerari per le Marche, Editoriale L'Espresso, 1980.
- Lidiano Bacchielli, Domus Veneris quam Dorica sustinet Ancon, in Archeologia Classica, volume XXXVII, Roma, Istituto di archeologia, 1985, pp. 106-137. (L'articolo è stato ripubblicato dall'Erma di Bretschneider nel 1985).
- Michele Polverari, Ancona e Bisanzio, Pinacoteca Comunale "Francesco Podesti", 1993, pp. 9, 18-19, 45-49, 55-57, 62-77.
- Lorenzo Braccesi (a cura di), Hesperìa. Studi sulla grecità di Occidente, vol. 3, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1993, ISBN 88-7062-809-4. Relativamente ai seguenti contributi:
- Alessandra Coppola, I due templi greci di Ancona, pp. 189-192. (Per l'iconografia della Colonna Traiana).
- Federica Cordano, Due note adriatiche, pp. 145-153.
- Vincenzo Pirani, Cattedrale di San Ciriaco, in Michele Polverari (a cura di), Ancona pontificia - L'Ottocento. Un inventario urbano, Comune di Ancona, 1994, pp. 144-174.
- Claudio Lausdei, Gianmario Mariuzzi e Vincenzo Pirani, Ricognizione canonica, storica e scientifica delle spoglie del patrono di Ancona San Ciriaco, Ancona, 1986.
- Claudio Centanni e Lando Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Accademia marchigiana di scienze lettere ed arti, 1996.
- Lidiano Bacchielli, Le origini greche di Ancona, fonti e documentazione archeologica, in La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona - rilievo metrico a grande scala..., Ancona, Accademia marchigiana di scienze lettere ed arti, 1996.
- Celso Battaglini, Il prodigio della Madonna del Duomo, Errebi, 1996.
- Celso Battaglini, Basilica cattedrale di San Ciriaco - millenario della fondazione, Mondadori, 1997.
- Vincenzo Pirani, Le chiese di Ancona, Arcidiocesi Ancona-Osimo, 1998.
- Ancona e la sua cattedrale, rappresentazioni grafiche nel tempo, catalogo della mostra omonima, Casa editrice Nuove Ricerche, 1999.
- Giovanni Morello, Libri di pietra: mille anni della Cattedrale di Ancona tra Oriente e Occidente, Electa, 1999, ISBN 9788843569373.
XXI secolo
modifica- Vittorio Messori e Rino Cammilleri, Gli occhi di Maria, Rizzoli, 2001. (nuova edizione aggiornata: Milano, Ares, 2023).
- Maria Luisa Polichetti (a cura di), San Ciriaco. La Cattedrale di Ancona. Genesi e sviluppo, Federico Motta Editore, 2003, ISBN 8871793536. - ISBN del secondo volume: 9788871793535
- Paolo Piva, Cattedrale di San Ciriaco ad Ancona, in Il Romanico nelle Marche, Jaca Book, 2012, ISBN 9788816604872.
- Claudia Barsanti, Episodi di reimpiego nel San Ciriaco di Ancona, in Temporis signa - Archeologia della tarda antichità e del Medioevo, X, 2015, ISBN 9788868091323.
- Diego Masala, Paola Pacchiarotti e Stefania Sebastiani, La Cattedrale di San Ciriaco, Visibilio edizioni, 2019.
- Gilberto Piccinini e Anna Falcioni (a cura di), Il culto di San Ciriaco e l’arrivo del corpo ad Ancona nel 418 (PDF), Editrice Shalom, 2020.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla cattedrale metropolitana di San Ciriaco ad Ancona
Collegamenti esterni
modifica- Sito dell'Arcidiocesi di Ancona-Osimo, su diocesi.ancona.it.
- Notizie sul prodigio del quadro della Madonna, su donbosco-torino.it.
- Chiesa di San Ciriaco (Ancona), su beweb.chiesacattolica.it. URL consultato il 9 gennaio 2022.
- Cattedrale di San Ciriaco ad Ancona raccontata da Massimo Raffaeli, su raiplaysound.it, 15 dicembre 2019. URL consultato il 9 gennaio 2022.
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