Gabriele D'Annunzio

scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano (1863-1938)
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«Io ho quel che ho donato»

Gabriele D'Annunzio[1] o d'Annunzio[2] come usava firmarsi (Pescara, 12 marzo 1863Gardone Riviera, 1º marzo 1938) è stato uno scrittore, poeta, militare e politico italiano, simbolo del Decadentismo ed eroe di guerra. Soprannominato il Vate cioè "il profeta", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. Sia in letteratura che in politica lasciò il segno ed ebbe un influsso sugli eventi che gli sarebbero succeduti.

Gabriele D'Annunzio

Biografia

Gli anni di formazione

Gabriele d'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 in una casa di via Manthoné, figlio di Francesco Paolo Rapagnetta d'Annunzio e di Luisa de Benedhictis. Terzo di cinque fratelli, visse un'infanzia felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Della madre erediterà la fine sensibilità, del padre il temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, cosa che portò la famiglia da una condizione agiata ad una difficile situazione economica. Non tardò a manifestare una personalità priva di complessi e inibizioni, portata al confronto competitivo con la realtà. Una testimonianza ne è la lettera che, ancora sedicenne (1879), scrive a Giosuè Carducci, il poeta più stimato nell'Italia umbertina, mentre frequenta il liceo al prestigioso istituto Convitto Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima opera del giovane studente, Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo. Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana Il Fanfulla della Domenica, il successo del libro venne aumentato dallo stesso D'Annunzio con un espediente: fece diffondere la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. La notizia ebbe l'effetto di richiamare l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese, facendone un personaggio molto discusso. Dopo aver concluso gli studi liceali presso il Real Ginnasio-Liceo "G.B.Vico" di Chieti, giunse a Roma nel 1881, con una notorietà che andava crescendo.

Il periodo romano

 
Gabriele D'Annunzio

I dieci anni trascorsi nella capitale (1881-1891) furono decisivi per la formazione dello stile comunicativo di D'Annunzio, e nel rapporto con il particolare ambiente culturale e mondano della città si formò quello che possiamo definire il nucleo centrale della sua visione del mondo. L'accoglienza nella città fu favorita dalla presenza in essa di un folto gruppo di scrittori, artisti, musicisti, giornalisti di origine abruzzese (Scarfoglio, Michetti, Tosti, Masciantonio, Barbella, ecc.) che fece parlare in seguito di una "Roma bizantina".

La cultura provinciale e vitalistica di cui il gruppo si faceva portatore appariva al pubblico romano, chiuso in un ambiente ristretto e soffocante - ancora molto lontano dall'effervescenza intellettuale che animava le altre capitali europee -, una novità "barbarica" eccitante e trasgressiva; D'Annunzio seppe condensare perfettamente, con uno stile giornalistico esuberante, raffinato e virtuosistico, gli stimoli che questa opposizione "centro-periferia" "natura-cultura" offriva alle attese di lettori desiderosi di novità.

D'Annunzio si era dovuto adattare al lavoro giornalistico soprattutto per esigenze economiche, ma attratto alla frequentazione della Roma "bene" dal suo gusto per l'esibizione della bellezza e del lusso, nel 1883 sposò, con un matrimonio "di riparazione", nella cappella di Palazzo Altemps a Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese, da cui ebbe tre figli (Mario, Gabriellino e Veniero). Tuttavia, le esperienze per lui decisive furono quelle trasfigurate negli eleganti e ricercati resoconti giornalistici. In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente a fuoco i propri riferimenti culturali, nei quali si immedesimò fino a trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive.

Il primo grande successo letterario arrivò con la pubblicazione del suo primo romanzo, Il piacere nel 1889. Venne presto a crearsi un vero e proprio "pubblico dannunziano", condizionato non tanto dai contenuti quanto dalla forma divistica, un vero e proprio star system ante litteram, che lo scrittore costruì attorno alla propria immagine. Egli inventò uno stile immaginoso e appariscente di vita da "grande divo", con cui nutrì il bisogno di sogni, di misteri, di "vivere un'altra vita", di oggetti e comportamenti-culto che stava connotando in Italia la nuova cultura di massa.

Fine del periodo romano

Tra il 1891 e il 1893 D'Annunzio visse a Napoli, dove compose il suo secondo romanzo, L'innocente, seguito da Il trionfo della morte e dalle liriche del Poema paradisiaco. Sempre di questo periodo è il suo primo approccio agli scritti di Nietzsche che vennero in buona parte fraintesi, sebbene ebbero l'effetto di liberare la produzione letteraria di D'Annunzio da certi residui moralistici ed etici. Tra il 1893 e il 1897 D'Annunzio intraprese un'esistenza più movimentata che lo condusse dapprima nella sua terra d'origine e poi ad un lungo viaggio in Grecia.

Nel 1897 volle provare l'esperienza politica, vivendo anch'essa, come tutto il resto, in un modo bizzarro e clamoroso: eletto deputato della destra, passò quasi subito nelle file della sinistra, giustificandosi con la celebre affermazione «vado verso la vita».

Il periodo fiorentino

Sempre nel 1897 iniziò una relazione con la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe inizio la stagione centrale della sua vita. Per vivere accanto alla sua nuova compagna, D'Annunzio si trasferì a Firenze, nella zona di Settignano dove affittò la villa "La Capponcina", trasformandola in un monumento del gusto estetico decadente. È in questo periodo che si situa gran parte della drammaturgia dannunziana che è piuttosto innovativa rispetto ai canoni del dramma borghese o del teatro dominanti in Italia e che non di rado ha come punto di riferimento la figura attoriale della Duse.

L'esilio in Francia

La relazione con Eleonora Duse si incrinò nel 1904, dopo la pubblicazione del romanzo Il fuoco, in cui il poeta aveva descritto impietosamente la loro relazione. Nel 1910 D'Annunzio fuggì in Francia: già da tempo aveva accumulato una serie di debiti e l'unico modo per evitare i creditori era oramai diventato la fuga dall'Italia. L'arredamento della villa fu messo all'asta e D'Annunzio per cinque anni non rientrò in Italia.

A Parigi era un personaggio noto, era stato tradotto da Georges Hérelle e il dibattito tra decadenti e naturalisti aveva a suo tempo suscitato un grosso interesse già con Huysmans. Ciò gli permise di mantenere inalterato il suo dissipato stile di vita fatto di debiti e frequentazioni mondane. Pur lontano dall'Italia collaborò al dibattito politico prebellico, pubblicando versi in celebrazione della guerra di Libia o editoriali per diversi giornali nazionali (in particolare per il Corriere) che a loro volta gli concedevano altri prestiti.

Nel 1910 Corradini aveva organizzato il progetto dell'Associazione Nazionalista Italiana, al quale D'Annunzio aderì inneggiando a una nazione dominata dalla volontà di potenza e opponendosi all' «Italietta meschina e pacifista».

Dopo il periodo parigino si ritirò ad Arcachon, sulla costa Atlantica, dove si dedicò all'attività letteraria in collaborazione con musicisti di successo (Mascagni, Debussy,...), compose libretti d'opera, soggetti per film (Cabiria).

L'arruolamento nel 1915

Nel 1915 ritornò in Italia, dove rifiutò la cattedra di letteratura italiana che era stata di Pascoli; condusse da subito una intensa propaganda interventista. Il discorso celebrativo che D'Annunzio pronunciò a Quarto il 4 maggio 1915 (in occasione della sagra dei Mille) suscitò entusiastiche manifestazioni interventiste. Con l'entrata in Guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915 (il cosiddetto "maggio radioso"), D'Annunzio si arruolò volontario e partecipò ad alcune azioni dimostrative navali ed aeree. Per un periodo risiedette in quel di Cervignano del Friuli perché così poteva essere vicino al Comando della III Armata, comandante della quale era Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d' Aosta, suo amico ed estimatore.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Volo su Vienna.

Nel gennaio del 1916, costretto a un atterraggio d'emergenza, subì una lesione all'altezza della tempia e dell'arcata sopraccigliare, urtando contro la mitragliatrice del suo aereo. Non curò la ferita per un mese e ciò portò alla perdita di un occhio. Visse così un periodo di convalescenza, durante il quale fu assistito dalla figlia Renata. Tuttavia, ben presto tornò in guerra. Contro i consigli dei medici, continuò a partecipare ad azioni belliche aeree e di terra. In quel periodo compose Notturno utilizzando delle sottili strisce di carta che gli permettevano di scrivere nella più completa oscurità, necessaria per la convalescenza dalla ferita che l'aveva temporaneamente accecato. L'opera venne pubblicata nel 1921 e contiene una serie di ricordi e di osservazioni. Al volgere della guerra, D'Annunzio si fa portatore di un vasto malcontento, insistendo sul tema della "vittoria mutilata" e chiedendo, in sintonia con una serie di voci della società e della politica italiana, il rinnovamento della classe dirigente in Italia. La stessa onda di malcontento trovò ben presto un sostenitore in Benito Mussolini, che di qui al 1922 avrebbe portato all'ascesa del fascismo in Italia.

L'impresa di Fiume

  Lo stesso argomento in dettaglio: Impresa di Fiume.

Nel 1919 organizzò un clamoroso colpo di mano paramilitare, guidando una spedizione di "legionari", partiti da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925, Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa), all'occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo di edificazione del proprio mito personale e politico.

L'11 e 12 settembre 1919, la crisi di Fiume. A Fiume, occupata dalle truppe alleate, già nell'ottobre 1918 si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia.[3] di cui fu nominato presidente Antonio Grossich. D'Annunzio con una colonna di volontari occupò Fiume e vi instaurò il comando del "Quarnaro liberato".

Il 12 novembre 1920 viene stipulato il trattato di Rapallo: Fiume diventa città libera, Zara passa all'Italia. Ma D'Annunzio non accettò l'accordo e il governo italiano, il 26 dicembre 1920, fece sgomberare i legionari con la forza.

Gli ultimi anni. L'esilio a Gardone Riviera

 
Mussolini e D'Annunzio

Disilluso dall'esperienza da attivista, nel febbraio 1921 si ritirò in un'esistenza solitaria nella villa di Cargnacco (comune di Gardone Riviera), che pochi mesi più tardi acquistò. Ribattezzata il Vittoriale degli italiani fu ampliata e successivamente aperta al pubblico. Qui lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici di cui la sua stessa persona costituiva il momento di attrazione centrale. Il regime fascista in ascesa si appropriò di D'Annunzio, celebrandolo come uno dei massimi e più fecondi letterati d'Italia. La sua influenza sulla cultura italiana ed europea nei primi decenni del Novecento fu indiscutibile. Morì nella sua villa il 1º marzo 1938 per un'emorragia cerebrale. Il regime fascista fece celebrare in suo onore i funerali di stato. È sepolto nel mausoleo del Vittoriale.

Opere

  Lo stesso argomento in dettaglio: Opere di Gabriele d’Annunzio.

Cinema

Cabiria

Nel 1914 Giovanni Pastrone girò la prima versione del film Cabiria, il primo grande kolossal del cinema delle origini. Con un’astuta strategia promozionale egli ingaggiò d’Annunzio il quale redasse le cosiddette “didascalie vergate”, supervisionò soggetto e sceneggiatura (già in parte abbozzati da Pastrone), diede i nomi ai personaggi. Karthalo, Bodastoret, Fulvio Axilla, Cabiria e, soprattutto, Maciste sono nomi che resteranno scolpiti nella storia del cinema[4] e quest’ultimo apparirà, impersonato da oltre venti attori italiani e stranieri, in epoche e ruoli quanto mai eterogenei, nel cinema italiano dagli anni venti agli anni settanta del Novecento. Per la collaborazione a Cabiria d'Annunzio percepì l’ingente somma di cinquantamila lire (1914).[5][6] Normalmente la sua retribuzione era di circa quattromila lire a film, importo più che consistente all’epoca. L’accordo tra regista e scrittore rimase dietro le quinte e il film fu presentato in sala così: CABIRIA / Visione storica del III secolo a.C. / Film di Gabriele d’Annunzio. La prima proiezione ebbe un successo spaventoso, anche grazie alla fama del (presunto) autore (che rimase tale per anni). Accanto a una quantità di innovazioni tecniche, Cabiria diede una forma visiva a una certa qual retorica colonialista e fu la prima comparsa della figura di Maciste (interpretato dal vigoroso Bartolomeo Pagano), che si inseriva facilmente nel superomismo di alcune opere di d’Annunzio. A questo proposito Emanuele Podestà espone in un saggio una serie di analogie tra Cabiria (1914) e Terra Vergine (1882).

Altri film

A partire dal 1911 vengono tratti, da altrettante creature dannunziane, un notevole numero di film fra cui: La Gioconda, La nave (due lungometraggi: il primo del 1912, il secondo del 1921), La fiaccola sotto il moggio e La figlia di Jorio. Nel 1947 è uscito Il delitto di Giovanni Episcopo per la regia di Alberto Lattuada, mentre L'innocente ha avuto una prima trasposizione nel 1911 e una seconda 65 anni dopo, per la regia di Luchino Visconti.

Estetismo e pensiero dannunziano

Le fonti dell'immaginario dannunziano: le letture e gli amori

Alcune volte la fortuna di cui un autore gode è il frutto di scelte consapevoli, di una capacità strategica di collocarsi nel centro di un sistema culturale che possa garantirgli le migliori opportunità che il suo tempo ha da offrirgli. D'Annunzio aveva cominciato a "immaginarsi" poeta leggendo Giosuè Carducci negli anni del liceo; ma la sua sensibilità per la trasgressione e il successo dal 1885 lo portò ad abbandonare un modello come quello carducciano, già provinciale e superato in confronto a quanto si scriveva e si dibatteva in Francia, culla delle più avanzate correnti di avanguardia - Decadentismo e Simbolismo. Il suo giornale gli assicurava l'arrivo di tutte le riviste letterarie parigine, e attraverso i dibattiti e le recensioni in esse contenuti, D'Annunzio poté programmare le proprie letture cogliendo i momenti culminanti dell'evoluzione letteraria del tempo.

Fu così che conobbe Théophile Gautier, Guy de Maupassant, Max Nordau e soprattutto Joris-Karl Huysmans, il cui romanzo À rebours costituì il manifesto europeo dell'estetismo decadente. In un senso più generale, le scelte di D'Annunzio furono condizionate da un utilitarismo che lo spinse non verso ciò che poteva rappresentare un modello di valore "alto", ideale, assoluto, ma verso ciò che si prestava a un riuso immediato e spregiudicato, alla luce di quelli che erano i suoi obiettivi di successo economico e mondano.

D'Annunzio non esitava a "saccheggiare" ciò che colpiva la sua immaginazione e che conteneva quegli elementi utili a soddisfare il gusto borghese ed elitario insieme del "suo pubblico". D'altronde, a dimostrazione del carattere unitario del "mondo dannunziano", è significativo il fatto che egli usò nello stesso modo anche il pensiero filosofico.

 
Luisa Baccara, una delle sue amanti

Gli autori contemporanei più letti in Europa negli anni 1880 e 1890 furono senza dubbio Schopenhauer e Nietzsche; da essi lo scrittore trasse non più che spunti e motivi per nutrire un universo di sentimenti e valori che appartenevano già a lui da sempre, e che facevano parte dell'atmosfera culturale che si respirava in un continente agitato da venti di crisi nazionalistiche, preannunzio della Grande guerra. La scelta di nuovi modelli narrativi e soprattutto linguistici - elemento questo fondamentale nella produzione dannunziana - comportò anche, e forse soprattutto, l'attenzione verso nuove ideologie. Ciò favorì lo spostamento del significato educativo e formativo che la cultura positivista aveva attribuito alla figura dello scienziato verso quella dell'artista, diventato il vero "uomo rappresentativo" di fine ottocento - primo novecento: "è più l'artista che fonde i termini che sembrano escludersi: sintetizzare il suo tempo, non fermarsi alla formula, ma creare la vita".

Spregiudicatezza e narcisismo, slanci sentimentali e calcolo furono alla base anche dei rapporti di D'Annunzio con le numerose donne della sua vita. Quella che sicuramente più di ogni altra rappresentò per lo scrittore un nodo intricato di affetti, pulsioni e di artificiose opportunità fu Eleonora Duse, l'attrice di fama internazionale con cui egli si legò dal 1898 al 1901. Non c'è dubbio infatti che a questo nuovo legame debba essere fatto risalire il suo nuovo interesse verso il teatro e la produzione drammaturgica in prosa (Sogno di un mattino di primavera, La città morta, Sogno di un tramonto D'Autunno, La Gioconda, La gloria) e in versi (Francesca da Rimini, La figlia di Jorio, La fiaccola sotto il moggio, La nave e Fedra). In quegli stessi anni, la terra toscana ispirò al poeta la vita del "signore del Rinascimento fra cani, cavalli e belli arredi", e una produzione letteraria che rappresenta il punto più alto raggiunto da D'Annunzio nel repertorio poetico.

Nei cinque libri delle Laudi, che costituiscono l'opera poetica più nota e famosa di D'Annunzio, viene sviluppato il concetto di Superomismo. Sembra un'eccezione l'Alcyone, in cui si riflettono i momenti più felici della sua panica immersione nel paesaggio fiorentino e versiliese e in cui apre la strada al periodo del Notturno, ma questa fusione non è in contrasto con le ideologie dei due precedenti libri, infatti essa può essere raggiunta solo dal "Superuomo" poiché egli è la creatura superiore. L' Alcyone è considerato dalla critica il più autentico di tutto il materiale dannunziano. Un'esistenza segnata, per altro verso, da quell'edonismo sperperatore già menzionato a proposito dell'impronta ricevuta dal padre: incurante della realtà e dei sentimenti altrui, D'Annunzio oscillò tra Firenze e la mondana Versilia curando le proprie pubblicazioni, che non erano comunque sufficienti a coprire le spese del suo esagerato tenore di vita, e intrecciando ripetutamente rapporti sentimentali con diverse donne.

D'Annunzio e Giovanni Pascoli, l'altro grande poeta del Decadentismo italiano, si conoscevano personalmente, e, benché caratterialmente e artisticamente molto diversi, il Vate stimava il collega e recensì positivamente le liriche pascoliane e Pascoli considerava D'Annunzio come il suo fratello minore e maggiore. Alla morte del Pascoli (1912) D'Annunzio gli dedicò l'opera Contemplazione della morte.

Oratoria politica

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Francobollo di Fiume con ritratto di D'Annunzio (1920).

Negli anni immediatamente precedenti il Primo conflitto mondiale nella mentalità collettiva e negli ambienti culturali di tutta l’Europa si affermò un diffuso atteggiamento ottimistico e di esaltazione, non di rado accompagnato da contenuti politico-ideologici. Questo stato d’animo generale, legato al clima culturale della Belle époque d’inizio secolo, fu poi ribattezzato Superomismo, sulla base di un’esegesi poi dimostratasi errata dei testi di Nietzsche. D'Annunzio intuì lo smisurato potere che si può trarre dai mezzi di comunicazione di massa e compartecipò a questo fenomeno fino a divenirne uno dei maggiori propugnatori.
Il piacere fisico e gestuale della parola ricercata, della sonorità fine a sé stessa, della materialità del suono proposta come aspetto della sensualità, aveva già caratterizzato la poetica delle "Laudi"; ma con le opere teatrali egli aveva maturato uno stile il cui scopo era conquistare fisicamente il pubblico in un rapporto sempre più diretto e meno letterario. Facendo leva sul “mito di Roma” e su una vasta mitologia nazionale post-risorgimentale, creò un modulo retorico dall’aspetto al contempo combattivo ed elitario: l'abbandono della prosa letteraria e l'immersione nel rito collettivo della guerra si presentò come un tentativo di conquistare la folla, da un lato per dominarla dall’altro per annullarsi in essa, nell’ideale comunione totale tra capo e popolo. E in queste orazioni il popolo prendeva le forme impressionistiche dell’ «umanità agglomerata e palpitante», mentre il capo era un re-filosofo, ora riproposto come profeta della patria.
La retorica bellica di d’Annunzio trovò un largo consenso nella popolazione, affascinata dal suo carisma e dall’aura di misticità che lo circondava. Egli elaborò in questo modo un immaginario per la propaganda interventista, la quale sarà la premessa e il prototipo della propaganda fascista nel primo dopoguerra.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Motti dannunziani.

Curiosità

  • Gabriele D’Annunzio è stato Presidente onorario della SIAE dal 1920 al 1938 [7]
  • L'uso dell'olio di ricino come strumento di tortura, impiegato successivamente dal fascismo, fu ideato da d'Annunzio durante l'occupazione di Fiume.[8][9]
  • D'Annunzio era massone e 33° grado "honoris causa" della Gran Loggia d'Italia detta di Piazza del Gesù.[10]
  • Gabriela Mistral poetessa cilena, assunse questo pseudonimo in onore dei suoi due poeti preferiti, Frédéric Mistral e Gabriele d'Annunzio, appunto.[11]
  • la scrittrice Amalia Negretti Odescalchi, in arte Liala, deve il suo pseudonimo a un suggerimento di d'Annunzio: "Ti chiamerò Liala perché ci sia sempre un'ala nel tuo nome".[12]
  • la costruzione della strada litoranea Gargnano-Riva del Garda (1929-1931) fu fortemente voluta da D'Annunzio che se ne interessò personalmente. La strada, progettata e realizzata dall'Ing. Riccardo Cozzaglio, segnò il termine del secolare isolamento di alcuni paesi del Lago di Garda e fu poi classificata di interesse nazionale con il nome di Strada Statale 45bis Gardesana Occidentale. Lo stesso D'Annunzio, presente all'inaugurazione della strada, la battezzò con il nome di Meandro per via della sua tortuosità e dell'alternarsi delle buie gallerie e del lago azzurro.[13]
  • Ai tempi di Fiume d'Annunzio soprannominò Cagoja Nitti, in relazione allo sgombero della città ordinato nel 1921. [14]
  • La relazione dell'artista con l'attrice Eleonora Duse, svoltasi nel periodo "fiorentino" di D'Annunzio (egli decise infatti di affittare una villa sulle colline di Settignano per stare vicino alla residenza della Duse) è stata celebrata a Firenze in un modo molto originale. Alla nascita del quartiere fiorentino di Coverciano (sorto proprio ai piedi della villa d'annunziana di Settignano), due importanti arterie stradali della zona vennero inaugurate in memoria dei famosi amanti, prevedendo inoltre un incrocio tra queste vie.

Neologismi da lui coniati

  • fu lui a stabilire in Italia, tra le tante varianti che allora si usavano, che la parola "automobile" fosse di genere femminile: lo fece in una lettera inviata a Giovanni Agnelli che gli aveva posto l’annosa questione ("L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la velocità di una seduttrice; ha inoltre una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza").[15]
  • fu d'Annunzio che italianizzò il sandwich chiamandolo tramezzino. [16]
  • Velivolo e folla oceanica sono espressioni che introdusse lo stesso Vate. [17]
  • Arzente, italianizzazione del termine cognac, per Gabriele D'Annunzio avrebbe dovuto essere derivato da Arzillo a indicare lo stato di euforia indotto dall’ebbrezza.[18]

Marchi da lui creati

D'Annunzio fu un grande pubblicitario e coniatore di neologismi.

  • anche il nome de La Rinascente, per gli omonimi attuali grandi magazzini di Milano, fu suggerito da Gabriele d'Annunzio. I magazzini, originariamente chiamati " magazzini Bocconi" furono distrutti da un incendio che ne bloccò per un certo periodo l'attività. In occasione della riapertura, l'esercizio commerciale venne ribattezzato La Rinascente.[19]
  • per la famiglia di industriali Caproni, pionieri del volo, coniò il motto, scritto sopra a un caprone rampante: "Senza cozzar dirocco".[20]
  • fu testimonial dell'Amaro Montenegro e dell' Amaretto di Saronno. [21]
  • d'Annunzio lanciò una propria linea di profumi, l'Acqua Nunzia.[22]
  • coniò il nome Saiwa per l'azienda di biscotti.[23]
  • d'Annunzio coniò inoltre il termine "fraglia", unione dei termini "fratellanza" e "famiglia", che indica oggi molte associazioni veliche, tra cui la Fraglia della Vela di Riva del Garda [24]
  • Il dolce tipico abruzzese denominato "parrozzo" fu lodato da Gabriele d'Annunzio, che lo apprezzò molto e cui dedicò dei versi.[25]

Aneddoti

Sulle fucilazioni dei disertori

«Così Gabriele D'Annunzio descrive la fucilazione di alcuni fanti della brigata Catanzaro, due volte decorata di medaglia d'oro e considerata una delle più valide unità di fanteria: "Di spalle al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte dal mucchio dei sediziosi……Siete contadini. Vi conosco alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi in terra. Non voglio sapere se siete innocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O espiate la patria contaminata?……Il Dio d'Italia vi riarma e vi guarda.»

[29]

La marcia su Fiume

«Si deve dire che ci fu un uomo il quale prese ad un tratto in pugno tutto il destino dell'impresa. - Occorrono i camions? Interrogò egli. - Per l'appunto. - E vi disperate perché non ci sono? - Precisamente. - Allora fermi tutti. Ci penso io! Non disse altro. (...) Balzò in automobile e si precipitò a rotta di collo verso Palmanova (...). Furono a un tratto faccia a faccia: quegli che voleva i camions e quegli che doveva darli. (...) La polemica fu subito troncata da un gesto di minaccia. L'ufficiale di d'Annunzio sollevò il pugno armato di rivoltella all'altezza di quella fronte curva nel diniego inesorabile (...).- O tu cedi o io sparo! L'altro impallidì. Poi disse: - Cedo alla violenza. Ed era precisamente il capitano degli Arditi Ercole Miani, triestino, conquistatore del Vodice

(Piero Belli, La notte di Ronchi, Milano, Quintieri, 1920; pp. 19-22).

La colletta di Mussolini per D'Annunzio a Fiume

Mussolini avviò rapidamente una sottoscrizione pubblica per finanziare l'Impresa di Fiume che raccolse quasi tre milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire, fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, altro denaro in seguito. Una parte cospicua del denaro raccolto invece non fu consegnata a D'Annunzio. Mussolini fu accusato da due redattori di aver dirottato il denaro per finanziare il proprio partito in vista delle prossime elezioni politiche italiane del 1919 e lo squadrismo. [30]

Per controbattere alle accuse D'Annunzio inviò una lettera a Mussolini in cui ne attestò pubblicamente l'autorizzazione[31]. Il poeta certificò che parte della somma raccolta fu utilizzata per finanziare lo squadrismo a Milano.

«Mio caro Benito Mussolini, chi conduce un'impresa di fede e di ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi d'essere rinnegato e tradito "prima che il gallo canti per la seconda volta". E non deve addontarsene né accorarsene. Perché uno spirito sia veramente eroico, bisogna che superi la rinnegazione e il tradimento. Senza dubbio voi siete per superare l'una e l'altro. Da parte mia, dichiaro anche una volta che - avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica - io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei combattenti. Contro ai denigratori e ai traditori fate vostro il motto dei miei "autoblindo" di Ronchi, che sanno la via diritta e la meta prefissa.

Fiume d'Italia, 15 febbraio 1920 Gabriele D'Annunzio.»

Lettera originale inviata da D'Annunzio A Mussolini

Sul cardo bolscevico

Fiume...

«dove le nuove forme di vita non soltanto si disegnano ma si compiono; dove il cardo bolscevico si muta in rosa italiana: Rosa d'Amore.»

[32]

«là dove la dottrina di Lenin si smarrisce nel sangue; il cardo bolscevico si muta in rosa italiana, Rosa d'Amore.»

[33].

Il volo dell'arcangelo

 
Segnata con la X la finestra dalla quale D'Annunzio cadde

Su chi fece in modo che il funzionario Giuseppe Dosi indagasse sulla caduta "accidentale" di D'Annunzio, che quasi ne provocò la morte

«Sicuramente qualcuno che ha visto nell’evento la volontà di non far presiedere a D’Annunzio l’incontro con Nitti e Mussolini e quindi cerca la traccia di un complotto. La principale indiziata è Luisa Baccara o sua sorella Jolanda ovvero tutte e due insieme. Nasce l’ipotesi che Luisa Baccara (che delle due sorelle ha maggiore personalità) sia la carceriera del Comandante; che sia una spia di Nitti o una fascista celata, ma anche che abbia lo scopo finale di uccidere D’Annunzio per toglierlo di mezzo, posto che sia diventato ingombrante per tutti. Certo gli eventi portano molta acqua al mulino di queste ipotesi.»

[34]

L'omicidio Matteotti

Dopo la morte di Matteotti, mentre il Fascismo si sentiva in difficoltà l'8 luglio D'Annunzio scrisse a Mussolini:

«Avere fede intiera nella mia lealtà e nella mia carità di patria. Il mio silenzio e il mio lavoro sono oggi esempio a tutti gl'italiani. Non l'uno sarà interrotto e non l'altro»

[35]

Il deputato socialista Tito Zaniboni, più tardi noto per aver organizzato un attentato contro Mussolini il 4 novembre 1925, comunicò al giornale Il Mondo, la notizia che D'Annunzio, in una lettera indirizzata a un legionario fiumano avrebbe scritto sulla questione:

«Sono molto triste di questa "fetida ruina"»

[36]

All'indiscrezione D'Annunzio rispose il 5 settembre su "La provincia di Brescia":

«A tutti i politicastri, amici o nemici, conviene dunque ormai disperare di me. Amo la mia arte rinovellata, amo la mia casa donata. Nulla d'estraneo mi tocca, e d'ogni giudizio altrui mi rido»

[37]

Frasi di politici celebri su D'Annunzio

«D’Annunzio è come un dente guasto: o lo si estirpa o lo si ricopre d’oro»

[38]

«Il movimento dannunziano é perfettamente e profondamente rivoluzionario. Lo ha detto anche Lenin al Congresso di Mosca»

e che contestando inoltre l'inattività dei socialisti italiani, davanti agli emissari europei comunisti a Mosca avrebbe aggiunto polemicamente:

«L'unico rivoluzionario in Italia"»

[39]

Onorificenze

Onorificenze italiane

— Zona di Guerra, Maggio 1915-Novembre 1918
— Adriatico, Maggio 1915-Febbraio 1916, Veliki-Faiti, 10 Ottobre-3 Novembre 1916 - Cielo Carsico, Maggio 1917 - Buccari 10-11 Febbraio 1918, Cielo Carsico-Timavo, Maggio 1917
— Bocche di Cattaro 4-5 Ottobre 1917
Promozione per merito di guerra (3 volte)
— Veliki e Faiti, Azioni notturna su Pola, Organizzione 1ª Squadrone Navale
Medaglia commemorativa della Spedizione di Fiume

Onorificenze straniere

Titoli nobiliari e militari

— Conferito con Regio Decreto del 1925 / 1915-1918

Note

  1. ^ Rapagnetta A, La vera origine familiare e il vero cognome del poeta abruzzese Gabriele D'Annunzio, Barabba, Lanciano, 1938.
  2. ^ Gatti Guglielmo, Vita di Gabriele d’Annunzio, Firenze, 1956; pp. 1 e 2.
  3. ^ Leandro Castellani, "L'impresa di Fiume", su Storia illustrata n° 142, Settembre 1969 pag. 34: "La cittadinanza .. aveva proclamato fino dal 30 ottobre 1918, all'indomani del conflitto, la propria volontà di unirsi all'Italia."
  4. ^ Cfr. Lizzani Carlo, Il cinema italiano, dalle origini agli anni ottanta, Roma, Editori Riuniti, 1982 (2), pp. 20-21. CL 63-2470-3
  5. ^ Gatti, 1956, pp. 283.
  6. ^ Cfr. Lizzani Carlo, op.cit., p. 20
  7. ^ [1]
  8. ^ (EN) Cecil Adams, Did Mussolini use castor oil as an instrument of torture?, The Straight Dope, 22 aprile 1994
  9. ^ (EN) Richard Doody, Stati Libero di Fiume - Free State of Fiume, The World At War
  10. ^ [2]
  11. ^ http://blog.robinedizioni.it/gabriela-e-alfonsina-poetesse]
  12. ^ [3]
  13. ^ [4]
  14. ^ [5]
  15. ^ [6]
  16. ^ [7]
  17. ^ conio del termine velivolo
  18. ^ [8]
  19. ^ [9]
  20. ^ [10]
  21. ^ [11]
  22. ^ [12]
  23. ^ [13]
  24. ^ [14]
  25. ^ [15]
  26. ^ gabrieledannunzio.net
  27. ^ comune di Rapallo
  28. ^ conferenza di Genova
  29. ^ fiammecremisi
  30. ^ fiammecremisi
  31. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 232: "Il Comandante riconosceva di averlo autorizzato a trattenere una cifra imprecisata per i suoi "combattenti".
  32. ^ [http://bargello.wordpress.com/2007/10/20/
  33. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 247
  34. ^ il volo dell'arcangelo
  35. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 292
  36. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 292: "L'onorevole Tito Zaniboni dichiarò, su "Il Mondo", che D'Annunzio aveva scritto, in una lettera a un legionario:"Sono molto triste di questa "fetida ruina"".
  37. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 293
  38. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 280
  39. ^ Giordano Bruno Guerri, "D'Annunzio", Oscar Mondadori, 2008 Cles (TN) pag. 247: "Lo stesso Bombacci nel dicembre 1920 affermò che "il movimento dannunziano è perfettamente e profondamente rivoluzionario. Lo ha detto anche Lenin al Congresso di Mosca". In effetti sembra che Lenin avesse definito D'Annunzio "l'unico rivoluzionario in Italia", ma per bollare l'inettitudine dei socialisti, più che per lodarlo".

Bibliografia

Voci correlate

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