Demospongiae
Le demosponge (Demospongiae Sollas, 1885) sono una classe di spugne che comprende le cosiddette spugne silicee e spugne cornee.
Demosponge | |
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Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Parazoa |
Phylum | Porifera |
Classe | Demospongiae Sollas, 1885 |
Ordini | |
Rappresentano la classe più vasta del phylum Porifera, comprendendo il 95% delle specie note, racchiudendo un’eccezionale varietà di dimensioni, forme e colorazioni.
Distribuzione e habitat
modificaLa quasi totalità delle specie sia marina, un esiguo gruppo di demosponge vive in acque dolci di laghi e stagni.[1]
Le demosponge sono presenti nei mari e negli oceani di tutto il mondo, colonizzano tutti gli ambienti marini, dalle pozze di scogliera ai freddi e oscuri fondi abissali. In determinati ambienti, le demosponge sono tra gli organismi bentonici dominanti dell’ambiente subacqueo. È questo il caso delle grotte e del coralligeno del Mediterraneo, biocenosi popolate da un numero elevatissimo di specie che sfruttano ogni più piccolo spazio per accrescersi. Sono molto diffuse anche nelle barriere coralline delle regioni tropicali. Alcune demosponge sono in grado di vivere anche su substrati incoerenti, sabbiosi o fangosi, su cui si ancorano affondando nel sedimento un ciuffo di spicole o interi distretti del corpo.[1]
Descrizione
modificaLe dimensioni possono variare da pochi mm fino ai 2 m di diametro degli esemplari più grandi. Sono qui ben rappresentate tutte le morfologie esterne caratteristiche dei poriferi: da perforante a incrostante, da massiva a eretta, da arborescente a sferica, da vasiforme a sacciforme ecc. Molteplici sono le protuberanze che ne arricchiscono la superficie: prolungamenti, digitazioni, tubi, lobi, ramificazioni, creste e conuli. Le demosponge possono raggiungere anche grandi dimensioni; è il caso ad esempio delle grandi spugne a barile (genere Xestospongia) delle barriere coralline tropicali, il cui osculo apicale negli individui più grandi è talmente grande da poter accogliere un essere umano.[1]
In genere, le differenti colorazioni delle demosponge sono influenzate dalle diverse condizioni di illuminazione. Una forte illuminazione implica una maggiore concentrazione di pigmenti o una maggiore presenza di microrganismi endosimbionti che, oltre a proteggere la spugna dalle radiazioni ultraviolette, conferiscono una colorazione più intensa. In zone ombrose, invece, sia i pigmenti che i simbionti tendono a diminuire drasticamente fino a sparire completamente in condizioni di oscurità totale, come gli ambienti di grotta. In tali ambienti molte specie divengono completamente bianche.[1]
Per quanto riguarda l’organizzazione del sistema acquifero, le demosponge posseggono solamente la struttura più evoluta, di tipo leuconoide.[1]
Le demosponge possono avere un endoscheletro costituito da spicole silicee o da fibre proteiche di spongina, ma possono anche avere una struttura scheletrica che deriva dalla combinazione di entrambe o essere prive di spicole.[1]
Sono dette spugne silicee le demosponge che hanno lo scheletro costituito esclusivamente da spicole silicee. Le spicole sono a 1 o a 4 raggi (mai 6) sono suddivisibili in due gruppi in base alle dimensioni: le megasclere sono le spicole di maggiori dimensioni e le microsclere sono le spicole di minori dimensioni, in genere non più lunghe di poche decine di micron. Le spicole silicee costituiscono delle vere e proprie fibre ottiche naturali, il che fa ipotizzare un ruolo di queste strutture nel successo evolutivo delle spugne silicee rispetto alle spugne calcaree e alle spugne vitree.[1]
Sono dette spugne cornee le demosponge che non hanno uno scheletro spicolare ma hanno uno scheletro proteico costituito esclusivamente da spongina sotto forma di intreccio di fibre o di collagene fibrillare disperso in tutta la matrice intracellulare. Le fibre primarie hanno uno spessore in genere di un centinaio di micron, e le fibre secondarie più sottili, poche decine di micron.[1]
Molte specie possiedono cellule ameboidi specializzate nell'attacco chimico, secernenti sostanze erosive che sciolgono il calcare, permettendo alle cellule dell'animale di penetrare nelle rocce o sulle conchiglie ancorandosi saldamente.[1]
Ecologia
modificaLe demosponge sono tra gli organismi dominanti del benthos, colonizzano numerosi substrati marini (poche specie di acque dolci), e competono per lo spazio con altri organismi bentonici (altre spugne, coralli, gorgonie, briozoi ecc.).[1]
Molte specie di demosponge ospitano organismi autotrofi fotosintetici endosimbionti, come zooxantelle e cianobatteri. Spesso la colorazione delle demosponge è dovuta alla presenza degli endosimbionti. Gli organismi endosimbionti, in quanto organismi autotrofi, necessitano di luce relativamente abbondante per effettuare la fotosintesi e sono quindi più numerosi e abbondanti nelle spugne che vivono in ambienti più esposti alla luce del sole. Dal momento che i cianobatteri ospitano i pigmenti che afferiscono la colorazione alla spugna, le spugne che abitano in ambienti più ombrosi e riparati come grotte e anfratti presentano una colorazione tendente al biancastro, mentre le spugne che colonizzano ambienti più illuminati tendono ad avere colorazioni più appariscenti, dal viola al marrone.[1]
Le demosponge rappresentano le prede di molti organismi marini, in particolare molluschi gasteropodi e anellidi policheti; è frequente ad esempio osservare nel mar Mediterraneo il nudibranco Peltodoris atromaculata aggredire la spugna Petrosia ficiformis di cui si nutre voracemente.[1]
Nelle barriere coralline tropicali le spugne sono predate anche da diverse specie di pesci (soprattutto pesci farfalla, pesci angelo e idolo moresco), e da alcune specie di tartarughe marine. Studi sulla dieta della tartaruga marina Eretmochelys imbricata hanno dimostrato che essa è costituita per il 70-95% da demosponge, in particolare astroforidi, spiroforidi e adromeridi.[2]
Riproduzione
modificaLe demosponge si riproducono in genere per via sessuale generando una larva completamente cigliata, che nella maggior parte delle specie è nota come parenchimella, a breve vita planctonica (l’anfiblastula è più rara).[1]
Molte specie possono riprodursi anche asessualmente, frammentandosi o per gemmazione producendo gemme o gemmule. La riproduzione per colamento è tipica delle specie Chondrilla nucula e Chondrosia reniformis, mentre la produzione di gemme rappresenta la modalità riproduttiva principale delle specie appartenenti al genere Tethya. Le spugne d’acqua dolce, invece, affrontano i periodi sfavorevoli producendo numerose gemmule, piccoli corpi di resistenza che restano inattivi fino al miglioramento delle condizioni ambientali.[1]
Tassonomia
modificaIn passato le demosponge venivano suddivise in 3 sottoclassi: Ceractinomorpha, con macrosclere monassone e microsclere variabili, mai stellate, con abbondante spongina, Tetractinomorpha, con macrosclere tetrassone e monassone e microsclere spesso stellate, ed Homoscleromorpha.
Le tre sottoclassi sono risultate in realtà dei raggruppamenti parafiletici e pertanto oggi non vengono più considerate valide.
Fanno parte della classe Demospongiae i seguenti ordini:
- Agelasida Verrill, 1907
- Astrophorida Sollas, 1887
- Axinellida Lévi, 1953
- Chondrosida Boury-Esnault & Lopès, 1985
- Dendroceratida Minchin, 1900
- Dictyoceratida Minchin, 1900
- Hadromerida Topsent, 1894
- Halichondrida Gray, 1867
- Halisarcida Bergquist, 1996
- Haplosclerida Topsent, 1928
- Lithistida Schmidt, 1870
- Poecilosclerida Topsent, 1928
- Spirophorida Bergquist & Hogg, 1969
- Verongida Bergquist, 1978
Tradizionalmente le spugne che costituiscono l’attuale classe Homoscleromorpha erano raggruppate in una sottoclasse della classe Demospongiae. Soltanto recenti studi filogenetici hanno evidenziato l’esistenza di notevoli differenze a livello molecolare tra i due gruppi di spugne, denominando la separazione e la promozione della sottoclasse Homoscleromorpha a classe a sé stante.[3][4]
Alcune specie
modificaNote
modificaBibliografia
modifica- Egidio Trainito e Rossella Baldacconi, Spugne del Mediterraneo, Il Castello, 2013, ISBN 9788865204016.
- J. N. A. Hooper and R. W. M. van Soest, Class Demospongiae Sollas, 1885, in Systema Porifera. A guide to the classification of sponges, New York, Boston, Dordrecht, London, Moscow, Kluwer Academic/Plenum Publishers, 2002.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Demospongiae
- Wikispecies contiene informazioni su Demospongiae
Collegamenti esterni
modifica- (EN) siliceous sponge, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Demospongiae, su Fossilworks.org.
- (EN) R.W.M. Van Soest et al., Demospongiae Sollas, 1885, in World Porifera Database. URL consultato il 01.10.2008.
Controllo di autorità | J9U (EN, HE) 987007548140705171 |
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