Tyrannosaurus

genere estinto di dinosauro teropode del Cretacico superiore
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Tyrannosaurus rex (Osborn, 1905; il cui nome significa "re lucertola tiranna"),[1] spesso abbreviato in T. rex (diminutivo scientifico) o erroneamente T-Rex, è un genere estinto di dinosauro teropode tirannosauride vissuto nel Cretaceo superiore, in quella che oggi è la zona occidentale del Nord America, che a quell'epoca era un continente isolato nominato Laramidia. I suoi fossili si trovano in una varietà di formazioni risalenti al piano Maastrichtiano del Cretaceo superiore, circa 72,7-66 milioni di anni fa.[2] Fu una delle ultime specie di dinosauri non aviani a estinguersi durante l'estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene.

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Tyrannosaurus
Esemplare "Sue", al Field Museum of Natural History, Chicago
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
CladeDinosauria
CladeSaurischia
CladeTheropoda
Famiglia†Tyrannosauridae
Sottofamiglia†Tyrannosaurinae
Tribù†Tyrannosaurini
GenereTyrannosaurus
Osborn, 1905
Nomenclatura binomiale
†Tyrannosaurus rex
Osborn, 1905
Sinonimi
Altre specie

Come gli altri tirannosauridi, Tyrannosaurus era un carnivoro bipede con un cranio largo e massiccio, bilanciato da una coda lunga e pesante. In confronto alle sue gambe robuste, gli arti anteriori di Tyrannosaurus erano corti ma relativamente possenti e dotati di due dita artigliate. Superando in massa e peso altri teropodi giganti come Carcharodontosaurus, Giganotosaurus e Spinosaurus, il Tyrannosaurus fu il più grande dei tirannosauridi, il più massiccio dei teropodi carnivori e il predatore terrestre più grande e forte conosciuto.[3][4] L'esemplare fossile più completo (scoperto nel 1992 e denominato "Sue") misura circa 12,4 metri di lunghezza,[5] 4 metri di altezza ai fianchi e 5 al capo,[6] e si stima pesasse fino a 8,4 tonnellate;[7] tuttavia, secondo recentissimi studi, il reperto denominato "Scotty" (scoperto nel 1991 ma completamente recuperato solo da pochi anni a causa di particolari difficoltà nello scavo) risulterebbe essere il tirannosauro più grande, massiccio e anziano mai rinvenuto.[8][9] Accurate stime, ricavate da uno scheletro quasi completo, riportano che l'esemplare misurasse più di 13,1 metri di lunghezza e pesasse circa 8,8 tonnellate, superando così il precedente record stabilito da "Sue".[8][10] Anche altri esemplari più incompleti sono stati stimati: il "C. Rex ", scoperto da Jack Horner nel 2000, risulterebbe anch'esso essere più lungo e robusto di "Sue", facendo raggiungere alla specie i 14 metri di lunghezza,[11] e portando nuovamente l'animale a detenere il titolo di più grande dinosauro carnivoro di tutti i tempi.

Alcuni paleontologi hanno ipotizzato che il T. rex fosse un predatore al vertice della piramide alimentare dell'epoca, nutrendosi di adrosauri, ceratopsidi, anchilosauridi e probabilmente anche di sauropodi;[12] altri, invece, hanno proposto che l'animale fosse uno spazzino necrofago. La questione è oggetto di un lungo dibattito nella paleontologia, nel quale la maggior parte dei paleontologi ritiene che Tyrannosaurus fosse un carnivoro opportunista, ossia che si nutrisse sia di prede vive sia di carcasse.[13] Si stima che fosse dotato di una delle mandibole più forti del regno animale.[14][15]

Nel corso degli anni ci sono state molte simulazioni e pubblicazioni atte a stimare la forza del morso del Tyrannosaurus rex, e nel 2019 sono stati effettuati nuovi studi sul cranio del grande predatore. Ian N. Cost della Columbia University, avvalendosi di una variegata équipe, dopo aver ricostruito una complessa mappa 3D del cranio del rettile e averne analizzato le dinamiche anche con tecniche ingegneristiche, valutando l'insieme di tessuti di collagene e legamenti, è giunto alla conclusione che il Tyrannosaurus rex possedesse una struttura del cranio rigida (come quella dei coccodrilli e delle iene) e non flessibile (come negli uccelli e nei serpenti).[16] Inoltre, dalle analisi è emerso che il palato del T. rex fosse particolarmente rigido ed in grado di resistere a sollecitazioni meccaniche molto forti durante i morsi. Tutto questo avrebbe garantito al rettile di esercitare nel morso una forza di 64 000 Newton, pari a circa 6,5 tonnellate, rendendolo in grado di frantumare qualsiasi tipo di ossa e di nutrirsi del midollo di adrosauri e ceratopsidi.[17] Secondo varie sperimentazioni, il Tyrannosaurus rex sarebbe stato in grado di distruggere la carrozzeria di un'auto.[17] In ogni caso, la forza sprigionata dalle mandibole del T. rex rende questo grande rettile ufficialmente l'animale terrestre dal morso più potente mai registrato; basta pensare che un esemplare adulto avrebbe potuto provocare a una preda (come ad esempio un Triceratops) una ferita lunga 60 cm e profonda 30 cm, il che significa che, raggiunta la preda da dietro, il T.rex l'avrebbe immediatamente atterrata.[18]

Sono stati rinvenuti più di 50 resti fossili di Tyrannosaurus, inclusi diversi scheletri quasi completi. Almeno uno di questi esemplari conserva tracce di tessuti molli e di proteine. L'abbondanza di reperti ha reso possibile ricerche dettagliate sugli aspetti della biologia di Tyrannosaurus, incluse quelle relative alla biomeccanica e alla sua crescita. Sono invece ancora oggetto di dibattito i suoi comportamenti di caccia, il suo grado di intelligenza, la sua fisiologia e altri dettagli di vita come la sua velocità massima durante una corsa. Anche la sua tassonomia è oggetto di controversie, poiché alcuni studiosi considerano Tarbosaurus bataar, rinvenuto in Asia, una seconda specie di Tyrannosaurus, mentre altri lo classificano come un genere separato. Altri generi di tirannosauridi nordamericani, descritti al momento della loro scoperta come nuovi taxa, sono stati successivamente sinonimizzati con Tyrannosaurus.

Etimologia

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«Tyrannosaurus è universalmente noto con l'intero nome specifico, Tyrannosaurus rex, fatto che lo eleva al di sopra dell'anonimato generico delle altre specie fossili, quasi tutte note solo con il nome del genere, senza menzione della specie. Qualcuno cita mai Velociraptor mongoliensis? No, esiste solo il "velociraptor" (o, peggio, "il raptor").»

Il nome scientifico del tirannosauro si deve a Henry Fairfield Osborn e richiama, in entrambe le sue componenti, un'idea di dominio: Tyrannosaurus è la sintesi del greco τύραννος (týrannos, "tiranno") e σαῦρος (sâuros, "lucertola"); rex è il latino per "re". Dunque, il suo nome scientifico completo significa "Re Lucertola Tiranna".[1]

Descrizione

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Dimensioni

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Diagramma che mostra Tyrannosaurus (evidenziato in blu) e altri quattro teropodi giganti (Spinosaurus in rosso, Carcharodontosaurus in arancione, Giganotosaurus in verde e Mapusaurus in rosa) in confronto a un essere umano. Ogni sezione della griglia rappresenta un metro quadrato.
«Il Tirannosauro univa in sé le dimensioni di un elefante, la violenza di una tigre e la dentatura di uno squalo[20]»

Il Tyrannosaurus rex fu uno dei carnivori terrestri più grandi di tutti i tempi. L'esemplare più completo, e fino a poco tempo fa considerato il più grande scoperto (inventariato come FMNH PR2081 e noto con il nomignolo di "Sue"), ha uno scheletro lungo 12,3 metri[5] e alto 4 metri ai fianchi.[6] Le stime del suo peso in vita variano da 4,5 tonnellate[21][22] fino a oltre 7,2,[23] anche se le stime più recenti lo collocano tra 5,4 e 6,8 tonnellate.[7][24][25][26] Uno studio del 2011 ha determinato che il peso massimo di "Sue" potrebbe variare tra 9,5 e 18,5 tonnellate. Tuttavia, gli autori dello studio hanno precisato che tali stime presentano margini d'errore significativi e che i modelli utilizzati potevano risultare "smilzi", "grassi" o "sproporzionati".[5] Packard et al. (2009), applicando agli elefanti i metodi usati per stimare il peso dei dinosauri, rilevò che tali approcci tendevano a sovrastimare il peso, suggerendo quindi che il peso reale di Tyrannosaurus rex potrebbe essere stato inferiore rispetto alle stime precedenti.[27] Altri studi hanno indicato che gli esemplari più grandi potessero raggiungere o superare le 9 tonnellate.[28][5][29][30]

Nel marzo 2019, un team di paleontologi guidati da Scott Pearson ha stabilito che il reperto denominato "Scotty" (RSM P2523.8), scoperto nel 1991 e completamente recuperato solo recentemente a causa di difficoltà nello scavo, rappresenta il tirannosauro più grande mai rinvenuto.[8][9] Il fossile è considerato completo per circa il 70%, e dallo studio delle zampe posteriori e del femore il gruppo di ricerca ha determinato che "Scotty" misurava oltre 13 metri di lunghezza e pesava circa 8,845 tonnellate, superando così il record stabilito da "Sue".[8][9] Particolarmente sorprendente è la robustezza dell'animale, che lo rende il predatore terrestre più massiccio mai scoperto.[9] Inoltre, "Scotty" risulta essere anche il più anziano tirannosauro conosciuto, avendo vissuto per circa trent'anni.[9]

Altri tirannosauri di taglia "extra large" , seppur molto incompleti, includono l'esemplare "MOR 008", il cui peso è stato stimato in 7 tonnellate per una lunghezza di 14 metri,[31] e il reperto soprannominato "C-REX" , le cui stime – eseguite da Jack Horner – attribuirebbero al T. rex un peso compreso tra 9,6 e 11 tonnellate e una lunghezza superiore ai 14 metri.[32] Si tratta, comunque, di stime basate su reperti parziali, dedotte in particolare dalle dimensioni degli arti inferiori.

Come negli altri teropodi, il collo di Tyrannosaurus era curvato a forma di "S", ma si distingueva per la sua limitata lunghezza e per la muscolatura potente necessaria a sostenere la testa massiccia. Gli arti anteriori erano dotati di sole due dita,[33] con un metacarpo ridotto che rappresenta un terzo dito vestigiale.[34] Al contrario, gli arti posteriori erano tra i più lunghi, in proporzione al corpo, rispetto a qualsiasi altro teropode. La coda era lunga, robusta e pesante (fino a mezza tonnellata), composta a volte da oltre 40 vertebre, e serviva a bilanciare il peso della testa e del torace massiccio. Molte delle ossa erano cave, un adattamento che alleggeriva l'animale senza compromettere la robustezza strutturale.[33]

 
Profilo del cranio (AMNH 5027)

La testa, in quanto tale, era eccezionalmente massiccia, lunga oltre 1 metro e mezzo,[35] e, rispetto a quella di altri teropodi precedenti e contemporanei, fortemente modificata nella forma. Ad oggi, l'esemplare con il cranio più grande risulta essere "Scotty", con una lunghezza compresa tra 159 e 161 cm. L'area posteriore del cranio era molto allargata, mentre il muso si restringeva in corrispondenza delle narici. Di conseguenza, gli occhi godevano di un eccellente campo visivo nella regione anteriore e anteriore/inferiore, fornendo all'animale una visione stereoscopica ritenuta superiore a quella delle altre specie contemporanee.[36][37]

Le ossa nasali, fuse tra loro, conferivano al cranio una struttura particolarmente robusta e resistente. Molte ossa erano pneumatiche, come negli uccelli, consentendo così una riduzione del peso senza compromettere la solidità, e migliorando al contempo la flessibilità. Queste caratteristiche indicano una notevole potenza del morso, considerata di gran lunga superiore rispetto a quella di tutti gli altri non tirannosauridi.[14][38][39]

La bocca del T. rex presentava circa trenta denti nell'arcata superiore e ventotto in quella inferiore, caratterizzati da un'elevata eterodonzia (ossia, differenze nella forma).[33][40] La loro lunghezza variava dai 10 ai 30 cm. In generale, avevano una sezione trasversale ovale e bordi finemente seghettati. I premascellari superiori, invece, erano più ravvicinati e presentavano una sezione a D. I denti rimanenti erano robusti, più distanziati e dotati di nervature di rinforzo; piegati all'indietro con una forma complessiva a "banana", erano strutturati per evitare fratture durante il morso e lo strappo della carne.[41] Le dimensioni dei denti potevano raggiungere fino i 30 cm (inclusa la radice), rendendoli i più grandi tra quelli conosciuti nei dinosauri carnivori.[6]

Il morso del Tyrannosaurus rex era poderoso, paragonabile per potenza a quello dell'attuale coccodrillo marino, con stime che vanno dai 36.000 ai 53.000 Newton. Tuttavia, non era in grado di eguagliare la potenza assoluta dei grandi coccodrilli preistorici, che superavano tali valori di diverse volte.[42] Ciò nonostante, questa forza era sufficiente a perforare e frantumare le ossa di grandi prede, come dimostrano i segni dei denti ritrovati su numerosi resti fossili. Secondo una simulazione condotta da Gregory Erickson (Florida State University) e Paul Gignac (Oklahoma State University) e pubblicata su Scientific Reports, la mandibola del T. rex poteva esercitare una forza di circa 36.000 N, successivamente rivalutata fino a 53.000 N. La pressione raggiunta era dell'ordine di 700 kg/cm². Nonostante queste cifre impressionanti, esse risultano inferiori a quelle attribuite a grandi coccodrilli come Purussaurus o Rhamposuchus.[42][43][44] Come afferma Gignac, grazie a questa capacità ''il T. rex è riuscito a sfruttare maggiormente le carcasse dei grandi dinosauri cornuti e dei dinosauri dal becco d'anatra, le cui ossa erano ricche di sali minerali e di midollo''.

Nel 2019 sono stati condotti nuovi studi sul cranio e sul morso del T. rex. Ian N. Cost, del Dipartimento di Patologia e Scienze Anatomiche dell'Università della Columbia, a capo di un'équipe multidisciplinare, ha ricostruito una complessa mappa 3D del cranio dell'animale e ne ha analizzato le dinamiche anche con metodi ingegneristici. Dallo studio è emerso che il morso del Tyrannosaurus rex poteva raggiungere una forza di 64.000 N, pari a circa 7,1 tonnellate, cioè quattro volte superiore a quella del coccodrillo marino. Alcuni studi arrivano addirittura a ipotizzare cifre più elevate, con stime che triplicherebbero i valori sopra indicati, suggerendo una potenza massima teorica del morso pari a 195.000 N.[45]

Benché non esistano prove dirette della presenza di piumaggio in Tyrannosaurus, molti paleontologi, all'inizio del secondo decennio del XXI secolo, ipotizzavano, basandosi sulla presenza di piume in specie affini di taglia simile,[46] che l'animale potesse avere il corpo almeno parzialmente ricoperto di piume.[47] Mark Norell, dell'American Museum of Natural History, dichiarò che, malgrado l'assenza di prove dirette, la motivazione per ritenere che T. rex fosse piumato, almeno in una fase della sua vita, era paragonabile a quella per supporre che l'australopiteco Lucy avesse una pelliccia.[46]

Le prime indicazioni a favore della presenza di piumaggio nei tirannosauroidi risalgono alla scoperta della specie Dilong paradoxus, nella Formazione Yixian (Cina, 2004). Il suo scheletro fossilizzato conserva strutture filamentose comunemente interpretate come precursori delle piume.[48] Poiché fino a quel momento tutte le impronte cutanee dei tirannosauroidi giganti mostravano solo squame, i ricercatori ipotizzarono che le piume fossero presenti negli esemplari giovani di specie di grandi dimensioni e negli adulti di specie più piccole, per poi scomparire con la crescita nei taxa più grandi.[48] Tuttavia, scoperte successive hanno dimostrato che anche alcuni tirannosauridi adulti e di grande taglia, come Yutyrannus huali, presentavano un'estesa copertura piumata, mettendo in discussione l'ipotesi della correlazione inversa tra taglia e piumaggio.[49]

La scoperta di Yutyrannus huali (circa 9 metri di lunghezza), avvenuta nel 2012, ha rivelato la presenza di piume su diverse parti del corpo, suggerendo che l'intero animale potesse esserne ricoperto.[49] Ciò ha riacceso il dibattito sulla possibilità che anche tirannosauridi più grandi, come T. rex, fossero almeno in parte piumati.

Nel 2017, tuttavia, alcuni studi – pubblicati anche su Biology Letters[50] e su National Geographic[51]) – condotti dai paleontologi Peter Larson e Jack Persons, hanno fornito nuove prove a favore dell'assenza di piumaggio in Tyrannosaurus rex. L'analisi delle impronte cutanee di un esemplare soprannominato "Wyrex", relative a porzioni del bacino, della coda e del collo, ha mostrato strutture chiaramente squamose, prive di piume o setole.[52]

Alla luce di questi riscontri, la correlazione tra T. rex (nordamericano) e Yutyrannus huali (asiatico), per quanto riguarda il piumaggio, appare sempre più incerta. Le impronte cutanee rinvenute su vari generi di tirannosauridi del tardo Cretaceo – come Gorgosaurus, Tarbosaurus e lo stesso T. rex – mostrano una certa discrepanza con le evidenze rinvenute su Yutyrannus.[53] Questo ha portato a ipotizzare che i tirannosauridi di grandi dimensioni abbiano intrapreso percorsi evolutivi distinti, perdendo progressivamente le piume per motivi legati alla taglia, alla termoregolazione e all'habitat.[51]

Pertanto, dopo oltre un decennio di dibattito, molti paleontologi – tra cui Philip J. Currie e Robert T. Bakker[50] – concordano nel ritenere che, in assenza di prove dirette, l'aspetto più probabile del T. rex fosse quello più tradizionale, con una pelle ricoperta da squame e priva di protopiume.[52]

Inoltre, la scoperta di tegumento facciale squamoso in un esemplare di Daspletosaurus suggerisce che molti tirannosauridi, incluso Tyrannosaurus, possedessero avanzati organi sensoriali facciali. Questi potevano servire per il contatto sociale, la modulazione dei movimenti mascellari, la percezione della temperatura e l'individuazione delle prede. Le grandi scaglie piatte presenti sul muso, simili a quelle dei coccodrilli, fornivano inoltre una protezione supplementare durante la predazione o i combattimenti intraspecifici.[54][55][56]

Dimorfismo sessuale

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Ricostruzione scheletrica nell'atto d'accoppiamento, Museo del Jurásico de Asturias

Tra gli anni Ottanta e Novanta, quando si cominciò ad avere un numero sufficientemente ampio di evidenze fossili da permettere analisi su basi statistiche, venne proposta l'ipotesi di un dimorfismo sessuale nei tirannosauri basato sulle dimensioni. Si identificarono infatti due "tipi" distinti di scheletri adulti: uno più massiccio e di grandi dimensioni, e l'altro più gracile e di taglia inferiore. L'esempio più rappresentativo del primo tipo è lo scheletro denominato "Sue" (in onore della scopritrice Sue Hendrickson), il più completo – e per lungo tempo ritenuto il più grande – esemplare di Tyrannosaurus rex mai ritrovato, lungo circa 13 metri.

Diversi paleontologi proposero che, come accade oggi negli uccelli rapaci, gli esemplari più grandi e robusti fossero femmine, mentre quelli più piccoli e leggeri fossero maschi. A sostegno di questa ipotesi fu citata una differenza osservata nel chevron della prima vertebra caudale: in alcuni esemplari, l'osso risultava meno sviluppato, il che fu interpretato come un possibile adattamento per agevolare il passaggio delle uova attraverso il tratto riproduttivo.[57] A rafforzare la teoria fu richiamato anche un vecchio studio condotto da Alfred Romer sui coccodrilli, che sembrava supportare un'analoga differenziazione. Tuttavia, tale studio si rivelò successivamente erroneo.[58]

La scoperta di questo errore metodologico, unita al fatto che nello scheletro di "Sue" era presente un chevron ben sviluppato, ha portato a una revisione radicale dell'ipotesi. Attualmente, l'unico individuo di Tyrannosaurus di cui sia stato determinato con certezza il sesso è il reperto MOR 1125, soprannominato "B-rex", rinvenuto nel Montana orientale. Scoperto da Jack Horner e Mary Schweitzer nel 2000, l'esemplare non era né particolarmente grande né particolarmente completo. Tuttavia, nel 2007 un'analisi di uno dei femori rivelò la presenza di tessuti molli, inclusi vasi sanguigni simili a quelli osservati negli struzzi, ulteriore conferma della stretta parentela tra dinosauri e uccelli. L'indagine rivelò la presenza di un tessuto midollare specializzato, noto come "osso midollare", che si forma esclusivamente nelle femmine di uccelli durante l'ovulazione per fornire calcio alla formazione dei gusci delle uova. Questo permise di identificare con certezza l'individuo come una femmina, morta probabilmente a circa 16 anni d'età, circa 68 milioni di anni fa.[59]

Ad oggi, dunque, non esistono prove definitive dell'esistenza di un dimorfismo sessuale in Tyrannosaurus rex. Considerata l'ampia distribuzione geografica della specie, è possibile che le differenze nelle dimensioni siano dovute a variabili ambientali, come temperatura locale o disponibilità di cibo. Un'altra possibilità è che gli esemplari più grandi fossero semplicemente individui più anziani.[33]

Postura

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Ricostruzione obsoleta da parte di Charles R. Knight, che mostra la postura "tripode"
 
Ricostruzione che mostra la postura del Tyrannosaurus rex

I ritratti moderni di Tyrannosaurus rex nei musei, nell'arte e nel cinema lo mostrano con il corpo disposto orizzontalmente, parallelo al suolo, e con la coda estesa all'indietro per bilanciare il peso della testa.[60]

Le vecchie ricostruzioni, in uso fino agli anni Ottanta, rappresentavano invece l'animale come una sorta di “tripode vivente”, con una postura quasi eretta sulle zampe posteriori e la coda strisciata a terra come terzo punto d'appoggio. Questo tipo di rappresentazione, per certi versi "antropomorfizzata", si deve indirettamente a Joseph Leidy, che nel 1865 ricostruì così il suo Hadrosaurus foulkii il primo dinosauro descritto come bipede.[61] Convinto che T. rex adottasse una postura simile, Henry Fairfield Osborn rafforzò questa concezione, presentando nel 1915 il primo scheletro completo di tirannosauro, montato in quella posizione al Museo di Storia Naturale di New York.[62]

A partire dagli anni Settanta, tuttavia, si è compreso che tale postura era del tutto irrealistica, in quanto avrebbe causato l'indebolimento o la dislocazione di numerose articolazioni, in particolare quelle del collo e del bacino.[63] Le precedenti ricostruzioni, divenute estremamente popolari e fonte d'ispirazione per molti film e opere artistiche, furono così progressivamente abbandonate a favore di raffigurazioni più accurate, che mostrano il Tyrannosaurus rex con il corpo pressoché orizzontale e la coda sollevata e allineata per controbilanciare la testa.[60]

Nel corso degli anni sono state rinvenute relativamente poche orme fossilizzate attribuibili con certezza al Tyrannosaurus. Le impronte finora conosciute variano in lunghezza da circa 42 cm fino a 87-107 cm, con un'impressionante eccezione: un'enorme impronta lunga circa 123 cm, ritrovata al confine tra la Columbia Britannica e l'Alberta, accompagnata da quelle di almeno altri due esemplari. Questo ritrovamento ha alimentato l'ipotesi che questi grandi predatori potessero, almeno occasionalmente, cacciare in gruppo.[64]

Arti anteriori

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Le braccia potrebbero essere state utili al Tirannosauro nell'alzarsi, come mostrato nell'esemplare soprannominato "Bucky"

Quando fu ritrovato il primo scheletro di Tyrannosaurus rex, l'omero era l'unico elemento noto degli arti anteriori.[65] Nel 1915, Henry Fairfield Osborn ricostruì il dinosauro utilizzando arti anteriori prelevati da un Allosaurus, più lunghi e dotati di tre dita, dando quindi una rappresentazione errata.[66]

 
Arti anteriori osservabili nella copia dello scheletro di T. rex esposto nel Museo di Scienze Naturali di Milano

Già nel 1914 però, Lawrence Lambe aveva suggerito che fosse più appropriato dotare il tirannosauro di arti simili a quelli di Gorgosaurus, specie considerata filogeneticamente più vicina.[67] L'aspetto reale degli arti anteriori rimase un mistero fino al 1989, quando venne scoperto il cosiddetto "Wankel rex" (esemplare MOR 555), dotato di arti anteriori completi. La scoperta confermò l'intuizione di Lambe.[68][69][70]

L'analisi scheletrica dell'apparato brachiale[71] ha evidenziato che questi arti non possono essere considerati semplicemente vestigiali, contrariamente a quanto ipotizzato da Gregory S. Paul nel 1988. Le ossa mostrano infatti ampie aree di inserzione muscolare, indicanti una muscolatura ben sviluppata.

Rimane aperto il dibattito sulla loro funzione. Alcuni paleontologi hanno ipotizzato che il T. rex li usasse per portare alla bocca pezzi di carne, ma questa possibilità appare poco probabile: le articolazioni del gomito e della spalla consentivano infatti un movimento limitato, con un'ampiezza compresa tra 40 e 45 gradi, insufficiente per tale compito. Tra le ipotesi più accreditate vi è quella secondo cui gli arti servissero a trattenere il partner durante l'accoppiamento,[72] oppure a bloccare le prede durante l'attacco, limitandone i movimenti.[71] Un'altra ipotesi recente suggerisce che potessero servire come supporto per rialzarsi da terra: l'animale, poggiando i palmi al suolo, avrebbe potuto esercitare una spinta utile a sollevarsi.[63]

Classificazione

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Filogenesi

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Calchi di crani di diversi esemplari di Tyrannosaurus

Tyrannosaurus è il genere tipo della superfamiglia Tyrannosauroidea, della famiglia Tyrannosauridae e della sottofamiglia Tyrannosaurinae; in altre parole, rappresenta il riferimento standard secondo cui i paleontologi decidono l'inclusione di altre specie all'interno di questi gruppi. Altri membri della sottofamiglia Tyrannosaurinae includono il nordamericano Daspletosaurus e l'asiatico Tarbosaurus,[73][74] entrambi occasionalmente sinonimizzati con Tyrannosaurus.[60]

In passato si riteneva che i tirannosauridi fossero discendenti di grandi teropodi primitivi come i megalosauroidi o i carnosauri. Tuttavia, ricerche più recenti hanno dimostrato che questi animali derivavano da piccoli coelurosauri, e che solo in un secondo momento svilupparono le loro imponenti dimensioni.[75]

Numerose analisi filogenetiche hanno confermato che Tarbosaurus bataar è il taxon gemello di T. rex.[74] Inoltre, la scoperta di Lythronax argestes ha rafforzato la parentela tra Tarbosaurus e Tyrannosaurus, evidenziando un legame anche con un altro tirannosauride asiatico, Zhuchengtyrannus magnus. Questi tre generi formano il clade Tyrannosaurini, considerato il gruppo fratello di Lythronax.[76][77] Un ulteriore studio del 2016, condotto da Steve Brusatte, Thomas Carr e colleghi, ha suggerito che Tyrannosaurus potrebbe essersi originato in Asia, e forse derivare da una linea evolutiva vicina a Tarbosaurus.[78]

Il seguente cladogramma è tratto dall'analisi filogenetica di Loewen et al. (2013):[76]

Tyrannosauridae
Albertosaurinae

Gorgosaurus libratus 

Albertosaurus sarcophagus

Tyrannosaurinae

tirannosauride della formazione Dinosaur Park

Daspletosaurus torosus 

tirannosauride della formazione Two Medicine

Teratophoneus curriei

Bistahieversor sealeyi

Lythronax argestes 

Tyrannosaurus rex 

Tarbosaurus bataar 

Zhuchengtyrannus magnus

Nel 2024, nella descrizione della nuova specie Tyrannosaurus mcraeensis, Dalman et al. hanno ottenuto risultati coerenti con le analisi precedenti, posizionando Tyrannosaurus come taxon gemello del clade formato da Tarbosaurus e Zhuchengtyrannus, ovvero i Tyrannosaurini. Inoltre, hanno trovato supporto per un clade monofiletico contenente Daspletosaurus e Thanatotheristes, spesso indicato come Daspletosaurini.[79][80]

Una rappresentazione semplificata dei risultati è la seguente:

Albertosaurus sarcophagus

Gorgosaurus libratus  

Daspletosaurus horneri

Thanatotheristes

Daspletosaurus torosus  

Daspletosaurus wilsoni

Teratophoneus

Nanuqsaurus  

Bistahieversor

Lythronax  

Tyrannosaurini

Tyrannosaurus mcraeensis

Tyrannosaurus rex  

Zhuchengtyrannus

Tarbosaurus  

Altre specie

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Diagramma che mostra le differenze tra il cranio di Tarbosaurus (A) e Tyrannosaurus rex (B)[81]

Nel 1955, il paleontologo sovietico Evgeny Maleev nominò una nuova specie scoperta in Mongolia: Tyrannosaurus bataar.[82] Nel 1965, questa specie fu rinominata Tarbosaurus bataar.[83] Sebbene la maggior parte dei paleontologi continui a considerare Tarbosaurus e Tyrannosaurus come generi distinti, alcuni autori – tra cui Thomas Holtz, Kenneth Carpenter e Thomas Carr – sostengono che le due specie siano abbastanza simili da essere appartenere allo stesso genere, il modificherebbe il binomio del taxon asiatico in Tyrannosaurus bataar.[75]

Nel 2001, vari denti di tirannosauride e un metatarso rinvenuti in una cava vicino a Zhucheng, in Cina, furono assegnati dal paleontologo cinese Hu Chengzhi alla nuova specie Tyrannosaurus zhuchengensis. Tuttavia, in un sito vicino, furono rinvenuti un mascellare destro e un ramo mandibolare sinistro, successivamente attribuiti al nuovo genere Zhuchengtyrannus, eretto nel 2011. È possibile che T. zhuchengensis sia sinonimo di Zhuchengtyrannus, ma in ogni caso T. zhuchengensis è attualmente considerato un nomen dubium, poiché l'olotipo non presenta caratteristiche diagnostiche sufficienti per una classificazione oltre il livello di Tyrannosaurinae.[84]

Nel 2022, Gregory S. Paul e colleghi proposero che ciò che tradizionalmente viene considerato Tyrannosaurus rex rappresenti in realtà un complesso di tre specie distinte: la specie tipo Tyrannosaurus rex, e due nuove specie: T. imperator ("lucertola tiranna imperatore") e T. regina ("lucertola tiranna regina"). L'olotipo di T. imperator sarebbe rappresentato dall'esemplare "Sue", mentre l'olotipo di T. regina sarebbe il "Wankel rex". Questa suddivisione si basava su una variabilità morfologica particolarmente accentuata nelle proporzioni scheletriche, soprattutto del femore, mai riscontrata con tale intensità in altre specie di teropodi.[85]

A supporto della tesi furono utilizzate anche differenze nel numero e nella forma dei denti anteriori del dentario, e la presenza di morfotipi robusti e gracili. Secondo lo studio:[85]

  • T. rex si caratterizzerebbe per una corporatura robusta, un rapporto moderato tra lunghezza e circonferenza del femore e la presenza di un singolo dente incisivo sottile;
  • T. imperator sarebbe ancora più massiccio, con un femore proporzionalmente più tozzo e due denti sottili nerl dentario;
  • T. regina, al contrario, presenterebbe una corporatura gracile, un rapporto alto tra lunghezza e circonferenza del femore, e un solo dente sottile.

Gli autori interpretarono la crescente divergenza morfologica negli esemplari più recenti come un segnale di speciazione, con T. imperator come forma ancestrale da cui derivarono T. rex e T. regina.[85]

Questa proposta fu però accolta con forte scetticismo da parte di numerosi paleontologi, tra cui Stephen Brusatte, Thomas Carr, Thomas Holtz, David Hone, Jingmai O'Connor e Lindsay Zanno, i quali espressero critiche tramite dichiarazioni a media scientifici e in seguito a un cocumento tecnico ufficiale.[86][87][88][89] Holtz e Zanno osservarono che, sebbene l'esistenza di più specie di Tyrannosaurus non sia da escludere, le prove presentate non fossero sufficienti a sostenerne la validità. Holtz suggerì inoltre che, se T. imperator fosse davvero una specie distinta, potrebbe coincidere con Nanotyrannus lancensis, e dunque dovrebbe essere rinominata Tyrannosaurus lancensis. O'Connor, curatrice del Field Museum dove è esposto "Sue", si oppose all'aggiornamento del nome nelle esposizioni, ritenendo le evidenze ancora troppo deboli. Carr e O'Connor sottolinearono anche l'incapacità dello studio di assegnare chiaramente diversi esemplari noti alle tre nuove specie proposte. Philip J. Currie, inizialmente coautore dello studio, si ritirò in seguito, non volendo essere coinvolto nella denominazione delle nuove specie.[86]

Paul ha respinto le critiche, sostenendo che i paleontologi avversi all'ipotesi non sarebbero disposti a considerare la possibilità di una diversificazione specifica all'interno di Tyrannosaurus.[90][91] In un articolo successivo (in attesa di pubblicazione), Paul ha ribadito la validità della suddivisione tripartita, precisando che molte delle critiche si concentrano su due sole caratteristiche (numero di denti e proporzioni del femore), mentre lo studio originale considerava anche variazioni nella robustezza di numerose altre ossa (mascella, dentario, omero, ileo e metatarsi). Ha inoltre proposto che la distinzione tra le tre specie possa essere supportata anche dalla forma delle prominenze postorbitali ("bozze") dietro gli occhi. Infine, ha sottolineato come, in passato, molte nuove specie di dinosauri siano state istituite sulla base di differenze minori rispetto a quelle proposte nel caso di T. imperator e T. regina.[92]

Tyrannosaurus mcraeensis

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Illustrazione del cranio di T. mcraeensis. Elementi conosciuti in bianco.

Nel 2024, Sebastian G. Dalman, Mark A. Loewen, R. Alexander Pyron, Steven E. Jasinski, D. Edward Malinzak, Spencer G. Lucas, Anthony R. Fiorillo, Philip J. Currie e Nicholas R. Longrich descrissero i resti di un tirannosauro scoperto nel 1983 nella Formazione Hall Lake, risalente al tardo Campaniano-Maastrichtiano inferiore del Nuovo Messico. Ricollocato presso il Museo di Storia Naturale e Scienza del Nuovo Messico, l'esemplare fossile (NMMNH P-3698) comprende il postorbitale destro, lo squamosale destro, il palatino sinistro e una mandibola incompleta dal cranio; un dentario sinistro, lo spleniale destro, il prearticolare, l'angolare e l'articolare destri dalla mandibola; oltre a vari denti isolati e uno chevron.[79]

Alcune di queste ossa erano già state menzionate nel 1984 come attribuite a T. rex,[93] e descritte in modo preliminare nel 1986.[94]

 
Ricostruzione di T. mcraeensis

Dalman et al. (2024) proposero per l'olotipo il nome Tyrannosaurus mcraeensis. L'epiteto specifico fa riferimento al Gruppo McRae, l'unità geologica che comprende la Formazione Hall Lake. Gli strati rocciosi da cui proviene l'esemplare sono datati a circa 72,7-70,9 milioni di anni fa, tra la fine del Campaniano e l'inizio del Maastrichtiano, anticipando così di circa 5-7 milioni di anni i più antichi esemplari noti di T. rex, che visse nella parte finale del Maastrichtiano.[95]

Le dimensioni stimate di T. mcraeensis sono paragonabili a quelle di T. rex, con una lunghezza complessiva di circa 12 metri. Tuttavia, le due specie presentano differenze anatomiche significative, in particolare a livello cranico. Il dentario di T. mcraeensis è proporzionalmente più lungo e dotato di un mento meno prononunciato; inoltre, la mandibola è meno profonda rispetto a quella di T. rex, il che suggerirebbe un morso relativamente meno potente. I denti appaiono più smussati e compressi lateralmente, e le creste postorbitali risultano meno sviluppate. Anche l'anatomia generale mostra tratti condivisi con Tarbosaurus e Zhuchengtyrannus, rafforzando l'idea di un legame filogenetico tra questi taxa asiatici e T. mcraeensis.[79][96]

Nanotyrannus

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Olotipo di Nanotyrannus lancensis, ora interpretato come un giovane Tyrannosaurus

Altri tirannosauridi rinvenuti nelle stesse formazioni di T. rex furono inizialmente classificati come taxa separati, tra cui Aublysodon e Albertosaurus megagracilis,[60] quest'ultimo successivamente rinominato Dinotyrannus megagracilis nel 1995.[97] Attualmente, questi fossili sono considerati appartenenti a esemplari giovanili di Tyrannosaurus.[98]

Un'eccezione potenziale è rappresentata da un piccolo cranio quasi completo scoperto in Montana, lungo circa 60 cm. L'esemplare (CMNH 7541) fu inizialmente attribuito da Charles W. Gilmore (1946) a una specie di Gorgosaurus, denominata G. lancensis.[99] Tuttavia, nel 1988, Robert T. Bakker, Phil Currie e Michael Williams – allora curatore del Cleveland Museum of Natural History, dove l'esemplare è conservato o ridescrissero il cranio. Le loro analisi suggerivano che le ossa fossero fuse, indicando uno stadio adulto. Alla luce di ciò, assegnarono l'esemplare a un nuovo genere, Nanotyrannus ("tiranno nano"), stimando una lunghezza complessiva di circa 5,2 metri.[100]

Nel 1999, tuttavia, un'analisi dettagliata di Thomas Carr suggerì che CMNH 7541 fosse in realtà un esemplare giovane, e Carr – insieme a molti altri paleontologi – iniziò a considerarlo un individuo giovanile di T. rex.[101][102]

 
Scheletro ricostruito di "Jane", al Cleveland Museum of Natural History

Nel 2001 fu scoperto un esemplare giovanile più completo, soprannominato "Jane" (BMRP 2002.4.1), appartenente alla stessa morfologia di CMNH 7541. La scoperta portò, nel 2005, a una conferenza dedicata alla validità di Nanotyrannus, presso il Burpee Museum of Natural History. Diversi paleontologi, tra cui Currie e Williams, in precedenza favorevoli alla vaslidità del taxon, considerarono "Jane" come conferma che Nanotyrannus fosse in realtà un giovane T. rex.[103][104][105]

Peter Larson, tuttavia, continuò a sostenere la validità di Nanotyrannus lancensis come specie separata ma strettamente imparentata. A supporto della sua tesi citò la presenza di due denti in più nella mascella e nella mandibola rispetto a T. rex, mani proporzionalmente più grandi con falangi sul terzo metacarpo, e una diversa anatomia della furcula (in un esemplare ancora non descritto). Larson suggerì inoltre che Stygivenator, generalmente considerato un giovane T. rex, potesse in realtà essere un esemplare giovanissimo di Nanotyrannus.[106][107]

Successivi studi dimostrarono che anche altri tirannosauridi, come Gorgosaurus, andavano incontro a una riduzione del numero dei denti con la crescita,[101] e che la disparità dentale osservata in individui della stessa fascia d'età poteva riflettere semplici variazioni individuali.[102] Nel 2013, Carr osservò che tutte le presunte differenze morfologiche a favore della validità di Nanotyrannus potevano essere spiegate come variazioni ontogenetiche, individuali o deformazioni post-mortem dei fossili.[108]

Nel 2016, un'analisi delle proporzioni degli arti da parte di Persons e Currie suggerì che gli esemplari riferiti a Nanotyrannus mostrassero livelli di cursorialità distinti, ma il paleontologo Manabu Sakamoto notò che la scarsità di esemplari rendeva incerta questa conclusione, e che le differenze non implicavano necessariamente una distinzione tassonomica.[109] Nello stesso anno, Joshua Schmerge sostenne nuovamente la validità di Nanotyrannus, basandosi sulla presenza di un solco dentale nel cranio dell'esemplare "Jane", assente in T. rex ma presente in Dryptosaurus e negli albertosaurini, suggerendo una possibile collocazione di Nanotyrannus all'interno di Albertosaurinae.[110] Tuttavia, Carr e colleghi ribadirono che tale caratteristica è comune e ontogeneticamente variabile tra i tirannosauridi, e non sufficiente per confermare la validità del taxon.[111]

 
Esemplare adulto di T. rex (esemplare AMNH 5027), al American Museum of Natural History.

Uno studio del 2020 condotto da Holly Woodward e colleghi concluse che tutti gli esemplari riferiti a Nanotyrannus erano ontogeneticamente immaturi, rafforzando l'ipotesi che appartenessero a giovani individui di T. rex.[112] Nello stesso anno, Carr pubblicò un'ampia analisi su T. rex, determinando che CMNH 7541 mostrava caratteristiche giovanili compatibili con l'ontogenesi del genere. L'esemplare fu così classificato come un individuo giovane, di età inferiore ai 13 anni, con un cranio lungo meno di 80 cm. Nessuna variazione significativa, né sessuale né filogenetica, fu rilevata tra i 44 esemplari studiati. Carr sottolineò inoltre che i caratteri potenzialmente diagnostici si riducono man mano che l'animale cresce, allo stesso ritmo della maturazione scheletrica.[113]

Commentando i risultati, Carr descrisse gli esemplari attribuiti a Nanotyrannus come parte di una transizione di crescita continua tra i giovani e i subadulti di T. rex, senza interruzioni né gruppi distinti che suggerissero l'esistenza di un altro taxon. I "nanomorfi", secondo lo studio, rappresenterebbero un importante ponte nella serie di crescita del tirannosauro, testimoniando il passaggio dal cranio stretto e allungato dei giovani a quello robusto e profondo degli adulti.[114]

Tuttavia, un articolo pubblicato nel 2024 da Nick Longrich e Evan Thomas Saitta ha riaperto il dibattito. Riesaminando l'olotipo e altri esemplari riferiti a Nanotyrannus, gli autori hanno rilevato differenze morfologiche, ontogenetiche e filogenetiche che – secondo le loro analisi – giustificherebbero la validità del taxon come entità distinta. Hanno inoltre ipotizzato che Nanotyrannus potrebbe non appartenere affatto alla famiglia Tyrannosauridae, aprendo così nuove ipotesi sulla sua posizione evolutiva.[115]

Sinonimi

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Sinonimi del Genere:

  • Dinotyrannus
    Olshevsky, 1995
  • Dynamosaurus
    Osborn, 1905
  • Manospondylus
    Cope, 1892
  • Nanotyrannus
    Bakker, Williams & Currie, 1988
  • Stygivenator
    Olshevsky, 1995
  • Tarbosaurus?
    Maleev, 1955b

Sinonimi della Specie:

  • Aublysodon amplus?
    Marsh, 1892
  • Deinodon amplus?
    (Marsh, 1892) Hay, 1902
  • Manospondylus amplus?
    (Marsh, 1892) Olshevsky, 1978
  • Stygivenator amplus?
    (Marsh, 1892) Olshevsky, 1995
  • Tyrannosaurus amplus?
    (Marsh, 1892) Hay, 1930
  • Aublysodon cristatus?
    Marsh, 1892
  • Deinodon cristatus?
    (Marsh, 1892) Hay, 1902
  • Stygivenator cristatus?
    (Marsh, 1892) Olshevsky, 1995
  • Manospondylus gigas
    Cope, 1892
  • Dynamosaurus imperiosus
    Osborn, 1905
  • Tyrannosaurus imperiosus
    (Osborn, 1905) Swinton, 1970
  • Gorgosaurus lancensis
    Gilmore, 1946
  • Albertosaurus lancensis
    (Gilmore, 1946) Russell, 1970
  • Deinodon lancensis
    (Gilmore, 1946) Kuhn, 1965
  • Aublysodon lancensis
    (Gilmore, 1946) Charig in Appleby, Charig, Cox, Kermack & Tarlo, 1967
  • Nanotyrannus lancensis
    (Gilmore, 1946) Bakker, Williams & Currie, 1988
  • Albertosaurus "megagracilis"
    Paul, 1988a (nomen nudum)
  • Dinotyrannus megagracilis
    Olshevsky, 1995
  • Aublysodon molnaris
    Paul, 1988a
  • Aublysodon molnari
    Paul, 1988a emend Paul, 1990
  • Stygivenator molnari
    (Paul, 1988a emend Paul, 1990) Olshevsky, 1995

Storia della scoperta

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I primi ritrovamenti

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Esemplare tipo (AMNH 3982) di Manospondylus gigas

I denti di quello che ora è documentato come Tyrannosaurus rex furono ritrovati nel 1874 da Arthur Lakes vicino a Golden, Colorado. All'inizio del 1890, John Bell Hatcher raccolse alcuni elementi postcranici nel Wyoming orientale. All'epoca si credeva che questi fossili appartenessero alla grande specie Ornithomimus grandis (ora Deinodon), ma ora sono considerati resti di Tyrannosaurus.[116]

Nel 1892, Edward Drinker Cope trovò due frammenti vertebrali di un grande dinosauro. Cope credeva che i frammenti appartenessero a un dinosauro "agathaumide" (ceratopside) e li nominò Manospondylus gigas, che significa "vertebra porosa gigante", in riferimento alle numerose aperture per i vasi sanguigni che trovò nelle ossa.[116] I resti di M. gigas furono, nel 1907, identificati da Hatcher come quelli di un teropode piuttosto che di un ceratopside.[117]

Henry Fairfield Osborn riconobbe la somiglianza tra Manospondylus gigas e T. rex già nel 1917, quando ormai la seconda vertebra era andata perduta. A causa della natura frammentaria delle vertebre di Manospondylus, Osborn non sinonimizzò i due generi, considerando invece indeterminato il genere più antico.[66] Nel giugno 2000, il Black Hills Institute trovò circa il 10% di uno scheletro di Tyrannosaurus (l'esemplare BHI 6248) in un sito che potrebbe essere la località originale di M. gigas.[118]

Scheletri e denominazione

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Ricostruzione scheletrica di William D. Matthew del 1905, pubblicato insieme al documento descrittivo di Osborn

Barnum Brown, assistente curatore dell'American Museum of Natural History, trovò il primo scheletro parziale di T. rex nel Wyoming orientale nel 1900. Brown trovò un altro scheletro parziale nella formazione Hell Creek nel Montana nel 1902, comprendente circa 34 ossa fossilizzate.[65] Scrivendo all'epoca Brown disse: "La cava n. 1 contiene il femore, il pube, l'omero, tre vertebre e due ossa indeterminate di un grande dinosauro carnivoro non descritto da Marsh .... Non ho mai visto niente di simile dal Cretaceo."[119] Henry Fairfield Osborn, presidente dell'American Museum of Natural History, nominò il secondo scheletro Tyrannosaurus rex nel 1905. Il nome del genere, Tyrannosaurus, deriva dalle parole greche τύραννος/tyrannos che significa "tiranno", e σαῦρος/sauros che significa "lucertola". Osborn usò la parola latina rex, che significa "re", per il nome specifico. Il binomio completo si traduce quindi in "re lucertola tiranno" o "lucertola tiranno re", sottolineando le dimensioni dell'animale e la presunta dominanza sulle altre specie dell'epoca.[65]

 
Olotipo di Dynamosaurus imperiosus, Museo di Storia Naturale di Londra

Il primo esemplare, invece, venne nominato da Osborn come Dynamosaurus imperiosus in un articolo del 1905.[65] Tuttavia, nel 1906, Osborn riconobbe che i due scheletri appartenevano alla stessa specie e scelse Tyrannosaurus come nome preferito.[72] Il materiale originale di Dynamosaurus risiede nelle collezioni del Museo di storia naturale di Londra.[120] Nel 1941, l'esemplare tipo di T. rex fu venduto al Museo di Storia Naturale Carnegie di Pittsburgh, Pennsylvania, per $ 7.000.[119] Il nome Dynamosaurus sarebbe stato successivamente onorato dalla descrizione di un'altra specie di tirannosauride da parte di Andrew McDonald e colleghi, Dynamoterror dynastes, nel 2018. Il nome venne scelto in quanto Dynamosaurus fu uno dei nomi "preferiti d'infanzia" di McDonald's.[121]

Dagli anni '10 fino alla fine degli anni '50, le scoperte di Barnum rimasero gli unici esemplari conosciuti di Tyrannosaurus, in quanto la Grande Depressione e le guerre tennero molti paleontologi fuori dal campo.[118]

Interesse risorgente

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Esemplare "Sue", al Field Museum of Natural History, prima del restauro

A partire dagli anni '60, ci fu un rinnovato interesse verso Tyrannosaurus, con il conseguente recupero di 42 scheletri (5-80% completi secondo il conteggio delle ossa) dal Nord America occidentale.[118] Nel 1967, il dottor William MacMannis individuò e recuperò lo scheletro denominato "MOR 008", il quale è completo al 15% dal conteggio delle ossa e ha un cranio ricostruito esposto al Museo delle Montagne Rocciose. Gli anni '90 hanno visto numerose scoperte, con quasi il doppio dei reperti rispetto a tutti gli anni precedenti, inclusi due degli scheletri più completi trovati fino ad oggi: Sue e Stan.[118]

Sue Hendrickson, una paleontologa dilettante, scoprì lo scheletro di Tyrannosaurus più grande e completo (circa l'85%) nella formazione Hell Creek il 12 agosto 1990. L'esemplare sopranoninato Sue (prendendo il nome del suo scopritore), fu oggetto di una battaglia legale per la proprietà. Nel 1997, il contenzioso fu risolto a favore di Maurice Williams, il proprietario originario del terreno. La collezione di fossili venne acquistata dal Field Museum of Natural History all'asta per 7,6 milioni di dollari, rendendolo lo scheletro di dinosauro più costoso, fino alla vendita di Stan per 31,8 milioni di dollari nel 2020.[122] Dal 1998 al 1999, lo staff del Field Museum of Natural History trascorse oltre 25.000 ore a preparare l'esemplare, togliendo le ossa dalla roccia.[123] Le ossa furono poi spedite nel New Jersey dove vennero costruiti i calchi e la montatura in ferro per lo scheletro, quindi rispedite a Chicago per l'assemblaggio finale. L'esposizione che mostra lo scheletro montato venne aperta al pubblico il 17 maggio 2000, al Field Museum of Natural History. Uno studio sulle ossa fossilizzate di questo esemplare ha mostrato che Sue raggiunse le sue dimensioni adulte all'età di 19 anni e morì all'età di 28 anni, la vita stimata più lunga di qualsiasi Tyrannosaurus conosciuto.[124]

 
"Scotty", il più grande esemplare di Tyrannosaurus conosciuto, esposto in Giappone

Un altro esemplare di Tyrannosaurus, soprannominato Stan (BHI 3033), in onore del paleontologo dilettante Stan Sacrison, fu recuperato dalla formazione Hell Creek, nel 1992. Stan è il secondo scheletro più completo ritrovato, con 199 ossa recuperate che rappresentano il 70% dello scheletro totale.[125] Questo esemplare presenta anche diverse patologie ossee, tra cui costole rotte e guarite, un collo rotto (e guarito) e un foro sostanziale nella parte posteriore della testa, delle dimensioni di un dente di Tyrannosaurus.[126]

Nel 1998, Bucky Derflinger notò un dito di T. rex sporgere dal terreno, rendendo Derflinger, che all'epoca aveva 20 anni, la persona più giovane a scoprire un fossile di Tyrannosaurus. L'esemplare, soprannominato Bucky in onore del suo scopritore, era un giovane adulto, alto 3 metri e lungo 11 metri. Bucky è il primo esemplare di Tyrannosaurus rinvenuto con furcula, o forcella, conservata. Bucky è permanentemente esposto al Museo dei bambini di Indianapolis.[127]

 
Gli esemplari "Sue", AMNH 5027, "Stan" e "Jane", in scala

Nell'estate del 2000, le spedizioni organizzate da Jack Horner scoprirono cinque scheletri di Tyrannosaurus vicino al bacino idrico di Fort Peck.[128] Nel 2001, uno scheletro completo al 50% di un giovane Tyrannosaurus è stato scoperto nella formazione Hell Creek da una spedizione del Burpee Museum of Natural History. Soprannominato "Jane" (BMRP 2002.4.1), si pensava che il ritrovamento fosse il primo scheletro conosciuto di un tirannosauride pigmeo, Nanotyrannus, ma ricerche successive hanno rivelato che si tratta più probabilmente di un Tyrannosaurus giovanile, rappresentando pertanto l'esemplare giovanile di Tyrannosaurus più completo conosciuto;[73] Jane è esposta al Burpee Museum of Natural History.[129] Nel 2002 venne scoperto un altro scheletro piuttosto completo, soprannominato Wyrex, scoperto dai collezionisti dilettanti Dan Wells e Don Wyrick. L'esemplare contava 114 ossa ed era completo al 38%. Lo scavo si concluse in 3 settimane nel 2004, portato a termine dal Black Hills Institute passando alla storia come il primo scavo in diretta online di un Tyrannosaurus fornendo rapporti giornalieri, foto e video.[118]

Nel 2006, il Montana State University ha rivelato di possedere il più grande cranio di Tyrannosaurus mai scoperto (da un esemplare catalogato come MOR 008), che misurava 152 centimentri di lunghezza.[130] Confronti successivi hanno indicato che il cranio più lungo era di 136,5 centimetri (dell'esemplare LACM 23844), ed il cranio più largo era di 90,2 centimetri (dall'esemplare Sue).[131]

Impronte

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Probabile impronta dal Nuovo Messico

Due impronte fossili isolate sono state provvisoriamente assegnate a T. rex. La prima fu scoperto al Philmont Scout Ranch, nel Nuovo Messico, nel 1983 dal geologo americano Charles Pillmore. Originariamente identificata come l'impronta di un hadrosauride, l'esame dell'impronta ha rivelato la presenza di un grande "tallone" assente nelle tracce dei dinosauri ornitopodi e tracce di quello che potrebbe essere stato un alluce, il quarto dito simile a uno sperone sul piede di Tyrannosaurus. L'impronta è stata pubblicata come l'ichnogenere Tyrannosauripus pillmorei nel 1994, da Martin Lockley e Adrian Hunt. Lockley e Hunt suggerirono che molto probabilmente la traccia fosse stata lasciata da un T. rex, il che la renderebbe la prima impronta conosciuta di questa specie. La pista è stata realizzata in quella che una volta era una zona fangosa con vegetazione. L'impronta misura 83 centimetri di lunghezza e 71 centimetri di larghezza.[132]

Una seconda impronta che potrebbe essere stata lasciata da un Tyrannosaurus è stata segnalata per la prima volta nel 2007 dal paleontologo britannico Phil Manning, della formazione Hell Creek del Montana. Questa seconda traccia misura 72 centimetri di lunghezza, più corta della traccia descritta da Lockley e Hunt. Non è chiaro se l'impronta sia stata tracciata o meno da un Tyrannosaurus, sebbene Tyrannosaurus sia l'unico grande teropode noto dalla Formazione Hell Creek.[133][134]

Una serie di impronte a Glenrock, nel Wyoming, risalenti allo stadio Maastrichtiano del Cretaceo superiore e provenienti dalla Formazione Lance, sono state descritte da Scott Persons, Phil Currie e colleghi nel 2016 e si ritiene che appartengano a un giovane T. rex o al dubbio tirannosauride Nanotyrannus lancensis. Dalle misurazioni e in base alla posizione delle impronte, si crede che l'animale viaggiasse a una velocità di camminata compresa tra i 2,8 e le 5 miglia all'ora circa, e si stima che avesse un'altezza dell'anca compresa tra i 1,56 e i 2,06 metri.[135][136][137] Un documento follow-up è apparso nel 2017, aumentando le stime di velocità del 50-80%.[138]

Paleobiologia

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Origine asiatica

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L'origine evolutiva del Tyrannosaurus è piuttosto intricata e non del tutto chiara. Nel 2016, un team di studiosi guidati dal paleontologo Steve Brusatte dell'Università di Edimburgo, in Scozia, ha avanzato l'ipotesi che il Tyrannosaurus avesse origini asiatiche.[139] Secondo le teorie dei paleontologi scozzesi, gli antenati dei tirannosauridi, e di tutti gli altri dinosauri teropodi, erano già presenti sul supercontinente Pangea, circa 200 milioni di anni fa quando il continente si separò dando origine ai continenti i vari dinosauri si adattarono ai loro rispettivi habitat. Questo spiega anche perché i tirannosauridi nativi del Nord America, come gli albertosaurini abbiano una costituzione diversa da quelle di altri tirannosauridi più evoluti. Ma circa 73 milioni di anni fa, Asia e Nord America si avvicinarono formando un ponte di terra che univa i due continenti, permettendo ad animali asiatici di "trasferirsi" in Nord America. Ci sono prove che il Tyrannosaurus avesse origini asiatiche, difatti è strettamente imparentato con tirannosauridi asiatici quali Tarbosaurus e Zhuchengtyrannus. L'arrivo del Tyrannosaurus in Nord America, circa 71 milioni di anni fa, coincide, inoltre, con la graduale estinzione dei tirannosauridi nativi americani come Albertosaurus e Gorgosaurus. Si pensa che il Tyrannosaurus abbia avuto un ruolo rilevante nella loro estinzione, spodestando i vecchi predatori e salendo in cima alla catena alimentare, come una vera e propria specie invasiva o aliena.[139]

Sviluppo

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Diagramma mostrante la curva di crescita teorica di vari tirannosauri (massa corporea versus età), con T. rex in nero. Basato su Erickson et al. 2004.

L'identificazione di certi esemplari come T. rex giovani ha permesso agli scienziati di documentare i cambiamenti ontogenetici della specie, stimare la durata della vita, e determinare il tasso di crescita. Si stima che l'esemplare più piccolo conosciuto (LACM 28471) avesse in vita una massa corporea di soli 30 chili, mentre è probabile che il più grande (FMNH PR2081 "Sue") pesasse 5400 chili. Analisi istologiche sulle ossa dell'esemplare LACM 28471 mostrano che morì a due anni, mentre quelle di "Sue" mostrano che morì a 28 anni, probabilmente vicino alla vita massima per la specie.[140]

 
"Jane", un esemplare di 11 anni con un adulto alle sue spalle, Burpee Museum of Natural History

Ulteriori studi istologici mostrano che gli esemplari giovani pesavano meno di 1800 chili fino a 14 anni, quando la massa corporea incrementava considerevolmente. Durante questa rapida fase di crescita, un giovane T. rex avrebbe aumentato il proprio peso corporeo di 600 chili all'anno per i successivi quattro anni, rallentando verso a 18 anni.[7][141] Un ulteriore studio corroborò l'ultimo, ma scoprì che il tasso di crescita era più veloce, sui 1800 chili all'anno. Ciò indicò che il tasso di crescita di T. rex era tipico d'animali della sua taglia.[5] Il rallentamento del tasso di crescita dopo i 18 anni potrebbe indicare la maturità fisica, un'ipotesi sostenuta dalla scoperta del midollo fossilizzato nel femore d'un esemplare di 16-20 anni scoperto in Montana (MOR 1125, soprannomminato "B. rex"). Il tessuto midollare si trova solo negli uccelli femmina durante l'ovulazione, indicando così che l'esemplare era sessualmente maturo.[142] Ulteriori studi indicano che questo esemplare morì a 18 anni.[143] Gli altri tirannosauridi mostrano cambiamenti simili ma a livelli inferiori.[144]

Più del 50% degli esemplari di T. rex scoperti sembrano essere morti entro sei anni dopo raggiunta la maturità sessuale, un modello presente in altri tirannosauri e in certi uccelli e mammiferi moderni di taglia grande. Queste specie sono caratterizzate da tassi di mortalità infantile elevati, con un decremento di mortalità negli adolescenti. La mortalità si eleva di nuovo dopo la maturità sessuale, parzialmente dovuta alla concorrenza per la riproduzione. Uno studio suggerisce che la rarità dei fossili di esemplari giovani di T. rex possa essere dovuta a tassi di mortalità infantili bassi; animali di quell'età, non morendo in grandi numeri, non si fossilizzavano. Questa rarità però può anche essere dovuta a una documentazione di fossili incompleta o alla predilezione dei collezionisti di fossili a scartare esemplari piccoli a favore di quelli più spettacolari.[144] In una conferenza del 2013, Thomas Holtz Jr. suggerì che i dinosauri vivessero velocemente e morissero precocemente a causa della loro rapidità riproduttiva, diversamente dai mammiferi il cui arco vitale ha una maggiore estensione perché prendono più tempo per riprodursi.[145] Anche Gregory S. Paul scrisse che il Tyrannosaurus si riproduceva rapidamente e moriva precocemente, ma attribuì il loro breve arco di vita all'esistenza pericolosa che conducevano.[146]

Diffusione

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Charles Marshall, direttore del Museo di Paleontologia dell'Università della California, ha stimato in 2,5 miliardi il numero totale di T. rex vissuti e in 20.000 il numero massimo di esemplari presenti sulla terra nello stesso momento (valori medi). Tale cifra è il risultato di un calcolo che considera - tra l'altro - che la specie è vissuta per un periodo compreso tra 1,2 e 3,6 milioni di anni, che la vita media era di circa 28 anni e che quindi le generazioni totali sono state mediamente 127.000. Conoscendo l'areale di diffusione (l'area del Nord America occidentale attualmente occupata dalle Montagne Rocciose e le Grandi Pianure centrali) ha anche stimato che ogni esemplare avesse mediamente un territorio di 110 km².[147][148]

Tessuto molle

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Nel 2005 fu annunciato da Science che tessuto molle era stato recuperato nella cavità midollare d'un femore di T. rex da parte del North Carolina State University.[149] Nominato "Museum of the Rockies specimen 1125" (MOR 1125), l'esemplare fu scoperto presso la formazione Hell Creek, e conteneva sia vasi sanguigni flessibili biforcuti che tessuto della matrice ossea. Entrambi contenevano microstrutture simili a cellule. Attualmente non ci sono spiegazioni concrete per la conservazione di questo materiale.[150] Se di seguito si scoprirà che le microstrutture appartengono definitivamente all'esemplare in questione, le proteine superstiti potrebbero essere utilizzate per ipotizzare indirettamente il contenuto del dinosauro in questione, dal momento che ogni proteina è prodotta da un gene specifico. Dopo questa scoperta sono stati scoperti materiali simili a tessuti in due T. rex e in un adrosauro.[149] Ricerche su alcuni di questi tessuti indicano che gli uccelli sono i parenti più stretti del T. rex, rispetto a qualsiasi altro organismo moderno.[151] Studi pubblicati in Science nel 2007 evidenziarono che tracce di collagene trovate nelle ossa di T. rex mostrano somiglianze con quelle di polli, rane e tritoni.[152] Studi ulteriori del 2008 su tessuti molli di T. rex ne confermarono la parentela con gli uccelli moderni.[153]

 
Femore di T. rex (MOR 1125), da cui si sono ottenuti matrici e peptidi demineralizzati.

Il presunto tessuto molle fu messo in dubbio nel 2008 da ricercatori dell'University of Washington, che sostennero come il contenuto del femore dell'esemplare di T. rex consistesse in un biofilm prodotto da batteri infiltrati in cavità una volta occupate da cellule.[154] Scoprirono che le strutture inizialmente identificate come frammenti di cellule (a causa della presenza di ferro) erano invece framboidi (sfere minerali che contengono ferro). Sfere simili sono state scoperte in altri fossili di vari periodi, inclusi in un'ammonite. Nell'ammonite le sfere furono trovate in luoghi dove il ferro che contenevano non poteva avere alcuna correlazione con la presenza di sangue.[155] Tali affermazioni furono contestate per il fatto che non ci sono prove documentate di biofilm che produca tubi cavi e biforcuti come quelli trovati nell'esemplare di T. rex.[156]

Nel 2016, un team di paleontologi dell'Università della Carolina del Nord ha pubblicato la scoperta di un esemplare di Tyrannosaurus, risalente a 68 milioni di anni fa, morta mentre era incinta.[157] I ricercatori, coordinati dalla paleontologa Mary Schweitzer, hanno individuato nel suo femore un tessuto molto particolare, detto osso midollare, che si trova anche nelle femmine degli uccelli soltanto durante il periodo della deposizione delle uova, e serve a fornire calcio per la formazione dei gusci delle uova. E, in teoria, i resti di questo esemplare potrebbero contenere DNA.[157]

Termoregolazione

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Il metodo di termoregolazione del T. rex non è chiaro. Come molti dinosauri, fu prima ritenuto d'avere un metabolismo ectotermico tipico dei rettili a sangue freddo. Questo ragionamento fu contestato negli anni sessanta, durante il cosiddetto "rinascimento dei dinosauri".[158][159] Fu infatti proposto che T. rex fosse endotermico, indicando così uno stile di vita molto attivo.[22] In seguito, vari paleontologi hanno congetturato sull'attitudine del T. rex di regolare la propria temperatura corporea. Evidenze istologiche d'un elevato tasso di crescita negli esemplari giovani di T. rex potrebbero sostenere l'ipotesi d'un metabolismo elevato. Come in mammiferi e uccelli, lo sviluppo del T. rex si determinava principalmente all'interno dello stadio giovanile, in contrasto ad uno sviluppo più esteso lungo l'arco vitale, osservato nella maggior parte degli altri vertebrati.[141]

Le proporzioni degli isotopi d'ossigeno nelle ossa fossilizzati sono spesso usate per determinare le temperature in cui le ossa furono deposte. In un esemplare, le proporzioni degli isotopi nelle ossa da parti diverse del corpo indicano una differenza di temperatura non più elevata di 4-5 °C tra le vertebre del torace e la tibia. Ciò condusse alla conclusione che T. rex fosse infatti omeotermico, avendo un metabolismo intermediato tra quello dei rettili ectotermici e i mammiferi endotermici.[160] Certi scienziati hanno notato che le proporzioni degli isotopi d'ossigeno nei fossili potrebbero essere state alterate durante o dopo la fossilizzazione.[161] Ciononostante, risultati simili sono stati scoperti nel teropode sudamericano più antico, il Giganotosaurus.[162] Infatti, anche i dinosauri ornitischi mostrano prove d'omeotermia, mentre tali prove sono assenti nei fossili di varani scoperti nelle stesse formazioni.[163] Anche se T. rex mostrava prove d'omeotermia, ciò non significa necessariamente che l'animale fosse endotermico. La sua termoregolazione potrebbe essere spiegata anche dalla gigantotermia, come dimostrato dalle tartarughe marine.[164][165]

Nel luglio 2019, uno studio pubblicato sulla rivista The Anatomical Record dai ricercatori delle università di Ohio, Florida e Missouri ha ipotizzato che la funzione delle fosse fronto-parietali presenti nella parte alta della scatola cranica del T. rex, considerati finora i punti di ancoraggio dei muscoli della mascella, sarebbe stata in realtà quella di favorire gli scambi di calore tra i vasi sanguigni e l'ambiente esterno, scaldando o raffreddando la testa dell'animale in base alla temperatura circostante proprio come accade negli odierni coccodrilli.[166]

Locomozione

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Ci sono due questioni principali riguardo alle abilità locomotorie di T. rex: la sua abilità di girarsi e quale fosse la sua velocità massima in una corsa dritta. Entrambi sono argomenti importanti nel dibattito che si pone come questione se l'animale fosse un predatore attivo o un necrofago.

 
Zampe di T. rex (sinistra) mostrante la forma 'chiave di volta' del terzo metatarso in confronto a quello del teropode più antico Allosaurus. Ciò gli avrebbe dato più stabilità nella corsa.[167]

Può darsi che T. rex fosse lento nel girarsi, impiegando probabilmente 1-2 secondi per girare solo di 45°, un grado che un umano può girare in una frazione di secondo.[168] La causa della sua difficoltà a girarsi velocemente è collegata al momento di inerzia, siccome la maggior parte della massa di T. rex era lontano dal suo centro di gravità, come un umano che porta un tronco. Avrebbe potuto però parzialmente rimediare inarcando la schiena e la coda, e piegando il collo e le braccia presso il corpo, come fanno i pattinatori per girare più velocemente.[169]

 
Ricostruzione dei muscoli caudofemorali

Gli scienziati hanno prodotto un certo numero di stime sulla sua velocità massima; la maggior parte concordano a circa 11 metri al secondo, ma alcuni ipotizzano una velocità ancora più elevata di 20 metri al secondo. Queste ambiguità sono dovute al fatto che, malgrado la presenza di impronte di teropodi che camminano, non si sono ancora trovate impronte di teropodi giganti che corrono.[170] Gli scienziati che ritengono che T. rex fosse un abile corridore puntano al fatto che T. rex avesse le ossa cave (alleggerendo così l'animale) e che altri animali come gli struzzi e i cavalli possono correre velocemente con passi lenti ma lunghi. Inoltre, certi esperti ritengono che T. rex avesse proporzionalmente i muscoli delle gambe più grandi di qualsiasi altro animale moderno, permettendogli così di correre a 40-70 chilometri all'ora.[171]

Nel 1993, Jack Horner e Don Lessem dichiararono che T. rex fosse lento, e che probabilmente fosse incapace di correre, siccome le proporzioni del femore e la tibia sono simili a quelli negli elefanti.[68] Nel 1998 però, Holtz notò che gli arti posteriori dei tirannosauridi avevano componenti prossimali e distali (lo stinco, i piedi e le dita) relativamente più lunghe in proporzione al femore degli altri teropodi, e che i loro metatarsi erano molto più compatti, conducendo così alla conclusione che i tirannosauridi fossero i teropodi giganti più veloci.[172] Thomas Holtz Jr. appoggiò questa ipotesi, affermando che i tirannosauridi avevano piedi proporzionalmente più lunghi di quelli degli allosauridi giganti, un tratto che indica velocità superiore.[145]

Uno studio condotto nel 2003 da Eric Snively e Anthony P. Russel condusse alla scoperta che il terzo metatarso dei tirannosauridi e i suoi legamenti elastici avrebbero funzionato come un 'modello tensile a chiave di volta' per rinforzare i piedi durante la corsa, conferendo così all'animale una stabilità e una velocità potenziale superiore a quella degli altri teropodi.[167]

Uno studio del 1998 stimò che le ossa delle gambe di T. rex non avevano la robustezza di quelli degli elefanti, che sono animali relativamente lenti e incapaci di correre. Fu proposto in base a questa scoperta che la velocità massima di T. rex sarebbe stata 11 metri al secondo, simile a quella d'uno scattista, ma tali stime dipendono da tante supposizioni dubbiose.[173]

Nel 1995, Farlow e i suoi colleghi sostenerono che un esemplare di T. rex pesante circa 6-8 tonnellate sarebbe rimasto gravemente ferito, o persino ucciso, se fosse caduto durante una corsa, siccome il suo torace avrebbe colpito il suolo a una velocità di 60 metri/s, e gli arti anteriori minuscoli non avrebbero potuto attutire l'impatto.[24] Animali come le giraffe però riescono a mettersi al galoppo a 50 chilometri all'ora, malgrado il rischio di cadere,[174][175] perciò è possibile che T. rex si spostasse velocemente se necessario.[176][177]

Gregory S. Paul, scrivendo nel 2000 per la rivista Gaia, propose che le ginocchia flesse e i piedi digitigradi d'un T. rex adulto fossero meglio adatti per la corsa di quelli degli elefanti e gli umani, notando che T. rex aveva un ilio enorme e una cresta cnemiale che avrebbe sostenuto muscoli robusti necessari per la corsa. Inoltre, propose che, malgrado i rischi di ferimento durante la corsa a causa della densità delle ossa, tale adattamento valeva la pena per resistere alle ferite subite durante i combattimenti.[178]

Le ricerche più recenti non appoggiano velocità superiori 40 chilometri orari. Modelli matematici sulla massa muscolare necessaria per superare i 40 chilometri orari dimostrarono che tali velocità fossero irrealizzabili in T. rex, siccome i muscoli delle gambe avrebbero dovuto costituire il 40-86% della massa corporea dell'animale.[170][171] Un altro studio svolto utilizzando i modelli a computer, basandosi su dati presi direttamente dai fossili, stimò che la velocità massima di T. rex fosse di 8 metri al secondo, quindi leggermente più veloce d'un giocatore di calcio, ma più lento d'uno scattista.[179][180][181]

Nel 2010, fu proposto che la velocità di T. rex sarebbe stata aumentata grazie a muscoli caudali (della coda) robusti.[182] Fu infatti notato che le code dei teropodi avessero una distribuzione muscolare diverso da quella degli uccelli moderni e i mammiferi, ma simile a quelli di rettili moderni.[183] Fu concluso che i muscoli caudofemorali avrebbero collegato le ossa della coda con quelle del femore, così assistendo alla retrazione della gamba durante la corsa.[182] Fu anche notato che gli scheletri dei teropodi in generale avessero degli adattamenti (come processi trasversi elevate nella coda) che permettevano la crescita di muscoli caudali grandi, e che la massa muscolare della coda di T. rex fosse stata sottostimata da circa 25-45%. Fu infatti scoperto che il muscolo caudofemorale occupava il 58% della massa muscolare della coda di T. rex. Questo avrebbe migliorato l'equilibrio e l'agilità del predatore.[182][183]

Gli studiosi che ritengono che T. rex non fosse capace di correre propongono che la sua velocità massima fosse 30 chilometri orari. Questo però è pur sempre superiore alla velocità massima delle sue prede come gli adrosauridi e i ceratopsidi.[171] Inoltre, i proponenti dell'ipotesi che T. rex fosse un predatore attivo notano che l'abilità di correre non fosse importante nell'animale, siccome le sue prede erano comunque più lente.[184] Thomas Holtz infatti notò che il piede di T. rex era relativamente più lungo di quelli degli animali che cacciava.[145] Certi esperti però hanno notato che i ceratopsidi più avanzati avevano le arti anteriori verticali, e che fossero almeno veloci come i rinoceronti.[185] Di conseguenza è plausibile che T. rex fosse solo normalmente lento, ma che in caso di necessità, ad esempio durante la caccia di animali particolarmente veloci come gli adrosauri, potesse rivelarsi un predatore notevolmente veloce e scattante. Nel 2023, uno studio scientifico ha sottolineato le potenzialità di caccia in acqua, facendo ipotizzare che questo predatore fosse capace di superare in velocità, in questo ambiente, prede che sulla terraferma sarebbero riuscite facilmente a fuggire.[186][187]

Cervello e abilità sensorie

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Cranio di T. rex (sinistra) in confronto a quello di Allosaurus. Nel primo, le orbite erano posizionate avanti, fornendo così a T. rex un'ottima vista binoculare.

Uno studio condotto da scienziati dell'Ohio University rivelò che T. rex possedeva le abilità sensorie avanzate degli altri coelurosauri, come ad esempio un olfatto elevato, un coordinamento testa/occhi rapido, e persino un'abilità di percezione di suoni a bassa frequenza che gli avrebbe permesso di seguire gli spostamenti delle prede da lunghe distanze.[188] Un ulteriore studio nell'Università di Oregon concluse che l'animale avesse una vista acuta, liquidando così in maniera definitiva l'errata credenza popolare che la sua vista fosse basata solo sul movimento (ossia che vedesse solo le cose che si muovono). Attraverso un'applicazione di perimetria modificata sulle ricostruzioni facciali di vari dinosauri, incluso T. rex, lo studio rivelò che aveva un tasso binoculare di 55 gradi, sorpassando quello degli astori, e superando quello umano ben 13 volte, così per estensione superando persino quello delle aquile, che hanno una vista 3,6 volte più acuta di quella umana. Ciò avrebbe permesso al T. rex di discernere gli oggetti lontani sei chilometri, una capacità superiore ai 1,6 chilometri visibili a un umano.[36][37][189]

Thomas Holtz Jr. ipotizzò che la vista acuta di T. rex fosse un adattamento alle prede che cacciava, tra di esse i ceratopsidi (forniti di corna formidabili), dinosauri corazzati come Ankylosaurus, e gli adrosauri, che potrebbero aver avuto comportamenti sociali complessi. Tali caratteristiche nelle prede avrebbe reso la necessità di infliggere ferite precise senza rischio di danneggiarsi, un dettaglio più cruciale che nei teropodi allosauridi, che avevano una percezione di profondità inferiore, e che cacciavano soprattutto i sauropodi, prede più grosse ma molto meno intelligenti.[145]

 
Calco endocranico

T. rex è notevolmente evoluto per la grandezza dei suoi bulbi olfattivi e i suoi nervi olfattivi, entrambi responsabili di un olfatto acuto. Ciò indica che T. rex potesse fiutare le carcasse da molto lontano. Il suo olfatto infatti potrebbe corrispondere con quello degli avvoltoi (se non essere superiore).[190]. In tal senso, una ricerca condotta nel 2019 dal biogolo Graham M. Hughes e dal paleontologo John A. Finarelli dell'università di Dublino la paragona a quella dei moderni gatti domestici[191]. Secondo gli studiosi il rettile aveva tra i 620 e i 645 geni dedicati alla codificazione dei recettori olfattivi: quantità leggermente inferiore a quella presente oggi nei polli e nei gatti domestici[192]. Tra i teropodi, T. rex era fornito d'una coclea relativamente lunga, indicando quindi che l'udito era un senso importante per i tirannosauridi.[188]

Uno studio condotto sul quoziente di encefalizzazione (QE) dei rettili, degli uccelli e i teropodi preistorici concluse che T. rex avesse il cervello proporzionalmente più grande di qualsiasi altro dinosauro non-aviano, tranne certi piccoli maniraptoriformi come Bambiraptor, Troodon e Ornithomimus. Lo studio però dimostrò anche che la taglia del cervello di T. rex fosse entro quella dei rettili moderni, in particolare gli alligatori.[193] La taglia del cervello però non basta a determinare l'intelligenza di un animale. A dimostrazione di ciò, gli studi condotti dagli scienziati della Duke University, capitanati da Erich Jarvis, hanno analizzato 6 aree del cervello e constatato che questo dinosauro aveva evoluto comportamenti complessi quali l'elaborazione di informazioni visive e di apprendimento e la capacità di comunicare, emettendo suoni e vocalizzazioni.[194] T. rex risulta essere quindi il teropode gigante più intelligente, capace non solo di attuare strategie di caccia e combattimento nonché operazioni di rudimentale risoluzione di problemi e possibile uso di oggetti come strumenti, ma anche di comunicare coi suoi simili e probabilmente anche di vivere e cacciare in branco (anche se questa teoria è ancora fortemente dibattuta), avendo le capacità intellettive e sensoriali più avanzate di quelle di molti teropodi simili come Giganotosaurus e Spinosaurus.

Alimentazione

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Degli studi condotti nel 2012 indicano che la forza del morso di T. rex potrebbe essere stata la più forte di qualsiasi altro animale terrestre mai vissuto. I calcoli suggerirono che la bocca di un T. rex adulto potesse generare una forza di 35.000-57.000 newton nei denti posteriori. Tale pressione è tre volte la forza generata dallo squalo bianco, 15 volte quella del leone, 3½ quella del coccodrillo marino, 77 quella d'un umano, e circa sette volte quella stimata per un Allosaurus.[195][196][197] Nel 2003 però, stime più alte furono indicate in uno studio dell'Università di Tampa, con una stima di circa 183000-235000 newton (18.3-23.5 tonnellate metriche), una forza equivalente a quella generata dagli esemplari più grandi di Megalodon.[14][15]

 
Ricostruzione obsoleta di Charles R. Knight di un incontro tra Tyrannosaurus e Triceratops
 
Tyrannosaurus rex nell'atto d'attaccare un Triceratops

Il dibattito sulla questione se T. rex fosse un predatore attivo o un puro necrofago è vecchio quanto quello sulla sua locomozione. Nel 1917, Lawrence Lambe descrisse un esemplare dell'imparentato Gorgosaurus, concludendo che esso (e T. rex per estensione) fosse un necrofago sulla base dei suoi denti, che non mostravano alcun segno d'usura.[198] Questa posizione però non è più considerata valida, visto che i teropodi rimpiazzavano rapidamente i denti danneggiati. Sin dalla sua scoperta, la maggior parte degli scienziati hanno concluso che T. rex fosse un predatore, ma che si cibava di carogne se l'opportunità si presentava.[199]

 
Segni dei denti di Tyrannosaurus sulle ossa di vari erbivori

Il paleontologo Jack Horner è stato uno dei sostenitori dell'idea che T. rex fosse esclusivamente un necrofago[68][69][70] e, pur non avendo mai pubblicato questa ipotesi nella letteratura scientifica, la utilizza per educare il pubblico sui pericoli nel fare supposizioni senza prove.[200] In ogni caso, Horner presentò vari fattori nella letteratura popolare a sostegno dell'ipotesi che l'animale fosse necrofago:

  • Siccome T. rex aveva le braccia corte in confronto a quelle degli altri predatori, Horner ha sostenuto che erano incapaci d'immobilizzare le prede.[201]
  • T. rex aveva i bulbi olfattivi e nervi olfattivi relativamente grandi, indicando quindi un olfatto ben sviluppato, ideale per rintracciare le carogne, come fanno oggi gli avvoltoi.[190] Gli scienziati che si oppongono all'ipotesi della necrofagia in T. rex notano che gli avvoltoi possono permettersi di essere puramente necrofagi, siccome l'abilità di volare gli dà un vantaggio di vista sopra T. rex, e la loro capacità di planare nell'aria gli permette di consumare pochissima energia nella ricerca di cibo.[202] Ricerche condotte in Glasgow però indicano che un ecosistema produttivo come il Serengeti potrebbe fornire un numero di carcasse sufficienti per sostenere un grande teropode, benché l'animale in questione avrebbe dovuto essere ectotermico per compensare il numero di calorie bruciate nella ricerca di cibo.[203]
  • I denti di T. rex potevano frantumare le ossa, permettendogli così di estrarre il midollo. Dei coproliti attribuibili a T. rex dimostrano la presenza di ossa digerite, ma gli esperti notano che i suoi denti non erano adattati a consumare le ossa sistematicamente come le iene.[204]
  • Siccome alcune delle prede potenziali di T. rex erano creature agili, le presunte prove che T. rex non potesse correre potrebbero indicare che fosse un necrofago.[69][205] D'altra parte, delle analisi recenti suggeriscono che T. rex, malgrado fosse stato più lento dei predatori moderni, poteva essere stato sufficientemente veloce per cacciare gli adrosauri e i ceratopsidi.[171][184]

Ci sono prove che suggeriscono un comportamento da predatore da parte di T. rex. Le sue orbite sono posizionate in tal modo che gli occhi puntavano in avanti, fornendo così all'animale una visione binoculare leggermente superiore a quella d'un falco. Horner stesso notò che la stirpe dei tirannosauri era caratterizzata da un progressivo sviluppo della visione binoculare. Non sarebbe altrimenti chiaro perché la selezione naturale avrebbe favorito lo sviluppo della visione binoculare nei tirannosauri se fossero stati necrofagi dedicati.[36][37] Negli animali moderni infatti, la visione binoculare si trova soprattutto nei predatori.

 
La ferita presente sulla vertebra caudale di questo Edmontosaurus annectens potrebbe essere dovuta a un morso di T. rex

Uno scheletro di Edmontosaurus annectens trovato in Montana mostra delle ferite guarite sulla coda, che potrebbero essere dovute a un morso di T. rex. Siccome la ferita guarì, ciò indica che l'animale fu attaccato da vivo.[206] Ci sono anche prove d'uno scontro tra un T. rex e un Triceratops; un esemplare di quest'ultimo mostra segni d'un morso su un corno e sul "collare" osseo. Il corno ferito infatti mostra segni di guarigione, quindi è probabile che il Triceratops sia sopravvissuto allo scontro.[207]

Nella sua esaminazione dell'esemplare SUE, il paleontologo Peter Larson trovò segni di rottura nella fibula e nelle vertebre caudali, cicatrici sulle ossa facciali, e un dente d'un altro T. rex conficcato in una delle vertebre del collo. Ciò potrebbe costituire una prova di aggressione tra i tirannosauri, ma non è chiaro se si trattasse d'un combattimento territoriale o un tentato cannibalismo.[208] Ulteriori studi però rivelarono che a volte le "ferite" si trattavano d'infezioni o casi di rottura dopo la morte.[69]

Certi esperti propongono che se T. rex fosse veramente un necrofago obbligato, allora un altro dinosauro avrebbe dovuto svolgere il ruolo di predatore alfa nell'ecosistema. Le prede principali includevano i marginocefali più grandi e gli ornitopodi. Siccome gli altri tirannosauri contemporanei condividevano tante caratteristiche con T. rex, gli unici candidati rimasti per il ruolo di predatori alfa erano i piccoli dromaeosauri e i troodontidi. In questo caso, i proponenti dell'ipotesi necrofaga hanno suggerito che T. rex usasse la sua taglia superiore per rubare le prede dei predatori più piccoli,[205] ma avrebbe avuto difficoltà nel trovare carcasse sufficienti, siccome era superato in numero da teropodi più piccoli.[209] La maggior parte dei paleontologi accettano che, come la maggior parte dei predatori, si cibasse sia di carogne che di prede vive.

Come gli altri teropodi, T. rex si nutriva delle carcasse in modo simile ai coccodrilli, afferrando una parte della carcassa e scuotendo la testa lateralmente per strapparla. La testa era meno manovrabile di quella degli allosauroidi, siccome le articolazioni delle vertebre cervicali erano piatte.[210]

Cannibalismo

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Nel 2010, i paleontologi Currie, Horner, Erickson e Longrich produssero uno studio che mostrava prove di cannibalismo probabile in T. rex. Studiarono esemplari di T. rex con segni di denti sulle ossa attribuibili a altri tirannosauri. Tali segni furono identificati sull'omero e i metatarsali. I ricercatori proposero che queste ferite indicavano un caso di necrofagia invece d'un combattimento, siccome sarebbe stato difficile mordere i piedi durante uno scontro. Visto che in vita i piedi non portavano tanta carne, è probabile che gli esemplari fossero già stati quasi totalmente denudati di carne quando furono consumati.[211]

Comportamenti sociali

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Scheletri di T. rex in vari stadi di crescita

Philip J. Currie dell'Università dell'Alberta ha proposto che T. rex e gli altri tirannosauri potessero essere stati cacciatori sociali,[212] usando come prova un sito nel Dakota del Sud che conteneva tre esemplari di T. rex fossilizzati insieme.[213] Dopo aver studiato il neurocranio di T. rex, Currie propose che l'animale sarebbe stato capace di comportamenti sociali complessi, siccome il cervello era proporzionalmente più grande di quelli dei coccodrilli e tre volte più grande di quelli dei dinosauri erbivori come Triceratops. Currie ipotizzò che T. rex fosse sei volte più intelligente della maggior parte dei dinosauri e gli altri rettili.[214][215] Currie dichiarò che cacciare in gruppo sarebbe stato vantaggioso per T. rex, siccome le sue prede, come Triceratops e Ankylosaurus, erano ben armate, e alcune erano molto veloci. Ipotizzò che gli esemplari giovanili e adulti di T. rex avrebbero cacciato insieme, con i giovani più veloci che braccavano le prede per poi permettere agli adulti di ucciderle, come fanno i predatori sociali moderni.[214]

L'ipotesi di Currie però è stata criticata d'altri scienziati. Brian Switek, scrivendo nel 2011, criticò l'ipotesi perché non fu presentata in una rivista scientifica, ma in un documentario intitolato Dino Gangs. In più, Switek notò che l'ipotesi di Currie si basava soprattutto sulla presunta sociabilità dell'imparentato Tarbosaurus bataar, le cui prove di sociabilità sono anch'esse dubbiose. Secondo Switek e altri scienziati, che parteciparono in una discussione riguardo Dino Gangs, le prove per la sociabilità nei tirannosauridi sono deboli, e si basano principalmente nell'associazione di vari scheletri scoperti insieme, per cui ci sono spiegazioni alternative (per esempio, una carestia o un'inondazione che costrinse vari individui a morire nello stesso luogo). Infatti, Switek notò che il "cimitero" degli Albertosaurus, da cui Currie sviluppò la sua ipotesi, conserva infatti prove geologiche di un'inondazione, dimostrando quindi che Currie si era sbagliato. Switek dichiarò che le ossa da sole non sono sufficienti per ricostruire i comportamenti dei dinosauri, e che Currie avrebbe fatto meglio a prendere nota delle prove geologiche dei siti contenenti tirannosauri prima di fare conclusioni affrettate sui loro comportamenti. Descrisse le affermazioni fatte nel programma e replicate nella stampa popolare come "promozioni pubblicitarie nauseanti", e notò che la compagnia creatrice del programma, Atlantic Productions, ha la reputazione di esagerare riguardo alle affermazioni sulle scoperte paleontologiche, parallelamente a quella controversa riguardo al presunto antenato umano Darwinius, che poi si rivelò essere invece un lemure.[216]

Secondo Lawrence Witmer, il comportamento sociale non può essere rivelato dai neuro crani, siccome anche i cervelli dei leopardi, che sono felini solitari, sono identici a quelli dei leoni, che sono invece felini sociali, quindi due animali possono avere la stessa intelligenza ma non necessariamente lo stesso stile di vita. Dichiarò che il miglior modo di determinarlo sarebbe stato quello di guardare la grandezza cerebrale totale, metterla a confronto con gli animali moderni e fare stime. Nella sua opinione, è probabile che, se i T.rex cacciavano in gruppo, avrebbero attaccato le prede per beneficio individuale piuttosto per il bene del gruppo. Questa strategia rappresenta uno stadio intermediario tra la caccia solitaria e la caccia cooperativa vera.[217]

Nel 2014, furono trovate le orme d'un gruppo di T. rex in Canada, fornendo così le prime prove di probabile caccia sociale del predatore.[218][219]

Un'altra curiosità sul comportamento sociale di questi animali riguarda una scoperta di alcuni pseudo nidi fossilizzati, creati da alcune specie di teropodi, tra cui il T. rex, in un probabile rituale di accoppiamento, molto simile a quelli effettuati da alcune specie di uccelli moderni. Questi segni sono stati trovati in una vasta area del Colorado occidentale, e indicano che questi rituali di accoppiamento erano abbastanza diffusi tra i dinosauri teropodi della regione dunque è possibile che potesse esistere una convivenza collettiva tra gli esemplari.[220]

Paleopatologia

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Ricostruzione, fatta da Chris Glen (University of Queensland) delle condizioni del capo dell'esemplare MOR 980 con le condizioni patologiche al momento della morte. La ricostruzione è basata su ipotizzate analogie con fotografie di esemplari di uccelli vivi e morti colpiti da Trichomoniasi aviaria.[221]

L'analisi delle mandibole del cranio di una decina di esemplari, mostranti lesioni vacuolari, che arrivano talora a perforare completamente l'osso, ha permesso di ipotizzare che questi individui siano stati colpiti da una forma di malattia aviaria del tipo Trichomiasi, causata da infezione di parassiti; in precedenza queste lesioni erano state attribuite a segni di morsi da parte di altri predatori o, nel caso dell'esemplare noto come Sue (FMNH PR2081) a infezione da parte di Actinomyces bovis. Le lesioni osservate sono morfologicamente simili a quelle osservabili nei Falconiformi attuali.[222]

Lo studio,[223] presentato nel 2009, rappresenta la prima evidenza sull'origine ed evoluzione di questa malattia contagiosa aviara in dinosauri terapodi non aviari. L'infezione, che dall'analisi dei reperti sembra statisticamente diffusa (circa il 15% degli esemplari), dovrebbe essere imputabile a un protozoo simile all'attuale Trichomonas gallinae, e secondo gli studiosi si sarebbe potuta sviluppare a seguito del consumo di prede infette (per quanto gli stessi studiosi osservino che infezioni di tipo Trichomiasi non siano segnalate in Ornithischia del Cretaceo superiore, suggerendo quindi anche l'ipotesi di contagio per cannibalismo[224] o trasmissione di infezione per morsi durante combattimenti per territorialità o dominanza nel branco o accoppiamento). Le patologie degli esemplari catalogati come FMNH PR2081 e MOR 980 suggeriscono che questa possa essere stata la causa diretta della morte dell'esemplare, impedendone il nutrimento e causandone quindi il decesso.

Paleoecologia

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Fauna di Hell Creek (Tyrannosaurus in rosso scuro, a sinistra)

Tyrannosaurus visse durante quello che viene definito lo stadio faunistico Lanciano (durante il Maastrichtiano) alla fine del Cretaceo superiore. Il suo areale geografico si estendeva dal Canada a nord fino al Nuovo Messico a sud di Laramidia.[118] Durante questo periodo Triceratops era l'erbivoro dominante nella parte settentrionale del suo areale, mentre il sauropode titanosauro Alamosaurus dominava il suo areale meridionale. I resti di Tyeannosaurus sono stati scoperti in diversi ecosistemi, comprese pianure subtropicali interne, costiere e semi-aride.

 
Tyrannosaurus e altri animali della formazione Hell Creek

Diversi resti importanti di Tyrannosaurus sono stati ritrovati all'interno della formazione Hell Creek. Durante il Maastrichtiano quest'area era subtropicale, con un clima caldo e umido. La flora era costituita principalmente da angiosperme, ma comprendeva anche alberi come sequoie (Metasequoia) e Araucaria. Tyrannosaurus condivideva questo ecosistema con diversi altri dinosauri, come i ceratopsi Leptoceratops, Torosaurus e Triceratops, l'hadrosauride Edmontosaurus annectens, il parksosauride Thescelosaurus, gli ankylosauri Ankylosaurus e Denversaurus, i pachycephalosauri Pachycephalosaurus e Sphaerotholus e con i teropodi Ornithomimus, Struthiomimus, Acheroraptor, Pectinodon e Anzu.[225]

Un'altra formazione ricca di resti di Tyrannosaurus è la Formazione Lance del Wyoming. Questa formazione è stata interpretata come un ambiente bayou simile all'odierna costa del Golfo. La fauna era molto simile a quella di Hell Creek, ma con Struthiomimus che sostituiva il suo parente Ornithomimus come ornithomimosauro dominante. Nella zona viveva anche il piccolo ceratopsiano Leptoceratops.[226]

Nel suo areale meridionale Tyrannosaurus visse accanto al titanosauro Alamosaurus, ai ceratopsiani Torosaurus, Bravoceratops e Ojoceratops, gli hadrosauri Edmontosaurus, Kritosaurus e una possibile specie di Gryposaurus, il nodosauro Glyptodontopelta, l'oviraptoride Ojoraptosaurus, possibili specie dei teropodi Troodon e Richardoestesia, e il gigantesco pterosauro Quetzalcoatlus.[227] Si pensa che la regione fosse dominata da pianure interne semi-aride, in seguito al probabile ritiro del Mare Interno Occidentale con l'abbassamento globale del livello del mare.[228]

Tyrannosaurus potrebbe essere vissuto anche nella formazione messicana di Lomas Coloradas in Sonora. Sebbene manchino prove scheletriche, sei denti caduti e rotti recuperati in un letto fossile sono stati accuratamente confrontati con altri generi di teropodi e sembrano essere identici a quelli di Tyrannosaurus. Se ciò fosse vero, ciò indicherebbe che l'areale geografico del Tyrannosaurus fosse molto più esteso di quanto si credesse in precedenza.[229] È possibile che i tirannosauri fossero originariamente specie asiatiche, che migrarono nel Nord America prima della fine del periodo Cretaceo.[230]

Stime sulla popolazione

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Grafico del censimento medio nel tempo di dinosauri di grandi dimensioni dell'intera formazione Hell Creek nell'area di studio

Secondo studi pubblicati nel 2021 da Charles Marshall et al., la popolazione totale di Tyrannosaurus adulti in un dato momento sarebbe stata di 20.000 individui, con stime computerizzate che suggeriscono anche una popolazione totale non inferiore a 1.300 e non superiore a 328.000. Gli stessi autori suggeriscono che la stima di 20.000 individui è probabilmente inferiore a quanto ci si dovrebbe aspettare, soprattutto se si tiene conto del fatto che le pandemie potrebbero facilmente spazzare via una popolazione così piccola. Si stima che nell'arco dell'esistenza del genere ci siano state circa 127.000 generazioni e che questo abbia sommato un totale di circa 2,5 miliardi di animali fino alla loro estinzione.[231][232]

Nello stesso articolo, si suggerisce che in una popolazione di Tyrannosaurus adulti pari a 20.000, il numero di individui che vivono in un'area delle dimensioni della California potrebbe arrivare fino a 3.800 animali, mentre un'area delle dimensioni di Washington DC potrebbe supportare una popolazione di soli due Tyrannosaurus adulti. Lo studio non tiene conto del numero di animali giovani del genere presenti in questa stima della popolazione in quanto occupavano una nicchia ecologica diversa rispetto agli adulti, pertanto è probabile che la popolazione totale fosse molto più elevata tenendo conto di questo fattore. Allo stesso tempo, gli studi sui carnivori viventi suggeriscono che alcune popolazioni di predatori hanno una densità maggiore rispetto ad altre di peso simile (come i giaguari e le iene, che sono simili in peso ma hanno densità di popolazione molto diverse). Infine, lo studio suggerisce che nella maggior parte dei casi, solo un Tyrannosaurus su 80 milioni si fossilizzerebbe, mentre la probabilità che accadesse in aree con popolazioni più dense era probabilmente di una su 16.000.[231][232]

Nel 2022, Meiri mise in dubbio l'affidabilità di queste stime, citando l'incertezza nel tasso metabolico, nelle dimensioni corporee, nei tassi di sopravvivenza specifici per sesso ed età, nei requisiti dell'habitat e nella variabilità delle dimensioni come carenze che lo studio di Marshall et al. non ha preso in considerazione.[233] Gli autori della pubblicazione originale hanno risposto che, pur concordando sul fatto che le incertezze riportate erano probabilmente troppo piccole, il loro quadro è abbastanza flessibile da accogliere l'incertezza in fisiologia e che i loro calcoli non dipendono da cambiamenti a breve termine nella densità di popolazione e distribuzione geografica, ma piuttosto sulle loro medie a lungo termine. Infine, sottolineano di aver stimato intervalli di curve di sopravvivenza ragionevoli e di aver incluso l’incertezza nel momento dell’inizio della maturità sessuale e nella curva di crescita incorporando l’incertezza nella massa corporea massima.[234]

Principali ritrovamenti fossili

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Più di 30 esemplari di Tyrannosaurus rex sono stati ritrovati ed identificati, alcuni dei quali possono considerarsi scheletri quasi completi. Inoltre, almeno in uno di questi esemplari, sono stati ritrovati tessuti molli e proteine fossili.

Tra gli esemplari più noti e meglio conservati troviamo:

  • "Sue", chiamata così in onore della paleontologa dilettante Sue Hendrickson che la scoprì il 12 agosto 1990 nel Dakota del Sud. Completo all'85% e, fino al 2001, il più grande mai ritrovato, ha richiesto circa 250.000 ore-uomo per riportarlo alla luce.[235] Da uno studio sulla fossilizzazione delle ossa è emerso che "Sue" aveva raggiunto le piene dimensioni dello scheletro a 19 anni ed era morta a 28, l'età più avanzata di qualsiasi tirannosauro noto.[236]
  • Un altro Tyrannosaurus, "Stan", in onore del paleontologo dilettante Stan Sacrison, fu trovato nella provincia di Buffalo nel Sud Dakota, nella primavera del 1987. Ci sono volute 30.000 ore-uomo di scavo e di preparazione, per ricostruire uno scheletro completo al 65%. Il 6 ottobre 2020 è stato venduto all'asta da Christie's per il valore record di 31,8 milioni di dollari, anonimo l'acquirente.
  • Nell'estate del 2000, Jack Horner ha scoperto cinque scheletri di tirannosauro vicino alla riserva di Fort Peck nel Montana. Uno degli esemplari, soprannominato "C. Rex" è forse il più grande mai trovato.[237]

Nella cultura di massa

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Dinosauri nella cultura di massa § Tyrannosaurus.
 
Modello della testa di tirannosauro utilizzato per la serie Nel mondo dei dinosauri

Il tirannosauro è nell'immaginario popolare il carnivoro grande, feroce e inarrestabile per eccellenza ed è forse addirittura il dinosauro più famoso di tutti i tempi, tanto che sin dalla sua scoperta fino ad oggi è definito da molti il Re dei Dinosauri.[238] È inoltre uno dei pochi (se non addirittura il solo) dinosauro di cui il pubblico conosca il nome scientifico completo nonché il sinonimo del dinosauro per eccellenza.[239]

Dalla sua scoperta, il tirannosauro è apparso in numerosi media audiovisivi: nelle sue prima raffigurazioni più famose come nei film Il mondo perduto (1925), King Kong (1933) o il film d'animazione Fantasia (1940), veniva ritratto in posa eretta come un canguro, e in alcuni casi con tre dita anziché due.[240] A seguito delle nuove scoperte sulla sua posa è stato riadattato nel franchise di Jurassic Park, con il primo film del 1993, che ha conferito ulteriore fama all'animale.[240] Nonostante negli ultimi quarant'anni molte nuove scoperte hanno portato l'aspetto del T. rex a cambiare, come la presenza di labbra invece di denti scoperti o la presenza di piume. Molte raffigurazioni continuano a raffigurarlo in modo obsoleto, come l'emoji uscita nel 2017 che lo raffigura con la postura del canguro e privo di piume.[240]

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    «The original skeleton of Dynamosaurus imperiosus (AMNH 5866/BM R7995), together with other T. rex material (including parts of AMNH 973, 5027, and 5881), were sold to the British Museum of Natural History (now The Natural History Museum) in 1960. This material was used in an interesting 'half-mount' display of this dinosaur in London. Currently the material resides in the research collections.»
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