Utente:Eleutherion/Sandbox
NDE - LA PROVA DELLA SOPRAVVIVENZA

(Quadro: Ascesa nell'Empireo - Hieronymus Bosch, 1501-1504.)
Introduzione
Probabilmente nessuno, ad oggi, ha bisogno di sentirsi spiegare cosa siano le NDE.
Facciamolo comunque.
Le esperienze ai confini della morte, note per l'appunto anche e soprattutto come NDE (sigla dell'espressione inglese Near Death Experience, normalmente tradotta in italiano come esperienza di pre-morte) sono fenomeni descritti in genere sia da soggetti che avevano ripreso le funzioni vitali dopo aver sperimentato, a causa di gravi malattie o eventi traumatici, le condizioni di arresto cardiocircolatorio[1], sia da soggetti che avevano vissuto l'esperienza del coma[2].
A volte le NDE vengono riferite anche da soggetti che, pur avendo conservato le funzioni vitali, hanno corso il rischio di morire, per esempio in seguito a interventi chirurgici o gravi incidenti[3][4].
Indice
1. Caratteristiche delle NDE
2. Ipotesi e studi: "riduzionismo" e "sopravviventismo"
3. Teorie scientifiche, ma anche considerate scientistiche/riduzionistiche
4. Teorie sopravviventistiche e metafisiche
5. La storia del fenomeno, con bibliografia italiana commentata
6. Il contributo di Pim van Lommel
7. Forzature religiose, e forzature riduzionistiche
8. Il controverso caso di Eben Alexander
9. Ancora sul contributo di Pim van Lommel
10. Il contributo di Sam Parnia ed il progetto "AWARE"
11. Una realistica valutazione del progetto "AWARE" ad oggi
12. Le obiezioni possibili circa i riscontri veridici in OBE da NDE, e le loro confutazioni
13. Dalla teoria della sopravvivenza alla prova della sopravvivenza
14. NDE di personaggi noti
15. Esperienza di Jung
16. Esempi in letteratura
17. Bibliografia italiana, in ordine cronologico secondo la versione in lingua originale
18. Bibliografia principale e pubblicazioni in lingua straniera, non editi in italiano
19. Voci correlate
20. Altri progetti
22. Note
Caratteristiche delle NDE
I soggetti che hanno vissuto tali fenomeni, una volta riprese le funzioni vitali, hanno raccontato di aver provato esperienze che risulterebbero connotate da numerosi elementi comuni[5]:
• l'abbandono del proprio corpo, con la capacità di osservarlo dall'esterno, assistendo all'attività di medici e soccorritori;
• lo sperimentare una sensazione di pace e serenità mai provate prima, difficilmente descrivibili con il nostro linguaggio, inoltre fuori dallo spazio e dal tempo come li conosciamo;
• l'attraversamento di una specie di "tunnel" buio in fondo al quale si intravede distintamente una luce;
• l'addentramento in questa nuova realtà, e la difficoltà nel descrivere la nuova realtà sperimentata, caratterizzata da luci, colori e suoni meravigliosi, non paragonabili a quelli della Terra;
• l'incontro con "altri esseri", identificati in genere con parenti o amici morti in precedenza, con i quali si comunica mentalmente, in modo istantaneo e non verbale;
• l'incontro con l'"Essere di Luce", che viene descritto come amore totale, identificato generalmente con "Dio", o comunque con una figura di inerenza al “Focus” delle proprie credenze;
• la "rivisitazione" della vita terrena vissuta fino a quel momento (life review), compresi episodi dimenticati, anche relativi ai momenti immediatamente successivi alla nascita; tale rivisitazione avviene in un contesto di valutazione etica delle esperienze vissute[6];
• l'arrivo di un determinato momento o "confine" in cui l'esperienza si interrompe, con la consapevolezza di dover "tornare indietro" ovvero alla "vita terrena";
• il ritorno alla vita accompagnato da un sentimento di rimpianto per non essere potuti rimanere nell'aldilà;
• il timore di riferire l'esperienza vissuta ad altri per paura di non essere creduti, ma nello stesso tempo il desiderio di farlo come doverosa condivisione di qualcosa di estremamente prezioso ed importante;
• una volta "ritornati alla vita", scompare il timore della morte, ora vista come un felice passaggio ad una realtà superiore;
• vengono modificati i valori in base ai quali la vita viene vissuta, ponendo come scopo principale dell'esistenza l'amore per tutti gli esseri e la ricerca dell'armonia con essi.
Questi aspetti ricorrono sistematicamente, anche se non sono necessariamente tutti presenti in ogni NDE.
Ipotesi e studi: "riduzionismo" e "sopravviventismo"
Poiché i racconti dei soggetti rianimati (ad esempio i pazienti rianimati dopo una grave crisi cardiaca o per gravi traumi) e dei soggetti risvegliatisi dal coma costituiscono un corpus di testimonianze che ha alcune caratteristiche apparentemente omogenee, molti studiosi si sono interessati a tali fenomeni.[7]
Le teorie critiche sulle "NDE" si dividono sostanzialmente in due tipologie: una finalizzata a darne una spiegazione basata sul paradigma scientifico odierno, che vede la mente come un epifenomeno del cervello (ma si tratta di una spiegazione che da più parti, da stessi uomini di scienza, viene definita scientistica e riduzionistica, evidenziandone la profonda matrice ideologica[8]), l'altra di carattere sopravviventistico e quindi metafisico (per quanto, a giudizio di Susan Blackmore, sostenitrice in prima fila dell'ipotesi riduzionistica, “Sono da rimproverare coloro che persistono in un confronto falso e inutile in bianco e nero tra le NDE come "vero, meraviglioso, spirituale ecc ecc" [contro] le NDE come "solo un’allucinazione di nessuna importanza." La verità, mi sembra, è che le NDE possano essere delle meravigliose esperienze che hanno fatto luce sulla condizione umana e sulle questioni della vita e della morte che cambia la vita.” [9]
E’ comunque da notare che agli argomenti stessi della Blackmore viene dedicata una critica puntigliosa da parte di Greg Stone, Laureato in Psicologia alla University of Colorado.[10]
Tornerà su di una volontà di demolizione degli argomenti della Blackmore, e dei riduzionisti in genere, con puntuali citazioni delle fonti di studi scientifici che si trovano nelle note del libro, anche Jeffrey Long (con Paul Perry) nel volume “Esiste un posto bellissimo. L’aldilà nelle testimonianze di chi lo ha visto” (edizione originale 2010, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. 2013).[11]
Ulteriori critiche al "modello Blackmore" si possono trovare in Adrian Parker.[12]
La stessa Fulvia Cariglia [13], sempre estremamente prudente sull'interpretazione del fenomeno, giunge infine, nella presentazione del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine di San Marino del 2011, intitolato "Alle frontiere della coscienza", a definire questi vissuti "mai semplici effetti allucinatori, come pretestuosamente indicano coloro che non osano arrischiarsi nell'impegno di analisi più attente o laboriosi tentativi di chiarificazione."
Ad ogni modo, dunque, come si può osservare, questa tendenza alla suddivisione tra due possibili interpretazioni, persiste; e, dunque, vediamola un po’ più in specifico.
Teorie scientifiche, ma anche considerate scientistiche/riduzionistiche
Si tratta di quelle teorie che mettono in relazione il fenomeno con peculiari alterazioni transitorie di tipo puramente chimico, neurologico o biologico, che sarebbero tipicamente presenti nel corpo umano in condizioni particolari come quelle prima descritte, dall'ipercapnia da anossia (vale a dire aumentato livello dell'anidride carbonica nel sangue in conseguenza di carenza di ossigeno) all'impiego di farmaci.
Va osservato che la ketamina somministrata a dosaggi sub-anestetici determina, nell'assuntore, sensazioni simili, pur se non del tutto analoghe ( Cfr. Marco Margnelli, “NDE: neurochimica dell’agonìa?”, da “NDE: territori oltre la vita”, “Atti del 1° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, San Marino, 1997 [14]) alle esperienze ai confini della morte, come accade del resto per altre sostanze induttive di stati di confine ( Cfr. Davide Vaccarin, “NDE ed esperienze dissociative”, da “Il trionfo dell'ignoto”, “Atti del 12° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, San Marino, 2008 [15]).[16]
Sul piano psicologico, si è sostenuto che le percezioni potrebbero essere interpretate come racconti di tipo autoconsolatorio e rassicurante, elaborati per descrivere in modo chiaro e definito le confuse sensazioni che si accompagnano al momento del risveglio dal coma, come ad es. la forte luce presente nella stanza (descritta come tunnel di luce da cui si esce con il risveglio).
Ora, a parte che dal tunnel di luce (o per meglio dire al cui fondo v'è la luce) non si esce con il risveglio ma, semmai, con lo sbocco in un ambiente trascendente, il che è dimostrato quasi immancabilmente dalla letteratura in questo campo, comunque l’aspetto evidentemente più debole di quest’impostazione consiste nelle percezioni veridiche in OBE da NDE da parte di pazienti rianimati.
In una prima fase dell’esperienza, difatti, che non sempre ha luogo ma che comunque l’autorevole ricercatore Michael Sabom[17] definisce “autoscopica” per distinguerla da quella “trascendentale” (“dal tunnel in poi”, per intendersi) (Cfr. [[“Dai confini della vita – Un’indagine scientifica. Un famoso cardiologo americano attraverso l’esame diretto di 107 casi di persone prima entrate e poi uscite dal coma ne riporta le singolari esperienze percepite sulla soglia dell’aldilà e ci rivela l’esistenza di un’indefinita e misteriosa realtà sospesa fra due mondi”]], di Michael B. Sabom, edizione originale 1982, edizione italiana Longanesi & C., 1983), il soggetto osserva sé stesso dall’altro rispetto al suo corpo ed ai tentativi di rianimazione che vengono effettuati su di esso.
Al risveglio riferisce particolari che in stato di totale incoscienza (ed a volte anche di franca inattività cerebrale, pur se non sempre monitorata cioè monitorabile, considerando che il lasso di tempo che passa tra un arresto cardiaco ed un’anossia pancerebrale transitoria è al massimo di trenta secondi), non avrebbe potuto conoscere, e che invece le persone presenti al momento della crisi riconoscono come corretti.
Molti di questi non hanno una generalità che potrebbe esser còlta casualmente.
Lo studio più significativo in merito è quello compiuto da Janice Miner Holden, Docente di Counseling presso la University of North Texas (J. Holden, “Veridical Perception in Near-Death Experiences”, in “The Handbook of Near-Death Experiences. Thirty Years of Investigation”, a cura di J. Holden, B. Greyson e D. James, Westport, CT, Praeger Publishers, 2009), ma di questo fenomeno abbiamo un assaggio, pur se datato, anche in Internet, in italiano.[18]
Nella sua casistica tratta da pubblicazioni di carattere scientifico, la Holden raccoglie 89 (e 107 complessive) percezioni rivelatesi veridiche cioè oggettive, il che è, evidentemente, inattribuibile al caso.[19]
Vieppiù si sono avuti casi di riscontri veridici in EEG piatto accertato/monitorato (prevalentemente in Deep hypothermic circulatory arrest) perlomeno in cinque occasioni (Cfr. Michael Sabom, Pim van Lommel, Allan Hamilton, Mario Beauregard, Sam Parnia), anche se due (Michael Sabom e Mario Beauregard) sono controversi per le tempistiche. [20]
Ma che pensare, ad esempio, dell'argomento dei riduzionisti secondo i quali i riscontri veridici in OBE da NDE sarebbero ricostruzioni accomodate a posteriori, magari in buona fede, da parte del personale medico, per incertezza di memoria su quanto accaduto, o per compiacere il paziente salvato?
A parte il fatto che ad esempio nel caso riportato su "The Lancet" (una delle riviste scientifiche più importanti e prestigiose del mondo che ha quattro revisori indipendenti per la Peer Review), che l'infermiera abbia potuto confermare di aver messo quella protesi dentale sopra quel carrello con quel determinato cassetto solo per compiacere il paziente salvato, si direbbe che per crederlo necessiti proprio un grosso sforzo di fede[21], la posizione di Enrico Facco[22] è chiara e netta: “Ce ne sono due casi (van Lommel 2001 e Parnia 2014) descritti accuratamente nell'ambito di studi prospettici metodologicamente molto rigorosi e indubitabili, i quali escludono una tale semplicistica, fantasiosa e stupida opinione, che è solo un banale tentativo per difendersi da ciò che altera le proprie credenze... Nel caso di Parnia il soggetto ha riportato anche i segnali acustici del defibrillatore, dimostrando una persistenza della coscienza per almeno tre minuti durante la fase di arresto (data la frequenza dei beep correlati all'algoritmo di defibirillazione).”[23]
Appare quindi corretta l'affermazione di Simone Venturini[24], secondo la quale "Da queste importanti ricerche neuroscientifiche risulta che solo alcuni frammenti delle NDE sono riproducibili 'artificialmente', e tuttavia essi non restituiscono in alcun modo l'insieme organico e coerente dei racconti di coloro che hanno vissuto una vera esperienza di premorte."[25]
E, ad ogni modo, bisognerebbe tener conto di quel che afferma la Dottoressa Isabella Barajon[26], e cioè che "la correlazione con un processo biochimico non significa necessariamente causalità".[27]
Teorie sopravviventistiche e metafisiche
Le teorie sopravviventistiche e metafisiche vertono sul fatto che, venendo a fallire le ipotesi riduzionistiche, occorra giocoforza orientarsi sul sopravviventismo (sempre Simone Venturini lo esprime così: "Se perciò, allo stato presente, non esiste una teoria neuroscientifica che chiarisca l'insieme o la concomitanza di tutti i fenomeni legati alla NDE, viene da chiedersi se esista qualche altra spiegazione che ci permetta di capire cosa accade subito dopo la morte clinicamente accertata"), e quindi collegano le esperienze di pre-morte a una sorta di presa di contatto anticipato con l'aldilà, il che implicherebbe la sopravvivenza d’un "quid autocosciente" (solitamente definito anima o spirito) alla morte fisica; presa di contatto anticipato, durante la quale il soggetto avrebbe modo di sperimentare direttamente la separazione fra anima e corpo, e quindi per l’appunto la sopravvivenza dell'anima come entità spirituale, rispetto alle spoglie mortali.
Dunque il medesimo procedimento avverrebbe nella morte effettiva.[28]
Resterebbe, a tal proposito, il problema del perché la maggior parte dei rianimati, al risveglio, non rammenterebbe alcun vissuto.
In questo senso, sono state avanzate varie teorie: la prima, è che vi sia un “tempo di tolleranza” tra una condizione praticamente mortale ed il distacco del "quid incorporeo autocosciente", di modo che in alcuni avverrebbe direttamente in quei frangenti, mentre negli altri sarebbe avvenuto comunque successivamente, qualora non fosse intervenuta la rianimazione.
Questa pare l’ipotesi esplicativa più probabile.
Un’altra ipotesi è quella del meccanismo di censura.
Ma perché censurare un’esperienza che può trasformare così gioiosamente l’esistenza?
E se fosse opportuno censurarla, perché invece altri la rammenterebbero?
E se fosse una scelta spirituale censurarla in un senso o nell’altro, che cosa orienterebbe questa scelta?
Quale tipo di esigenza, cioè, dell’essere umano che andrebbe a sopravvivere?
Un’altra ipotesi è invece quella secondo cui si tratterebbe semplicemente un difetto di passaggio di dati dal "quid incorporeo autocosciente" al cervello, che in certi casi può verificarsi ed in altri no.
Ma non si vede, per l’appunto, per quale motivo, nella maggior parte dei casi, questo difetto di passaggio dovrebbe verificarsi, ed in un’altra minoranza invece no.
Mauro Milanesio[29] azzarda un'ipotesi d'imputazione al cervello, e cioè che i soggetti che vanno incontro all'NDE stiano in quella minoranza di popolazione mondiale che presenta un cosiddetto "disturbo di lateralità", vale a dire una condizione caratterizzata da una non perfetta dominanza di un emisfero cerebrale rispetto all'altro, disturbo che, asserisce, tutti coloro che hanno vissuto un'NDE da lui esaminati presentano, e che quindi, essendo presumibilmente presente anche prima, potrebbe essere una condizione indispensabile per la memorizzazione dell'esperienza.
Ma già il fatto che esista un emisfero cerebrale dominante, se non in inerenza a specifiche funzioni (tipo il fatto di essere destrimani, che è ampiamente maggioritario nella popolazione mondiale) è dubbio, perché in soggetti con lesioni cerebrali si è ampiamente potuto constatare che la residualità del cervello sano può ampiamente vicariare gli aspetti che si attribuirebbero a quello compromesso, anche se non sempre, ovviamente; e questo può allora comunque far supporre che anche a priori esistano un'interrelazione ed un equilibrio molto più forti, anche in termini funzionali, di quanto un certo orientamento "bicamerale" rigido che attribuisca nette funzioni all'un emisfero e nette funzioni all'altro possa pretendere, almeno in termini cognitivi e non motòri.
In ogni caso, anche se le cose stessero come afferma il Milanesio, la predominanza di un emisfero non pare essere elemento così forte e discriminante da impedire la memorizzazione d'un'esperienza così importante, fino a prova contraria.
Ultima ipotesi, che si tratti di un effetto inibitorio dei farmaci.
Ma se in quei frangenti è il "quid incorporeo autocosciente", a dire l’anima, a registrare le informazioni anziché il cervello, come tutto lascerebbe supporre, allora è evidente che il problema dell’interazione farmacologica non dovrebbe proprio porsi.[30]
Rimarrebbe il problema della trasduzione di questi dati dal "quid incorporeo autocosciente" al cervello stesso, al momento del "ritorno"; ma se si ipotizza che la coscienza e la memoria si trovino in una condizione sia intracerebrale che extracerebrale, e che tra queste vi possa essere un'interazione, cioè in altri termini che coscienza e memoria si trovino in una condizione non-locale, al modo delle acquisizioni della fisica quantistica, il problema si risolverebbe [31], ed il Modello Orch-Or di Stuart Hameroff e Roger Penrose, secondo i suoi ultimi sviluppi, parrebbe andare in questa direzione. [32] [33] [34] [35] [36] [37]
E dunque, come afferma Mauro Milanesio, "la morte consentirebbe a quello che potremmo definire 'corpo animico' di entrare, lasciando il corpo 'molecolare', in un Universo 'altro' con leggi fisiche diverse, con diverse capacità percettive, ma anche con ininterrotto flusso di coscienza" (salvo per chi, come si diceva, esperisce una "fase di tolleranza" d'incoscienza, prima del distacco effettivo del "sé animico" e quindi dell'assumersi come coscienza animica, nota).
A questo punto, dunque, senz'altro, un altro interrogativo legittimo riguarda di che cosa, in quanto anima o spirito, o "corpo animico" al posto del "corpo molecolare", si addiverrebbe ad essere costituiti, e di che cosa sarebbe costituito l'ambiente entro il quale ci si ritroverebbe una volta sopravvissuti alla morte fisica (difatti, come fa notare Simone Venturini, "allo stato attuale delle ricerche sembrerebbe possibile dire che le NDE sono costituite da una concomitanza di fattori non solo e non tanto situati nel cervello senza vita della persona morente, ma anche e soprattutto da misteriosi elementi esterni, la cui natura è ancora quasi totalmente da scoprire").
Régis Dutheil, Professore di Fisica e Biofisica, ha sviluppato l'ipotesi della coscienza superluminosa, che è basata su un modello dove la coscienza è un campo di materia tachionica - superluminosa - appartenente, sempre secondo Dutheil, al vero Universo Fondamentale, di cui il nostro mondo non sarebbe che una proiezione olografica sub-luminosa.
Dutheil ha così generalizzato il modello olografico di David Böhm, fisico quantistico presso la University of London, e Karl Pribram, neurofisiologo di Stanford[38], che postula che, quello che noi chiamiamo "reale", non è che una proiezione olografica di un Universo Fondamentale, nel cui dominio di frequenza i tempi e lo spazio sono fusi, e dove non esistono che onde, che egli, Dutheil, colloca in un'altra dimensione. [39]
Nel dominio di frequenza dell'Universo Fondamentale, tutti gli elementi esistono senza connotazioni spaziali e temporali.
Dutheil suggerisce che le percezioni che si producono durante le NDE siano ologrammi "del secondo tipo".
"Molti testimoni dicono di essere stati accolti da parenti deceduti che assumevano spesso l'aspetto che avevano da vivi, o anche di quando erano giovani. Vi sono molte visioni di paesaggi magnifici, di fiumi, di prati, di fiori multicolori, ecc. Pensiamo che tutte queste immagini siano degli ologrammi creati dal pensiero del defunto. Li abbiamo chiamati ologrammi del secondo tipo per distinguerli dagli ologrammi nei quali ci rappresentiamo nel nostro mondo vivente, che sono gli ologrammi di base, ovvero gli ologrammi del primo tipo. Questi ologrammi del secondo tipo sarebbero immagini destinate ad adattare il testimone, il defunto, alla nuova esistenza nel mondo cosiddetto della morte, cioè nel mondo superluminoso, per evitare che la transizione sia troppo brutale tra un mondo di immagini, un mondo di ologrammi come lo ha conosciuto sino a quel momento, ed un mondo di pura astrazione che dovrebbe essere il cosiddetto mondo della morte. Questi ologrammi del secondo tipo sarebbero un mezzo di transizione piuttosto caratteristico delle esperienze di morte imminente e di quello che deve succedere immediatamente dopo la NDE, prima che la coscienza del defunto non penetri oltre, nel mondo superluminoso."[40]
Anche la Dottoressa Isabella Barajon[41] afferma che "pare che questa condizione di vita simil-terrena si realizzi per evitare una sorta di shock da cambiamento di situazione (vivo-morto) troppo repentino.[42]
Secondo un altro modello, invece, le esperienze sensoriali di ordine trascendente vissute dai soggetti esperienti un'NDE sarebbero dovute al fatto che non si sia ancora realizzata una morte effettiva, ovverosìa che il cosiddetto corpo sottile sia ancora legato al corpo fisico per mezzo del cosiddetto cordone d'argento, e che dunque questi riportati nelle NDE siano essenzialmente vissuti animici (intendendo l'anima come strumento di raccordo tra lo spirito come io imperituro ed il corpo fisico), piuttosto che non effettivamente spirituali.
Nel caso di effettiva scissione del cordone d'argento, cioè di effettiva morte fisica, invece, vi sarebbe una primissima fase di disorientamento (ma molto variabile, come vissuto soggettivo, da caso a caso), della durata di due o tre giorni, senza particolari riferimenti sensoriali ed ambientali, dopodiché lo spirito entrerebbe in una fase di letargo, di durata variabile ma mediamente orientabile sulla quarantina di giorni, entro la quale metabolizzerebbe l'esistenza appena vissuta, "spurgandosi" anche dei retaggi e delle sovrastrutture dell'ego della sua ultima personalità storica in Terra, per poi risvegliarsi con un bilancio chiaro, molto più approfondito della visione panoramica tipica dell'NDE.
A quel punto egli potrebbe dinamicizzarsi, rispetto al suo complesso animico (definito anima per semplicità, ed implicante i vari corpi sottili, che lo spirito manterrebbe per tutto il ciclo incarnativo terrestre, implicante mediamente una trentina d'incarnazioni) più o meno liberamente, cioè potrebbe più o meno liberamente calarsi in un ambiente sensoriale del tipo di quello osservato dai "ritornati" esperienti un'NDE, ed anche da ciò astrarsi essenzializzandosi completamente in una condizione di piena coscienza interiorizzata, che però non gli impedirebbe un'interazione con le entità altre da lui ed a lui simili e con la realtà generale altra da lui, avendo sempre però il Divino come modello di riferimento ultimo.[43]
Resta controverso, peraltro, se, con questo "Divino", vi sia un ricongiungimento ultimo, o meno.[44]
Ad ogni modo, pur senza giungere a porsi interrogativi escatologici come i summenzionati, se interpellati su tali spiegazioni, i reduci da una NDE, pur comprendendo la necessità e il desiderio di cercare un’interpretazione razionale a quanto da loro vissuto, ribadiscono come, nella loro percezione, la loro esperienza sia stata interpretata come pienamente reale, e non un'ingannevole apparenza indotta da fattori endogeni o esogeni.
D'altra parte, naturalmente, la soggettività del vissuto non potrebbe esser considerata scientificamente attendibile, se non fosse, per l’appunto, per ciò che, da questa soggettività, esula: e, cioè, i summenzionati riscontri veridici in OBE da NDE nella fase autoscopica ( ed anche eventi appresi nella fase trascendentale di cui il rianimato non avrebbe potuto essere a conoscenza, come un congiunto defunto nel frattempo: una testimonianza del genere si trova nel volume [[“Oltre la vita – Testimonianze di pre-morte. Testimonianze autentiche di esperienze reali di persone dichiarate clinicamente morte e poi tornate alla vita. Come si identifica la pre-morte: i nove requisiti. Statistiche. Interpretazioni scientifiche: psichiatriche, psicologiche, farmacologiche. Come cambia la vita dopo l’esperienza di pre-morte, ecc. ecc.”]], di Lucia Pavesi, Giovanni De Vecchi Editore S.p.A., 1993, ed Allan Kellehear [45] commenta questi casi così: "Comunque le situazioni in cui i soggetti con NDE giungono a conoscere qualcosa di un amico e di un parente deceduto durante o dopo che erano entrati in coma sono altamente indicativi: se non proprio di sopravvivenza, almeno forse di un qualche genere di telepatia da crisi." [46])
I riduzionisti si oppongono a questi riscontri affermando che sono solo aneddotici, ma la massa che ne è stata tratta ed in particolare alcuni eventi di punta (tra i quali quelli citati dal Professor Facco) rendono questa spiegazione alquanto debole e problematica, se non francamente insostenibile, come a giudizio di Facco stesso.
La storia del fenomeno, con bibliografia italiana commentata
Venendo qui a citare in ordine sostanzialmente cronologico rispetto all’edizione originale, a parte un paio di eccezioni giustificate nel loro proprio merito, i testi sulle esperienze di premorte editi in italiano (che, salve rarissime eccezioni, saranno i veri e propri volumi editi dalla nostra editoria, diversamente, tentando di tener conto anche di tutti gli articoli e saggi vari in argomento, la bibliografia, anche solo italiana, diverrebbe sterminata ed incatalogabile), con relativi commenti (mentre in fondo la stessa bibliografia verrà presentata scarnamente e senza commenti), occorre rilevare anzitutto che di queste esperienze si ha notizia sin da tempi assai remoti, e si può riconoscere come antesignana di tutte le NDE (anche se in effetti si tratterebbe d’una resurrezione in piena regola, che peraltro non sarebbe neanche l’unica, come può essere osservato in casistica – Delog Dawa Drolma[47], George Rodonaia[48], Klavdia Ustiujanina[49] –) “Il Racconto di Er”, di Platone (Edizioni di Ar, Padova, 2010), facendo quindi un bel salto all’indietro di quasi 2500 anni.[50]
Come tutti sapranno, la narrazione di questo episodio si trova alla fine (Libro XIII) de “La Repubblica” (390-360 a.C.) del grande filosofo classico greco.[51]
Ma è dunque corretto considerarlo un episodio d’immaginazione, od un’esperienza effettivamente avvenuta?
Nel suo prologo al volume citato, il Professor Francesco Ingravalle[52] afferma: “Che la traduzione di mythos sia da ricercarsi nell’equivalente italiano 'racconto' e non nel calco 'mito' risulta da una osservazione semplice: Socrate riferisce il racconto fatto da Er, soldato panfilio, circa un’esperienza extra-corporea, il viaggio della psiché al di fuori del sóma in una regione al di là della vita corporea; si tratta, in altri termini, del resoconto di uno stato non ordinario della coscienza (Cfr. G. Lapassade, Stati modificati e transe, tr. it. di R. Curcio, P. Fumarola e M. Nocera, Roma, Sensibili alle Foglie, 1996; Id., Transe e dissociazione, tr. it. di R. Curcio, Roma, Sensibili alle Foglie, 1996), presentato con estrema naturalezza e come un episodio certamente non ordinario, ma non sovrannaturale, cioè al di fuori delle naturali capacità dell’essere umano, come, del resto fa notare già Proclo nel VI secolo d.C. (Cfr. Proclo, In Respublica II, pp. 17-18 Kroll.). In altri termini, l’esperienza di Er non ha né i caratteri delle thaumastà o mirabilia ben noti alla novellistica e alle raccolte dei fatti “straordinari”, né quelli del miracolo famigliare alla tradizione cristiana e giunto fino ai giorni nostri. Odisseo è sceso nell’Ade, secondo il racconto di Omero e si conosce anche la discesa nell’Ade di Orfeo; si giunge agevolmente fino ai Dialoghi dei morti di Luciano di Samòsata. Tanto nella narrazione 'seria', quanto nella sferzante ironia di Luciano “sapere […] significa soltanto togliere i veli che offuscano lo sguardo; creare è disegnare entità ad un tempo visibili ed eterne; la virtù è cognizione compiuta delle vie da percorrere, e l’estraneità del senso dipende solo dall’eccessiva distanza del senso (Cfr. G. Lukàcs, Theorie des Romans, Berlin, Cassirer, 1920, tr. it. a cura di G. Raciti, Teoria del romanzo, Milano, SE, 1999, p. 26).[53]
La sensazione, insomma, è che Ingravalle voglia sostenere la tesi della veridicità del racconto proprio in quanto non sovrannaturale, bensì del tutto naturale in inerenza alla natura dell’uomo complessivamente inteso, il quale non può mancare d’un aspetto extramateriale, che, anzi, probabilmente, è quello che, più di ogni altro, in assoluto e nel complesso, lo contraddistingue.[54]
Ingravalle è pure convinto che non di morte si trattasse ma di catalessi, proprio conseguente ad un distacco dell'anima, e non esclude che si tratti di un'esperienza sciamanica, sebbene atipica.
Ad ogni modo la storia di Er, pur potendo presentare simbolistiche psico-culturali proprie dell'epoca, attingendo anche all'orfismo ed al pitagorismo (ed è già stato possibile osservare come, il possibile "aldilà", si presenti, verosimilmente, come un "mix" di caratteristiche oggettive e retaggi psico-culturali del soggetto dipartito), dev'essere riguardata con gli occhi che assegnano al mito il valore profondo delle verità iniziatiche.
Ciò, anche qualora Platone vi abbia inserito, com'è probabile, anche elementi francamente mitici.
In questo senso valgono le parole di Jung, uomo illuminato ed in anticipo sui suoi tempi che ritroveremo spesso, sul nostro cammino: "Per l'intelletto il 'mythologhéin' è una speculazione futile; ma per l'anima è un'attività salutare, che dà all'esistenza un fascino che ci dispiacerebbe perdere. E non c'è alcuna buona ragione per doverne fare a meno. La ragione ci pone confini troppo angusti, e ci farebbe accettare solo ciò che si conosce, e anche questo con delle limitazioni, facendoci vivere in una cornice nota, proprio come se conoscessimo con sicurezza la reale estensione della vita. In realtà, giorno per giorno noi viviamo ben oltre i confini della nostra coscienza; la vita dell'inconscio procede con noi, senza che ne siamo consapevoli. Quanto più domina la ragione critica, tanto più la vita si impoverisce; ma quanto più dell'inconscio e del mito siamo capaci di portare alla coscienza, tanto più rendiamo completa la nostra vita. (...) L'inconscio ci aiuta, in quanto produce allusioni simboliche. Possiede altri mezzi per informarci di cose che, con tutta la nostra logica, noi non potremmo mai conoscere. (Carl Gustav Jung ed Aniela Jaffé, "Ricordi, sogni, riflessioni", edizione originale 1961, prima edizione italiana 1965, per le Edizioni Il Saggiatore).
La storia di Er è sufficientemente nota; facciamocela, comunque, narrare da Laura Campanello[55], nella sua relazione "Filosofia della sopravvivenza: il pensiero in pratica", in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2007: "Una volta uscita dal suo corpo - racconta Er - la sua anima si era messa in cammino con molte altre, finché non era giunta in un luogo meraviglioso. Qui c'erano due coppie di voragini contigue, una in cielo e l'altra in terra, e in mezzo sedevano i giudici delle anime. Questi, pronunciato il giudizio, ponevano al collo dei giusti e alle spalle degli ingiusti i segni della sentenza, e ordinavano ai primi di salire a destra e in alto, e ai secondi di scendere a sinistra in basso. Quando Er si era presentato, i giudici gli avevano ingiunto di ascoltare e guardare tutto quello che succedeva, per poterlo raccontare. [614b-c] Dalla voragine celeste a sinistra e dalla voragine terrestre a destra uscivano altre anime, le une pure e le altre sporche e impolverate, reduci da un viaggio di mille anni in cielo o sottoterra. Il viaggio sotterraneo era un viaggio di espiazione, nel quale ogni ingiustizia commessa in vita veniva pagata con dolori dieci volte tanti quanti quelli provocati. Con una misura analoga le azioni giuste venivano compensate. [614d-615c] [...] Dopo sette giorni di permanenza in quel luogo, le anime furono fatte camminare per quattro giorni, finché non giunsero in vista di una luce simile all'arcobaleno, che teneva insieme tutta la circonferenza del cielo. Alle estremità è sospeso il fuso di Ananke, la divinità che rappresenta la necessità o il destino ineluttabile, per il quale girano tutte le sfere. Il fusaiolo, che è il contrappeso che mantiene a piombo il fuso, è formato da otto vasi concentrici, messi uno dentro l'altro, e ruotanti in direzioni opposte sull'asse del fuso. Su ogni cerchio sta una Sirena, che emette un'unica nota, e le diverse Sirene tutte insieme producono, ruotando, un'armonia. Gli otto fusaioli rappresentano gli otto cieli concentrici della cosmologia antica, nell'ordine pitagorico: stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Venere, (Mercurio che la Campanello salta, nota), Sole e Luna. Il fuso gira sulle ginocchia di Ananke. Le tre Moirai, o, latinamente, Parche, siedono in cerchio su tre troni a uguale distanza. Le Moirai - le divinità della moira - sono figlie di Ananke: Cloto, la filatrice, canta il presente, Lachesi, la distributrice, il passato, e Atropo, colei che non può essere dissuasa, l'avvenire. [616b ss] Appena le anime giunsero in questo luogo, un araldo le mise in fila per presentarle a Lachesi. Quindi, prese dalle ginocchia della Moira delle sorti e dei modelli di vita, annunciò: 'Parole della vergine Lachesi, figlia di Ananke: anime, che vivete solo un giorno comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice di morte. Non vi otterrà in sorte un daimon, ma sarete voi a scegliere il daimon. E chi viene sorteggiato per primo scelga per primo una vita, cui sarà necessariamente congiunto. La virtù è senza padrone e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di chi sceglie; il dio non è responsabile'. [617d] Viene sorteggiato l'ordine della scelta delle anime, e viene loro proposta una grandissima quantità di paradigmi di vita: vite di animali, di uomini, di donne, di tiranni, di successo o fallimentari, di persone oscure o insigni. Ma non c'è una disposizione dell'anima, perché ognuna diventa necessariamente diversa a seconda che scelga l'una o l'altra vita. Saper scegliere una vita giusta e scartarne una ingiusta, commenta Socrate, è importante per raggiungere la massima felicità. [618e-619a] Anche per chi arriva per ultimo, essendo la rosa dei paradigmi di vita molto ampia, c'è la possibilità di condurre una vita non cattiva, se la scelta viene fatta con senno. Er racconta anche alcune scelte fatte dalle anime: per esempio la prima, che era venuta dal cielo, dopo aver praticato la virtù solo per abitudine e senza filosofia in una politeia ordinata, si precipita a scegliere la vita di un tiranno, per accorgersi subito dopo che contiene dolori e sciagure, e prendersela con la sorte. Le anime che venivano dalla terra, invece, facevano scelte più avvedute, perché avevano imparato dall'esperienza. La selezione dei paradigmi di vita da parte delle anime è uno spettacolo insieme miserevole, ridicolo e meraviglioso. La maggioranza sceglie secondo le abitudini della vita precedente: Agamennone, per esempio, sceglie la vita di un'aquila, e Odisseo, stanco di avventure, la vita tranquilla di un privato. [620a ss] Dopo la scelta, le anime si presentano a Lachesi, dalla quale ciascuna ottiene il daimon che si è preso, perché gli sia custode e adempia quello che ha scelto. Questo guida l'anima da Cloto, a confermare sotto il giro del fuso il suo destino, e poi da Atropo a renderlo inalterabile, e quindi, dal trono di Ananke, verso la pianura del Lete, afosa e senza alberi. Alla fine della giornata le anime si accampano sulla riva del fiume Amelete (trascuratezza, incuria), la cui acqua non può essere contenuta in nessun vaso. Tutti - tranne Er - vennero obbligati a bere quell'acqua, che faceva dimenticare. Poi le anime si addormentarono e, a mezzanotte, con un terremoto, furono lanciate nell'avventura del nascere. Er, che non aveva bevuto l'acqua del Lete, si era svegliato sulla pira funeraria, con la memoria del suo mito. Memoria che - conclude Socrate - anche noi potremo conservare, se attraverseremo bene il Lete e seguiremo la via ascendente della giustizia e del discernimento, per trovarci bene in questo mondo e nell'altro millenario cammino. [620d ss] Questo mito offre una descrizione dettagliata dell'Aldilà, luogo ove un uomo viene lasciato accedere perché possa raccontare e convertire gli altri al fine di indurli a condurre una vita giusta già in questo mondo. Nell'aldilà le anime non solo affrontano il giudizio che gli tocca in base alla vita condotta sulla terra ma, in seguito al giudizio, possono e devono scegliere quale vita e quale personalità possedere nella esistenza successiva. In questo racconto sembra chiaro che quello che siamo dipende essenzialmente dalle scelte che facciamo, dal daimon che abbiamo scelto (daimon nella mitologia greca è la creatura divina che presiede alla sorte di ciascuno), indubbiamente anche alla luce della vita precedente e delle punizioni o dei premi ricevuti per quest'ultima. Nel mito infatti viene sottolineato che non c'è colpa attribuibile ad un dio, perché è l'anima che sceglie il daimon e non il contrario e che tale scelta avviene, perlopiù, alla luce delle abitudini contratte nella vita precedente. Da un lato, quindi, è chiaramente sottolineata la responsabilità della scelta di vita, di personalità, di destino, ma è anche sottinteso che il passato, il presente ed il futuro (le tre moire, appunto) sono indissolubilmente intrecciate. Il Passato: Lachesi rappresenta ciò che siamo stati, le occasioni raccolte e quelle perse ed è ciò che ci fa essere ciò che siamo ora; il Presente: Cloto è il tempo della possibilità, della scelta, della responsabilità, della conversione e della trasformazione possibili; il Futuro: Atropo è l'oltre, l'aldilà, ciò che possiamo costruire e riconoscere come nostro, anche nelle sue implicazioni di premi o punizioni. Tutto ciò costituisce l'insieme della vita e l'intrecciarsi di personalità, destino (ananke) e felicità. Scegliere, nella prospettiva platonica, significa prendere possesso criticamente del proprio passato per migliorare il presente e decidere il futuro. La physis di una creatura non è qualcosa di dato in anticipo e una volta per tutte, ma quel che si può osservare dopo averla messa alla prova. E il tempo della prova - racconta Er - dura indefinitamente, tutta la vita. Così, forse, anche il Karma, nelle parole del Dalai Lama Sogyal Rinpoche: 'Il Karma, [...] non è né fatalistico né predeterminato. Il Karma è la nostra capacità di creare e di cambiare. E' creativo perché possiamo decidere come e perché agire. Noi possiamo cambiare. Il futuro è nelle nostre mani.' Socrate sottolinea che la questione dello scegliere, e dello scegliere giustamente, in modo da massimizzare l'eudaimonia (la felicità), è un problema capitale. Questa eudaimonia esiste non tanto perché un buon daimon presiede al nostro destino, quanto perché noi stessi abbiamo scelto un buon daimon. Elemento essenziale dell'eudaimonia, dunque, non è più il daimon, ma il carattere della nostra scelta. Non ci può essere eudaimonia senza autonomia. La parola greca eudaimonia, correntemente tradotta con 'felicità', indica uno stato di benessere che comprende sia la soddisfazione personale dell'individuo sia la sua collocazione nel mondo. Nell'etimologia della parola è implicita l'idea che un buon daimon abbia presieduto all'assegnazione del proprio destino, in una sfera più ampia delle sensazioni personali: la mia sorte ha a che vedere con la mia collocazione nel mondo, e non solo con il mio umore, o con i divertimenti della vita privata. Solo la trascuratezza (Lete, il fiume da cui si beve per dimenticare prima di incarnarsi) ci fa dimenticare che noi, avendo scelto, siamo liberi, e che possiamo renderci migliori. La nostra libertà è 'mitica', nel senso che possiamo esserne consapevoli solo ricordando criticamente la nostra storia, il nostro passato e avendo sempre, a qualche titolo, nel presente una possibilità di scelta. Siamo nel mondo di Ananke (destino e necessità) ma cambiare è possibile, perché noi stessi possiamo trasformarci e migliorarci. La rinascita è sempre possibile; l'aldilà a volte serve per pensare di avere altre occasioni di scelta, di relazione, di opportunità. Ma ogni giorno, nel suo rilevante presente, ci consente nuove occasioni di scelta e di vita. Noi esistiamo in maniera piena solo se sappiamo fare le nostre scelte - se sappiamo, cioè, valorosamente morire e consapevolmente rinascere, senza dimenticare nulla, come nel racconto straordinario che mette fine alla 'Repubblica' di Platone."
E questa è, in sintesi, la storia di Er, e la morale che se ne può dedurre.
Poteva anche essere specificato che il nostro libero arbitrio consiste nel tentare di riconoscere e debitamente seguire il nostro daimon scelto ante-vitam (aspetto che viene particolarmente enfatizzato dallo junghiano James Hilmann nel suo "Il codice dell'anima", prima edizione italiana Adelphi, 1997).
Come chiosa, possono venire buone, di nuovo, parole di Jung (sempre da "Ricordi, sogni, riflessioni"): "Quanto più un uomo corre dietro a falsi beni, e quanto meno è sensibile a ciò che è l'essenziale, tanto meno soddisfacente è la sua vita: si sentirà limitato, perché limitati sono i suoi scopi, e il risultato sarà l'invidia e la gelosia. Se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l'infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti mutano."
E qui mette conto di citare un passo di "Er" [619a-b] che la Campanello non menziona, laddove vi è un'esplicita esortazione a "non farsi attirare anche nell'Ade dalle ricchezze e da mali simili (,) per non piombare nella tirannide e in altri modi di agire consimili, compiendo molte azioni irrimediabilmente malvage che si tireranno dietro sofferenze più pesanti, ma per sapere scegliere sempre la via intermedia e per fuggire gli eccessi da ogni lato, sia in questa vita, nei limiti del possibile, sia in tutte quelle successive; così, infatti, l'uomo raggiunge la massima felicità."
Questo identificare la massima felicità nella morigeratezza ed indicare esplicitamente la ricchezza come un male, non può non portare alla mente la massima di Cristo «E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli» (Matteo 19,24)
Comunque, il fatto che Platone, riguardo ad Er, si ispirasse ad un episodio realmente accaduto, può venir confermato anche dall’archeologo Vittorio Di Cesare, già membro della British Museum Society, nella sua relazione “Archeologia della 'Sindrome di Lazzaro': il fenomeno dell’NDE nei testi mediorientali e classici”, in “Visioni oltre il reale. Atti del 2° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” (San Marino, 1998).
Egli vi afferma: “Oggi sappiamo con certezza che le frequenti guerre nel Mediterraneo tra VIII e III a.C. videro molti reduci sopravvivere nonostante le terribili ferite riportate sui campi di battaglia. Gli archeologi hanno ritrovato scheletri di guerrieri con fratture craniche guarite molto tempo prima delle cause che produssero il loro decesso. Ad esempio, i numerosi traumi riscontrati sullo scheletro di un guerriero apulo del IV sec. a.C. ritrovato in località Padreterno, in Puglia, non escludono la possibilità che quest’uomo, almeno una volta nella vita, entrò in coma per poi riprendersi. Il guerriero aveva molte ferite di vecchia data: all’osso metatarsale, alla clavicola sinistra con frattura da trauma diretto e fratture alle coste VIII e IX. Ma il più grave processo traumatico subìto era stata una brutta frattura alla regione temporale zigomatica sinistra, il cui successivo consolidamento era avvenuto con l’imperfetto allineamento dell’osso facciale al resto dell’arcata che si era successivamente appiattita. Probabilmente quel colpo e la relativa commozione cerebrale lo fece stare tra la vita e la morte per diverso tempo. Ciò molto prima del giorno in cui cadde nella battaglia nella quale, oltre alla ferita mortale, subì lo schiacciamento di un piede da parte della ruota di un carro.”[56]
Secondo Massimo Biondi[57], comunque, la storia di Er "era utile a Platone per dar vigore alle sue convinzioni sulla reincarnazione e sulla metempsicosi [58], nonché per rafforzare alcune tesi politico-filosofiche esposte nella sua opera".[59]
Lo stesso Gesù Cristo, durante la sua vita terrena, sembra aver avuto almeno un'esperienza extracorporea (anche se la tradizione esoterica gliene attribuisce ben più d'una), specificamente nell'episodio delle tentazioni, quando fu portato dal "diavolo" nel pinnacolo del Tempio (Matteo 4), mentre si trovava a parecchie decine di chilometri da esso, nel deserto di Giuda. Ora, se non vogliamo pensare ad un "diavolo" che fisicamente "acciuffa" Gesù e lo porta "di peso" a Gerusalemme, il che è francamente assurdo, dobbiamo, più realisticamente, pensare che Gesù "in ispirito" si lasciò portare da "qualcuno o qualcosa di medesimamente spirituale" a Gerusalemme, dove venne messo alla prova sul senso della sua missione. Tanto più che l'evangelista Matteo usa il verbo paralambano, che non significa "acciuffare" qualcuno fisicamente, bensì "trasferire" in un'altra dimensione (Matteo 4,5.8).
Segue a ruota Paolo di Tarso, che, probabilmente riferendosi a sé stesso, narra di «un uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo», ed è poi ancora più esplicito quando dice: "Così, dunque, siamo pieni di fiducia, e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore [...] siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore [...] Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo, sia esulando da esso, di essere a lui graditi", oppure: "Sono messo alle strette, infatti, tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio". Anche in questo caso, però, pariamo esser più di fronte ad OBE che ad NDE, se si eccettua la folgorazione sulla via di Damasco (ed è improbabile che si riferisca a quella, nel primo caso citato: poiché egli, allora, non era ancora «un uomo in Cristo»).[60]
Arriviamo quindi a Plutarco (Cheronea, 46 d.C./48 d.C. – Delfi, 125 d.C./127 d.C.), che ci dice: "Ermodoro di Clazomene: la sua anima poteva abbandonare completamente il corpo, vagando di notte e di giorno per enormi spazi, e infine ritornava di nuovo dopo aver assistito e partecipato a molti discorsi e avvenimenti lontani..."[61]
Oppure, sempre Plutarco: "E giunta l'ora alla morte l'anima prova una emozione come quella degli iniziati ai grandi misteri. Perciò riguardo al morire e all'essere iniziato la parola assomiglia alla parola e la cosa alla cosa. Anzitutto i vagabondaggi, i rigiri logoranti, e certi cammini senza fine e inquietanti attraverso le tenebre. In seguito, proprio prima della fine, tutte quelle cose sono terribili, i brividi e i tremiti e i sudori e gli sbigottimenti. Ma dopo di ciò, ecco viene incontro una luce mirabile: ad accogliere sono lì i luoghi puri e le praterie, con le voci e le danze e la solennità di suoni sacri e di sante apparizioni"[62]
Qui il filosofo greco si sta riferendo senz'altro ad un'NDE, se non ad un trapasso effettivo.
Ed ecco, subito dopo, una storia raccontata dallo scettico Luciano di Samosata (Samosata, 120 circa – Atene, tra il 180 e il 192): essa consiste nella vicenda di un giovane che, portato agli inferi subito dopo morto, nel momento in cui è presentato a Plutone, viene rinviato indietro, perché c'è stato uno scambio di persona.[63]
Peraltro, lo stesso Luciano di Samosata, in "Elogio della mosca", ci racconta di "[...] Ermotimo di Clazòmene che possedeva un'anima che lo abbandonava spesso e se ne andava in giro per ritornare, poi, nel corpo e fare alzare Ermotimo."[64] (Di Ermotimo di Clazòmene parla anche Aristotele - Metaphysica, i, 984b, 18 -, il quale gli attribuisce la creazione della parola Nous, poi resa celebre da Anassagora di Clazòmene.)
Dopodiché, sempre in area di primo cristianesimo, abbiamo un testo del III secolo d.C., la "Passio Perpetuae", in cui i martiri cristiani Perpetua e Saturo raccontano: "Avevamo già subìto il martirio: uscimmo dal corpo e fummo trasportati verso oriente da quattro angeli, le cui mani nemmeno ci toccavano".[65]
Verso la fine del IV secolo d.C. abbiamo un'Epistola di Girolamo, segretario di papa Damaso, che narra in poche righe un viaggio post-mortem nell'aldilà: "...circa a metà quaresima una febbre, penetrandomi fin nelle midolla, mi assalì il corpo sfinito e senza darmi tregua (...) divorava le mie povere membra, tanto che a malapena rimanevano insieme le ossa. Nel frattempo mi si preparava il funerale; il corpo era ormai tutto freddo e il calore della vita palpitava soltanto nel mio petto che solo era tiepido, quando all'improvviso rapito in spirito mi trovai trascinato davanti al tribunale del giudice; così intensa era in quel luogo la luce e il fulgido splendore che emanava dai presenti, che prostratomi a terra non osavo guardare in alto". Accusato di non essere cristiano, e dopo aver invocato pietà, Girolamo fu lasciato andare: "Ritorno al mondo di sopra e fra la generale meraviglia apro gli occhi così bagnati da un fiume di lacrime che anche gli increduli offrivano una valida prova con il loro dolore. Non era stata davvero una fantasticheria, come quei sogni vani che spesso ci ingannano."[66]
Sempre tra il IV e il V secolo d.C., abbiamo questa vicenda, narrata da Sant'Agostino d'Ippona: "Un certo uomo, di nome Curma, del villaggio di Tullio, località vicinissima a Ippona, povero curiale e solo a stento diventato duumviro di quel borgo, essendosi ammalato perdette i sensi e rimase come morto per alcuni giorni. Un debolissimo respiro si poteva avvertire solo dalle sue narici, se uno vi accostava la mano. Era questo un indizio, per quanto debole che era ancora vivo e perciò non si poteva seppellirlo, come uno che ormai fosse morto. Non c'era alcun movimento nelle membra del suo corpo, non prendeva cibo alcuno; né con gli occhi né con nessun altro senso del corpo dava segno di sentire qualsiasi molestia gli fosse fatta. Tuttavia come in sogno vedeva molte cose, che finalmente, risvegliandosi dal sonno, dopo parecchi giorni, poté raccontare. Come prima cosa, appena aperti gli occhi, disse: "Qualcuno vada a casa di Curma, fabbro ferraio, e veda che cosa vi accade". Qualcuno vi andò e quel Curma fu trovato morto in quello stesso momento in cui questi era ritornato in sé ed era quasi risorto dal morte. Allora ai presenti, che, pieni di ansia, stavano attorno a lui, disse che quando lui era stato rilasciato era stato comandato che si presentasse quell'altro, e che lì nel posto da cui ora tornava aveva udito che era stato dato ordine che si portasse nelle regioni dei morti non Curma il curiale, ma Curma il fabbro ferraio."[67]
Arriviamo al VI secolo d.C., ove Papa Gregorio Magno riferisce, nei suoi "Dialoghi", questo caso: "L'illustre Stefano (...) mi disse che mentre si trovava a Costantinopoli per un affare, cadde ammalato e morì. Si mandò a chiamare un medico e un venditore di balsami e aromi, per aprire il suo cadavere e imbalsamarlo; quel giorno, però, non fu proprio possibile reperirli. Pertanto il suo corpo quella notte rimase insepolto. Condotto nei luoghi infernali, vide molte cose di cui prima aveva sì sentito parlare ma alle quali non aveva creduto. Quando laggiù venne presentato al giudice capo, questi non lo ricevette, dicendo: 'Non costui ho comandato di condurmi, ma Stefano il fabbro ferraio'. E subito Stefano fu restituito al suo corpo, mentre l'omonimo fabbro ferraio, che abitava vicino a lui, proprio in quell'istante morì."[68]
La coincidenza della storia di Agostino con quella di Gregorio Magno può far pensare che questo Stefano raccontò a Gregorio Magno una variante della narrazione agostiniana, ma bisogna allora supporre che Gregorio Magno, prima Papa e poi Santo, non la conoscesse, o che non desse rilevanza ai nessi suggeritivi d'una ripresa più che non d'un racconto "ex novo".
Sempre Gregorio Magno riferisce anche dell'esperienza di un soldato che, in punto di morte, avrebbe visto un ponte su un fiume fumante e maleodorante che conduceva a un «piacevole giardino pieno di fiori».[69]
E si giunge quindi alla seconda metà del VII secolo, ove l'asceta San Valerio menziona un monaco di nome Massimo, "il quale sapeva scrivere libri e meditare salmi, molto prudente, equilibrato in ogni sua azione, (...) colpito da infermità corporale, morì per l'aggravarsi della malattia e dopo molte ore di intervallo ritornò nel corpo. Così, recuperata la salute di prima, mi raccontò: 'non appena mi separai dal corpo fui preso da un angelo di luce... e condotto in un luogo bellissimo... Lì una luce intensa sfavillava irraggiando un chiarore indicibilmente luminoso".[70]
Poi facciamo un bel balzo in avanti fino al 1500, ove Santa Teresa d'Avila descrive un'esperienza assai simile a quelle che in seguito diverranno note come NDE: "Pensai di essere trasportata in cielo: le prime persone che vidi furono mia madre e mio padre e accaddero cose straordinarie in un periodo di tempo assai breve [...] mi piacerebbe, se potessi, descrivere almeno la minima parte di ciò che ho sperimentato, ma quando provo a farlo scopro che ciò è impossibile; infatti, mentre la luce che noi vediamo qui e l'altra luce sono appunto delle semplici luci, non c'è alcuna somiglianza tra le due, e lo splendore del Sole sembra assai pallido, se paragonato all'altra. [ Dopo questa esperienza ] avevo ben poco timore della morte, di cui precedentemente ero, invece, grandemente spaventata."[71]
Singolare, in questi racconti storici, la mancanza d'una prima fase "autoscopica", o comunque d'osservazione dell'ambiente terreno, dell'esperienza: si entra subito in una fase "trascendentale".
Facendo comunque di nuovo un ulteriore balzo in avanti, arriviamo all'Ottocento italiano, dove uno scienziato dell'epoca, eclettico ed oggi dimenticato, tale Francesco Orioli, scrisse, in "Spighe e Paglie" (rivista multidisciplinare che curava praticamente da solo, e che spediva in tutta Europa grazie alle sovvenzioni che riceveva da scienziati ed uomini di cultura conosciuti durante un esilio parigino dovuto ad un precedente dissidio con la Chiesa di Roma) di questa fenomenologia: la quale, quindi, evidentemente, era già nota all'epoca, e che egli chiamò "sogni de' moribondi", ritenendo che si trattasse di una mescolanza tra contenuti di pensiero corrispondenti a realtà oggettive (da lui definiti chiarovisione) ed attività immaginative ed ideative simili a quelle che danno forma ai sogni.
In questo modo Orioli mostrava la sua prospettiva di scienziato di mente aperta, e si collocava su un solco non dissimile da quello esoterico, che ammette che l'ambiente astrale sia l'oggettivazione d'uno stato mentale, interiore, individuale (ed il fatto che ambienti astrali siano condivisi da molte Entità, starebbe a dimostrare che, esse, si collocano tutte, genericamente, in quel "Focus" mentale).
Da notare che si parla della seconda metà del 1845, e quindi non era ancora nata la parapsicologia (anche volendone datare la nascita al 1848 e quindi ai fatti di Hydesville che videro come protagoniste le sorelle Fox), da cui quindi Orioli non avrebbe potuto, in ogni caso, prendere spunto per le sue riflessioni.
Sempre nell'Ottocento arriva anche un caso di NDE di cui fu reso partecipe Victor Hugo, e che il grande letterato francese riportò con resoconto scritto da par suo.
Anche in questo caso, la sensazione che il soggetto in causa prova, è sempre quella di trovarsi in uno stato di sublime beatitudine, nel quale vorrebbe restare per sempre, ed il ritorno alla vita normale viene vissuto con forte disappunto.
Si tratta di un uomo che, avendo perso la moglie ed un figlio, era rimasto con altri tre figli: un maschio e due femmine.
Ebbe un incidente mentre viaggiava in calesse col figlio maschio, e fu scaraventato sul fondo d'un fossato, mentre il giovane riuscì ad aggrapparsi ad un cespuglio dell'argine e chiamare aiuto.
L'uomo, ormai allo stremo, fu salvato, ma non ringraziò i soccorritori; anzi, protestò: perché in quel frangente tra la vita e la morte s'era ricongiunto con la moglie ed il figlio defunti.
Vale la pena, per l'appunto, riportare l'ultima parte del commento di Hugo, perché meritevole: "...sono due gli enigmi da risolvere in questo memorabile evento: l'enigma del corpo e l'enigma dell'anima. Non mi curo di compenetrare il primo, né di spiegare come possa darsi che un annegato rimanga un'ora intera in fondo ad uno stagno senza morirne. Ma ciò ch'io comprendo assai bene sono i lamenti di una anima riscattata dalla morte. Che diamine! Essa era già esulata dalla vita terrena, da quest'ombra di vita; era sfuggita da un corpo maculato, da due labbra illividite, da un fossato stagnante. Aveva appena iniziato l'ammaliante ascensione, e dal fango del fondo, attraverso acque limacciose, aveva affiorato alla superficie. Senonché si avvide di non potersi elevare perché una piuma delle proprie ali la vincolava ancora a un orribile respiro postrèmo soffocato nel fango; e tutto ciò mentre già respirava deliziosamente l'ineffabile freschezza dell'al di là della vita, ed erasi riunita alle adorate creature che aveva perduto: una moglie ed un bimbo. E la prigioniera evasa ma non libera, venne ad un tratto bruscamente assalita da un intempestivo fremito vitale; sentì che il vincolo che la univa al corpo, anziché rompersi si rinsaldava, e che in luogo di elevarsi verso la luce, ridiscendeva nella notte della vita; tutto ciò per opera di qualcuno il quale aveva forzato violentemente l'anima a rientrare in un cadavere. E allora quest'anima, questa resuscitata in terra, proruppe in un grido d'angoscia disperata..."[72]
Nel 1889 abbiamo la visione che ebbe un saggio indiano di nome Wovoka, conosciuto anche come Jack Wilson, dei Payute del Nevada, durante un'eclissi di sole: Wovoka si trovò, trasportato da un'aquila, al cospetto di Dio e dei suoi antenati, in un luogo veramente sublime.
Dio gli comunicò l'imminente arrivo nelle loro terre di un mondo diverso, fatto come una nuvola, proveniente dall'Ovest, che avrebbe spazzato via su questa Terra tutto ciò che fosse vecchio e morente.
Ma in questo altro mondo trascendente ci sarebbe stata abbondanza di carne come nei vecchi tempi, gli indiani morti sarebbero tornati a vivere, e tutti i bisonti uccisi avrebbero di nuovo pascolato nelle verdi praterie.
Gli furono impartiti, inoltre, vari insegnamenti, tesi a limitare i danni legati alla crisi del suo popolo e prospettando una rivincita sui bianchi, e in aggiunta a questi gli fu insegnata una nuova danza collettiva, la Ghost Dance, che doveva far praticare al suo popolo in periodi prestabiliti.
Chi avesse seguìto queste direttive, avrebbe sicuramente avuto una vita migliore, e si sarebbe riunito, dopo la morte e in piena felicità, con i propri familiari e amici già defunti.
Come ben sappiamo, la profezia di rivincita sui bianchi si è rivelata non veritiera.[73]
Dopodiché, finalmente arriviamo al secolo scorso, ove abbiamo la testimonianza, nel 1932, di John Neihardt, scrittore e poeta americano, storico dilettante ed etnografo, nel suo libro più famoso, "Black Elk Speaks" (editore William Morrow & Company), uscito in italiano per Adelphi nel 1968 col titolo "Alce Nero parla".
Due anni prima Neihart aveva intervistato, sulle montagne brulle del Big Horn, lo sciamano Alce Nero, della tribù Oglala dei Sioux, cugino del grande capo Cavallo Pazzo.
Dunque, in realtà, la testimonianza, è quella di Alce Nero, resa quando oramai egli era già un vecchio indiano.
Egli era uno Sioux Lakota vissuto tra il 1863 ed il 1950.
All'età di 9 anni fu colpito da una gravissima malattia, che lo ridusse in fin di vita.
In questo stato ebbe la visione di uno spirito che lo invitò ad alzarsi e a seguirlo al cospetto del Grande Spirito.
Fu portato su una nuvola e qui incontrò le somme potenze del Cielo e da esse ricevette insegnamenti e poteri.
Appassionante e ricca di particolari è la descrizione di Alce Nero di quel nuovo mondo.
Dopo 12 giorni di morte apparente, ritornò in possesso del suo corpo e ripensò alla meravigliosa esperienza vissuta poco prima: «Mentre ero lì a pensare alla mia visione, potevo vederla tutta di nuovo, e capirne il senso con una parte di me, come uno strano potere che ardeva nel mio corpo; ma se la parte di me che parla avesse tentato di dirne il senso a parole, quel potere sarebbe diventato come nebbia e si sarebbe allontanato da me.»
Fu per questo, che il bambino esitò fortemente prima di raccontare le sue avventure nell'altro regno.
Ma altre ne seguirono, ed il potere con esse accumulato lo resero uno sciamano-visionario di primo piano.
Tra queste, una in particolare può essere menzionata: all'età di 23 anni, insieme ad un centinaio di altri indiani, Alce Nero venne reclutato per portare uno spettacolo sulle loro tradizioni nelle capitali europee.
Si trattava di uno spettacolo dove gli indiani ballavano, cantavano, facevano acrobazie sui cavalli, sparavano, ecc., ma la loro esibizione non era tesa assolutamente a valorizzare la loro cultura, bensì semplicemente a far guadagnare gli organizzatori, che facevano leva sulla curiosità dei bianchi di vedere i "selvaggi" dal vivo.
Dopo tre anni di esodo, Alce Nero era triste e sconsolato, e desiderava profondamente ritornare nella sua terra; un mattino, ci riferisce Neihart, gli accadde di vivere la seguente esperienza: "Quel mattino indossavo dei vestiti da Wasichu, scarpe e tutto. L'unica differenza era che i miei capelli erano lunghi. Non erano intrecciati, mi cadevano semplicemente sulle spalle. Io mi sentivo bene e stavamo per prendere la prima colazione. Questa ragazza amica mia era seduta accanto a me, e anche sua madre e suo padre e due sorelle erano seduti a tavola. Mentre ero lì seduto, alzai lo sguardo al soffitto e mi sembrò che si muovesse. La casa si era messa a girare, dalla parte di sopra, e a mano a mano che girava si allungava verso l'alto. Io vedevo che tutti salivamo rapidamente con l'intera casa, che salendo girava. Poi una nuvola scese verso di noi, e ad un tratto mi trovai sulla nuvola mentre l'altra gente e la casa ricadevano indietro e si allontanavano da me. Mi trovai solo su questa nuvola, che si muoveva velocemente. Mi aggrappavo con forza, perché avevo paura di cadere. Giù, molto in basso, scorgevo delle case e parti della città, la terra verde e i fiumi, e tutto sembrava piatto. Poi mi trovai addirittura sull'acqua grande. Non avevo più paura, perché ormai capivo che stavo tornando a casa. Era buio, e poi la luce ritornava, e potevo vedere sotto di me una grossa città, e sapevo che era la città dove eravamo saliti per la prima volta sul grosso battello di fuoco, e che mi trovavo di nuovo nel mio paese. Adesso ero molto felice. La nuvola e io continuavamo a viaggiare molto velocemente, e vedevo passare le città e i fiumi e altre città e la terra verde. Poi cominciai a riconoscere la regione sulla quale volavo. Vidi il fiume Missouri. Poi vidi lontano i Black Hills e il centro del mondo dove gli spiriti mi avevano portato, nella mia grande visione. Infine mi trovai sopra Pine Ridge, e la nuvola si fermò. Guardai in basso e non riuscivo a capire quel che vedevo, perché sembrava che quasi tutte le bande del mio popolo fossero riunite laggiù in un grande accampamento. Vidi la tenda, e mia madre faceva da mangiare. Volevo saltare giù dalla nuvola per stare con loro, ma avevo paura di morire, cadendo. Mentre io stavo lì a guardare, mia madre alzò lo sguardo, e sono sicuro che mi vide. Ma proprio in quel momento la nuvola cominciò a tornare indietro, molto velocemente. Questo mi rattristava molto, ma non potevo saltare giù. Di sotto, vedevo allontanarsi rapidamente i fiumi e la terra verde e le case che sembravano volare indietro. Presto la nuvola si fermò sopra una grossa città, e una casa cominciò a scendere di nuovo, sempre girando, con me dentro. Quando toccò la terra, udii la voce della ragazza, e poi altre voci di persone spaventate. Infine mi trovai sdraiato sul letto e la ragazza e suo padre e sua madre e le due sorelle e un dottore mi guardavano stranamente, come se fossero spaventati. Mi dissero che mentre eravamo seduti a tavola per la prima colazione, dissero che avevo guardato in alto, avevo sorriso, e poi ero caduto come morto sulla sedia. Ero rimasto morto per tre giorni; solo che di tanto in tanto respiravo un poco. Spesso, dissero, non si sentiva più battere il mio cuore. Erano sicuri che presto sarei morto per davvero, e già pensavano a comprarmi la bara. ... Non raccontai alla gente dove ero stato, perché sapevo che non mi avrebbero creduto."
Poco tempo dopo la sua esperienza extracorporea, ad Alce Nero viene offerta la possibilità di ritornare nella sua terra e, quando arriva a Pine Ridge dopo ben tre anni di assenza, trova tutto esattamente come l'aveva visto dalla nuvola, a conferma della veridicità della sua esperienza: "Tutti i Lakota erano lì radunati, come li avevo visti, perché quello era l'anno del trattato (1889), quando i Wasichu comprarono un altro pezzo della nostra terra... (...) La tenda di mia madre era esattamente dove l'avevo vista dall'alto della nuvola, e altre persone erano accampate esattamente dove le avevo viste. I miei genitori erano molto contenti e mia madre si mise a piangere di felicità. Anch'io piansi. Ormai ero un uomo fatto, ma lo stesso mi misi a piangere. Mia madre mi disse che una notte, mentre dormiva, aveva sognato che io tornavo sopra una nuvola, ma che non potevo rimanere. Allora le raccontai la mia visione." [74]
Passiamo poi al 1936, laddove Paul Brunton, archeologo ed esploratore inglese, dà alle stampe "A Search in Secret Egypt" (edito in italiano col titolo "Egitto segreto" da Armenia Editore, Milano, 1978), ove racconta la sua straordinaria e incredibile esperienza vissuta una notte del 1930 in cui si fece rinchiudere nella Grande Piramide di Cheope, e che se non è proprio una NDE, comunque ha attinenza con ciò di cui stiamo parlando: dai primi momenti, in cui restò solo ed emozionato, a quando cominciò a presentare alterazioni dello stato psichico, accompagnate da manifestazioni dispercettive che lo portarono fino al punto di sentirsi morire e di vedersi, subito dopo, morto all'interno del sarcofago. Gli parve di vedere, pur con gli occhi chiusi, grigi spettri di nebbia che aleggiavano nella stanza, e ombre gigantesche e paurose che sembravano uscite da un regno infernale. Poi, improvvisamente, le figure svanirono e presero ad avanzare verso di lui due sagome luminose ammantate di bianco. Infine l'esperienza di uscita dal corpo, volteggiando lungo il soffitto e vedendo sé stesso, immobile, seduto sul pavimento. Quando, il mattino dopo, uscì dalla Piramide, era in uno stato di apatia totale, come se fosse sotto l'effetto di una droga.
Segue la testimonianza del padre della ricerca psichica (o metapsichica) italiana, e cioè Ernesto Bozzano, che, su "La Ricerca Psichica" (Luce e Ombra - anno 1939) scriveva: "...altro, ben altro è il leggere nei messaggi dei defunti le descrizioni dell'ambiente spirituale, ed altro, ben altro il trovarsi trasportati per brevi istanti nell'ambiente stesso. Eppure ciò che descrivono i defunti nei loro messaggi concorda esattamente con quanto descrivono (...) i morenti i quali siansi trasportati un istante in ambiente spirituale, ma ciò non impedisce che fra le due forme di percezione del vero s'interponga un abisso; ed è l'abisso che separa una fredda acquisizione dell'intelletto, da una acquisizione vitalizzata da un elemento emozionale il quale derivi dall'esperienza vissuta. (...) ...si è visto che quando (...) agli infermi avviene di trovarsi trasportati in ambiente spirituale, le meraviglie che contemplano e il senso di espansione che ne risentono, risultano a tal segno sovrumani e affascinanti da far loro perdere il senso dell'attaccamento alla vita. Così stando le cose, si è tratti a concluderne che dal punto di vista dell'evoluzione terrena risulterebbe un male qualora tale sorta di 'viaggi in astrale' si generalizzassero un giorno nel consorzio civile."
Il suo parere era che questa evenienza non si verificherà mai, poiché, dovendo l'umanità percorrere il ciclo laborioso di esistenza incarnata, questi fatti risultano e risulteranno sempre eccezionali, e la loro utilità sarà solamente quella di far presentire ai viventi i loro destini immortali, assegnando uno scopo alla vita secondo i dettami dell'etica.
Forse Bozzano sottostimava il peso che la conoscenza di questi eventi può avere anche su chi non li abbia mai sperimentati direttamente, così come sottostimava che, benché certo d'una vita dopo la morte, il "ritornato" non sente impellente il bisogno di morire, perché comunque comprende la piena importanza ed il pieno valore anche dell'esperienza terrena attualmente vissuta.
Abbiamo poi varie testimonianze riportate dall'antropologo Alfred Irving Hallowell nel 1940 ("Spirits of the dead in Saluteaux life and tought", in "Journal of the Royal Anthropological Institute", 70, Pagg. 29-51), dal suo studio degli indiani Algonchini Saulteaux in Canada. Ad esempio, un nativo racconta di essere morto e che il suo corpo è rimasto esanime per due giorni. In questo lasso di tempo si trovò, con la coscienza o con l'anima, in un luogo dove incontrò i suoi genitori deceduti. Trovò che la luce che illuminava quel mondo nuovo era molto più brillante di quella sulla Terra. In quei due giorni coprì distanze incredibili e si rese conto di come tutto là fosse estremamente bello. Al suo ritorno in vita esortò i suoi amici e parenti a non avere paura della morte.
Sempre nel 1940, e poi anche nel 1942, vi sono gli studi di Morris Edward Opler (1940, "Myths and tales of the Lipan Apache Indians", in "Memories of the American Folklore Society", pag. 99; 1942, "Myths and tales of the Apache Chiricahua Indians", in "Memories of the American Folklore Society", pag. 82): tra gli Apache Chiricahua, questi racconti di viaggi nel mondo sotterraneo seguono uno schema generale piuttosto costante. Un uomo che muore si trova a scivolare giù da una collina di sabbia in direzione del mondo sotterraneo. Un congiunto deceduto lo guida al campo dove dimorano i suoi antenati. Se gli abitanti di quel mondo ritengono che non sia ancora giunto il momento di rimanere colà, il nuovo arrivato viene diffidato dal mangiare i cibi che gli vengono offerti. Egli pertanto rifiuta il cibo e si ritrova all'improvviso nel mondo dei vivi e in via di guarigione dopo una grave malattia. Riprese le forze, narra allora le sue avventure a coloro che gli stanno, esterrefatti, attorno. Questa trama riflette la credenza di questi indiani che, dopo la morte, ci si trovi al cospetto di una botola coperta da erba alta. Quando la botola si apre, appare una montagna di sabbia dalla cui cima, lasciandosi scivolare, si raggiunge il mondo dei morti. E' da ricordare il caso di una donna Chiricahua gravemente ammalata che racconta che il suo spirito aveva abbandonato il corpo raggiungendo un'alta scogliera. Sotto era buio. La donna ha spiccato un salto atterrando su una grande cono di sabbia. La sabbia ha cominciato a muoversi e lei a scendere più in basso. Nel luogo in cui è arrivata ha incontrato i genitori e altri parenti defunti. Due di costoro l'hanno ammonita a non accettare cibo nell'accampamento di suo padre, se voleva ritornare sulla Terra. Non molto diverse sono le storie raccontate dagli Apache Lipani. Ecco un esempio. Una donna cade da cavallo e muore. Si avvia nell'aldilà. Giunge ai margini del mondo e guarda giù. Vede della gente seduta in circolo e vorrebbe raggiungerla, ma ha paura. La terra sotto i suoi piedi si sgretola e la trascina in basso. Le viene indicato dov'è il campo dei suoi genitori. Il padre le intima di tornare indietro perché non è arrivato ancora il momento per risiedere colà. Vede in lontananza una luce e qualcosa di rosso. Raggiunge infine il proprio corpo e vi rientra. Poi si sveglia. Per gli Apache, come per diverse altre nazioni indiane, il modello di esistenza dell'aldilà rispecchia fedelmente il tipo di vita sulla Terra, anche se si vive in perfetta armonia e senza i problemi esistenziali che caratterizzano la vita terrena.
E così, ad ogni modo, arriviamo agli anni '60 del secolo scorso, ove prima abbiamo, nel 1960, l'edizione originale di "La sincronicità", poi uscito in italiano nel 1976 nel Volume 8 delle "Opere" nelle Edizioni Bollati Boringhieri, e in singolo sempre per Bollati Boringhieri nel 1980, in cui Carl Gustav Jung riferisce d'un'NDE con OBE, e percezione anche dell'ambiente trascendentale, da parte d'una sua paziente.[75][76] Subito l'anno successivo, nel 1961, abbiamo "Ricordi, sogni, riflessioni" sempre di Jung, scritto in collaborazione con Aniela Jaffé, in cui il grande psicanalista svizzero descrive, tra l'altro, la sua, di esperienza di premorte, nel capitolo 10 intitolato "Visioni", che le è quasi integralmente dedicato, ed in parte anche nel successivo capitolo 11, intitolato "La vita dopo la morte"; comunque su questa esperienza si tornerà specificamente sopra nel dettaglio.[77]
Il libro si snoda tra l'autobiografia e l'intervista (la prima edizione italiana è del 1965, per le Edizioni Il Saggiatore).
Per inciso, la lettura di questi due testi non ha il solo compito di narrare questi due episodi, ma ha le potenzialità per dischiudere il vero e proprio mondo di una persona fuori del comune.
Dopodiché abbiamo, rispettivamente nel 1963, 1967 e 1972, illustrazioni di ricerche mediche e psicologiche di buon livello sul tema, che però compaiono in articoli molto settoriali su riviste di psichiatria. [78]
Bisogna arrivare invece al 1973, per sfatare un ben radicato mito: in princìpio, per così dire, non fu Raymond Moody, ma, bensì, Jean Baptiste Delacour, che, già per l'appunto nel lontano 1973, pubblicava il primo testo organico sull’argomento.
Nonostante il nome francese dell'Autore, si tratta di un libro tedesco pubblicato col titolo originale di “Aus dem Jenseits zurück. Berichte von Totgeglaubten”.
Ecco il retro di copertina: « 'Un osservatore scientifico che, lontano da ogni romanticismo, si trova davanti all'organismo morto, vede come la morte distrugge, a poco a poco, un corpo che si era formato nel corso degli anni, come essa distrugge una personalità che ha impiegato molto tempo per diventare uomo'. Ma è proprio vero che dopo la morte c'è solo il nulla? Siamo destinati a scomparire per sempre nel buio della non-esistenza? Questo libro raccoglie le testimonianze di numerose persone che si sono trovate sospese fra la vita e la morte, aggrappate a quella soglia oscura dove naufraga la nostra esistenza e da cui parte un'altra nave per un nuovo viaggio nell'ignoto. Sono i racconti di individui clinicamente morti e riportati, quasi per miracolo, in vita: paesaggi favolosi e scintillanti, ponti sospesi sul vuoto, incontri con persone care già scomparse. La fenomenologia è ampia e varia, ma coerente nelle sue linee essenziali, tesa ad una conclusione unanime: la nostra vita non si arresta con la morte. Al di là delle cose che conosciamo, al di là delle esperienze che ci sono note, ci attende qualcosa di cui ignoriamo ancora gli esatti contorni. Le profondità oscure e le alture illuminate, questo mondo e l'aldilà, le cose lontane e vicine si mescolano, si confondono; non hanno confini, né tempo né fine. Tutto è reale e vivo in una dimensione che supera i parametri usuali del nostro pensiero, in questo toccante viaggio verso lidi che tutti, prima o poi, dovremo toccare. Perché la morte, forse, è solo lo stadio di transizione che ci spalanca le porte di un Universo più libero. »
È, quello del Delacour, un testo divulgativo, senza eccessive pretese e di facile lettura, con molti racconti di NDE.
Purtroppo per lui, però, il suo lavoro non ebbe l’eco mondiale di quello di Moody.
Ma dunque, questo vero antesignano degli antesignani dell’epoca moderna è, per l’appunto, Jean Baptiste Delacour, con “Di ritorno dall’aldilà. Le sconvolgenti testimonianze di coloro che sono stati richiamati in vita. Sorprendenti analogie con i messaggi dei defunti” (edizione originale 1973, edizione italiana Armenia Editore, 1984).
Anzi, prima di arrivare a Moody, si potrebbero collocare, di propria iniziativa e derogando all’ordine cronologico (ma seguendone invece uno logico), anzitutto “Perché credere nella vita oltre la morte?”, di Robert Dawson, con illustrazioni di Alice Englander (edizione originale 1998, edizione italiana Marietti 1820 Editore, 2000): ciò, poiché è un testo illustrato per bambini sulle tematiche della morte e della vita dopo la morte, e che, dunque, introduce egregiamente quel che invece effettivamente viene cronologicamente subito dopo Delacour, e cioè: “Sulla morte e il morire. Essere vicini a chi è prossimo a morire: alleviarne la sofferenza fisica e morale con rispetto della loro dignità umana, del bisogno di verità e di solidarietà”, di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1974, edizione italiana red./studio redazionale, 1981).
Ora questo della Kübler-Ross non è un libro specificamente sulle esperienze di premorte; ma, unito a quelli che seguiranno di questa straordinaria donna e che di questo tema effettivamente parleranno, costituìsce, in quella che sarà infine una “quadrilogìa”, un “corpus” unico sul suo lavoro di pioniere dell’assistenza ai malati terminali e della tanatologia, in particolare in inerenza all’oncologìa pediatrica (ed ecco allora spiegato il perché di quel libro per bambini a far da prologo, per un percorso di lettura ragionata).
I libri di questa donna sono effettivamente sconvolgenti, ed è assai arduo non uscirne, se non trasformati, perlomeno profondamente toccati.
E solo adesso possiamo arrivare effettivamente a lui, il più noto studioso di questi fenomeni, e cioè il medico e psicologo americano Raymond Moody, autore del celebre bestseller La vita oltre la vita (Life after life), pubblicato nel 1975 (titolo completo, “La vita oltre la vita. Studi e rivelazioni sul fenomeno della sopravvivenza”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1975, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1977).[79]
Un allora oscuro laureato in filosofia in procinto di diventare medico pubblicò, presso un'altrettanto oscura casa editrice americana, la Mockingbird Books Press (Covington, Georgia), un testo piuttosto breve, di taglio divulgativo, nel quale sosteneva una tesi tanto semplice quanto sconvolgente: in seguito a crisi molto gravi, dopo un periodo di apparente morte clinica, alcuni di coloro che riprendono coscienza raccontano di aver vissuto, proprio nei momenti più critici, esperienze psichiche articolate e psicologicamente molto incisive.
Esperienze che contengono elementi quali la percezione di ciò che accade nelle vicinanze del corpo privo di coscienza, il distacco dal corpo della parte "autocosciente", un "viaggio" di questo centro di coscienza verso altri luoghi e dimensioni di esistenza ed altro.
L'autore di quell'opera, che conobbe un successo cui gli stessi editori erano impreparati, si chiamava per l'appunto Raymond Moody e il suo lavoro, dall'ambiguo titolo "La vita oltre la vita", si affermò con una forza così dirompente da avviare una catena di effetti che ancora oggi non danno segno di esaurirsi.
Al di là delle singole tematiche di merito, la provocazione maggiore contenuta nelle affermazioni di Moody era rappresentata da un'implicita accusa rivolta al mondo accademico e, più in particolare, a quello della ricerca medica e psicologica: l'aver sempre ignorato e (volutamente?) trascurato di prendere in considerazione una serie di testimonianze che potrebbero suggerire nuove chiavi di lettura, nuove prospettive teoriche e pratiche sul processo della morte, e forse anche su ciò che ad esso segue.
Era un'accusa pesante, solo in parte fondata, che peraltro non rimase inascoltata e, salvo qualche sporadica reazione stizzita, fu ben accolta da coloro ai quali era indirizzata.
Entro pochissimo tempo infatti, anche sulla scia dell'esteso interessamento dell'opinione pubblica, numerosi medici e psicologi si misero sulle tracce delle esperienze segnalate da Moody e buona parte di loro effettivamente le trovò.
L'attività di questo settore prese così a consolidarsi ed organizzarsi, e cominciarono a fiorire iniziative di vario genere (congressuali, editoriali, clinico/sperimentali) per dar sostegno e voce da un lato ai risultati che si conseguivano nelle indagini, dall'altro alle testimonianze che, rotti gli argini, continuavano a provenire da chi riteneva di aver avuto un'esperienza in prossimità con la morte (NDE).
Oggi si contato a centinaia i volumi che trattano di questo tema; molti di più sono gli articoli pubblicati sulla stampa specifica specializzata, ed è ormai incalcolabile il numero di conferenze, servizi e interviste giornalistiche condotte in tutto il mondo a proposito delle "esperienze coscienti avute in una condizione che dovrebbe essere di incoscienza".[80]
Fu dunque qui, che tutto ebbe davvero inizio.
All’attenzione dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori veniva portato un fenomeno straordinario, che non ci abbandonerà fino ai giorni nostri, e chissà per quanto tempo ancora.
E, poi, l’ideale seguito, che non sarà certo l’ultimo: “Nuove ipotesi sulla vita oltre la vita”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1977, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1978).
Oramai la via era aperta (ad esempio inspiegabilmente non è stato tenuto nella dovuta considerazione un contributo importante, “To die in gain: The experience of one's own Death” di Johann Christoph Hampe, editore Darton, Longman & Todd, Londra, 1979), ma bisogna arrivare al 1981, per avere il successivo lavoro in italiano, nonché il primo lavoro italiano in assoluto sul tema: “Qualcuno è tornato. Le esperienze, le visioni di chi si è affacciato per un attimo alla soglia della morte. Uno sguardo sull’aldilà?”, di Paola Giovetti (Armenia Editore, 1981).
Passa solo un altro anno, ed arriviamo al già citato: [[“Dai confini della vita – Un’indagine scientifica. Un famoso cardiologo americano attraverso l’esame diretto di 107 casi di persone prima entrate e poi uscite dal coma ne riporta le singolari esperienze percepite sulla soglia dell’aldilà e ci rivela l’esistenza di un’indefinita e misteriosa realtà sospesa fra due mondi”]], di Michael B. Sabom (edizione originale 1982, edizione italiana Longanesi & C., 1983).[81]
Passa ancora un anno, ed arriviamo a: “La morte e la vita dopo la morte. Morire è come nascere”, di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1983, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 1991).
Ecco che il “collante” di cui si parlava prima diviene chiaro.
Ancora un anno dopo: “Vi racconto la mia morte. La più bella esperienza della mia vita”, di Stefan Von Jankovich (edizione originale 1984, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 1985).
Ora l’intervallo è di due anni, dopodiché abbiamo la seconda opera squisitamente italiana: “Le esperienze di confine e la vita dopo la morte”, di Filippo Liverziani (Edizioni Mediterranee, 1986).
Nonché: “I morti risuscitati. Storie vere di 400 miracoli di risurrezione”, di Albert J Hebert (edizione originale 1986, edizione italiana Edizioni Segno, 1998).
Ancora un intervallo di due anni, e c’è un ritorno, sempre lui: “La luce oltre la vita”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1988, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1989).
Un anno ancora, ed abbiamo: “Ritorno dal silenzio. Inquietanti fenomeni di pre-morte. I racconti di chi ha vissuto l’esperienza. Le ipotesi degli studiosi”, di David Scott Rogo (edizione originale 1989, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia, Pan, Geo SpA, 1993).
Il compianto Scott Rogo ha fatto a tempo, prima d’esser barbaramente trucidato a soli 40 anni, a scrivere anche di questo.
Da segnalare anche, nell’89, “Le dolci esperienze di pre-morte” di Giuliana Tognola, all’interno della rivista medica “Il Polso” (giugno-luglio: 81-84).
Passa ancora solo un anno, e fa il suo ingresso in scena un pediatra, Melvin Morse, che assurgerà a fama mondiale (nonché, purtroppo, ultimamente, ai disonori delle cronache per un caso di maltrattamento di minore in famiglia): “Più vicini alla luce. Le commoventi testimonianze di bambini che hanno conosciuto la morte”, di Melvin Morse e Paul Perry (edizione originale 1990, edizione italiana Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1991).
Sempre lo stesso anno, abbiamo due trattazioni specifiche dedicate all’argomento premorte all’interno di due libri italiani inerenti invece tematiche più generali.
Il primo è: “Valutazioni sull’esperienza di pre-morte” di Antonino Aldo Sodaro, all’interno del volume “L’altra realtà”, di Autori Vari ed a cura di Paola Giovetti (Edizioni Mediterranee, 1990).
Mentre il secondo è: “Near death experiences: le esperienze vicino alla morte”, di Giuseppe Angelini e Donatella Ganora, all’interno del volume “Psicopatologia, cultura e pensiero magico”, di Autori Vari ed a cura di Goffredo Bartocci (Liguori Editore, 1990).
L’anno successivo, merita di essere menzionato di nuovo un lavoro squisitamente italiano, anche se nuovamente non è un libro ma una monografìa: “Le esperienze premortali e la parapsicologia”, di Massimo Biondi[82] (Numero Unico del 1991 di “Metapsichica”, Rivista Italiana di Parapsicologia, organo dell’AISM, Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica).
Ancora un anno, e Morse fa il “bis”: “Trasformati dalla luce. Come l’esperienza della morte ha illuminato l’esistenza di chi è tornato in vita” , di Melvin Morse e Paul Perry (edizione originale 1992, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia, Pan, Geo S.p.A., 1995).
Arriva anche il primo titolo di un ennesimo pioniere della ricerca in questo campo, sebbene con un accostamento che può apparire bizzarro e suscitare non poche perplessità: “Progetto Omega. Dall’esperienza di pre-morte ai rapimenti alieni”, di Kenneth Ring (edizione originale 1992, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 2003).
Ring, già medico e Professore Emerito di Psicologia all'Università del Connecticut, è comunque uno studioso più che serio, e tratta questa singolare comparazione con il dovuto rigore.
Dello stesso anno è: “Abbracciata dalla luce. La più profonda e straordinaria esperienza oltre la vita”, di Betty J. Eadie (edizione originale 1992, edizione italiana Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1994).
L’anno successivo abbiamo nuovamente un lavoro squisitamente italiano: [[“Oltre la vita – Testimonianze di pre-morte. Testimonianze autentiche di esperienze reali di persone dichiarate clinicamente morte e poi tornate alla vita. Come si identifica la pre-morte: i nove requisiti. Statistiche. Interpretazioni scientifiche: psichiatriche, psicologiche, farmacologiche. Come cambia la vita dopo l’esperienza di pre-morte, ecc. ecc.”]], di Lucia Pavesi (Giovanni De Vecchi Editore S.p.A., 1993).
Passa ancora un anno, ed arriviamo a: “La porta dell’aldilà. Suggestive testimonianze di gente comune che ha vissuto l’attimo estremo della morte, ha viaggiato nell’aldilà, ed è poi tornata miracolosamente su questa Terra”, di Jean Ritchie (edizione originale 1994, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A, 1997).
Dello stesso anno è anche: “Salvato dalla luce. Le visioni profetiche di un uomo tornato dall’aldilà”, di Dannion Brinkley con Paul Perry (edizione originale 1994, edizione italiana Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1996). Da segnalare che la NDE di Brinkley è una delle più incredibili di cui si abbia notizia (ne è stato tratto anche un bel film, “Oltre la vita” (su YouTube lo si trova come “OLTRE LA VITA - Film su una vera esperienza di pre-morte”); ed, a proposito di film in tema, non si può non citare Il segno della libellula - Dragonfly, con cui le NDE entrano a pieno titolo a Hollywood.
E, sempre dello stesso anno, è pure un capitolo dedicato in un’opera italiana: “Le near death experience: una possibile rappresentazione del sacro in prossimità della morte”, di Daniele La Barbera, Adriana Duci e Carmencita Mangano, all’interno dei volumi di “Psicopatologia, cultura e dimensione del sacro”, di Autori Vari ed a cura di Goffredo Bartocci (Edizioni Universitarie Romane, 1994).
Seguono, l’anno successivo, gli ultimi due capitoli della “quadrilogia” di quella straordinaria donna che, come si diceva, è stata Elisabeth Kübler-Ross: “La morte è di vitale importanza. Riflessioni sul passaggio dalla vita alla vita dopo la morte”, di Elisabeth Kübler-Ross, per l'appunto (edizione originale 1995, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., 1997).
Dopodiché: “Impara a vivere impara a morire. Riflessioni sul senso della vita e sull’importanza della morte”, sempre di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1995, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., 2001).
Dello stesso anno è: “La verità nella luce. Una indagine su 300 casi di 'ritornati' dall’Aldilà”, di Peter & Elizabeth Fenwick (edizione originale 1995, edizione italiana Hermes Edizioni, 1999).
Sempre dello stesso anno, è un nuovo libro italiano, sul tema: “EPM – Esperienze Pre-Morte. Fenomenologia e ipotesi interpretative”, di Aureliano Pacciolla[83] (Edizioni San Paolo, 1995).
Ancora dello stesso anno, un libro molto particolare, sul tema: “Delog: donne che viaggiano oltre la morte” , di Delog Dawa Drolma (edizione originale 1995, edizione italiana Edizioni Amrita s.r.l., 2005).
Nel retro di copertina, la spiegazione: “ 'Delog' è una parola tibetana che si riferisce a qualuno che ha attraversato la soglia della morte ed ha fatto ritorno per dirci cosa c’è 'di là'. Dawa Drolma è una famosa delog tibetana, oltre che una grande detentrice del Buddhismo Vajrayāna. Per cinque giorni è rimasta immobile, senza dare segni di vita: non respirava, il cuore era fermo ed il corpo era freddo. In quell’occasione, il legame tra mente e corpo è reciso, e la sua coscienza ha viaggiato in altri regni esperienziali. In queste pagine descrive ciò che ha visto, e che ha fatto nascere nel cuore una compassione illimitata per gli esseri senzienti: ha potuto sperimentare quanto la nostra esistenza nell’illusorio mondo quotidiano sia distante dall’essere semplicemente pura coscienza illimitata.”
Si tratta di un'interessante testimonianza di come elementi psichici e culturali possono condizionare il viaggio in astrale.
Vediamo come ce ne parla Bruno Severi[84], nella sua relazione "Delog: un'esperienza mistica fra Libro Tibetano dei Morti ed NDE", in "Incontrare il mistero", Atti del 16° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2012: "Nel variegato e complicatissimo mondo che ruota attorno alla religiosità tibetana esiste un genere di mistici poco conosciuti in occidente, ma che risultano essere ancora attivi e non rari tra le genti himalayane. Si tratta di personaggi, chiamati 'delog' (indicati anche come 'delok' o 'das-log'), in massima parte donne, che, in seguito a una grave malattia, entrano in uno stato di morte apparente. All'interno di tale stato, essi vivono un'esperienza che li porta nell'aldilà, per poi fare ritorno - anche dopo una settimana - nel proprio corpo. «Per cinque interi giorni ella è rimasta fredda, senza respiro e priva di ogni altro segno vitale, mentre la sua coscienza viaggiava liberamente in altri regni», si legge nella biografia di uno di questi soggetti (Dawa Drolma). Da precisare che il termine 'delog' è letteralmente traducibile in 'persona tornata dalla morte'. Dopo il 'decesso', la coscienza è inconsapevole della morte appena avvenuta e non riconosce come proprio il corpo che giace esanime. Permane la volontà di richiamare - sebbene inutilmente - l'attenzione dei parenti che stanno piangendo la dipartita del loro caro. Poi una voce, o una presenza, chiama, rassicura, spiega come stanno le cose e accompagna il 'defunto' verso il 'bardo', quel mondo oltre la soglia. Raggiunto il regno dei morti, il 'delog' - solitamente affiancato da una divinità o da uno spirito, che lo guida attraverso quelle lande tenebrose e gli fornisce le dovute spiegazioni - viene condotto alla presenza del Dio della morte Yama. Il compito di questa temutissima divinità è quello di giudicare le anime appena arrivate dal mondo dei vivi, per poi indirizzarle verso un temporaneo paradiso o verso un luogo di torture e di pianto, a seconda del karma maturato in vita. L'iconografia religiosa tibetana è ricchissima di rappresentazioni del dio Yama che soppesa sui due piatti di una bilancia i meriti e le colpe delle anime in trepidante attesa della sentenza che le riguarda. E' interessante notare la stretta analogia, se non l'assoluta coincidenza, tra queste scene e quelle rappresentate nel 'Libro Egiziano dei Morti', consistendo l'unica differenza evidente nei nomi delle divinità rappresentate: Yama e Anubi. Al 'delog' vengono poi mostrati i vari settori dell'inferno, dove le anime dei peccatori vengono sottoposte a tremende torture. Egli stesso può subìre un giudizio divino, ma sempre beneficiando del rinvio a godere del premio o a patire la pena, perché non è ancora giunta la sua ora. Nel libro 'Delog' Dawa Drolma, l'autrice, vissuta all'inizio del secolo scorso, narra autobiograficamente l'incontro con il dio Yama e il giudizio a cui fu sottoposta. ' Il signore dell'inferno, Yama Dharmaraja, un essere terrificante che indossava pelli di elefanti e di esseri umani ed era adornato di ossa e gioielli, guardò Dawa Drolma e le chiese di esporre in tutta sincerità il suo karma, sia negli aspetti positivi, sia in quelli negativi. A questo punto la Bianca Dea Tara intercedette a favore di Dawa dicendo che, nonostante la sua giovane età (16 anni), ella era estremamente virtuosa. Dopo che anche Dawa enumerò i suoi errori e le sue virtù, l'attendente del Dio Yama dalla testa di serpente, di nome Malevolenza, esaminò attentamente la vita della giovane donna nello Specchio di Cristallo, dove l'immagine è come il sole che esce da dietro le nuvole, e dopo che l'assistente dalla testa di scimmia ebbe pesato i meriti e i demeriti sulla bilancia, venne proclamato: 'La sua virtù è nettamente predominante: non ci sono più di una o due azioni riprovevoli'. ' Dopo il giudizio, in genere, il Dio della morte affida al 'delog' un messaggio spirituale da trasmettere alla sua gente una volta tornato sulla terra. Anche le anime dei trapassati, con le quali il 'delog' si intrattiene a parlare, possono affidargli messaggi da portare ai loro parenti ancora in vita; e perlopiù si tratta della richiesta di particolari cerimonie religiose che possono contribuire ad alleviare le loro pene nell'inferno. Dal libro della Pommaret (Françoise Pommaret, "Les Revenants de l'Au-Delà dans le Monde Tibétain", Editions du CNRS, Paris, 1989, non edito in italiano) traggo la seguente supplica rivolta a una 'delog' da parte di una giovane donna condannata a terribili pene.
'Poiché si dice che tu tornerai sulla terra, ecco quello che dovresti dire a mio favore. Io sono della regione di Tashigang, nel Bhutan orientale. Il mio nome è Tsering Kar Chung. Il nome di mia madre è Tashi Chosom. Per la mia salvezza ella dovrebbe copiare 1000 volte il sutra di Diamante e offrire per diverse volte 100 lampade di burro ai templi. Dovrebbe anche erigere una grande bandiera di preghiere con sopra scritta la formula 'Om mani padme hum'. Per la purificazione dei miei peccati dovrebbe anche compiere un rito di riscatto dei peccati con le dovute preghiere. Se tu, madre mia, veramente ami la tua bambina, adempierai a tutto questo, in modo che io rinasca nel mondo umano. In caso contrario, io non uscirò da questo calderone pieno di acqua bollente prima di 100 anni. Ragazza, ti prego di portare questo messaggio sulla terra.'
Alcuni di questi 'viaggiatori dell'aldilà' vengono in seguito condotti nel paradiso, al cospetto delle divinità compassionevoli. Qui incontrano luoghi di estrema bellezza, e si immergono in un'atmosfera di pace e di delizia. Più di rado vengono condotti nei regni 'inferiori', quelli dove dimorano gli animali in attesa di reincarnarsi. Una volta ripreso possesso del loro corpo, i 'sopravvissuti' vengono messi alla prova da un Lama con opportune tecniche, atte a stabilire se si tratti di autentici 'delog' o di impostori. Se superano questa verifica, da quel momento in poi andranno in giro per il Tibet a raccontare la loro esperienza e a predicare gli insegnamenti ricevuti dal dio Yama o da altre entità spirituali. Anche la descrizione delle pene infernali che essi riferiscono dovrebbe essere di monito al popolo che ascolta rapito la cronaca di questi viaggi straordinari. In seguito a questa esperienza, essi stessi avranno raggiunto una trasformazione radicale della loro personalità, poiché, da quel momento, la loro vita sarà improntata a nuovi e più profondi valori spirituali. Al contrario di coloro che in Occidente sperimentano pur complesse esperienze NDE, e che in genere vengono etichettati come deliranti o mitomani, in Tibet i 'delog' sono figure mistiche in qualche modo istituzionalizzate e riconosciute come portatrici di messaggi dall'aldilà dotati di un sostanziale contenuto religioso.
'Delog' antichi e moderni.
Una studiosa francese, Françoise Pommaret, profonda conoscitrice del mondo himalayano, con il libro "Les Revenants de l'Au-Delà dans le Monde Tibétain" ha fatto autorevolmente conoscere in Occidente il fenomeno dei 'delog'. Nel volume, da ritenersi fondamentale per chi vuole acquisire buona conoscenza del ruolo sociale dei soggetti di cui trattiamo, sono riportate delle importanti puntualizzazioni. Tra queste, una mi sembra particolarmente importante. La studiosa afferma che nei casi storici, quelli che sono descritti nella letteratura tibetana a partire dal XV secolo, prevale la tipologia sopra descritta, ossìa l'interpretazione di messaggeri dal Regno della morte e di predicatori itineranti. A questo la Pommaret, grazie ai suoi viaggi in Himalaya, contrappone l'attuale prevalere di una figura significativamente variata rispetto al passato, per molti aspetti simile a quella dello sciamano. Il moderno 'delog' è un 'professionista' dei viaggi nell'oltretomba, in quanto è in grado di affrontare quelle esperienze a volontà, per alcune ore in giorni fissi del calendario tibetano; ed è perciò che viene indicato con il termine di 'nyin log', che significa 'tornato dopo un giorno'. Oltre alle informazioni che i defunti vogliono trasmettere a coloro che hanno lasciato, questi 'delog' possono trasmettere messaggi in senso inverso, ovvero fungere da comunicatori fra i vivi e le anime dei loro familiari defunti. Inoltre, si sono assunti il compito di assistere e guidare chi è appena morto per evitargli le incertezze e le insidie dell'aldilà (psicopompi). Infine, il 'delog' dei nostri giorni ha assunto il ruolo di veggente e di indovino grazie alla capacità che ha acquisito di spaziare in altre dimensioni e di parlare con spiriti e divinità che colà dimorano. Per questa molteplicità di ruoli, pur sempre vissuti come misteriosi all'interno della religiosità popolare, la figura del 'delog' oggi prevalente incute un certo timore, se non diffidenza. Ci si rivolge al 'delog' quando non si è in grado di risolvere i propri problemi, sia pratici che spirituali, ma si rimane da lui distanti quando la sua opera non è al momento richiesta. Perché chi ha simili capacità soprannaturali può agire sì per il bene del consultante ma, se lo volesse, potrebbe anche nuocergli: o almeno, questo è il pensiero della gente comune.
Analogie e differenze con l'esperienza NDE.
Una differenza fondamentale tra esperienza NDE, viaggio del 'delog' e descrizioni contenute nel 'Libro Tibetano dei Morti' risiede nel fatto che, nelle prime due condizioni, la persona non è effettivamente morta, mentre nella terza lo è ovviamente a tutti gli effetti. Un'altra differenza di rilievo sta nella diversa durata tra NDE occidentale e viaggio del 'delog' nell'aldilà. Nel primo caso si hanno tempi generalmente ridotti; nel secondo caso si parla anche di una settimana di 'assenza'. Si ritiene che questa maggiore durata permetta ai 'delog' di poter avere esperienze molto più ricche e dettagliate del Regno dei morti rispetto a quanto riferiscono i soggetti NDE; cui si aggiunga che di solito - salvo tuttavia non poche eccezioni - in Occidente le esperienze di pre-morte avvengono una sola volta nella vita e sempre spontaneamente, mentre nel Tibet attuale molti 'delog' le affrontano tutte le volte che lo desiderano. L'esperienza tibetana, inoltre, coinvolge con forza la religiosità della popolazione. Per contro, nella cosiddetta NDE tale aspetto risulta piuttosto marginale: raramente chi è stato protagonista della pre-morte occidentale si propone come testimone di realtà spirituali da divulgare, intendendo più spesso il proprio vissuto come un'esperienza mistica personale difficilmente traducibile in parole. Da notare anche che, nell'esperienza tibetana, prevale nettamente il sesso femminile, e che la visione del tunnel, tanto celebrata nei racconti dei soggetti NDE, sembra invece essere assente; che il 'viaggio ultraterreno' del 'delog' si svolge quasi sempre in un ambiente molto più tetro e terrificante di quanto non avvenga per chi vive un'NDE. Solo alcune di queste anime erranti nell'aldilà tibetano, infatti, vengono condotte nel paradiso là dove dimorano i Budda compassionevoli e i santi, ad assaporare la spiritualità e il senso di pace che da loro promana. Nell'opera di Sogyal Rinpoche 'The Tibetan book of living and dying' (in italiano 'Il libro tibetano del vivere e del morire', Ubaldini Editore, Roma, 2011) si sottolineano alcuni punti in comune, tra le NDE e il 'Libro Tibetano dei Morti', che sono le seguenti. - Nelle primissime fasi dopo la morte, il 'Libro Tibetano dei Morti' descrive la comparsa all'anima del defunto di una luce chiarissima, che può trovare una precisa corrispondenza con la luce in fondo al tunnel o con l' 'essere di luce' descritti nella NDE. (Ciò riguarda anche i 'delog'. NdA). - Nel secondo stadio del 'Libro Tibetano dei Morti', il Chonyid Bardo, compaiono al defunto diverse divinità, rapportabili alle entità spirituali che accolgono e accompagnano attraverso l' 'altro' mondo chi è in NDE, 'delog' compreso. - Un ulteriore parallelismo tra le tre situazioni riguarda le esperienze infernali, con incontri con divinità terrifiche e stati d'animo spaventosi, che caratterizzano tanto il 'Libro Tibetano dei Morti', quanto alcune delle esperienze di NDE vissute in modo negativo, sia infine il viaggio del 'delog'. A queste puntualizzazioni di Sogyal Rinpoche si aggiungano ulteriori osservazioni. - Come già notato, la convinzione di non essere morti e i vani tentativi di interloquire con i presenti sono descritti in modo identico sia dall'occidentale che racconta la propria NDE, sia dal 'delog' tibetano che descrive le prime fasi della sua esperienza. Anche nel 'Libro Tibetano dei Morti' si legge che l'anima del defunto all'inizio non si rende conto della propria morte e si arrabbia inutilmente con i familiari che, sordi ai suoi richiami, ne stanno piangendo invece la morte. - Possiamo riconoscere in queste primissime fasi, almeno per la NDE e per il 'delog', una condizione di OBE, o esperienza fuori del corpo. - Anche il giudizio divino che ci attende nell'aldilà fa parte dei racconti dei redivivi delle NDE (in questo caso, in realtà, di norma, l'anima si giudica da sola, magari con l'aiuto e la supervisione di una o più Guide, nota), dei ricordi di un 'delog', e di quanto è descritto nel sacro testo tibetano quando si tratta del 'bardo', ossìa del mondo intermedio tra la morte e la rinascita. - La visione panoramica, o 'flashback', tipica delle esperienze di pre-morte, trova nel fenomeno del 'delog' un corrispettivo nello specchio, o nella sfera di cristallo del dio Yama, nei quali si vedono scorrere le vicende salienti di chi è sottoposto a giudizio. - Ad accomunare le tre situazioni contribuiscono anche gli incontri e i dialoghi che si hanno nell'aldilà con defunti, che possono essere sconosciuti oppure amici e parenti. - L'effetto trasformativo sulla personalità di chi riemerge alla vita da un'NDE o dall'aldilà tibetano (delog) è comune ai due casi. - Gli antichi testi religiosi e le rappresentazioni artistiche sia del Tibet che della nostra cultura cristiana trattavano o illustravano l'aldilà insistendo molto, e con grande dovizia di particolari, sulle terribili torture inflitte ai peccatori. Se facciamo il confronto con quanto ci proponevano gli scrittori e i pittori di queste due lontane realtà, noteremo che la loro fantasìa, o quella dei loro committenti, in entrambi i casi era simile. Le pene fisiche sono pressoché sovrapponibili, e le fiamme dei due inferni irradiano identici sinistri bagliori. Attualmente nessun cristiano crede molto a queste estreme rappresentazioni: l'inferno si è in qualche modo adeguato ai tempi. Lo stesso sta avvenendo nel mondo tibetano: il Dio della morte Yama, sempre rappresentato in passato nel peggiore dei modi, nell'immaginario attuale appare trasformato in un Dio più benevolo e comprensivo, e le pene che infligge ai dannati non fanno più accapponare la pelle come un tempo non troppo lontano.
Conclusioni.
Il mondo tibetano non cessa mai di sorprenderci e di rivelare aspetti sempre nuovi tra le pieghe della sua millenaria cultura. Il fenomeno dei 'delog' ha iniziato solo da pochi anni a essere conosciuto in Occidente, e gli stretti parallelismi con le NDE hanno senz'altro favorito il suo emergere. Alcuni studiosi degli stati di pre-morte hanno scritto di questa tradizione tibetana nelle riviste specializzate, [[stimolando altri ad approfondire la materia. Di conseguenza, i pochi testi che trattavano dei 'delog' sono stati riscoperti e giustamente valorizzati. Volendo, oltre a quelle che ho presentato e brevemente discusso, si potrebbero individuare tantissime altre analogìe tra queste due condizioni (oltre a suggestivi parallelismi con il viaggio di Dante Alighieri narrato nella 'Divina Commedia', o con alcuni miti religiosi del passato e con lo sciamanesimo, caratterizzati tutti da un temporaneo viaggio dell'anima nell'aldilà), ma non è questa la sede per approfondire. Il mio scopo è stato principalmente quello di parlare di una realtà ancora poco nota in Occidente, e pressoché ignota in Italia, con la speranza che la sua conoscenza possa contribuire a portare un po' di luce sui tanti problemi che aleggiano ancora attorno alle esperienze di pre-morte, con le quali non è azzardato presumere che il fenomeno dei 'delog' abbia una profonda attinenza."
C'è solo da aggiungere che anche a quanto riferisce Gregory Ellis Smoak nel suo "Ghost Dances and Identity: Prophetic Religion and American Indian Ethnogenesis in the Nineteenth Century", Berkeley, University od California (prima edizione 2002, edizione riveduta ed ampliata 2008), "Secondo gli indiani Nespelems del nordovest, Dio disse agli uomini: «Io manderò a voi dei messaggi attraverso uomini che verranno a me e il cui tempo di morire non è ancora giunto. Quando le loro anime prenderanno di nuovo possesso dei loro corpi, essi rivivranno e vi comunicheranno la loro esperienza».
Terminato, dunque, di parlare di questi "messaggeri dell'Oltre", si arriva al 1996, ove è da segnalare “Esperienze di Pre-Morte, Nursing e Medicina Palliativa” di Laura Cunico ed Emilio Tiberi, all'interno (Pgg. 97-112) di “Annali dell’Istituto di Psicologia”, Anno 1, di Autori Vari (stampato complessivamente dall'Università degli Studi di Verona - Facoltà di Lettere e Filosofia, con la CIERRE edizioni).
Facciamo poi un salto di un ulteriore anno, ed arriviamo al 1997, ove in zona italiana succede un evento importante: prende il via un Congresso Internazionale di studi sul tema che prosegue ancora oggi, giunto alla 18° edizione, e che avrà come primo capitolo: “NDE: territori oltre la vita. Atti del 1° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
Dello stesso anno è anche: “L’ultima frontiera. Incredibili racconti di esperienze pre-morte”, di Richard Kent e Val Fotherby (edizione originale 1997, edizione italiana Editrice IL DONO, 1998).
Passa ancora un anno, ed abbiamo anzitutto la seconda edizione del Congresso di San Marino: “Visioni oltre il reale. Atti del 2° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 1998.
Ed anche un felice ritorno: “Insegnamenti dalla luce. Cosa possiamo imparare dalle esperienze in punto di morte” di Kenneth Ring e Evelyn Elsaesser Valarino (edizione originale 1998, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 2001).
Sempre nello stesso anno, si torna in Italia (o comunque in zona italiana, dato che San Marino non può essere considerato propriamente Italia) anche con un libro: “Incontro con la Chiara Luce. Il grande viaggio di andata e ritorno dall’aldilà”, di Giorgio Cerquetti (Edizioni Compagnia degli Araldi, 1998).
Ed anche con una Relazione: “Fenomenologia e ipotesi interpretative delle Esperienze di Pre-Morte. Review della letteratura”, di Laura Cunico, in “Nursing Oggi”, n°3, di Autori Vari (Pgg. 16-24).
Passa ancora un anno, ed abbiamo il terzo capitolo di San Marino: “Energie al di là dell’essere. Atti del 3° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 1999.
Nello stesso anno, torna una vecchia conoscenza: “L’ultimo sorriso. Un nuovo, sorprendente sviluppo negli studi della vita oltre la morte”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1999, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2001).
Nel 2000 è da segnalare solo l’oramai abituale Convegno: “L’universo magico delle NDE. Atti del 4° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
Nel 2001, invece, oltre a “La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), abbiamo di nuovo lui: “La vita dopo un grande dolore. Un libro che può aiutarci a vivere con serenità e speranza dopo la perdita di una persona cara”, di Raymond A. Moody Jr & Dianne Arcangel (edizione originale 2001, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., 2003).
Non si tratta di un libro specifico sulle esperienze di premorte, ma, sulla scorta di questo tipo di conoscenza, si propone di insegnare il conforto per chi se ne sta andando e per chi rimane, nel solco tracciato da Elisabeth Kübler-Ross: e, quindi, il “fil rouge”, è ben saldo.
2002: “Eventi oltre la soglia. Atti del 6° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
2003: “Ignoti sentieri della coscienza. Atti del 7° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
Nello stesso anno, abbiamo l’esordio in volume dell’encomiabile ricercatrice che da quasi vent’anni, nel nostro Paese, dedica la sua vita in particolare a questo tema, proprio curando l’organizzazione del Convegno di San Marino: “Territori oltre la vita”, di Fulvia Cariglia (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2003).
Passa un ulteriore anno, ed abbiamo: “Echi d’altrove. Atti del 8° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 2004.
Ed anche: “90 minuti in Paradiso. Un incidente mortale e il miracoloso ritorno alla vita dopo uno straordinario viaggio nell’aldilà”, di Don Piper con Cecil Murphey (edizione originale 2004, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., 2009).
Sempre nello stesso anno, un nuovo contributo italiano: “Oltre il silenzio”, di Antonio Massena (Textus Edizioni, 2004).
Questa la quarta di copertina: “Un racconto partecipato, ma lucido, d’un’esperienza ai confini della vita, che ha come scenario una cascata di ghiaccio dell’Alta Valle del Vomano (versante settentrionale del Gran Sasso d’Italia). Le sensazioni, la paura, i sentimenti che hanno attraversato la mente del protagonista involontario, sommerso per due volte consecutive dalle slavine. I ricordi di montagna che lo accompagnano nel percorso di 'guarigione' dal buio in cui l’evento l’ha costretto e, poi, il dramma per la morte dell’amico che, dopo appena un mese dal suo incidente, lo colpisce di nuovo duramente. Un amico con il quale ha condiviso tante arrampicate, ma anche la spedizione sul Cho Oyu, una spedizione dalla quale tutti sono tornati diversi e qualcuno con il peso di un malessere esistenziale non facilmente condivisibile. Un racconto di vita e di morte, dove la natura rimane comunque amica. Un racconto di sentimenti forti, di amicizie profonde, che solo la montagna sa alimentare e custodire.”[85]
Passa di nuovo un anno, ed abbiamo: “La vita oltre la vita. Atti del 9° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 2005.
E poi: “Esperienze Pre-morte – Un approccio antroposofico”, di Candida Gentile Prevato (Edizioni Psiche 2, 2005).
Ancora dello stesso anno: “Vado e torno. La verità della vita e della morte vissuta e raccontata da un ragazzo per i ragazzi e per gli adulti”, di Cesare Boni e Kicca Campanella (edizione originale svizzera 2005, edizione italiana Edizioni Amrita 2009).
2006: “Gli universi della mente. Atti del 10° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
2007: “Sopravvivere: il velato destino della personalità. Atti del 11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
Nello stesso anno, una nostra autrice di punta fa il “bis”: “NDE - Near-Death-Experiences. Testimonianze di esperienze in punto di morte”, di Paola Giovetti (Edizioni Mediterranee, 2007).
Bizzarro che il retro di copertina inizi così: “Questo libro rappresenta l’unica inchiesta italiana compiuta su coloro che sono giunti alle soglie della morte e sono ritornati in vita.”
A parte che questo è assolutamente falso, come è stato possibile constatare, la Giovetti poteva almeno far notare che ne aveva già scritto uno lei stessa, sul tema!
Dello stesso anno, ancora un nostro autore, che, purtroppo, ci lascerà subito dopo questa pubblicazione, frutto delle ricerche d’una vita: “Ai confini della coscienza. L’aldilà ritrovato. Viaggio intorno alla Vita, alla Sofferenza e alla Morte. Dalle Esperienze di Pre-Morte alla Teoria Quantistica sull’Espansione della Coscienza”, di Antonio Musorrofiti (Armando Siciliano Editore, 2007).
Ancora dello stesso anno: “Non moriamo mai. La ricerca e lo studio dei fenomeni legati al passaggio verso l’aldilà”, di Bernard Jakoby (edizione originale 2007, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A, 2008).
Dal retro del volume: “L’autore ha dedicato la sua vita alla ricerca e allo studio dei fenomeni che accompagnano la morte, la morte apparente e tutto ciò che riguarda l’aldilà. In queste pagine non espone teorie, ma offre un valido apporto ai suoi studi attraverso racconti di esperienze vissute in prima persona da testimoni, resoconti di persone sopravvissute a esperienze di pre-morte, testimonianze di esperti di ipnosi regressiva che hanno guidato i loro pazienti, sotto ipnosi o in stati alterati di coscienza, a rivivere momenti delle loro esistenze precedenti. La tesi dell’autore è che l’anima possiede una sua consapevolezza indipendentemente dal corpo, contrariamente a quanto sostengono altri, secondo cui quella che chiamiamo coscienza non sarebbe che la manifestazione dei processi biochimici cerebrali. Dall’'Odissea' ai mistici moderni, passando per l’analisi delle teorie di tutte quelle dottrine che hanno fatto dell’aldilà la loro principale materia di studio (come la teosofia o l’antroposofia), Jakoby sottolinea le analogie che intercorrono tra le diverse epoche e le differenti scuole di pensiero per poi giungere alla conclusione che l’anima non muore mai.”
Passa ancora un anno, ed abbiamo “Il trionfo dell’ignoto. Atti del 12° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 2008.
Sempre nello stesso anno, torna Brinkley: che, nel frattempo, di esperienze di premorte ne ha avute altre due, ma è ancora, a tutt’oggi, con noi: “Lezioni dal Paradiso. 7 strategie spirituali per potenziare la tua vita”, di Dannion e Kathryn Brinkley (edizione originale 2008, edizione italiana Macro Edizioni 2011).
Ancora lo stesso anno, merita d’esser menzionato “21 Days into the Afterlife”, di Piero Calvi-Parisetti, che però uscirà nell’edizione italiana, “21 Giorni nell’Aldilà: Un viaggio scientifico e letterario che potrebbe cambiare la vostra vita”, solo nel 2015, per le Edizioni OpenMind (versione originale inglese, Paperback Kindle Edition).
Ecco la presentazione: “La ricerca scientifica ed una quantità colossale di prove empiriche irrefutabili, raccolte per oltre 150 anni da alcune delle menti più acute del Pianeta, sembrano indicare che il film di Clint Eastwood “Hereafter” aveva ragione. Apparentemente, la coscienza esiste indipendentemente dall’attività del cervello, e si estende ben al di là della transizione che chiamiamo morte. “21 Giorni nell’Aldilà” costruisce un quadro convincente delle prove della sopravvivenza in una serie di capitoli ben documentati, ognuno dedicato ad un’area di ricerca differente. Piero Calvi-Parisetti è un medico italo-scozzese, Professore Universitario e Consulente per le Nazioni Unite. Con una formazione in psicoterapia cognitivo-comportamentale, l’Autore è Membro della “Society for Psychical Research” e dell’”International Association for Near-Death Studies”. E’ anche Membro del Comitato Scientifico della “Forever Family Foundation” negli Stati Uniti. Il Dr. Calvi-Parisetti ha sviluppato un approccio innovativo al supporto alle persone in lutto: l’educazione all’aldilà. Servendosi delle comprovate tecniche d’educazione della terapia cognitiva, egli guida i pazienti – ed il pubblico in generale – alla scoperta di quello che descrive come un oceano di prove scientifiche ed empiriche a supporto della vita oltre la vita. Una convinzione razionale, basata non sulla fede, ma su prove che la personalità umana sopravvive alla morte del corpo, può trasformare radicalmente la paura della morte, e dare grande sollievo a chi soffre per un lutto.”
Ancora lo stesso anno, ironìa della sorte, il lavoro d’un’italiana esce in inglese, ma ancora dovremo attendere la fine dell’anno scorso, per averlo anche nella nostra lingua: “Viaggi ai confini della vita. Esperienze di pre-morte ed extra-corporee in Oriente e Occidente: un’indagine scientifica”, di Ornella Corazza (edizione originale 2008, edizione italiana Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2014).
Il lavoro della Corazza, che si definisce "scientifico", si distingue invece per la peculiarità dei riduzionisti di dar risalto solo a ciò che fa comodo a loro, ignorando le evidenze che andrebbero contro la loro teoria, ma è comunque doveroso citarlo, e comunque meritevole di lettura.[86]
Ancora nello stesso anno: “Alle porte del cielo e dell’inferno. Testimonianza”, di Gloria Polo (Edizioni Segno, 2008).
Il nome può sembrare italiano, ma la signora è colombiana.
A questo testo, non può non far seguito la lettura di: “La (falsa) NDE di Gloria Polo”, di Claudio Pisani[87].
In quest’articolo, il Dottor Claudio Pisani rimette le cose al loro dovuto posto, rispetto a quello che appare una sorta di delirio religioso della signora.
Sempre nell’ottica dell’accompagnare il morente, anche se non specificamente sulle NDE, abbiamo, ancora nel 2008, la IV edizione riveduta, corretta e ampliata dall’Autore di “Dove va l’anima dopo la morte. Cosa accade. Come comportarsi. Come accompagnare il morente.”, di Cesare Boni (Edizioni Amrita,2008).
2009: “Territori della coscienza. Atti del 13° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
Ma non contenta del Convegno organizzato, la nostra amica fa il “bis” anche dal punto di vista di un volume personale sul tema: “ La luce e la rinascita. Nuove esperienze nei 'territori oltre la vita' ”, di Fulvia Cariglia (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2009).
2010: “Segreti percorsi dell’essere. Atti del 14° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo).
Ma bisogna arrivare alla fine di quest’anno, per avere: “Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica”, di Enrico Facco (Edizioni Altravista, 2010).
Si tratta del lavoro più poderoso (e ponderoso) di un autore italiano sull’argomento: Facco, Professore d’Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università di Padova, Specialista in Neurologia ed esperto di terapia del dolore, agopuntura ed ipnosi clinica, dà mostra d'una conoscenza davvero enciclopedica, come già detto, per l’appunto.
Sempre dello stesso anno, è l’altrettanto già menzionato: “Esiste un posto bellissimo. L’aldilà nelle testimonianze di chi lo ha visto”, di Jeffrey Long con Paul Perry (edizione originale 2010, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. 2013).
Il testo, che reca in cima alla copertina dell’edizione italiana “Dal più grande studio scientifico sulla vita dopo la morte”, rimettendo un po’ le cose a posto, è presentato da Mondadori con un titolo mieloso davvero assurdo, che fa pensare ad una raccolta di aneddoti edificanti e consolatori.
Praticamente niente di tutto questo (o ben poco) si può trovare in questo volume.
L’opera, il cui titolo originale e corretto è “Evidence of the Afterlife”, trova invece il suo punto di forza proprio nello smontare punto per punto le argomentazioni riduzionistiche, con puntuali citazioni degli studi scientifici relativi.
Questo non significa che non sia una lettura che fa bene al cuore, ma fa bene in particolare alla ragione.
In effetti Long, come già detto, dirige la NDERF, che, assieme alla IANDS, è la più importante associazione al mondo nel settore: quindi gode d’una mole di dati tale, che gli consente di trarre una serie d'elementi statistici di grande importanza.
Ancora in quell’anno, esce: “Il Paradiso per davvero. Un biglietto per il cielo andata e ritorno”, di Todd Burpo con Lynn Vincent (edizione originale 2010, edizione italiana Rizzoli Editore, 2011).
Ed anche: “Un attimo di eternità. Un uomo e la sua storia di vita oltre la morte”, la storia di Ian McCormack raccontata da Jenny Sharkey (Edizioni Fede Speranza Amore, 2010).
Anche questa, come quella di Gloria Polo, è una storia a sfondo religioso che lascia perplessi; ma comunque interessante, e comunque, doverosamente, come l’altra, da includere nel novero delle pubblicazioni italiane sul tema.
E si passa all’anno successivo: “Alle frontiere della coscienza. Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 2011.
E, dello stesso anno, ancora un lavoro italiano: “NDE. Visioni premorte. Confine tra ignoto e scienza”, di Davide Vaccarin[88] (Editoriale Programma s.r.l., 2011).
Dello medesimo anno, è anche il “tris” di quella che, oramai, è una nostra conoscenza stabile: “Rinascere dal passato. Il potere segreto dei ricordi”, di Fulvia Cariglia (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2011).
Cos’ha a che fare, questo, col nostro tema?
Lo chiarisce il retrocopertina: “Appare quasi un’operazione di magia, ma è un evento del tutto naturale, si svolge come fosse una favola, e tuttavia è un’esperienza percepita come reale: la 'life review', o visione panoramica, è un fenomeno di confine per cui, in determinati stati di coscienza, una persona può rivedere sé stessa agire nel proprio passato, rivisitandone sentimenti ed emozioni, come in un film. Un tempo oggetto di interesse soltanto per le discipline esoteriche, l’evenienza è oggi testimoniata in buona percentuale nell’àmbito della casistica NDE (Near Death Experience, esperienza di premorte), che ha pertanto fornito materiale di studio a psichiatri, psicologi ed appassionati del genere. In questo libro, il primo dedicato esclusivamente al tema, Fulvia Cariglia esegue un’accurata sintesi degli studi pubblicati e delle ricerche condotte sull’argomento ma, soprattutto, offre un ampio panorama di testimonianze in parte inedito. Sono storie di gente comune, la cui vita è stata rinnovata dall’eccezionale opportunità di guardare ai propri trascorsi con obiettiva facoltà di giudizio: coinvolta sentimentalmente ed emotivamente nei propri ricordi, da essi ha potuto rinascere.”
Sempre dello stesso anno, altro libro italiano: “Il libro segreto di Gesù. I codici nascosti della resurrezione. I tre giorni che hanno cambiato il mondo”, di Simone Venturini[89] (Newton Compton editori s.r.l., 2011).
Di nuovo, viene legittimo chiedersi: “Cosa c’entra, questo, col tema dell’NDE?”
La risposta è in fondo al retro di copertina: “La morte di Gesù: un mistero che dura da duemila anni. Alcuni temi trattati nel libro: * Chi era l’uomo chiamato Gesù? * L’affidabilità dei testimoni. * Gli orrori della crocifissione. * Il destino del 'buon ladrone'. * Il lenzuolo e il sudario. * Struttura della tomba di Gesù. * Il 'codice segreto': la trasfigurazione. * La Sindone di Torino e le ultime sconvolgenti ricerche scientifiche. * Le esperienze di pre-morte.”
Dunque, vi sono anche loro.
Resta da capire, prima della lettura, in che modo il Venturini ve le coinvolga.
Qui c'è una sua spiegazione su quale sia, a suo modo di vedere, un elemento di raccordo: "La luce sarebbe l'indizio principale che collegherebbe tra loro non solo il fenomeno della trasfigurazione e quanto sarebbe accaduto dentro il sepolcro di Gesù, ma rappresenterebbe altresì il misterioso legame tra quei fatti e le NDE. Riassumo qui brevemente i risultati dell'indagine condotta nel mio libro. Durante la trasfigurazione, il corpo di Gesù diventò splendente come il sole, emanando una luce in grado di attraversare i suoi vestiti e renderli candidi, sfolgoranti (cfr. Matteo 17,1-9; Marco 9,2-10; Luca 9,28-36). Qualcosa di simile accadde anche dentro il sepolcro, quando una luce pulsante assai simile alla radiazione ultravioletta attraversò il telo di lino per un periodo di tempo brevissimo e con un'energia fortissima (qualcosa di sostanzialmente analogo sostiene anche il sinodologo Giulio Fanti, Professore Associato di Misure Meccaniche e Termiche all'Università di Padova, nota. [90]). In tal modo Gesù valicò i confini della morte, aprendo definitivamente la 'porta' dell'aldilà, la cui visione era stata anticipata durante la trasfigurazione. In virtù della promessa fatta, anche l'anima del buon ladrone sarebbe entrata a far parte del mondo dell'aldilà, chiamato da Gesù 'paradiso', mentre il suo corpo giacerebbe in uno dei tanti sepolcri di Gerusalemme. La luce, però, è sempre accompagnata dal buio. Questo binomio è implicitamente presente nei racconti della resurrezione di Gesù, che fu preceduta da 'realtà tenebrose': l'eclissi di sole, per esempio, che i testimoni descrivono più o meno in questi termini: «si fece buio su tutta la terra». Anche il fatto che Gesù fu chiuso dentro il sepolcro presuppone, ovviamente, il buio pesto della tomba. Un binomio che è, invece, esplicitamente presente in molti discorsi di Gesù. Fra le tante, riportiamo questa testimonianza: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Non si tratta solo di una bella e poetica immagine o di una metafora, poiché Gesù realmente passò dal buio della morte e del sepolcro al mondo immerso nella luce a cui appartiene e con lui vi sarebbe passato anche il buon ladrone. A mio parere, perciò, il fenomeno così tipico delle NDE per il quale moltissime persone raccontano di aver realmente attraversato uno spazio buio per entrare nella luce, richiama all'evento della morte e resurrezione di Gesù, che non solo ha aperto la 'porta' dell'aldilà, ma ha altresì permesso che quel mondo di luce sia ormai complementare al nostro; una complementarietà che tuttavia diventa effettiva solo dopo la nostra morte. (...) Come gli studi sull'origine dell'immagine sindonica costituirebbero l'indizio che conferisce verosimiglianza alla ricostruzione di quanto è accaduto al corpo di Gesù dentro il sepolcro, così ritengo che le NDE rappresentino uno degli scenari possibili di quanto sarebbe accaduto al buon ladrone subito dopo la sua morte, in virtù della promessa fattagli da Gesù sulla croce: «Oggi sarai con me in paradiso». Ovviamente non possiamo sovrapporre alla vicenda post-mortem del buon ladrone lo schema delle NDE di cui abbiamo parlato. Tuttavia, si possono riconoscere almeno alcuni elementi comuni: l'ipotesi che l'uomo sarebbe in paradiso con l'anima e non con il corpo - ciò che nelle NDE corrisponderebbe all'elemento dell'esperienza extracorporea - e l'appartenenza al mondo luminoso che - il 'paradiso' - si dischiude oltre il buio. L'elemento che collega le tre esperienze - la trasfigurazione, la resurrezione e le NDE - sembra essere la luce di cui sarebbe 'costituito' il mondo dell'aldilà e che rappresenta la nuova fisionomìa di Gesù in grado di attraversare il telo di lino senza modificarne la posizione. Nelle NDE, l'ambiente pieno di luce rappresenta il punto di approdo dopo che si è attraversato il buio, che in molte di queste esperienze è visualizzato come una specie di tunnel. Dal buio del sepolcro alla luce dell'aldilà: questo è il percorso che Gesù fece; un percorso che inizia dentro la tomba e che continua - subito dopo la morte - nella luce di un altro mondo."[91]
Come si vede, la prospettiva del Venturini è abbastanza tirata per i capelli, tanto che potrebbe essere fatta rientrare nelle forzature religiose di cui andremo a parlare tra poco, ma soprattutto risente della sua impostazione cristiana secondo la quale le porte del Paradiso si dischiuderebbero solo dopo il sacrificio di Cristo in Terra, dacché prima sarebbero precluse all'uomo macchiato dal "peccato originale": questo appare piuttosto ridicolo, ma è comunque da apprezzare che almeno il Venturini riconosca che dopo la morte del corpo l'anima si trasferisce nell'aldilà, e non già dorme un sonno indeterminato fino al giorno del giudizio universale ove si avrebbe la resurrezione pure del corpo!
Come pure è da apprezzare che non faccia nessun riferimento alle NDE "infernali" come pretesto per supportare l'idea di una dannazione eterna; non che le NDE "infernali" non vi siano, beninteso: ma tutto lascia pensare che siano solo un "passaggio".
Da ultimo, da segnalare, nel 2011, “Analisi epistemologica delle esperienze di premorte galileianamente 'sensate e dimostrate': scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica”, di Enrico Facco[92] e Lorenzo Cima (all’interno di “Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana delle Scienze, Lettere ed Arti, Già dei Ricovrati e Patavina”, 123, 2011. Pagg. 121-165).
E passiamo, dunque, all’anno successivo: “Incontrare il mistero. Atti del 16° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 2012.
Dello stesso anno è anche: “Milioni di farfalle. Il racconto di un neurochirurgo americano che ha scioccato il mondo”, di Eben Alexander (edizione originale 2012, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2013).
In cima alla copertina vi è, come in epigrafe: “Il Paradiso esiste. Ci sono stato.” Anche in questo caso, vien da chiedersi se questi titoli così “fantasiosi” di Mondadori vengon decisi con l’Autore, poiché il titolo originale è “Proof of Heaven”, dunque “La prova del Cielo”, o “del Paradiso”.
Sul testo si è ampiamente discusso, ed Alexander ha avuto modo di replicare successivamente in modo scientifico e dettagliato alle critiche che gli sono state mosse.
Vi è però da riconoscere che, nonostante il peso che dà alla vicenda il ruolo del personaggio, neurochirurgo ad Harvard, v’è di meglio, per dimostrare l’autonomìa d’un io autocosciente dal corpo fisico.
Sempre dello stesso anno: “Morendo ho ritrovato me stessa. Dying to be me. Viaggio dal cancro, alla premorte, alla guarigione”, di Anita Moorjani (edizione originale 2012, edizione italiana Edizioni My Life 2013).
Sùbito sotto il nome della donna, in copertina, si può leggere: “Ho avuto la possibilità di tornare indietro… e ho scelto di farlo quando ho capito che il 'paradiso' è uno stato mentale, non un luogo da raggiungere.”
La straordinarietà dell’esperienza della Moorjani sta nel fatto che ha avuto la sua NDE a seguito d’un cancro metastatico terminale, e tornandone ne è "miracolosamente" guarita, cosa che le era stata preannunciata durante l’esperienza se avesse scelto di tornare.[93]
E poi, ancora dello stesso anno: “In Paradiso e ritorno. La storia vera di un medico e della sua esperienza nell’Aldilà”, di Mary C. Neal (edizione originale 2012, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2013). E ancora: “Una scia di infinite stelle. La vita oltre la vita esiste: la testimonianza del più grande studioso dell’Aldilà” , di Raymond Moody (finalmente il nome appare essenzializzato!) e Paul Perry (edizione originale 2012, edizione italiana Garzanti Libri S.r.L., 2014).
L’autobiografia dell’uomo che, nonostante sia stato fatto a volte oggetto di critiche ingenerose[94], non sarà mai abbastanza lodato, per aver fatto conoscere al mondo questo fenomeno, che apparrebbe essere quello che ci approssima alla prova della sopravvivenza più d’ogni altro.
Da segnalare anche, sempre dello stesso anno, la relazione: “Le esperienze di pre-morte (NDE): le possibili applicazioni psicoeducative di un’ipotesi neurologica”, di Mauro Milanesio[95] e Patrizia Scanu, da “ Atti del Congresso Internazionale 'Dinanzi al morire: percorsi interdisciplinari dalla ricerca all’intervento palliativo' ”, di Relatori Vari ed a cura di Dora Capozza e Ines Testoni (Edizioni Padova University Press, 2012).
Ma avanziamo ancora di un anno: “Dimensioni sconosciute. Atti del 17° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino (Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo), 2013.
E poi: “Messaggi di luce. Storie e testimonianze dell’Aldilà”, di Theresa Cheung (edizione originale 2013, edizione italiana TEA S.p.A. 2013).
Il fatto che il libro sia inerente al tema qui in oggetto, lo chiarisce il retrocopertina: “Difficilmente avremo mai una solida prova scientifica che c’è vita dopo la morte, tuttavia disponiamo di qualcosa che vi si avvicina molto, cioè dei resoconti delle persone che sono effettivamente morte o sono state in punto di morte e sono tornate indietro per raccontare le loro esperienze. Questi viaggiatori che hanno varcato frontiere sconosciute riferiscono di straordinari, fugaci scorci dell’Aldilà, di un mondo che risplende di luce, bellezza e amore.”
Da segnalare anche "Autoricerca - Rivista di ricerca interiore", n°5, numero totalmente dedicato alle OBE, in cui si sostiene che l'NDE non sia altro che un particolare tipo di OBE (Editore Massimiliano Sassoli De Bianchi, 2013).
Ed arriviamo, ora, agli ultimi tre titoli, che sono tutti dell’anno scorso (unitamente a quella che per ora è stata l’ultima edizione del Convegno di San Marino: “Il volo della coscienza. Atti del 18° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, Ed. Repubblica di San Marino , Dicastero del Turismo, Dicastero Università e Cultura, in collaborazione con l’Ufficio di Stato per il Turismo, 2014), ma uno edito in italiano solo quest’anno: “ La mappa del Paradiso. 'Adesso ho le prove che l’Aldilà esiste' ”, di Eben Alexander con Ptolemy Tompkins (edizione originale 2014, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2014).
E’ il “bis” del neurochirurgo di Harvard, che difficilmente sarebbe potuto mancare.
Va dato atto a Mondadori, stavolta, d’aver rispettato il titolo originale: “The map of Heaven”.
E poi: “Oltre il confine della vita” di Penny Sartori (edizione originale 2014, edizione italiana Edizioni TRE60, 2015).[96]
Ed infine, tornando nel nostro Paese: “Tornati dall’aldilà”, di Antonio Socci (Rizzoli Editore, 2014).
Il contributo di Pim van Lommel
Non si può comunque negare che un contributo essenziale a questi studi ed alla loro divulgazione, anche nelle sedi più rigorosamente scientifiche, che non hanno potuto più chiudere gli occhi di fronte al fenomeno o liquidarlo con le solite spiegazioni semplicistiche (riduzionistiche) già viste, sia derivato dal medico olandese Pim van Lommel, nel 2001, col suo studio pubblicato su “The Lancet”, una delle riviste scientifiche più prestigiose del mondo.[97]
Ma su questo torneremo più nel dettaglio.
Osserviamo ora piuttosto il singolare fenomeno sia delle forzature religiose, che di quelle riduzionistiche.
Forzature religiose, e forzature riduzionistiche
Venendo più in specifico agli approcci religiosi al tema, il primo è stato quello di Padre Albert J. Hebert S.M., nel suo libro “I morti resuscitati”, pubblicato, come visto, negli Stati Uniti nel 1986 con il titolo Raised from the dead, ove egli afferma che "le NDE vanno distinte da pratiche esoteriche" perché "la persona coinvolta non va in cerca" di comunicazioni con l'Aldilà.[98]
E’ poi seguita l’alquanto discutibile esperienza di Gloria Polo[99], e quella pure discutibile di Ian McCormack.
Ultimo della lista Antonio Socci, che non si addentra molto in spiegazioni e controversie scientifiche, ma si limita ad osservare che: "Le NDE non hanno alcun rapporto con pratiche che la Chiesa condanna. Non c'è nessuna controindicazione di principio della Chiesa."[100]
Padre Hebert scrive inoltre, con buona lungimiranza: "Le moderne cronache dei ritorni dall'altro mondo, comunque, sembrano lasciar intendere che il Paradiso è aperto a quasi tutti con scarsa attenzione prestata al fatto se l'individuo è stato al servizio di Dio o se è stato negligente nei suoi confronti sulla Terra."[101]
Osserva Antonio Socci: "È stato rilevato che le NDE di segno negativo e spaventoso in genere sono tenute più riservate dai diretti interessati e per questo, nel complesso, sono statisticamente meno numerose."[102][103]
In realtà questa è la spiegazione che danno Socci e Giovetti, ma potrebbero essere semplicemente assai meno numerose per il semplice fatto che nel cosiddetto aldilà vi sia molta più indulgenza di quanto i fondamentalisti religiosi (e la Giovetti comunque non appartiene a questa schiera) pretendano.
Anche perché nulla vieta che chi esca da un’esperienza così traumatizzante possa a maggior ragione cercare un supporto psicologico o comunque etico, e quindi aprirsi.
Ad esempio, Lindley, Bryan e Conely (1981) affermano che: "La maggioranza dei casi di NDE negative iniziano da un momento di paura o di panico o anche dalla visione di creature irritate o impaurite. Eppure, ad un certo punto, si trasformano in esperienze positive in cui tutta la negatività si dissipa e si attende la prima tappa della morte (pace)".[104]
Secondo Greyson e Bush, invece, "Coloro che reagiscono in questo modo sono terrificati dall'idea di perdere il loro ego durante il processo (della morte). Perciò resistono strenuamente durante tutta l'agonia mentre è invece proprio quello il momento in cui dovrebbero lasciarsi andare. E' proprio questa resistenza che crea quel senso di paura crescente che pervade tutta l'esperienza."[105]
In virtù di quest'interpretazione, a meno che il processo di resistenza non abbia avuto origine prima della perdita di coscienza, lo si dovrebbe supporre inconscio.
E' singolare che questi studiosi non menzionino neppure la possibilità che l'aver condotto un'esistenza particolarmente depravata possa avere delle conseguenze sul post-mortem, pur se non vi è alcun motivo di ritenerle definitive, cioè che non possano prevedere pentimento e conseguente redenzione.
Inizialmente si pensava che anche le NDE dei tentati suicidi fossero fondamentalmente "infernali" (tesi sostenuta dal cardiologo americano Maurice Rawlings nel suo "Beyond Death's Door", 1978), ma questo dato è stato prima criticato da Sabom (1979) e Ring (1980), ed infine rivisto dalle statistiche della NDERF, da cui l'esperienza di premorte legata al tentato suicidio risulta, semmai, un'esperienza piuttosto ambivalente.[106]
Ad ogni modo, in realtà, appare piuttosto umoristico notare che, nel campo dell'interpretazione di questa fenomenologìa, si abbiano delle forzature interpretative da parte dei fondamentalisti religiosi da una parte, e da parte di quelli che potrebbero essere definiti i fondamentalisti scientisti dall’altra.
Ad esempio, Carol Zaleski, una teologa che ha studiato a Harward, definisce le NDE come un prodotto dell’”immaginazione religiosa”, affermazione cui non si capisce che significato occorrerebbe attribuire.[107][108]
In realtà è vero che un fedele può incontrare figure di riferimento della sua specifica fede, ma nulla vieta che l'ambiente astrale od eterico (per usare un linguaggio esoterico; comunque le condizioni o stati vibrazionali in cui, il quid sopravvivente alla morte fisica, sperimenterebbe questi "ambienti", sono detti anche "biotesi"[109]) in cui si ritroverebbe, possa essere costituito da un "mix" di oggettività ed elementi psichici soggettivi, più o meno consci, derivati dal vissuto terrestre dal quale si sta uscendo, se non da ancor prima.[110][111]
Illuminante, in questo senso, è l'affermazione di Allan Kellehear [112]: "se l'aldilà esiste, potrebbe essere più multiculturale di quanto potremmo credere o aspettarci"; ed ancora: "Poiché esistono molti 'mondi' in questo nostro mondo, forse non sarebbe strano aspettarsi che, se una vita 'futura' c'è, ci siano molti 'mondi' anche lì." [113]
D’altro canto, tra i rappresentanti dello scetticismo religioso più estremo, vale la pena di menzionare quelli che vedono nelle NDE che presentano un contesto trascendentale non in linea con il loro proprio credo, un’opera del demonio: che, dunque, allora, evidentemente, illuderebbe svariate anime prave, di essere, invece, pie!
“The Skeptic’s Dictionary”, invece, dal versante scettico opposto, quello scientistico, dichiara: “Storie di NDE sono oggi note al grande pubblico. Perciò quando si sentono nuovi casi di persone che vanno verso la luce e via discorrendo bisogna procedere con cautela: queste testimonianze potrebbero essere in qualche modo contaminate. Potrebbero rispecchiare ciò che una persona ha sentito e ciò che si aspetta”[114].
Ora, perché tutto ciò può essere considerato errato e fuorviante?
Per quanto riguarda i fondamentalisti religiosi, lo dimostra il fatto che la stragrande maggioranza delle esperienze trascendentali è di tipo paradisiaco e non infernale, a prescindere dall’orientamento religioso, etnico, culturale e quant’altro (anche se in certi casi, come visto, questo può influire in maniera consistente), e ad un’esperienza di tipo paradisiaco va incontro anche la stragrande maggioranza degli atei e degli agnostici; per quanto riguarda quelli che si potrebbero definire i fondamentalisti scientisti, invece, la demolizione più forte dell’idea dell’NDE come emulazione deriva dall’affermazione: “Questo non è possibile, perché ce l’hanno detto i bambini”.
I bambini piccoli ci aiutano in modo decisivo, difatti, a stabilire se le NDE siano soltanto un fenomeno inventato.
E sempre i bambini molto piccoli aiutano a dimostrare, una volta per tutte, che le NDE sono eventi naturali, e non già inventati o riveduti e corretti in vista di una trasmissione televisiva o quant’altro.
Basta dare un’occhiata a qualche dato raccolto grazie all’indagine della NDERF, per vedere in che modo le NDE dei bambini molto piccoli si ricollegano alle NDE in generale.
E’ da precisare qui che con “bambini molto piccoli” ci si riferisce a quelli dai cinque anni in giù.
La maggior parte dei bambini di cinque anni non ha ancora iniziato la scuola elementare, dove si è maggiormente “bombardati” dalle influenze culturali. E’ dunque significativamente meno probabile che un bambino di quest’età, od ancora più piccolo, sia entrato in contatto con influenze culturali che incidano sul modo in cui interpreta un’esperienza di pre-morte.
I bambini molto piccoli, inoltre, hanno una concezione della morte meno formata rispetto a quelli più grandi ed agli adulti.
E’ improbabile che bambini molto piccoli abbiano sentito parlare di esperienze di pre-morte, o che capiscano una NDE anche nel caso la sperimentassero.
In sintesi, i bambini molto piccoli sono praticamente una tabula rasa in merito all’argomento della morte, il che fa di loro un gruppo di studio particolarmente significativo, nel senso dell’attendibilità”[115].
Di certo appaiono inaccettabili le forzature effettuate sull’argomento da parte di alcuni individui al fine di dare una spiegazione alle esperienze ai confini della morte in base al loro sistema di credenze religiose.
Ciò ha fatto nascere tantissime e giuste polemiche, in ambito scientifico, a causa di questo tentativo, che avrebbe piuttosto meritato d’essere o ignorato, o adeguatamente controbattuto, cosa piuttosto agevole, per l’appunto, stanti i dati della casistica a disposizione.
Ma, del resto, bisogna anche aggiungere che non appaiono meno inaccettabili, le forzature effettuate sull’argomento da parte di alcune persone al fine di dare una spiegazione alle esperienze ai confini della morte in base al loro sistema di credenze scientistico-materialistico-riduzionistiche.
Anzi, in quest’ultimo caso diviene ancor più grave: poiché costoro dovrebbero essere avvezzi ad una mentalità per l’appunto scientifica, e dunque obiettiva.
Circa questi opposti estremismi, vengono del tutto opportune le considerazioni di Enrico Facco (per le sue referenze, vedere nota 8): "Ogni fenomeno nuovo apparentemente non plausibile - e le NDE sono un fatto clinico certo con una chiara fenomenologia ed epidemiologia - costituisce una grande sfida per una corretta interpretazione, che non deve cedere ad alcuna forzatura riduttiva né alla negazione dei fatti, quindi a pregiudizi, credenze e dogmi, religiosi o scientifici che siano." (Relazione "Esperienze di pre-morte: una realtà fra scienza e pregiudizio", in "Alle frontiere della coscienza", Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2011)
Il controverso caso di Eben Alexander
Ad ogni modo, insieme ai lavori svolti in ambienti controllati e pubblicati ambienti controllati e pubblicati su riviste mediche o specialistiche[116][117][118], la letteratura sulle esperienze ai confini della morte è anche ricca di alcuni sensazionalismi sensazionalismi e di resoconti apparentemente sensati ma non scientifici.
Si pretenderebbe di far rientrare in quest’ultima categoria anche l’esperienza del neurochirurgo di Harvard Eben Alexander[119], un neurochirurgo americano, ha scritto un libro nel 2012, Proof of Heaven, per dare riscontro della sua esperienza NDE[120], ma, come già puntualizzato, nonostante sul testo pubblicato dal medico si sia ampiamente discusso, Alexander ha avuto modo di replicare successivamente in modo scientifico e dettagliato alle critiche che gli sono state mosse[121], e non solo lui, si veda ad esempio qui: http://iands.org/news/news/front-page-news/970-esquire-article-on-eben-alexander-distorts-the-facts.html , ove si ha una dettagliata replica del ricercatore Robert Mays ad un articolo critico apparso su Esquire a firma di Luke Dittrich[122].
Vi è però da ribadire quanto già detto, e cioè che, nonostante il peso che dà alla vicenda il ruolo del personaggio, neurochirurgo ad Harvard, v’è di meglio, per dimostrare l’autonomìa d’un io autocosciente dal corpo fisico, vedi ad esempio il già più volte menzionato “Veridical Perception in Near-Death Experiences” di Janice Holden, per l’appunto.
Ancora sul contributo di Pim van Lommel
Da un punto di vista strettamente scientifico, il contributo a tutt'oggi più approfondito è probabilmente, come detto, quello di Pim van Lommel, un cardiologo olandese che, insieme ad altri colleghi, nel 2001 pubblicò sulla prestigiosa rivista medica “The Lancet” i risultati di uno studio condotto per oltre 10 anni su 344 pazienti.[123]
Lo studio, condotto con metodi scientifici e statistici, aveva come obiettivo la verifica dell'esistenza o meno delle NDE.
Più specificamente, lo scopo era quello di verificare se ciò che i reduci da una NDE definivano stato di coscienza e memoria fosse stato un fenomeno dell'attività cerebrale o se fosse stato un fenomeno indipendente da questa.[116]
Dopo una lunga analisi sui metodi adottati, sui pazienti, sulle medicine usate negli interventi e una particolare attenzione alle condizioni di encefalogramma attestate nei vari casi, van Lommel e colleghi conclusero che i fenomeni riscontrati potevano essere spiegati unicamente assumendo che quanto i soggetti ad una NDE definivano "esperienza cosciente" non fosse stato un semplice epifenomeno dell'attività cerebrale.[124]
Data la prestigiosa natura della rivista nella quale fu pubblicato[116], ben presto lo studio fu attaccato dai sostenitori della natura puramente materialistica dello stato di coscienza come prodotto dell'attività cerebrale. [125]
L'attacco più conosciuto venne dalle colonne di Scientific American, firmato da Michael Shermer, al quale van Lommel indirizzò una circostanziata replica dove, difendendo il rigore scientifico della ricerca svolta, osservava che a suo parere non era possibile giungere a conclusioni diverse da quelle pubblicate dal proprio team di ricerca.[126][127]
Il contributo di Sam Parnia ed il progetto "AWARE"
Dal 2008 il dott. Sam Parnia, professore assistente di terapia intensiva all’Università Statale Stony Brook di New York, in collaborazione con il dott. Peter Fenwick e i professori Stephen Holgate e Robert Peveler dell'Università inglese di Southampton, è alla guida del programma AWARE ("AWAreness during REsuscitation" ovvero "Consapevolezza durante la rianimazione"), la ricerca sulle NDE più estesa mai condotta che coinvolge ormai ben 25 ospedali tra Regno Unito, Europa centrale, Stati Uniti, Brasile e India.
Durante lo studio AWARE, i medici utilizzano una tecnologia sofisticata per lo studio del cervello e della coscienza durante l'arresto cardiaco e, nello stesso tempo, hanno in programma di testare la validità delle eventuali esperienze extracorporee e di ciò che i pazienti "vedono" o "sentono" durante l'arresto cardiaco.
In particolare, come viene descritto nel programma di ricerca, la verifica dei ricordi relativi agli eventi di rianimazione comprende anche l'uso di oggetti nascosti che non sono normalmente visibili dal paziente, come immagini poste su supporti appesi al soffitto, in modo che siano rivolte verso l'alto.
Questi oggetti forniranno un marcatore indipendente obiettivo durante l'arresto cardiaco, perché saranno visibili solo da "qualcuno" che li osserva dall'alto.
[128] [129] [130] [131] [132] [133] [134]
Nel 2014 sono stati resi noti i risultati dello studio condotto sotto la guida di Sam Parnia: è emerso tra l'altro che circa il 40% dei soggetti esaminati ha avuto "percezioni di consapevolezza" durante l'arresto cardiaco, ma solo il 9% ha avuto NDE.
Il dottor Parnia ha affermato: "Potrebbero essere molti di più i casi di esperienze dopo la morte ma molti non le ricordano a causa dei danni al cervello o ai sedativi che sono stati somministrati."[135][136]
La scarsa plausibilità dell’ipotesi del cervello addormentato come movente di non ricordo dell’esperienza è già stata osservata.
Piuttosto sono altre le cose da far notare, riguardo a questo studio.[137]
I quotidiani hanno titolato sensazionalisticamente: “ 'C'è una forma di consapevolezza dopo la morte', queste le strabilianti conclusioni dello 'Studio Aware' condotto dal Dr. Sam Parnia esaminando più di 2000 casi di persone che avevano sofferto un arresto cardiaco in 15 ospedali in Gran Bretagna, Usa e Austria. E' emerso che il 40% dei sopravvissuti avevano 'ricordi' nei minuti in cui erano clinicamente morti. L'Università di Southampton ha affrontato in modo scientifico questa possibilità scoprendo che una qualche forma di 'consapevolezza' può continuare anche dopo che il cervello ha cessato di funzionare del tutto. Si tratta di una teoria controversa che fino ad ora ha sollevato molto scetticismo, ma gli scienziati inglesi, dopo quattro anni hanno fornito risultati molto interessanti. Com’è da ripetere, è emerso che circa il 40% dei sopravvissuti avevano 'ricordi' di quella esperienza nei minuti in cui erano clinicamente morti. Un 57enne di Southampton ha detto di aver vissuto una sorta di esperienza extracorporea, e di aver assistito alle azioni dei medici che cercavano di rianimarlo. 'Sappiamo che il cervello non può funzionare quando il cuore smette di battere - ha detto Sam Parnia, ricercatore che ha guidato lo studio -, ma in questo caso la consapevolezza cosciente sembra essere rimasta attiva fino a tre minuti dopo che il cuore non funzionava più, anche se il cervello di solito 'si spegne' dopo 20-30 secondi da quando il cuore si ferma'. Notevole dunque il caso di un paziente che ha avuto un'attendibile OBE e che ha riferito particolari verificabili: per la prima volta, è stato possibile correlare il suo racconto con un preciso segnale acustico. L'uomo ha descritto tutto quello che era accaduto nella stanza, ma, fatto molto importante, ha sentito due 'bip' da una macchina che fa un rumore a intervalli di tre minuti dopo l’arresto cardiaco. 'Così abbiamo potuto cronometrare quanto tempo l'esperienza è durata', ha aggiunto Parnia. 'Sembrava molto credibile, e tutto ciò che egli ha detto che gli era accaduto, era realmente accaduto.' Gli scienziati hanno esaminato 2.060 pazienti con arresto cardiaco. Dei 330 sopravvissuti, 140 dicono di aver ravvisato un qualche tipo di consapevolezza mentre venivano rianimati. Uno su cinque ha detto di aver provato un senso di tranquillità, altri di aver visto una luce brillante ed una sensazione di tempo accelerato o rallentato, mentre altri hanno descritto la sensazione di annegamento o di essere immerso in acqua. Parnia afferma che molte più persone dovrebbero avere esperienze simili, quando vicine alla morte, ma i farmaci usati in rianimazione possono impedire loro di ricordare l'esperienza. Il dottor Jerry Nolan, Capo-editore Rianimation ha detto: 'Al dottor Parnia e Colleghi vanno le nostre congratulazioni per il completamento di uno studio affascinante che aprirà la porta a più ampie ricerche su ciò che accade quando si muore.' ”
Ora, bisogna cercare di capire cosa c'è realmente dietro a questo sensazionalismo dei quotidiani.
Una realistica valutazione del progetto "AWARE" ad oggi
Ci sarà dunque da stare così allegri come Parnia e Colleghi hanno comunicato a mezzo stampa?
In realtà è naturale che questi medici tendano ad enfatizzare i risultati del loro pionieristico studio, anche nella speranza di ottenere nuovi fondi, ma osserviamo le cose in maniera un po’ più disincantata.
La caratteristica più interessante dello studio, per come era stato presentato al suo lancio, era la possibilità che i “ritornati” potessero vedere e poi descrivere delle foto con simboli, paesaggi, animali, etc, posti sul soffitto e visibili solo dall'alto.
Purtroppo, leggendo i risultati finali, si evince che nel 78% delle sale di rianimazione tali cartelloni non erano presenti (e se lo erano, erano dei monitor piccoli e defilati, come si può osservare qui, ad esempio al minuto 0,50: https://www.youtube.com/watch?v=w1JarYYWDfQ).
E questo fondamentalmente per carenza di mezzi economici (lo studio si muove in condizioni di grande ristrettezza), e ci si chiede per quale motivo istituzioni come la Chiesa Cattolica, che trovano la loro ragione d’esistere sull’elemento delle sopravvivenza alla morte fisica, non contribuiscano a sovvenzionare questo tipo di studi.
Avere fede non apparrebbe essere in contraddizione col reperire prove scientifiche che la corroborino, anzi.
Ed, a prescindere dal maggior numero di individui che, dal punto di vista della Chiesa Cattolica potrebbero “redimersi” e “salvarsi”, si potrebbe comunque ipotizzare un mondo fondato su di una coscienza-consapevolezza diversa, dunque una vera e propria “Nuova Era”.[138]
Se poi si pensa a quanto viene stanziato dagli esseri umani per farsi la guerra piuttosto che non per ricerche di questo tipo, non ne esce un’immagine dell’essere umano e della sua intelligenza propriamente edificante.
A tutto questo v’è da aggiungere che molti presunti ritornati non hanno voluto essere intervistati per poco comprensibili motivi di “privacy” (dal momento che, in ogni caso, nessun nome completo verrebbe divulgato senza consenso dell’interessato), riducendo ulteriormente la casistica.
Gli scarsissimi casi di autoscopia (solo un paio, a quanto risulta) non sembrano certo statisticamente sufficienti per gridare al successo pieno, ma v'è solo da sperare che questi esperimenti si moltiplichino, grazie alla curiosità ed all'interesse che Parnia (almeno questo merito gli va riconosciuto) ha suscitato nel mondo accademico, ed auspicare che, questi tabelloni, ben grandi e centrali al di sopra del tavolo operatorio o del letto di rianimazione ed a metà altezza rispetto alla stanza stessa, siano installati in tutti gli ospedali del mondo.
A quel punto, in qualunque posizione dovesse ritrovarsi il supposto sé fuori dal corpo, non si vede, volgendo lo sguardo al suo corpo stesso come accade praticamente sempre, come potrebbe non vedere le immagini.
Ad ogni modo, questo “step” dello studio sponsorizzato dalla Horizon Research Foundation è stato pubblicato sulla rivista “Rianimazione”: http://www.resuscitationjournal.com/article/S0300-9572%2814%2900739-4/abstract , ed anche qui: http://www.southampton.ac.uk/mediacentre/news/2014/oct/14_181.shtml.
Se però non appare vi siano le condizioni per fare i salti di gioia, non appare neppure vi siano quelle per abbattersi oltremisura: resta comunque l’essenziale OBE/DBV (Out of the Body Experience/Death Bed Vision) dell'unico paziente che ha riferito quanto gli è accaduto durante l'arresto cardiaco.
Il "Signor A" (come viene chiamato nello studio), un 57enne assistente sociale di Southampton, era entrato in sala operatoria per effettuare un'operazione ormai routinaria, cioè l'inserimento nelle sue coronarie d'uno "stent" (angioplastica), ma qualcosa è andata storta, ed il suo cuore si è arrestato durante la procedura.
Ecco il racconto della strana esperienza fornitoci dallo stesso Parnia.
<< L'equipe medica aveva portato il "Signor A" nella sala dove si eseguono i cateterismi cardiaci e - come d'uso - aveva posto un telino sterile sulla parte superiore del suo corpo (foto reperibile sul sito “La pagina degli Amputati”) in modo che potessero lavorare su di lui senza che egli potesse vedere cosa stava succedendo. In tali condizioni non poteva accorgersi quando il cardiochirurgo arrivò, né quando gli fu iniettato un anestetico locale in modo da poter spingere il catetere da un vaso sanguigno inguinale fino al cuore. In questa fase, il paziente ha detto che stava ancora parlando con l'infermiera, Sarah, quando "tutto ad un tratto, non c'ero più". Il cuore del "Signor A" aveva smesso di battere, ma invece di perdere conoscenza, come dovrebbe essere il caso una volta che il flusso di sangue al cervello si interrompe, il paziente ha lasciato il suo corpo: <<Mi ricordo vividamente una voce automatica che diceva: "Paziente in arresto, scioccare il paziente!", ed io ero in quell'angolo della stanza [indicando il punto più lontano della stanza], dove c'era una persona che mi faceva cenno. Potevo vederla e mi ricordo che pensavo fra me e me, "Io non posso alzarmi fino a lì." Un secondo dopo ero lì e stavo guardando giù verso di me, l'infermiera Sarah, ed un altro uomo che aveva la testa totalmente calva ... io non sapevo nemmeno che ci fosse un altro medico. Non lo avevo visto fino a quando non sono andato fino a quell'angolo. Capisci cosa sto dicendo? >> E' interessante notare che il "Signor A" sembra aver avuto un incrocio tra una visione sul letto di morte (Death Bed Vision) ed una NDE. Un gran numero di rapporti delle visioni sul letto di morte citano apparizioni in un angolo della stanza, ed il "Signor A" inizialmente ha visto, dalla sua prospettiva del 'letto di morte', una persona proprio lì e poi, in un istante, era anche lui 'lassù'. Il "Signor A" ha anche detto di aver visto un uomo calvo che stava lavorando sul suo corpo, che egli non aveva notato dal suo punto di vista corporeo a causa del telo sterile (fatti riscontrati come veri): <<Ho potuto vederli di schiena, chiaro come il giorno, come vedo questo [indicando un oggetto.] La cosa successiva che ricordo è il risveglio sul lettino operatorio e le parole che Sarah mi disse: "Oh, allora, il 'Signor A' è di nuovo con noi." Se lei ha detto quelle parole, se quella voce automatica era reale, non lo so, ma la gente dovrebbe venire a sapere di queste cose. Non so come poter confermare, sto solo dicendo quello che mi è successo e quel che ho vissuto. Dal lettino non riuscivo a vedere la faccia del chirurgo, potevo vederlo solo di schiena. Era un tizio piuttosto grosso, aveva un camice ed un cappello blu, ma non potevo sapere che non avesse capelli, perché la sua testa era coperta dal cappellino.>> La voce robotica, il suono che il "Signor A" aveva sentito inizialmente, proveniva da un sistema elettronico in grado di rilevare quando il cuore smette di battere regolarmente ed è in fibrillazione e che allerta l'equipe affinché venga praticata una defibrillazione elettrica. Pur essendo in arresto cardiaco, il "Signor A" è stato in grado di ripetere correttamente il comando dato dal DAE, così come descrivere il medico, anche se non lo aveva precedentemente visto a causa del drappo che gli era stato messo davanti. >>
In definitiva, tuttavia, per gli scettici/riduzionisti anche questo potrebbe esser preso, più per partito preso ideologico che per altro, come l'ennesimo 'rapporto aneddotico', inammissibile nella corte della scienza (per quanto sia stata effettuata tutta la “Peer Review” del caso, e per quanto vi si siano messi in gioco, avvalorando e sottoscrivendo i risultati, oltre a Sam Parnia, anche altri specialisti come Ken Spearpoint, Gabriele de Vos, Peter Fenwick, Diana Goldberg, Jie Yang, Katie Baker, Hayley Killingback, Paula McLean, Melanie Legno, A. Maziar Zafari, Neal Dickert, Roland Beisteiner, Fritz Sterz, Michael Berger, Celia Warlow, Siobhan Bullock, Salli Lovett, Russell Metcalfe, Smith McPara, Sandra Marti-Navarrete, Pam Cushing, Paul Wills, Kalia Harris, Jenny Sutton, Anthony Walmsley, Charles D. Deakin, Paul Piccolo, Mark Farber, Bruce Greyson e Elinor R. Schoenfeld).
Dovremo quindi, nonostante tutto, aspettare e vedere se lo studio AWARE sarà in grado di produrre qualcosa di più determinante negli anni a venire.
Anche se sono trascorsi quattro anni da quando lo studio AWARE è stato messo in moto ed i risultati finora raggiunti hanno dimostrato la difficoltà ad indagare la componente dell’esperienza fuori dal corpo, bisogna dare atto a Sam Parnia che è determinato come sempre a proseguire con la ricerca, ed anche a migliorare le procedure.
Ad esempio, egli osserva che, nel caso del "Signor A", la presenza di una mensola con simboli o fotografie sopra il lettino operatorio potrebbe non aver fatto alcuna differenza, in quanto il paziente ha detto che galleggiava in un angolo opposto della stanza, ben lontano da dove sarebbe stato collocato il bersaglio (e qui si ripropone la questione dei bersagli piccoli e defilati, come già detto).
Forse una revisione delle posizioni di visualizzazione in base a quanto viene segnalato dagli OBEr's potrebbe consentire in futuro migliori risultati.
Ad ogni modo, già durante il corso dello studio AWARE, il Dr. Bruce Greyson, che pure, come visto, ha partecipato, esprimeva i suoi dubbi sul raggiungimento di risultati significativi.
<< Se si dovesse chiedere ai viaggiatori di ricordare il nome scritto sul badge dell'agente aeroportuale che indica il passaggio attraverso il metal detector, è altamente improbabile che qualcuno sarebbe in grado di ricordarselo. L'obiettivo designato - il distintivo della compagnia - era proprio di fronte a loro per essere visto, ma non avevano alcun motivo di prestarvi attenzione e nessun motivo di ricordare nulla, se lo avessero visto. Il problema con l'esperimento è nel suo progetto, che non prevede nessuna ragione per cui i pazienti avrebbero dovuto vedere o ricordare il bersaglio designato. I pazienti che riferiscono di aver lasciato i loro corpi nel bel mezzo di una crisi di pre-morte non hanno ragioni per notare un obiettivo scelto casualmente e posto in un angolo della stanza che non ha particolare significato per loro, e pur se capitasse di vederlo, non avrebbero alcun motivo per ricordarlo. Quindi non mi aspetto dati significativi dello studio AWARE, anche se è sempre meglio che non fare alcuna ricerca. >>
Tuttavia, lo studio AWARE fa rilevare una varietà di aspetti della NDE, oltre alla semplice percezione verificabile, permettendo altri eventuali approfondimenti su questo mistero.
Ad esempio, dai dati finora ottenuti, Parnia è stato in grado di proporre un possibile motivo, quello farmacologico, per cui così tante persone che sono resuscitate non ricordano d'avere avuto una esperienza di pre-morte, per quanto poco convincente, come già osservato.
Già più convincente è Parnia quando, notando una correlazione tra la lunghezza dell'arresto cardiaco e se vi è stata o meno una NDE, suggerisce che <<... se un arresto cardiaco è relativamente breve, l'infiammazione post-rianimazione del cervello causa danni diffusi (compresi i danni ai circuiti di memoria) relativamente lievi rispetto a chi subisce un arresto cardiaco prolungato. Ne consegue che chi riferisce dettagliate esperienze di pre-morte può farlo semplicemente perché ha sofferto meno danni al cervello - in particolare ai circuiti di memoria - nei giorni e nelle settimane dopo l'arresto cardiaco>>.
Tuttavìa può essere vero il contrario, se in condizioni di effettiva disincorporazione, postala tale, i dati venissero registrati dal quid autocosciente disincorporato od anima, per quanto poi ovviamente un cervello altamente sofferente potrebbe avere difficoltà a reincorporare in sé questo tipo di conoscenza.
Quel che è certo, però, è che, se i futuri studi di Parnia e di altri neuroscienziati avranno il successo che si prefiggono, la mente non sarà più vista come un puro e semplice prodotto del cervello come nell’odierno paradigma scientifico (ma forse sarebbe più opportuno dire scientistico, perché semmai gli indizi, o anche ben più che indizi, vanno in tutt’altra direzione, come si può constatare) dominante, e la nostra percezione di noi stessi e del nostro ruolo nell'Universo sarebbero cambiati per sempre.
Non si vede chi potrebbe non augurarselo.
E difatti ora inizia la seconda fase dello studio AWARE, che è ora disponibile sul sito web della Horizon Research Foundation, o della University of Southampton. [139] [140] [141]
Ovviamente è una gran bella notizia, e dimostra che questa importante ricerca sta andando avanti, e che, ad un certo punto, in futuro, quantomeno sempre più dati emergeranno, sui tentativi di catturare le NDE con metodologie sempre più efficaci.
Quest’ultimo punto è certamente qualcosa che sembra essere stato affrontato nel nuovo disegno dello studio.
Avendo preso atto dei problemi statistici che affrontano gli inquirenti, e cioè che a causa del fatto che nella piccola percentuale di persone che sopravvivono ad un arresto cardiaco, solo il 10% dice di aver avuto un qualsiasi tipo di NDE e di queste solo il 25% una Out Of Body Experience, sicché il numero necessario per convalidare un’OBE diverrebbe enorme, anche in caso di monitor bersaglio capillarmente e ben piazzati.
Questo problema è stato dunque amplificato dal fatto che nello studio AWARE originale invece meno della metà dei soggetti si trovava in aree con immagini di convalida, quindi, anche se qualcuno avesse riportato una NDE con una OBE, le possibilità di vedere un’immagine erano estremamente basse.
Cosa fare per ovviare a questi inconvenienti?
I Pronto Soccorso ed il personale di ricerca saranno quindi avvisati che, in caso di arresti cardiaci, saranno dotati di dispositivi di controllo dell'ossigenazione cerebrale portatili e d'un tablet che mostra le immagini verso l'alto, sopra al paziente, mentre la rianimazione è in corso.
Le misurazioni ottenute durante l'arresto cardiaco saranno utilizzate per confrontare i dati di tutti i pazienti con arresto cardiaco indipendentemente dal fatto che sopravvivano o muoiano.
I sopravvissuti saranno poi seguiti, e, con il loro consenso, saranno interrogati durante interviste registrate.
Questa soluzione è un po' come la famosa storia di Maometto che va alla montagna, ed ha le potenzialità per risolvere molti dei problemi incontrati nel primo “step” dello studio.
In questo modo, dove esiste un gruppo di ricerca, grazie ai tablets, si cancella immediatamente il problema di avere sufficienti postazioni con le immagini su monitor fissi.
Tuttavia non vi è la certezza assoluta che il soggetto possa sperimentare la OBE dalla prospettiva di essere direttamente sopra se stesso e quindi vedere le immagini sul tablet.
Anche se questo è di solito il punto di visualizzazione durante una uscita fuori dal corpo, non è certo che accada sempre così, quindi potremmo ottenere racconti frustranti da qualcuno che ha, sì, un’OBE, ma restando in piedi in un angolo, e quindi non essendo in grado di riferire quali immagini scorressero sui tablet.
Inoltre, si può immaginare che ci dovrà essere un notevole sforzo di formazione necessaria per i ricercatori, ed anche una grande quantità di collaborazione dei vari team di rianimazione, la cui priorità immediata è, comunque, ovviamente, far rivivere il paziente.
Tuttavia, questo nuovo metodo ha vantaggi significativi rispetto a quelli utilizzati nel primo studio in cui i monitor erano fissi, e quindi dovrebbe avere una maggiore probabilità di convalida senza reclutare decine di migliaia di pazienti.
Lo studio, infatti, mira ad iscrivere 900-1500 soggetti entro la fine di maggio 2016, e sarà uno studio internazionale multicentrico come AWARE (anche se c’è da rammaricarsi che troppi Paesi non abbiano ancora aderito), auguriamoci anche adeguatamente finanziato.
Non resta che augurare, quindi, la miglior fortuna ai ricercatori, nel loro sforzo teso a convalidare le NDE come effettivi viaggi dell’anima a partire da esperienze extracorporee, e congratularsi con il Dott. Parnia ed i suoi colleghi per il loro ingegno e per la loro tenacia.[142]
Le obiezioni possibili circa i riscontri veridici in OBE da NDE, e le loro confutazioni
Tuttavìa, per onestà, occorre osservare che, anche se il bersaglio visivo venisse còlto, i parapsicologi più avversi all’idea della sopravvivenza potrebbero sempre parlare della drammatizzazione d’un sé fuori dal corpo con relativa percezione extrasensoriale (chiaroveggenza) dell’ambiente circostante ed in questo caso del target, il tutto sempre da ricondursi a misteriose facoltà cerebrali.
Questo potrebbe far sorridere, ma obiezioni simili, per quanto tirate per i capelli (e lo sarebbero ancor di più nel caso d’un cervello morente) sono già state sollevate nel caso di OBE che hanno avuto successo nel reperire bersagli, per quanto i negazionisti del paranormale preferiscano ignorare questi dati (Charles Tart[143] nel famoso caso con Miss Z., ove in OBE Miss Z. riconobbe correttamente un numero di 5 cifre posto su di un piano rialzato[144]; Arthur Ellison [145] in “Alcune recenti ricerche sperimentali sugli stati alterati di coscienza”, in “Visioni oltre il reale. Atti del 2° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, San Marino 1998, ed ancora Karlis Osis, Robert Lyle Morris, Stuart Blue Harary, Janis, John Hartwell & William George Roll, tutti citati, questi ultimi, in “OBE e NDE: teorie psicologiche” di John A. Palmer, già Senior Research Associate presso l’Institute of Parapsychology of Durham, North Carolina, altrimenti detto Rhine Research Center, sempre in “Visioni oltre il reale. Atti del 2° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine”, San Marino, 1998).
Restano due punti chiave, però, a questo punto: il primo, occorre trarlo da "Scienza e reincarnazione", volume del medico, psichiatra e psicanalista francese Jean-Pierre Schnetzler (edizione originale 2006, edizione italiana Edizioni Amrita 2007)[146], pag. 115: "...sono particolarmente interessanti le EMI (acronimo francese di NDE, nota) dei ciechi: Ring e Cooper hanno descritto 21 casi di EMI e 10 casi di esperienze di decorporazione in 14 ciechi dalla nascita. Ciò che stupisce è che tali esperienze sono identiche a quelle delle persone che vedono bene, e il cieco dichiara di aver visto il suo corpo sul letto, il personale dell'ospedale al lavoro con tutti i particolari, l'ambiente interno o esterno conforme alla realtà, e poi il tunnel, la luce, gli esseri dell'altro mondo, i genitori morti, e così via. Questi soggetti non avevano alcun sogno visivo prima della EMI. Alcuni hanno riportato il fenomeno della vista a 360°, lo stesso che a volte è segnalato nelle EMI dei vedenti. E' difficile sfuggire alla conclusione che debba esistere una percezione extrasensoriale, ad opera della coscienza, che trascende il cervello."[147][148][149]
Ecco, la frase di questo periodo sulla quale occorre concentrarsi bene è: "Questi soggetti non avevano alcun sogno visivo prima delle EMI".
Questo assume un'importanza determinante, perché se un nato cieco avesse comunque dei sogni visivi, significherebbe che il senso della vista in qualche modo rimarrebbe implicito e si trasferirebbe nel proprio bagaglio genetico, dunque in tal caso potrebbe tranquillamente saltare fuori in una NDE, mentre così non è.
Il senso della vista non si trasporta nel bagaglio genetico, sennò in sogno l'inconscio vedrebbe.
E questo non si vede come potrebbe non essere determinante, nel dimostrare che, in quel momento, l'osservatore, non ha direttamente a che fare con quel cervello fisico.
O si vorrebbe sostenere anche in tal caso la drammatizzazione d’un sé fuori dal corpo con relativa percezione extrasensoriale (chiaroveggenza) dell’ambiente, il tutto sempre da ricondursi a misteriose facoltà cerebrali, anche in un cieco nato, e senza alcun retaggio genetico della vista?!
Dal canto suo lo stesso Scott Rogo mise in risalto come la ESP in genere presenti caratteristiche di imprecisione il cui messaggio è spesso frammentario e simbolico, mentre durante le OBE si possano anche ottenere percezioni chiare e precise (uno studio sul tema condotto dalla NDERF evidenzia che l’analisi di 287 testimonianze relative ad una OBE da NDE dimostra che esse sono totalmente realistiche, senza alcun errore apparente nel 97,6 per cento dei casi; percentuale di esattezza elevatissima, che ricalca quella del più volte citato studio della Holden).[150][151]
E questo è anche un elemento di distinzione tra ESP e NDE.
Un significativo contributo testimoniale ci viene offerto anche dalle esperienze della famosa sensitiva Eileen Garrett: ella asseriva che, quando viveva in stato di OBE, aveva percezioni analoghe a quelle reali, contrariamente a quando si impegnava nelle facoltà telepatiche o chiaroveggenti, che le fornivano indicazioni più incerte e vaghe, o presentate in modo simbolico.[152]
Il secondo punto chiave di obiezione sono i riscontri veridici in OBE da NDE durante un elettroencefalogramma piatto o monitorato o comunque acclarato (con indiretta inattività anche del tronco encefalico, come dimostrato da studi e riportato da Pim van Lommel nella sua risposta a Shermer).
Esistono almeno cinque casi di questo genere, anche se due sono dubbi in termini di tempistiche: “Pam Reynolds” studiata da Michael Sabom, l’”uomo della dentiera” studiato da Pim van Lommel e "staff", la “donna della gioielleria” (di questa donna, come nel caso di Pam Reynolds Lowery, è noto anche il nome completo: si chiama Sarah Gideon) studiata da Allan Hamilton, la “donna dell’anestesista” (“J.S.”), di Mario Beauregard, ed infine il “Signor A” studiato da Parnia di cui si è appena parlato.
Il primo caso è riferito nel dettaglio nel libro “Light and Death” di Michael Sabom (“Luce e Morte”, titolo discutibile che pare un ossimoro, ma in cui è per l’appunto narrata in dettaglio la NDE di Pam Reynolds [153][154][155] in condizioni di EEG piatto monitorato) (http://www.amazon.com/Light-Death-Michael-Sabom/dp/0310219922); questo potrebbe per l'appunto apparire uno dei due casi controversi, perché scettici come Keith Augustine avrebbero significativamente argomentato che le tempistiche dei vissuti riscontrati poi come veri rispetto all’EEG piatto monitorato non corrisponderebbero invece a quella fase specifica; tuttavia, ovviamente, questi stessi scettici non sono stati in grado di spiegare come, invece, in quella fase, apparrebbe aver avuto luogo, come progressione degli eventi, la dinamica trascendentale, dell'esperienza NDE di Pam Reynolds, come sostenuto dal ricercatore in tema Michael Prescott.[156]
In altri termini, tra la fase iniziale e la fase finale non vi è comunque alcun periodo di "buio", e l'ipotesi che il cervello abbia "riunito i monconi" in un'unità coerente e continua appare alquanto tirata per i capelli.
Il secondo caso è riferito nel dettaglio nel libro “Eindeloos Bewustzijn” (“Coscienza Infinita”, in inglese uscito come "Consciousness Beyond Life") di Pim van Lommel (http://www.amazon.it/Consciousness-Beyond-Life-Near-Death-Experience/dp/0061777269).[157]
Il terzo caso è riferito nel dettaglio nel libro “The Scalpel and the Soul” (“Lo scalpello dell’anima”, o “Il bisturi e l’anima”) di Allan Hamilton[158], dov'è descritto un altro caso di percezioni veridiche in EEG piatto monitorato (http://www.amazon.it/The-Scalpel-Soul-Encounters-Supernatural/dp/1585427136).[159]
Il quarto caso è riferito nel dettaglio nei libri “Brain Wars” (“Guerre della mente: la battaglia scientifica sull'esistenza della Mente e la prova che cambierà il modo in cui Viviamo le nostre vite”) e “The Spiritual Brain” (“Il cervello spirituale”) di Mario Beauregard[160], con ennesimo caso di percezione veridica in OBE che si presume durante un EEG piatto monitorato, anche se questo è il secondo caso di tempistiche non certe (http://www.amazon.com/Mario-Beauregard/e/B001IGOE2K).[161][162]
Il quinto caso è quello di Parnia, appena riferito come risultato di punta dello Studio AWARE.
A questo punto non ci sono più scuse: l’unica cosa che potrebbero dire i parapsicologi avversi all’idea della sopravvivenza è che il cervello morente o appena rianimato avrebbe attivato una precognizione nel primo caso od una retrocognizione nel secondo, per acquisire per percezione extrasensoriale (chiaroveggenza), tramite la drammatizzazione d’un sé fuori dal corpo, le informazioni che avrebbero riguardato proprio la fase in cui il cervello era francamente inattivo.
Quest’ipotesi, è da ammetterlo, appare così ridicola da non risultare neppure degna di replica; tuttavìa chi vi si volesse disperatamente attaccare, potrebbe pur farlo.
Occorrerebbe allora a questo punto affermare (come hanno fatto a suo tempo Blackmore, Carr, Rodin, Siegel) che l’anossia e l’isolamento sensoriale costituiscano dei fattori eccitatori che predispongano ad allucinazioni, e che questi effetti eccitatori si manifestino soprattutto nell’ambito del sistema limbico del cervello, dove possono provocare delle piccole prese di contatto (micro-seizure) (Rodin, 1984; Carr, 1984), e che l’interessante sarebbe il notare che questo tipo di attività può non essere captata dalle rilevazioni delle onde cerebrali superficiali (EEG) e quindi può verificarsi in pazienti dichiarati clinicamente morti sulla base di tali rilevazioni (sempre secondo quanto riferito da John A. Palmer, già Senior Research Associate presso l’Institute of Parapsychology of Durham, North Carolina, altrimenti detto Rhine Research Center, al Congresso di San Marino del 1998).
Dunque l’esperienza avverrebbe non prima o dopo, ma durante l’inattività cerebrale.
Questa teoria ha però tanto un importante punto debole, che una vera e propria confutazione.
L’importante punto debole, è che, in questo caso, le allucinazioni coinciderebbero con una percezione extrasensoriale, e quindi con una chiaroveggenza, in grado di portare riscontri ambientali veridici e quindi, a parte che il termine allucinazione, che rappresenta invece una distorsione della realtà, diviene improprio, risulta difficile pensare che si combinino assieme questi due fenomeni.
La confutazione consiste invece nel fatto che, dei cinque casi menzionati, tre (anche se due dei tre controversi sulle tempistiche) si sono svolti in Deep hypothermic circulatory arrest, una tecnica che, oltre ad abbassare drasticamente la temperatura corporea, fa defluire completamente il sangue dal cervello disirrorandolo, ed a quel punto più nessuna attività sinaptica è possibile.
Qui in sostanza non si avrebbe solo una del tutto temporanea morte clinica da EEG piatto reversibile in conseguenza di un arresto cardiaco, ma un cervello disirrorato per un tempo ben ragionevolmente più prolungato (i neurochirurghi che utilizzano questa tecnica operatoria, sanno che possono contare su almeno 30 minuti circa di DHCA senza che il cervello del paziente, una volta riattivato, vada incontro ad alcuna significativa disfunzione neurologica).
Quindi la cosiddetta allucinazione veridica (in realtà, contraddizione in termini) durante un’attività elettrica piatta in questo caso può essere esclusa, dal momento che non ci si può appellare ad una residua eccitazione del sistema limbico per anossia (dato quest’ultimo tra l’altro discutibile, visto che i recenti studi di Parnia hanno rilevato un paradossale incremento dell’ossigenazione cerebrale in quei frangenti, in una sorta di estremo tentativo di compensazione da parte dell’organismo) e desensorializzazione in un cervello totalmente disirrorato, anche per un tempo prolungato, giacché in tal caso la totale assenza di sangue preclude qualunque attività sinaptica, come del resto adeguatamente argomentato da Pim van Lommel stesso.
Ed i riscontri veridici non sono sempre avvenuti solo in una fase puramente iniziale o puramente finale del processo, che forse, alla luce della teoria appena esposta, potrebbe ancora, pur se assai arduamente, giustificarli, rifacendosi di nuovo a qualche oscura e straordinaria facoltà cerebrale.
Lo dimostra, fino a prova contraria, il caso, che resta granitico, del Dott. Allan Hamilton con la "donna della gioielleria", Sarah Gideon, come sopra visto (ed anche considerate le citate referenze di questo medico).
Dalla teoria della sopravvivenza alla prova della sopravvivenza
Ecco perché, sulla base di quest’assieme di informazioni, si potrebbe arrivare ad affermare che una sostanziale prova della sopravvivenza d’un quid autocosciente alla morte fisica (almeno, nella fase immediatamente successiva alla morte fisica stessa) vi sarebbe già[163], ed ecco perché si può notare come sia abbastanza scandaloso, che questi libri trattanti dei casi di punta non siano ancora disponibili nella nostra lingua, per portare il dibattito al debito punto di conoscenza, cioè per impostare un confronto culturale e scientifico di prim’ordine sul tema, nella nostra società (nella speranza che, magari, ci si attivi anche a casa nostra, per sostenere la sperimentazione AWARE di Sam Parnia).
A questi aggiungiamo dunque il già più volte citato “The Handbook of Near-Death Experiences: Thirty Years of Investigation” (“Il manuale delle NDE: trent'anni di investigazioni”) di Janice Miner Holden, Bruce Greyson e Debbie James, dove c’è il fondamentale saggio della Holden “Veridical perception in near-death experiences”, più di 100 riscontri veridici in OBE da NDE (http://www.amazon.it/The-Handbook-Near-Death-Experiences-Investigation/dp/0313358648), ed anche altri due testi fondamentali come “Irreducible Mind: Toward a Psychology for the 21st Century” (“Mente irriducibile: Verso una psicologia per il 21° secolo”) di Edward Kelly ed Emily Williams Kelly, Adam Crabtree, Alan Gauld, Michael Grosso (http://www.amazon.it/Irreducible-Mind-Toward-Psychology-Century/dp/1442202068), e “The End of Materialism” (“La fine del materialismo”) di Charles Tart (http://www.amazon.com/The-End-Materialism-Evidence-Paranormal/dp/1572246456).
Non è difficile comprendere che la messa a disposizione in italiano di questi testi dovrebbe costituire davvero una priorità, per quello che è probabilmente il tema di confine più importante di tutti, per una sostanziale prova, quantomeno altamente indiziaria, della spiritualità ad indirizzo scientifico, e per colmare, dunque, le gravi lacune che la letteratura scientifica italiana presenta sull’argomento.
Non resta che augurarsi che le Case Editrici interessate a questi temi recepiscano il messaggio.
NDE di personaggi noti
Esperienza di Jung
Una tra le più famose esperienze di questo tipo è certamente quella occorsa al medico psichiatra e pioniere della psicoanalisi Carl Gustav Jung, che descrive la propria esperienza di premorte nel suo testo autobiografico ''Ricordi, sogni e riflessioni'', pubblicato solo nel 1961. Ad essa, come già accennato, è espressamente dedicato il capitolo 10 intitolato "Visioni", ed in parte anche il successivo capitolo 11, intitolato "La vita dopo la morte"; nel 1944, infatti, un incidente, una frattura ed un successivo infarto lo avevano portato in coma. E' il caso di riferire questa singolare ed importante esperienza per intero: «Al princìpio del 1944 mi fratturai una gamba, ed a questa disavventura seguì un infarto miocardico. In stato d'incoscienza, ebbi deliri e visioni che dovettero cominciare quand'ero in pericolo di morte, e mi curavano con ossigeno ed iniezioni di canfora. Le immagini che vedevo erano così tremende, che io stesso ne dedussi che dovevo essere sul punto di morire. In seguito, l'infermiera mi disse: 'Pareva che intorno a lei vi fosse un'aureola luminosa!'. Era un fenomeno che aveva già osservato in altri moribondi, aggiunse. Io ero ormai giunto al limite, e non sapevo se ero in uno stato di sogno o di estasi. Ad ogni modo, cominciarono ad accadere cose molto strane. Mi pareva di essere sospeso in alto nello spazio, e sotto di me, lontano, vedevo il globo terrestre, avvolto in una splendida luce azzurrina, e distinguevo i continenti e l'azzurro scuro del mare. Proprio ai miei piedi c'era Ceylon, e dinanzi a me, a distanza, l'India. La mia visuale non comprendeva tutta la Terra, ma la sua forma sferica era chiaramente visibile, ed i suoi contorni splendevano d'un bagliore argenteo, in quella meravigliosa luce azzurra. In molti punti il globo sembrava colorato o macchiato di verde scuro, come argento ossidato. Sulla sinistra, in fondo, v'era una vasta distesa, il deserto giallo rossastro dell'Arabia: come se l'argento della terra in quel punto avesse preso una sfumatura in oro rossiccio. Poi seguiva il Mar Rosso, e lontano - come a sinistra in alto su una carta - potevo scorgere anche un lembo del Mediterraneo, oggetto particolare della mia attenzione. Tutto il resto appariva indistinto. Vedevo anche i nevai dell'Himalaya coperti di neve, ma in quella direzione v'era nebbia, o nuvole. Non guardai per nulla verso destra. Sapevo di essere sul punto di lasciare la Terra. Più tardi mi informai sull'altezza a cui si dovrebbe stare nello spazio per avere una vista così ampia: circa 1500 chilometri! La vista della Terra da tale altezza era la cosa più meravigliosa che avessi mai visto. (Nota: nel 1944 ancora nessuno era stato in orbita spaziale, e quindi Jung non poteva sapere che la Terra si presenta effettivamente in tal modo a chi la dovesse contemplare dallo spazio, nozione acquisìta solo svariati anni dopo, con le prime cosiddette missioni spaziali!) Dopo averla contemplata un po', mi rigiravo. Prima mi trovavo quasi con le spalle rivolte all'Oceano Indiano e la faccia rivolta al nord; poi mi sembrava di girarmi verso il sud e che qualcosa di nuovo entrasse a far parte del mio campo visivo. Vedevo, a breve distanza, nello spazio, un enorme blocco di pietra, come un meteorite, grande all'incirca come la mia casa, od anche di più. Era sospeso nello spazio cosmico, ed io pure fluttuavo per il cosmo. Avevo visto pietre simili sulla costa del Golfo del Bengala. Sono blocchi di granito, di colore grigio bruno, in cui talvolta viene scavato un tempio. Anche la mia pietra era un gigantesco blocco scuro di quel genere. Un ingresso conduceva ad un piccolo atrio. A destra dell'ingresso un indù nero sedeva, con indosso una veste bianca, nella posizione del loto, su uno sgabello di pietra in stato di completa distensione. Così mi attendeva, in silenzio. Due gradini portavano a quell'atrio, dentro il quale, a sinistra, era la porta del tempio. Innumerevoli minuscole nicchie, ciascuna con una cavità a forma di sottocoppa riempita d'olio di cocco e con piccoli lucignoli accesi, circondavano la porta, con una ghirlanda di fiammelle luminose. Avevo effettivamente visto una cosa del genere quando visitai il tempio del Santo Dente, a Kandy, nell'isola di Ceylon: anche lì la porta era incorniciata da diverse file di lampade ad olio accese. Quando mi avvicinai ai gradini che portavano all'entrata, accadde una cosa strana: ebbi la sensazione che tutto il passato mi fosse all'improvviso tolto violentemente. Tutto ciò che mi proponevo, o che avevo desiderato, o pensato, tutta la fantasmagorìa dell'esistenza terrena, svanì, o mi fu sottratto: un processo estremamente doloroso. Nondimeno, qualcosa rimase: era come se, adesso, avessi con me tutto ciò che avevo vissuto e fatto, tutto ciò che mi era accaduto intorno. Potrei anche dire: era tutto con me e io ero tutto ciò. Consistevo di tutte quelle cose, per così dire; consistevo della mia storia personale, ed avvertivo con sicurezza: questo è ciò che sono. 'Sono questo fascio di cose che sono state e che si sono compiute.' Quest'esperienza mi dava la sensazione d'un'estrema miseria, e, al tempo sesso, di grande appagamento. Non v'era più nulla che volessi o desiderassi. Esistevo, per così dire, oggettivamente; ero ciò che ero stato e che avevo vissuto. Dapprima certamente prevalse il senso dell'annientamento, di essere stato spogliato, saccheggiato; ma poi tutto ciò perse importanza. Ogni cosa parve passato, rimase fait accompli, senza più alcun legame con ciò che era stato. Non sussisteva più il rimpianto che qualcosa fosse scomparsa o fosse stata sottratta. Al contrario, possedevo tutto ciò che ero, e solo questo. Una cosa ancora occupava la mia mente: mentre mi avvicinavo al tempio, avevo la certezza di essere sul punto d'entrare in una stanza illuminata e di incontrarvi tutte quelle persone alle quali in realtà appartengo. Là finalmente avrei capito - anche questo era certezza - da quale nesso storico dipendessero il mio io e la mia vita, ed avrei conosciuto ciò che era stato prima di me, il perché della mia venuta al mondo, e verso che cosa dovesse continuare a fluire la mia vita. Così come l'avevo vissuta, la mia vita mi era sempre parsa come una storia senza princìpio e senza fine; avevo sempre avuto la sensazione d'essere un frammento della storia, un brano del quale mancassero le pagine precedenti e seguenti. La mia vita pareva essere tagliata con le forbici da una lunga catena d'eventi, e molte domande erano rimaste senza risposta. Perché era stato quello il cammino della mia vita? Perché quelle le premesse? E che cosa avevo saputo trarne? Che cosa ne sarebbe seguìto? A tutti questi interrogativi - me ne sentivo sicuro - avrei avuto risposta non appena fossi entrato nel tempio di pietra. Là avrei appreso perché tutto era stato così e non diversamente, ed avrei incontrato uomini che avrebbero saputo rispondere alle mie domande sul prima e sul poi. Mentre così meditavo, accadde qualcosa che richiamò la mia attenzione. Dal basso, dalla direzione dell'Europa, fluiva verso l'alto un'immagine. Era il mio medico o piuttosto la sua immagine, incorniciato da una catena d'oro, o da un'aurea ghirlanda d'alloro. Subito mi dissi: 'Ah, ah, questo è il mio medico, naturalmente, quello che mi ha curato. Ma adesso sta venendo nella sua forma originaria, come un basileus di Coo (Basileus, re. Coo era famosa nell'antichità per il suo tempio di Esculapio, ed era il luogo di nascita di Ippocrate - V secolo a.C. -). Nella vita egli era un avatar di questo basileus, la temporanea incarnazione della forma originaria, che esiste da tempi immemorabili. Ora egli appare nella sua forma originaria'. Probabilmente anch'io ero nella mia figura originaria; e sebbene, naturalmente, non potessi accertarmene, ne ero ugualmente sicuro. Quando quell'immagine mi fu innanzi, ebbe luogo tra noi un muto scambio di pensieri. Il mio medico era stato delegato dalla Terra a consegnarmi un messaggio, a dirmi che v'era una protesta contro la mia decisione di lasciare la Terra, e dovevo ritornare. Non appena ebbi sentito queste parole, la visione finì. Ero profondamente deluso, perché ora tutto sembrava essere avvenuto invano. Il penoso processo di 'sfondamento' era accaduto inutilmente, e non mi si permetteva di entrare nel tempio, per unirmi a coloro che mi appartenevano. In realtà dovevano passare ancora ben tre settimane, prima che mi risolvessi veramente a vivere di nuovo. Non potevo mangiare, perché qualsiasi cibo mi nauseava. La vista della città e dei monti dal mio letto mi pareva una cortina dipinta con dei buchi scuri, od un foglio di giornale strappato pieno di fotografie senza significato. Deluso, pensavo: ' Ora devo tornare un'altra volta al 'sistema delle cassettine'! ' Mi pareva, infatti, che, dietro l'orizzonte del cosmo, fosse stato costruito artificiosamente un mondo tridimensionale, in cui ognuno stesse per conto suo dentro una piccola cassetta. Ed ora bisognava che, di nuovo, mi convincessi che questo era importante! La vita ed il mondo intero mi apparivano come una prigione, e mi irritava oltre misura di dover ancora trovare tutto ciò perfettamente normale. Ero stato così contento di disfarmi di tutto, ed ora era di nuovo come se io - e così tutti gli altri uomini - fossi sospeso ad un filo, dentro una cassetta. Quando mi libravo nello spazio, ero senza peso, e non v'era nulla che mi tormentasse: ora tutto ciò doveva appartenere al passato! Provavo un senso di ribellione di fronte al mio medico, perché mi aveva riportato alla vita. D'altra parte, ero anche preoccupato per lui. ' La sua vita è in pericolo, per amor del cielo! Mi è apparso nella sua forma originaria! Se qualcuno si presenta in questa forma, significa che sta per morire, perché già appartiene 'alla compagnia dei più'! ' Improvvisamente, mi assalì il terrificante pensiero che il medico dovesse morire al mio posto. Feci del mio meglio per parlargliene, ma non mi capiva. Allora mi irritai con lui. 'Perché si comporta sempre come se non sapesse che è un basileus di Coo? E che ha già assunto la sua forma originaria? Vuol farmi credere che non lo sa?' Tutto ciò mi urtava. Mia moglie disapprovava che lo trattassi così poco amichevolmente. Aveva ragione; ma non potevo perdonargli l'ostinazione con cui si rifiutava di parlare di ciò che avevo sperimentato assieme a lui nella mia visione. 'Per Dio! Dovrebbe stare attento, non può essere così sconsiderato! Vorrei dirgli in faccia qualcosa per se stesso!' Ero fermamente convinto che la sua vita fosse in pericolo. Infatti fui il suo ultimo paziente. Il 4 aprile del 1944 (ricordo ancora la data esatta) mi fu consentìto di star seduto sull'orlo del mio letto per la prima volta dal princìpio della mia malattia: nello stesso giorno, il medico si mise a letto, e non si alzò più. Sentii dire che aveva degli attacchi intermittenti di febbre, e poco dopo morì di setticemia. Era un bravo medico: v'era in lui qualcosa di geniale. Altrimenti non mi sarebbe apparso come il re di Coo. In quelle settimane vissi con uno strano ritmo. Di giorno ero per lo più depresso. Mi sentivo debole ed avvilito, e difficilmente osavo muovermi. Amareggiato, pensavo: 'Ora devo ritornare in questo mondo grigo'. Verso sera mi addormentavo, ed il sonno durava fino a mezzanotte circa. Poi tornavo in me, e stavo sveglio per quasi un'ora, ma in una condizione d'animo decisamente mutata. Era come se fossi in estasi, od in un stato d'estrema beatitudine. Mi sentivo come sospeso nello spazio, come se stessi al sicuro nel grembo dell'Universo, in un vuoto smisurato, ma colmo d'un intenso sentimento di felicità. Pensavo: ' Questa è la beatitudine eterna, non la si può descrivere, è troppo meravigliosa! '. Ogni cosa intorno a me sembrava incantata. A quell'ora della notte l'infermiera mi portava del cibo che aveva riscaldato, poiché solo allora potevo prendere qualcosa, e mangiavo con appetito. Per un po' mi parve che fosse una vecchia ebrea, più vecchia di quel che non fosse realmente, e che mi stesse preparando dei piatti rituali, kasher. Quando la guardavo, sembrava che la sua testa fosse circonfusa da un alone azzurro. Io stesso, così mi pareva, ero nel Pardes rimmonim, il giardino dei melograni (nota: Pardes rimmonim è il titolo d'un vecchio trattato cabbalistico di Mosè Cordovero del secolo XVI. Secondo la dottrina cabbalistica, Malchuth e Tifereth sono due delle dieci sfere di manifestazioni divine, nelle quali Dio si rivela emergendo dall'oscurità. Rappresentano il princìpio maschile e quello femminile della divinità), ed avevano luogo le nozze di Tifereth e Malcuth. Oppure ero come il Rabbi Simon ben Jochai, del quale si stavano celebrando le nozze nella vita ultraterrena. Erano le nozze mistiche, così come appaiono nelle rappresentazioni della tradizione cabbalistica. Non so dirvi quanto fosse meraviglioso. Potevo solo continuare a pensare: ' Ecco ora il giardino dei melograni! Ecco, dunque, le nozze di Malchuth e Tifereth! '. Non so esattamente che parte vi avessi. Alla fine era me stesso: io ero lo sposalizio! E la mia beatitudine era quella d'un matrimonio benedetto. Un po' per volta il giardino svaniva, e la mia visione mutava. Seguivano le 'nozze dell'Agnello', in Gerusalemme parata a festa. Non posso descrivere i dettagli: erano ineffabili momenti di gioia, c'erano angeli e luce, io stesso ero lo 'sposalizio dell'Agnello'. Anche questa immagine svaniva, e se ne presentava un'altra, l'ultima visione. Risalivo un'ampia vallata, fin dove essa finiva e cominciava una serie di dolci colline. L'estremità della valle era costituìta da un anfiteatro classico, splendidamente disposto nel verde scenario. Là, in quel teatro, si celebrava lo hierosgamos. Venivano sulla scena danzatori e danzatrici, e su d'un talamo coperto di fiori il Padre Zeus ed Hera consumavano le nozze mistiche, così com'è descritto nel'Iliade. Tutte queste esperienze sono meravigliose. Vagavo una notte dopo l'altra in uno stato di purissima beatitudine, 'circondato da immagini di tutta la Creazione' (Faust, parte II). Poi, gradualmente, i vari motivi si mescolavano ed impallidivano. Di solito le visioni duravano per circa un'ora; poi mi addormentavo di nuovo. Avvicinandosi la mattina, pensavo: ora ricomincia ancora il grigio mattino, ora ritorna il grigio mondo col suo sistema di celle! Che idiozia, quale odiosa sciocchezza! Quegli stati interiori erano così prodigiosamente belli che, al confronto, questo mondo appariva proprio ridicolo. Ma, a misura che ritornavo alla vita, quelle visioni si andavano sbiadendo, ed appena a tre settimane di distanza dalla prima, cessarono del tutto. E' impossibile farsi un'idea della bellezza e dell'intensità dei sentimenti durante quelle visioni. Furono la cosa più tremenda che io abbia mai provato. E quale contrasto il giorno! Ero tormentato e con i nervi a fior di pelle, tutto m'irritava, tutto era troppo materiale, crudo, rozzo, limitato, sia nello spazio sia nello spirito. Era una sorta di prigione, fatta per scopi ignoti, che aveva una specie di potere ipnotico, che costringeva a credere che essa fosse la realtà, nonostante se ne fosse conosciuta con evidenza la sua nullità. Sebbene in seguito abbia ritrovato la mia fede in questo mondo, pure, da allora in poi non mi sono mai liberato completamente dall'impressione che questa vita sia solo un frammento dell'esistenza, che si svolge in un Universo tridimensionale, disposto a tale scopo. V'è anche qualche altra cosa che ricordo distintamente. Al princìpio, quando avevo la visione del giardino dei melograni, chiesi all'infermiera di perdonarmi qualora avesse a ricevere danno. C'era nella stanza una tale santità - così dissi - che avrebbe potuto nuocerle. Naturalmente, ella non mi capì. Per me, la presenza della santità era una atmosfera magica, ma temevo che non fosse sopportabile per gli altri. Capii, allora, perché si parla di 'odore di santità', di 'dolce profumo' dello Spirito Santo che riempie uno spazio. Ecco cos'era. Nella stanza v'era un pneuma d'un'ineffabile santità, la cui manifestazione era il Mysterium Coniunctionis. Non avrei mai pensato, che si potesse provare un'esperienza del genere, e che fosse possibile una beatitudine duratura. Le mie visioni e le mie esperienze erano effettivamente reali, nulla era soltanto sentito, soggettivo, anzi possedevano tutti i caratteri dell'assoluta oggettività. Rifuggiamo dalla parola 'eterno', ma posso descrivere la mia esperienza solo come beatitudine d'una condizione non-temporale nella quale presente, passato e futuro siano una cosa sola. Tutto ciò che avviene nel tempo v'era compreso in un tutto obiettivo, nulla più era distribuito nel tempo o poteva essere misurato con concetti temporali. Tale esperienza potrebbe, semmai, esser definita come una certa condizione del sentimento, che non si può, però, immaginare. Come posso immaginare d'essere contemporaneamente così come ier l'altro, oggi e dopodomani? Qualcosa non sarebbe ancora cominciato, altro sarebbe chiarissimo presente, ed altro ancora sarebbe già terminato: eppure tutto sarebbe una cosa sola! La sola cosa che il sentimento potrebbe cogliere sarebbe una somma, un tutto iridescente, contenente allo stesso tempo l'attesa d'un cominciamento, sorpresa per ciò che accade al momento, e soddisfazione o delusione per ciò che è accaduto. Un tutto indescrivibile, una trama della quale si è parte: eppure, siamo in grado di percepire il tutto con assoluta obiettività. (...) Dopo la malattia cominciò per me un fruttuoso periodo di lavoro: molte delle mie opere principali furono scritte solo allora. La conoscenza, o l'intuizione, che avevo avuto della fine di tutte le cose, mi diede il coraggio d'intraprendere nuove formulazioni. Non tentai più di manifestare la mia opinione personale, ma mi abbandonai al flusso dei miei pensieri. Così mi si presentarono, l'uno dopo l'altro, vari problemi, e un po' per volta presero forma. Ma dalla malattia derivo anche un'altra cosa: potrei chiamarla un dir di 'sì' all'esistenza; un 'sì' incondizionato a ciò che è, senza proteste soggettive; l'accettazione delle condizioni dell'esistenza così come le vedo e le intendo; l'accettazione della mia stessa essenza, proprio come essa è. Al principio della malattia avevo la sensazione che vi fosse un errore nel mio atteggiamento, e che perciò in certo qual modo fossi responsabile io stesso, dell'infelicità. Ma quando uno sceglie la via dell'individuazione, quando si vive la propria vita, si devono mettere anche gli errori, nel conto: la vita non sarebbe completa, senza di essi. Non v'è garanzìa - neanche per un solo momento - che non cadremo nell'errore, o non ci imbatteremo in un pericolo mortale. Possiamo credere che vi sia una strada sicura, ma questa potrebbe essere la via dei morti. Allora non avviene più nulla, o, in ogni caso, non avviene ciò che è giusto. Chiunque prende la strada sicura, è come se fosse morto. Fu solo dopo la malattia, che capii quanto sia importante dir di sì al proprio destino. In tal modo forgiamo un io che non si spezza quando accadono cose incomprensibili; un io che regge, che sopporta la verità, e che è capace di far fronte al mondo ed al destino. Allora, fare esperienza della disfatta è anche fare esperienza della vittoria. Nulla è turbato - sia dentro che fuori -, perché la propria continuità ha resistito alla corrente della vita e del tempo. Ma ciò può avvenire solo quando si rinuncia ad intromettersi con aria inquisitìva nell'opera del destino. Mi sono anche reso conto che si devono accettare i pensieri che ci vengono spontaneamente come una realtà effettiva, al di là d'ogni apprezzamento. Naturalmente, le categorie di vero e falso saranno sempre presenti, ma in secondo piano, senza essere vincolanti, poiché la presenza di pensieri è assai più importante della nostra valutazione soggettiva; i giudizi però, in quanto sono anch'essi pensieri, non devono essere repressi: fanno parte della manifestazione della totalità. (...) Ciò che ho da dire sull'aldilà e sulla vita dopo la morte consiste interamente di ricordi, di immagini nelle quali ho vissuto, e di pensieri che mi hanno travagliato. Questi ricordi, in un certo modo, sono anche a fondamento delle mie opere; poiché queste non sono altro, in fondo, che tentativi sempre ripetuti di dare una risposta al problema della correlazione tra lal-di-qua' e laldilà'. Ma io non ho mai scritto expressis verbis sulla vita dopo la morte; perché, allora, avrei dovuto documentare le mie idee, e non ho avuto modo di farlo. Comunque, quali che siano, voglio ora manifestarle. Anche adesso non posso fare altro che raccontare storie sull'argomento: mythologhéin. Forse bisogna essere vicini alla morte, per acquisìre la libertà necessaria per parlarne. Non è che io desideri o non desideri che vi sia una vita dopo la morte; infatti, preferirei non nutrire pensieri di tal fatta. Pure, devo dichiarare, per essere sincero, che, senza desiderarlo e senza fare alcunché per provocarli, pensieri di tal genere mi aleggiano intorno. Non so dire se questi pensieri siano veri o falsi, ma so che vi sono, e che possono manifestarsi, se non li soffoco per qualche preconcetto. La prevenzione paralizza e danneggia la piena manifestazione della vita psichica, che conosco troppo poco per presumere di poter correggere. La ragione critica ha apparentemente eliminato, insieme con altre concezioni mitiche, anche l'idea della vita dopo la morte. Ciò può essere accaduto solo perché oggi gli uomini, per lo più, si identificano quasi esclusivamente con la loro coscienza, e credono di essere solo ciò che conoscono di sé stessi. Eppure, quanto questa conoscenza sia limitata, può capirlo chiunque possegga anche solo un'infarinatura di psicologia. Il razionalismo ed il dottrinarismo sono malattìe del nostro tempo: pretendono di saper tutto. Invece, ancora molto sarà scoperto di ciò che oggi, dal nostro limitato punto di vista, riterremmo impossibile. I nostri concetti di spazio e tempo hanno solo validità approssimatìva, e lasciano perciò vasto campo a discordanze relative od assolute. In considerazione di tutto ciò, io porgo un orecchio attento a tutti gli strani miti dell'anima, ed osservo i vari avvenimenti che mi capitano senza considerare se essi si adattino o no alle mie premesse teoriche.»[173]
In una lettera dello stesso anno scrive: «Quel che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile, che la nostra immaginazione e la nostra sensibilità non potrebbero concepire nemmeno approssimativamente… Prima o poi, i morti diventeranno un tutt'uno con noi; ma, nella realtà attuale, sappiamo poco o nulla di quel modo d'essere. Cosa sapremo di questa Terra, dopo la morte? La dissoluzione della nostra forma temporanea nell'eternità non comporta una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo tutti membri d'un unico corpo.»[174][175]
Esempi in letteratura
Sono numerosi i resoconti di esperienze di pre-morte negli scritti di autori come Platone, come già menzionato quale antesignano narratore dell'esperienza stessa, ma anche Emanuel Swedenborg, Edward Burnett Tylor, Thomas De Quincey, Oscar Lewis, Ernest Hemingway, Lev Tolstoj, Victor Hugo e tanti altri.
Le più sorprendenti analogie si trovano nel "Libro tibetano dei morti", cioè "Bardo Thodol", attribuito a Padma Sambhava; bisogna tenere presente che, però, quel testo tratta specificamente del Bardo, cioè della fase interincarnatoria che l’Ātman, la Scintilla Individuale Autocosciente, sperimenterebbe tra un’incarnazione e l’altra (e lo scopo del testo sarebbe proprio quello di evitare di mettere l'Ātman nelle condizioni di ricadere nel Saṃsāra, per l'appunto, approdando invece al Dharma-Kāya, vuoto indifferenziato in cui coesistono tutte le forme).[176]
Lo stesso Marco Margnelli[177] sottolinea che "nel testo tibetano la descrizione del 'viaggio' che 'l'anima' compie dopo essere uscita dal corpo è molto diversa da quella cui ci hanno abituato coloro che fanno l'esperienza perimortale in Occidente."[178]
Comunque non mancano parallelismi neppure con la Bibbia.
E’ qui il caso, allora, di ritornare a Bruno Severi[179], ed alla sua relazione "Delog: un'esperienza mistica fra Libro Tibetano dei Morti ed NDE", in "Incontrare il mistero", Atti del 16° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2012, ove la questione viene ben compendiata: “Una differenza fondamentale tra esperienza NDE (…) e descrizioni contenute nel 'Libro Tibetano dei Morti' risiede nel fatto che nel(la prima condizione) la persona non è effettivamente morta, mentre nella (seconda) lo è ovviamente a tutti gli effetti. (…) Nell'opera di Sogyal Rinpoche 'The Tibetan book of living and dying' (in italiano 'Il libro tibetano del vivere e del morire", Ubaldini Editore, Roma, 2011) si sottolineano alcuni punti in comune tra le NDE e il 'Libro Tibetano dei Morti', che sono le seguenti. - Nelle primissime fasi dopo la morte, il 'Libro Tibetano dei Morti' descrive la comparsa all’anima del defunto di una luce chiarissima, che può trovare una precisa corrispondenza con la luce in fondo al tunnel o con l’'essere di luce' descritti nella NDE. (…) - Nel secondo stadio del 'Libro Tibetano dei Morti', il Chonyid Bardo, compaiono al defunto diverse divinità, rapportabili alle entità spirituali che accolgono e accompagnano attraverso l' 'altro' mondo chi è in NDE (…). - Un ulteriore parallelismo tra le (…) situazioni riguarda le esperienze infernali, con incontri con divinità terrifiche e stati d'animo spaventosi, che caratterizzano tanto il 'Libro Tibetano dei Morti', quanto alcune delle esperienze di NDE vissute in modo negativo (…). A queste puntualizzazioni di Sogyal Rinpoche si aggiungano ulteriori osservazioni. - Come già notato, la convinzione di non essere morti ed i vani tentativi di interloquire con i presenti sono descritti in modo identico sia dall'occidentale che racconta la propria NDE, sia (…) nel 'Libro Tibetano dei Morti' (, ove) si legge che l'anima del defunto all'inizio non si rende conto della propria morte e si arrabbia inutilmente con i familiari che, sordi ai suoi richiami, ne stanno piangendo invece la morte. (…) - Anche il giudizio divino che ci attende nell'aldilà fa parte dei racconti dei redivivi delle NDE (in questo caso, in realtà, di norma, l'anima si giudica da sola, magari con l'aiuto e la supervisione di una o più Guide, nota), (…) e di quanto è descritto nel sacro testo tibetano quando si tratta del 'bardo', ossìa del mondo intermedio tra la morte e la rinascita. (…) - Ad accomunare le (…) situazioni contribuiscono anche gli incontri e i dialoghi che si hanno nell'aldilà con defunti, che possono essere sconosciuti oppure amici e parenti. (…) - Gli antichi testi religiosi e le rappresentazioni artistiche sia del Tibet che della nostra cultura cristiana trattavano o illustravano l'aldilà insistendo molto, e con grande dovizia di particolari, sulle terribili torture inflitte ai peccatori. Se facciamo il confronto con quanto ci proponevano gli scrittori e i pittori di queste due lontane realtà, noteremo che la loro fantasìa, o quella dei loro committenti, in entrambi i casi era simile. Le pene fisiche sono pressoché sovrapponibili, e le fiamme dei due inferni irradiano identici sinistri bagliori. Attualmente nessun cristiano crede molto a queste estreme rappresentazioni: l'inferno si è in qualche modo adeguato ai tempi. Lo stesso sta avvenendo nel mondo tibetano: il Dio della morte Yama, sempre rappresentato in passato nel peggiore dei modi, nell'immaginario attuale appare trasformato in un Dio più benevolo e comprensivo, e le pene che infligge ai dannati non fanno più accapponare la pelle come un tempo non troppo lontano.”
Bibliografia italiana, in ordine cronologico secondo la versione in lingua originale
1. “Il Racconto di Er”, di Platone, nell’opera “La Repubblica” del medesimo Autore (edizione originale 390-360 a.C., edizione italiana Edizioni di Ar, 2010).
2. “La sincronicità”, di Carl Gustav Jung (edizione originale 1960, edizione italiana Edizioni Bollati Boringhieri, in "Opere", "Volume 8", 1976).
3. “Ricordi, sogni, riflessioni”, di Carl Gustav Jung (edizione originale 1961, edizione italiana Edizioni Il Saggiatore, 1965).
4. “Di ritorno dall’aldilà. Le sconvolgenti testimonianze di coloro che sono stati richiamati in vita. Sorprendenti analogie con i messaggi dei defunti”, di Jean Baptiste Delacour (edizione originale 1973, edizione italiana Armenia Editore, 1984).
5. “Sulla morte e il morire. Essere vicini a chi è prossimo a morire: alleviarne la sofferenza fisica e morale con rispetto della loro dignità umana, del bisogno di verità e di solidarietà”, di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1974, edizione italiana red./studio redazionale, 1981).
6. “La vita oltre la vita. Studi e rivelazioni sul fenomeno della sopravvivenza”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1975, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1977).
7. “Nuove ipotesi sulla vita oltre la vita”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1977, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1978).
8. “Qualcuno è tornato Le esperienze, le visioni di chi si è affacciato per un attimo alla soglia della morte. Uno sguardo sull’aldilà?”, di Paola Giovetti (Armenia Editore, 1981).
9. [[“Dai confini della vita – Un’indagine scientifica. Un famoso cardiologo americano attraverso l’esame diretto di 107 casi di persone prima entrate e poi uscite dal coma ne riporta le singolari esperienze percepite sulla soglia dell’aldilà e ci rivela l’esistenza di un’indefinita e misteriosa realtà sospesa fra due mondi”]], di Michael B. Sabom (edizione originale 1982, edizione italiana Longanesi & C., 1983).
10. “La morte e la vita dopo la morte. Morire è come nascere”, di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1983, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 1991).
11. “Vi racconto la mia morte. La più bella esperienza della mia vita”, di Stefan Von Jankovich (edizione originale 1984, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 1985).
12. “Le esperienze di confine e la vita dopo la morte”, di Filippo Liverziani (Edizioni Mediterranee, 1986).
13. “I morti risuscitati. Storie vere di 400 miracoli di risurrezione”, di Albert J Hebert (edizione originale 1986, edizione italiana Edizioni Segno, 1998).
14. “La luce oltre la vita”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1988, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1989).
15. “Ritorno dal silenzio. Inquietanti fenomeni di pre-morte. I racconti di chi ha vissuto l’esperienza. Le ipotesi degli studiosi”, di David Scott Rogo (edizione originale 1989, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia, Pan, Geo SpA, 1993).
16. “Le dolci esperienze di premorte”, di Giuliana Tognola, all'interno della rivista medica "Il Polso" (giugno-luglio 1989).
17. “Più vicini alla luce. Le commoventi testimonianze di bambini che hanno conosciuto la morte”, di Melvin Morse e Paul Perry (edizione originale 1990, edizione italiana Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1991).
18. “Valutazioni sull’esperienza di pre-morte” di Antonino Aldo Sodaro, all’interno del volume “L’altra realtà”, di Autori Vari ed a cura di Paola Giovetti (Edizioni Mediterranee, 1990).
19. “Near death experiences: Le esperienze vicino alla morte”, di Giuseppe Angelini e Donatella Ganora, all’interno del volume “Psicopatologia, cultura e pensiero magico”, di Autori Vari ed a cura di Goffredo Bartocci (Liguori Editore, 1990).
20. “Le esperienze premortali e la parapsicologia”, di Massimo Biondi (Numero Unico del 1991 di “Metapsichica”, Rivista Italiana di Parapsicologia, organo dell’AISM, Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica).
21. “Trasformati dalla luce. Come l’esperienza della morte ha illuminato l’esistenza di chi è tornato in vita”, di Melvin Morse e Paul Perry (edizione originale 1992, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia, Pan, Geo S.p.A., 1995).
22. “Progetto Omega. Dall’esperienza di pre-morte ai rapimenti alieni”, di Kenneth Ring (edizione originale 1992, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 2003).
23. “Abbracciata dalla luce. La più profonda e straordinaria esperienza oltre la vita”, di Betty J. Eadie (edizione originale 1992, edizione italiana Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1994).
24. [[“Oltre la vita – Testimonianze di pre-morte. Testimonianze autentiche di esperienze reali di persone dichiarate clinicamente morte e poi tornate alla vita. Come si identifica la pre-morte: i nove requisiti. Statistiche. Interpretazioni scientifiche: psichiatriche, psicologiche, farmacologiche. Come cambia la vita dopo l’esperienza di pre-morte, ecc. ecc.”]], di Lucia Pavesi (Giovanni De Vecchi Editore S.p.A., 1993).
25. “La porta dell’aldilà. Suggestive testimonianze di gente comune che ha vissuto l’attimo estremo della morte, ha viaggiato nell’aldilà, ed è poi tornata miracolosamente su questa Terra”, di Jean Ritchie (edizione originale 1994, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A, 1997).
26. “Salvato dalla luce. Le visioni profetiche di un uomo tornato dall’aldilà”, di Dannion Brinkley con Paul Perry (edizione originale 1994, edizione italiana Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1996).
27. “Le near death experiences: una possibile rappresentazione del sacro in prossimità della morte”, di Daniele La Barbera, Adriana Duci e Carmencita Mangano, all’interno dei volumi di “Psicopatologia, cultura e dimensione del sacro”, di Autori Vari ed a cura di Goffredo Bartocci (Edizioni Universitarie Romane, 1994).
28. “La morte è di vitale importanza. Riflessioni sul passaggio dalla vita alla vita dopo la morte”, di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1995, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A, 1997).
29. “Impara a vivere impara a morire. Riflessioni sul senso della vita e sull’importanza della morte” di Elisabeth Kübler-Ross (edizione originale 1995, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A, 2001).
30. “La verità nella luce. Una indagine su 300 casi di 'ritornati' dall’Aldilà”, di Peter & Elizabeth Fenwick (edizione originale 1995, edizione italiana Hermes Edizioni, 1999).
31. “EPM – Esperienze Pre-Morte. Fenomenologia e ipotesi interpretative”, di Aureliano Pacciolla (Edizioni San Paolo, 1995).
32. “Delog: donne che viaggiano oltre la morte”, di Delog Dawa Drolma (edizione originale 1995, edizione italiana Edizioni Amrita s.r.l., 2005).
33. “Esperienze di Pre-Morte, Nursing e Medicina Palliativa”, di Laura Cunico ed Emilio Tiberi, all'interno (Pgg. 97-112) di “Annali dell’Istituto di Psicologia”, Anno 1, di Autori Vari, 1996 (stampato complessivamente dall'Università degli Studi di Verona - Facoltà di Lettere e Filosofia, con la CIERRE edizioni).
34. “NDE: territori oltre la vita” (ATTI – 1° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 1997).
35. “L’ultima frontiera. Incredibili racconti di esperienze pre-morte”, di Richard Kent e Val Fotherby (edizione originale 1997, edizione italiana Editrice IL DONO, 1998).
36. “Visioni oltre il reale” (ATTI – 2° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 1998).
37. “Insegnamenti dalla luce. Cosa possiamo imparare dalle esperienze in punto di morte” di Kenneth Ring e Evelyn Elsaesser Valarino (edizione originale 1998, edizione italiana Edizioni Mediterranee 2001).
38. “Incontro con la Chiara Luce. Il grande viaggio di andata e ritorno dall’aldilà”, di Giorgio Cerquetti (Edizioni Compagnia degli Araldi, 1998).
39. “Fenomenologia e ipotesi interpretative delle Esperienze di Pre-Morte. Review della letteratura”, di Laura Cunico, in “Nursing Oggi”, n°3, di Autori Vari (Pgg. 16-24), 1998.
40. “Perché credere nella vita oltre la morte?”, di Robert Dawson, con illustrazioni di Alice Englander (edizione originale 1998, edizione italiana Marietti 1820 Editore, 2000).
41. “Energie al di là dell’essere” (ATTI – 3° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 1999).
42. “L’ultimo sorriso. Un nuovo, sorprendente sviluppo negli studi della vita oltre la morte”, di Raymond A. Moody Jr (edizione originale 1999, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2001).
43. “L’universo magico delle NDE” (ATTI – 4° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2000).
44. “La luce e la rinascita” (ATTI – 5° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2001).
45. “La vita dopo un grande dolore. Un libro che può aiutarci a vivere con serenità e speranza dopo la perdita di una persona cara”, di Raymond A. Moody Jr & Dianne Arcangel (edizione originale 2001, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., 2003).
46. “Eventi oltre la soglia” (ATTI – 6° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2002).
47. “Ignoti sentieri della coscienza” (ATTI – 7° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2003).
48. “Territori oltre la vita”, di Fulvia Cariglia (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2003).
49. “Echi d’altrove” (ATTI – 8° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2004).
50. “90 minuti in Paradiso. Un incidente mortale e il miracoloso ritorno alla VITA dopo uno straordinario viaggio nell’aldilà”, di Don Piper con Cecil Murphey (edizione originale 2004, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., 2009).
51. “Oltre il silenzio”, di Antonio Massena (Textus Edizioni, 2004).
52. “La vita oltre la vita” (ATTI – 9° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2005).
53. “Esperienze Pre-morte – Un approccio antroposofico”, di Candida Gentile Prevato (Edizioni Psiche 2, 2005).
54. “Vado e torno. La verità della vita e della morte vissuta e raccontata da un ragazzo per i ragazzi e per gli adulti”, di Cesare Boni e Kicca Campanella (edizione originale svizzera 2005, edizione italiana Edizioni Amrita 2009).
55. “Gli universi della mente” (ATTI – 10° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2006).
56. “Sopravvivere: il velato destino della personalità” (ATTI – 11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2007).
57. “NDE – Near-Death-Experiences. Testimonianze di esperienze in punto di morte”, di Paola Giovetti (Edizioni Mediterranee, 2007).
58. “Ai confini della coscienza. L’aldilà ritrovato. Viaggio intorno alla Vita, alla Sofferenza e alla Morte. Dalle Esperienze di Pre-Morte alla Teoria Quantistica sull’Espansione della Coscienza”, di Antonio Musorrofiti (Armando Siciliano Editore, 2007).
59. “Non moriamo mai. La ricerca e lo studio dei fenomeni legati al passaggio verso l’aldilà”, di Bernard Jakoby (edizione originale 2007, edizione italiana Gruppo Editoriale Armenia S.p.A, 2008).
60. “Il trionfo dell’ignoto” (ATTI – 12° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2008).
61. “Lezioni dal Paradiso. 7 strategie spirituali per potenziare la tua vita”, di Dannion e Kathryn Brinkley (edizione originale 2008, edizione italiana Macro Edizioni 2011).
62. “21 Giorni nell’Aldilà: Un viaggio scientifico e letterario che potrebbe cambiare la vostra vita”, di Piero Calvi-Parisetti (edizione originale 2008, edizione italiana Edizioni OpenMind 2015).
63. “Viaggi ai confini della vita. Esperienze di pre-morte ed extra-corporee in Oriente e Occidente: un’indagine scientifica”, di Ornella Corazza (edizione originale 2008, edizione italiana Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2014).
64. “Alle porte del cielo e dell’inferno. Testimonianza”, di Gloria Polo (Edizioni Segno, 2008).
65. “Dove va l’anima dopo la morte. Cosa accade. Come comportarsi. Come accompagnare il morente”, di Cesare Boni (Edizioni Amrita, 2008).
66. “Territori della coscienza” (ATTI – 13° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2009).
67. “ La luce e la rinascita. Nuove esperienze nei 'territori oltre la vita' ”, di Fulvia Cariglia (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2009).
68. “Segreti percorsi dell’essere” (ATTI – 14° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2010).
69. “Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica”, di Enrico Facco (Edizioni Altravista, 2010).
70. “Esiste un posto bellissimo. L’aldilà nelle testimonianze di chi lo ha visto”, di Jeffrey Long con Paul Perry (edizione originale 2010, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. 2013).
71. “Il Paradiso per davvero. Un biglietto per il cielo andata e ritorno”, di Todd Burpo con Lynn Vincent (edizione originale 2010, edizione italiana Rizzoli Editore, 2011).
72. “Un attimo di eternità. Un uomo e la sua storia di vita oltre la morte”, la storia di Ian McCormack raccontata da Jenny Sharkey (Edizioni Fede Speranza Amore, 2010).
73. “Alle frontiere della coscienza” (ATTI – 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2011).
74. “NDE. Visioni premorte. Confine tra ignoto e scienza”, di Davide Vaccarin (Editoriale Programma s.r.l., 2011).
75. “Rinascere dal passato. Il potere segreto dei ricordi”, di Fulvia Cariglia (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2011).
76. “Il libro segreto di Gesù. I codici nascosti della resurrezione. I tre giorni che hanno cambiato il mondo”, di Simone Venturini (Newton Compton editori s.r.l., 2011).
77. “Analisi epistemologica delle esperienze di premorte galileianamente 'sensate e dimostrate': scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica”, di Enrico Facco e Lorenzo Cima (all’interno di “Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana delle Scienze, Lettere ed Arti, Già dei Ricovrati e Patavina”, 123, 2011. Pagg. 121-165).
78. “La (falsa) NDE di Gloria Polo”, di Claudio Pisani (dal suo Sito Internet “La Pagina degli Amputati”, 2011).
79. “Incontrare il mistero” (ATTI – 16° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2012).
80. “Milioni di farfalle. Il racconto di un neurochirurgo americano che ha scioccato il mondo”, di Eben Alexander (edizione originale 2012, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2013).
81. “Morendo ho ritrovato me stessa. Dying to be me. Viaggio dal cancro, alla premorte, alla guarigione”, di Anita Moorjani (edizione originale 2012, edizione italiana Edizioni My Life 2013).
82. “In Paradiso e ritorno. La storia vera di un medico e della sua esperienza nell’Aldilà”, di Mary C. Neal (edizione originale 2012, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2013).
83. “Una scia di infinite stelle. La vita oltre la vita esiste: la testimonianza del più grande studioso dell’Aldilà”, di Raymond Moody (finalmente il nome appare essenzializzato!) e Paul Perry (edizione originale 2012, edizione italiana Garzanti Libri S.r.L., 2014).
84. “Le esperienze di pre-morte (NDE): le possibili applicazioni psicoeducative di un’ipotesi neurologica”, di Mauro Milanesio e Patrizia Scanu, da “Atti del Congresso Internazionale Dinanzi al morire: percorsi interdisciplinari dalla ricerca all’intervento palliativo”, di Relatori Vari ed a cura di Dora Capozza e Ines Testoni (Edizioni Padova University Press, 2012).
85. “Dimensioni sconosciute” (ATTI – 17° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2013).
86. “Messaggi di luce. Storie e testimonianze dell’Aldilà”, di Theresa Cheung (edizione originale 2013, edizione italiana TEA S.p.A. 2013).
87. "Autoricerca - Rivista di ricerca interiore", n°5, numero totalmente dedicato alle OBE, argomento affine (Editore Massimiliano Sassoli De Bianchi, 2013).
88. “Il volo della coscienza” (ATTI – 18° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino 2014).
89. “ La mappa del Paradiso. 'Adesso ho le prove che l’Aldilà esiste' ”, di Eben Alexander con Ptolemy Tompkins (edizione originale 2014, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2014).
90. “Oltre il confine della vita” di Penny Sartori (edizione originale 2014, edizione italiana Edizioni TRE60, 2015).
91. “Tornati dall’aldilà”, di Antonio Socci (Rizzoli Editore, 2014).
Bibliografia principale e pubblicazioni in lingua straniera, non editi in italiano
• “Eindeloos Bewustzijn” (“Coscienza Infinita”, in inglese uscito come "Consciousness Beyond Life") di Pim Van Lommel, (http://www.amazon.it/Consciousness-Beyond-Life-Near-Death-Experience/dp/0061777269);
• “The Handbook of Near-Death Experiences: Thirty Years of Investigation” (“Il manuale delle NDE: trent'anni di investigazioni”) di Janice Miner Holden, Bruce Greyson e Debbie James, dove c’è il fondamentale saggio della Holden “Veridical perception in near-death experiences” , più di 100 riscontri veridici in OBE da NDE (http://www.amazon.it/The-Handbook-Near-Death-Experiences-Investigation/dp/0313358648);
• “Light and Death” di Michael Sabom (“Luce e Morte”, titolo discutibile che pare un ossimoro, ma in cui è narrata in dettaglio la NDE di Pam Reynolds in condizioni di EEG piatto monitorato) (http://www.amazon.com/Light-Death-Michael-Sabom/dp/0310219922);
• “Irreducible Mind: Toward a Psychology for the 21st Century” (“Mente irriducibile: Verso una psicologia per il 21° secolo”) di Edward Kelly ed Emily Williams Kelly, Adam Crabtree, Alan Gauld, Michael Grosso (http://www.amazon.it/Irreducible-Mind-Toward-Psychology-Century/dp/1442202068);
• “The Scalpel and the Soul” (“Lo scalpello dell’anima”, o “Il bisturi e l’anima”) di Allan Hamilton, dov'è descritto un altro caso di percezioni veridiche in EEG piatto monitorato (https://www.youtube.com/watch?v=XSXYZrCY6IM) (http://www.amazon.it/The-Scalpel-Soul-Encounters-Supernatural/dp/1585427136);
• “Brain Wars” (“Guerre della mente”) e “The Spiritual Brain” (“Il cervello spirituale”) di Mario Beauregard, con ennesimo caso di percezioni veridiche in OBE durante EEG piatto monitorato (http://www.amazon.com/Mario-Beauregard/e/B001IGOE2K);
• “The End of Materialism” (“La fine del materialismo”) di Charles Tart (http://www.amazon.com/The-End-Materialism-Evidence-Paranormal/dp/1572246456).
• Van Lommel P., van Wees R., Meyers V., Elfferich I., Near-death experience in survivors of cardiac arrest: a prospective study in the Netherlands, in Lancet, vol. 358, nº 9298, dicembre 2001, pp. 2039–45, DOI:10.1016/S0140-6736(01)07100-8, PMID 11755611.
• Parnia S., Young J., Erasing Death: the Science that is rewriting the boundaries between life and death, HarperCollins, 2013, pp. 352, ISBN 9780062080608.
• Griffith LJ, Near-death experiences and psychotherapy in Psychiatry (Edgmont (Pa. : Township)), vol. 6, nº 10, ottobre 2009, pp. 35–42, PMC 2790400, PMID 20011577.
• (EN) Christian Agrillo, Near-Death Experience: Out-of-Body and Out-of-Brain?, 15 (1): 1-10, Review of General Psychology.
• Greyson B, Incidence and correlates of near-death experiences in a cardiac care unit in General Hospital Psychiatry, vol. 25, nº 4, 2003, pp. 269–76, PMID 12850659.
• (EN) A. Vanhaudenhuyse, M. Thonnard, and S. Laureys, Towards a Neuro-scientific Explanation of Near-death Experiences?, pp. 961-968.
Voci correlate
• Morte
Altri progetti
• Commons contiene immagini o altri file su Esperienze ai confini della morte
Collegamenti esterni
• Armando De Vincentiis, Esperienze di pre-morte (NDE), dal sito del CICAP
• Benjamin Radford, Connessione fra il biossido di carbonio e le esperienze di quasi-morte. Trad. di Fara Di Maio presso il sito del CICAP.
• Kyle Hill, Le esperienze di pre-morte e la (non) prova del paradiso, Le Scienze, 8 dicembre 2012
• (EN) Sito ufficiale dell'International Association for Near-Death Studies (IANDS)
• (EN) Articolo originale: The Death of “Near Death”: Even If Heaven Is Real, You Aren’t Seeing It, Scientific American, 3 dicembre 2012
• Sabrina Pieragostini, Sam Parnia, il medico che fa rivivere i morti, Panorama, 20 maggio 2013
• Quotidiano La Repubblica - Una prova scientifica di consapevolezza dopo la morte
"http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Esperienze_ai_confini_della_morte&oldid=71358581"
• Morte
• Fenomeni paranormali psichici
• Altre
"http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Utente:Eleutherion/Sandbox&oldid=71597097"
Note
- ^ Pim van Lommel, Ruud van Wees, Vincent Meyers, Ingrid Elfferich, Near-Death Experience in Survivors of Cardiac Arrest: a Prospective Study in the Netherlands, in "The Lancet", vol. 358, 15 dicembre 2001, pp. 2040
- ^ Michel Aupetit, Alle soglie dell'eternità. Testimonianze di persone uscite da coma profondo, Zauli Editore, 2007
- ^ Paola Giovetti, NDE Near-death experiences Testimonianze di esperienze in punto di morte, Edizioni Mediterranee, 2007, p.17
- ^ Todd Burpo e Vincent Lynn, Il Paradiso per davvero, Rizzoli, 2011, p. 119
- ^ Moody Raymond "La vita oltre la vita", Oscar Mondadori
- ^ Paola Giovetti, opera citata, p. 61
- ^ Online NDE Scientific Papers
- ^ Di "ipotesi riduttiva", ad esempio, parlano esplicitamente Silvia Gaudenzi (astrofisica, già Ricercatrice confermata presso l'Istituto Astronomico, già impegnata presso il Dipartimento di Fisica dell'Università "La Sapienza" di Roma, è attualmente Dottore in Fisica, nonché membro del Consiglio Direttivo della SIPNEI - Società Italiana Psico-Neuro-Endocrino Immunologi -. In campo astrofisico, fisico e biofisico, ha svolto e svolge attività di insegnamento e studio ed, in particolare, sta lavorando ad alcuni importanti esperimenti di biofisica. Autrice, tra l'altro, di un singolare lavoro inerente l'origine e l'autenticità della Sindone) e Giuseppe Genovesi (Laureato in Medicina, si è specializzato in Endocrinologia, Psichiatria ed immunologia. Già Ricercatore presso il Dipartimento di Fisiopatologia Medica dell'Università "La Sapienza" di Roma, è attualmente Docente di Endocrinologia presso la medesima Università. E' anche il massimo esperto in Italia sulla MCS (sensibilità chimica multipla). Autore di saggi ed articoli di interesse neuroendocrino, psicoendocrino ed immunoendocrino, è tra i Fondatori della SIPNEI - Società Italiana Psico-Neuro-Endocrino Immunologi -, con finalità di orientamento culturale verso la medicina olistica. Negli anni '94/'95 ha condotto uno specifico studio sull'NDE, analizzando in particolare l'esperienza in alcuni soggetti ciechi dalla nascita e sordomuti. Da anni si dedica allo studio della fisica quantistica applicata alla medicina), nella loro Relazione "Indizi per un futuro scenario delle esperienze di premorte", in seno ad "Eventi oltre la soglia", Atti del 6° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2002. Allo stesso modo Mauro Milanesio (Medico di Medicina Generale ASL CN2 Alba-Bra, neuroriflessoterapeuta Gemmer, dal 1995 allievo di Renée Bourdiol, neurofisiologo francese autore di numerosi lavori ed opere sull'interpretazione neurofisiologica delle cosiddette terapie alternative, fondatore del Groupe d'Etude en Medicine Manuelle et Reflexe - Gemmer -), nella sua Relazione "Le esperienze di pre-morte: riflessioni e prospettive di una rilettura neurologica", in seno a "Dimensioni sconosciute", Atti del 17° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2013, afferma: "Tutte le interpretazioni mediche e psicologiche di tipo riduzionistico tendono ad attribuire il fenomeno agli effetti bizzarri di un cervello morente (...) In verità, le singole teorie peccano di clamorosa incompletezza, poiché si limitano a spiegare singoli aspetti dell'intera esperienza o - sorvolando sul fatto che, almeno in molti casi, l'NDE si verifica in condizioni cerebrali incompatibili con la produzione di tale vissuto - lasciano brecce interrogative enormi ed estrema insoddisfazione intellettuale." Sempre di "riduzionismo" parla anche Giuseppe Scarso (Laureato in Medicina e Chirurgia e Specialista in Psichiatria, è Psicoterapeuta ed Analista Adleriano, già Ricercatore confermato presso il Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino, nonché già Docente presso le Scuole di Specializzazione in Psichiatria e Psicologia Clinica e presso i Diplomi Universitari di Tecnica in Neurofisiologia e Tecnica in Fisioriabilitazione dell'Università di Torino, è divenuto poi Professore Aggregato al Dipartimento di Neuroscienze presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Torino, e da molti anni svolge studi e ricerche nell'àmbito delle applicazioni della musicoterapia in vari settori della medicina, nonché ha al suo attivo numerosissime pubblicazioni scientifiche. Si occupa anche dei rapporti tra psicopatologia e letteratura), definendolo come "un certo tipo di impostazione scientifica che tende a ridurre il più complesso al più semplice, lo psichico al biologico, e nega l'esistenza di fenomeni cosiddetti paranormali (cioè forme di conoscenza che non passino attraverso i cinque sensi conosciuti) se non come manifestazioni patologiche", nella sua Relazione "Mistica ed esperienze di confine", ancora in "Eventi oltre la soglia", Atti del 6° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2002. Dal canto suo, Antonio Giuditta (Laureato in Medicina, è Biologo e svolge attività di Ricercatore nell'àmbito delle Neuroscienze; in particolare si interessa della capacità e dell'origine filogenetica della mente. Per decenni Direttore del Laboratorio di Neurobiologia presso il Marine Biological Laboratory di Woods, negli Stati Uniti, è attualmente impegnato presso l'Università Federico II di Napoli. Autore di quasi duecento articoli scientifici su riviste internazionali, ha curato importanti pubblicazioni sull'apprendimento, sulla funzione del sonno e sul ruolo del DNA e dell'RNA cerebrali), fa eco (nella sua Relazione "Mente e materia: il messaggio dei quanti", in "Dimensioni sconosciute", Atti del 17° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2013) alla posizione di Scarso, quando accusa l’”approccio riduzionista” di imporre che le qualità dei corpi degli organismi viventi derivino dai loro sottocomponenti più evidenti, dal che deriva che quest’approccio stesso “risulta falsato dall’implicita presunzione che quelle qualità siano esclusivamente da attribuire a molecole e macromolecole. E’ fin troppo facile ricordare che le molecole sono fatte di atomi, gli atomi di nuclei ed elettroni, i nuclei di quark, i quark di particelle elementari. Perché mai molecole e macromolecole dovrebbero essere le uniche componenti capaci di determinare qualità e capacità di cellule e organismi? Nessuna ragione logica sembra giustificare queste presunzioni.” Ed ancora di "riduttivismo scientifico" parla il Dottor Mario Zampardi (già Medico Specialista in Psichiatria, già Primario Ospedaliero e Capo Dipartimento Salute Mentale del Servizio Sanitario Nazionale, ha al suo attivo numerose pubblicazioni specialistiche a prevalente orientamento psicodinamico, è attualmente libero professionista. Si occupa da più di trent'anni di stati modificati di coscienza, che pure ha sempre tentato di inquadrare con modelli interpretativi "scientifici" e "razionali", cioè inerenti al paradigma scientistico-riduzionistico dominante, ma che, con un'apprezzabile dose di apertura mentale, è dovuto giocoforza divenire progressivamente sempre più possibilista ed aperto ad interpretazioni alternative rispetto al paradigma dominante, proprio in virtù delle prove a supporto d'un modello alternativo che sono venute accumulandosi negli anni), nella sua Relazione "NDE: modelli interpretativi a confronto", in "Alle frontiere della coscienza", Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2011. Ancora più netto è Enrico Facco (Professore d’Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università di Padova, Specialista in Neurologia ed esperto di terapia del dolore, agopuntura, ipnosi clinica e bioetica, nel suo volume “Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica”, Edizioni Altravista, 2010, dà mostra d'una conoscenza davvero enciclopedica): "Le ipotesi interpretative di matrice riduzionistica fino ad oggi disponibili appaiono più come un tentativo di costringere questi fenomeni nell'ambito forse troppo stretto delle conoscenze convenzionali, ancorate al paradigma scientifico biomedico classico, a sua volta ancorato alla fisica del 19° secolo." Ed ancora: "I dogmi, i pregiudizi e le credenze sono un prodotto della coscienza ordinaria corroborato dal potere; questo non vale solo per la religione, ma per tutte le attività umane, dalla politica alla gestione della scienza e delle sue conoscenze." (Relazione "Esperienze di pre-morte: una realtà fra scienza e pregiudizio", in "Alle frontiere della coscienza", Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2011) Lo stesso Giuseppe Scarso afferma: "il concetto di 'neutralità della scienza', per cui questa veniva intesa come scevra da ogni contaminazione aprioristica, preconcetta, è stato smontato dalle osservazioni di una più aggiornata filosofia della scienza. Imre Lakatos (1970) afferma che ogni paradigma scientifico non è scevro da una valenza metafisica, cioè da un preconcetto che ne è alla base." (Relazione "NDE, Aura Epilettica, Attacco di Panico: proposta di un modello analogico", in "La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2001)
- ^ [1]
- ^ [2]
- ^ Jeffrey Long è un radiologo oncologico di riconosciuta fama, i cui interventi sono stati pubblicati su Newsweek e Wall Street Journal. Ha lavorato ai vertici della International Association for Near-Death Studies ed è coinvolto attivamente nella ricerca sulle esperienze pre-morte. Assieme alla moglie ha fondato la Near Death Experience Research Foundation, sul cui sito web http.//www.nderf.com migliaia di persone da tutto il mondo hanno condiviso le proprie esperienze di pre-morte.
- ^ Laureatosi in Psicologia presso l'Università di Edimburgo, ha conseguito l'abilitazione in Psicologia Clinica presso la Tavistock Clinic di Londra e il Dottorato a Edimburgo nel 1977. Trasferitosi in Svezia nel 1980, è stato Titolare della Cattedra di Psicologia presso l'Università di Gothenburg. Vincitore di vari premi e menzioni conferitegli dalle Istituzioni più prestigiose inglesi e svedesi (fra cui l'Università di Cambridge e il John Bjorkhem Fund) è autore di più di 60 pubblicazioni riguardanti la psicologia clinica e la parapsicologia. Nel 1994 ha presieduto il Convegno dell'Associazione di Parapsicologia, ed è stato uno dei coordinatori del Simposio sulla Parapsicologia organizzato, nel 1998, dalla Società Svedese per la Ricerca Psichica. E' stato co-direttore della "Rivista di Parapsicologia" ("Journal of Parapsychology". Attualmente è Professore Emerito presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università di Gothenburg. Le critiche al "modello-Blackmore" si trovano nella Relazione "Il contributo della parapsicologia e della psicologia nella comprensione delle NDE", da lui tenuta nell'àmbito de "L'universo magico delle NDE", "Atti del 4° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2000.
- ^ Laureata in Sociologia, è psicologa e svolge da molti anni attività giornalistica e di saggista. Impegnata ricercatrice nello studio delle NDE, ha pubblicato sull'argomento numerosi articoli e libri editi da Mondadori: "Territori oltre la vita", "La luce e la rinascita" e "Rinascere dal passato". Il suo recente "Incontrare il mistero" è dedicato all'incidenza degli avvenimenti insoliti nel quotidiano ed il loro verificarsi nella storia. Dal 1997 organizza e coordina i prestigiosi Congressi Internazionali di Studi delle Esperienze di Confine che si tengono presso la Repubblica di San Marino. Vive e lavora a Firenze.
- ^ Marco Margnelli, laureato in Medicina e Chirurgia, è stato ricercatore presso il CNR ed esperto di fisiologia degli stati di coscienza, in particolare l'estasi mistica e lo stato ipnagogico. Ha svolto la libera professione come medico, alternando tale attività con quella pubblicistica presso le più autorevoli testate scientifiche italiane. Nel 1987 ha fondato il Centro Studi e Ricerche sulla Psicofisiologia degli Stati di Coscienza, che ha diretto fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2005.
- ^ Davide Vaccarin, laureato in Medicina e Chirurgia a Padova con una tesi sperimentale sull'approccio medico alla fenomenologia delle esperienze di premorte, comprendente l'analisi di 20 casi condotta con un protocollo di studio e di interviste ai pazienti da lui elaborato basandosi sulla Scala di Greyson. Ha aperto il primo blog italiano sulle NDE, dove tiene traccia del suo lavoro di studio e ricerca. Ha al suo attivo una raccolta inedita di testimonianze NDE, ed ha infine pubblicato il volume "NDE. Visioni Premorte. Confine tra ignoto e scienza", Editoriale Programma, Treviso, 2011. Afferma che lo studio delle esperienze premorte ha cambiato completamente il suo modo di intendere la professione medica, la malattia ed il rapporto col paziente. Perfezionato in Terapia del Dolore e Cure Palliative, ha conseguito un Master Universitario Biennale di secondo livello in Terapia del Dolore e Cure Palliative, nonché un Master Universitario Biennale di secondo livello in Medicina Tradizionale Cinese, Agopuntura, Medicina Omeopatica, Fitoterapia Medica. E' stato Direttore Sanitario presso Castelmonte Soc. Coop. Onlus per il settore “Attività di Soccorso e Trasporto Sanitario”, Direttore Sanitario presso "Studio Lambda" di Feletto Umberto (Tavagnacco, Udine), Docente con oltre 6 anni di esperienza in materia di "Primo soccorso", Docente a corsi di BLS, BLSD. Svolge attualmente l'attività di medico libero professionista, con esperienza documentata nell'ambito della terapia antalgica e delle problematiche del fine vita.
- ^ Peraltro, non è da escludere che l'assunzione di questo tipo di sostanze, un'altra è l'ibogaina, estratta dalla Tabernanthe iboga, possa implicare realmente, un distacco del complesso mente-coscienza dal corpo fisico, sebbene questa mente-coscienza si ritrovi ad essere più o meno alterata, rispetto a quello che potrebbe esser definito un "normale" vissuto NDE. In altri termini, i vissuti di OBE, di iniziazione mistica ad una realtà più ampia, le congruenze con le NDE, potrebbero essere indotte sì artificialmente dall'assunzione di potenti allucinogeni, che provocherebbero un'aumentata e brusca secrezione di DMT (in questo caso, dunque, derivata dall'ayahuasca) da parte dell'epifisi (DMT, che viene comunque prodotta normalmente, in minime quantità, nel cervello umano), ma non per questo non essere reali. Questa appare essere la posizione del Dr. Rick Strassman, che, nel suo libro "DMT. La molecola dello spirito", Editore Spazio Interiore, 2014 (edizione originale "DMT: The Spirit Molecule. A Doctor's Revolutionary Research into the Biology of Near-Death and Mystical Experiences", Park Street Press, 2001) descrive come ha condotto, dal 1990 al 1995, all'Università del Nuovo Messico (USA) una ricerca clinica su 60 volontari con somministrazione della DMT.
- ^ già cardiologo presso il Northside and Saint Josephs Hospitals, Atlanta, USA
- ^ [3]
- ^ Del resto, non vi è certo solo lo studio della Holden; difatti, come riprova che una OBE da NDE con elevatissima percentuale di precisione non è quel che in generale si potrebbe rammentare dopo una rianimazione, esistono in proposito gli studi di controllo di Sabom e Sartori (cfr. M. Sabom, Dai confini della vita: un’indagine scientifica, Longanesi, Milano 1983; P. Sartori, A Prospective Study of NDEs in an Intensive Therapy Unit, in “Christian Parapsychologist”, 16, n. 2, 2004, pp. 34-40. I risultati di questo studio furono poi illustrati con ulteriori dettagli in P. Sartori, The Near-Death Experiences of Hospitalizaed Intensive Care Patients. A Five Year Clinical Study, Edwin Mellen Press, Lewiston, NY, 2008). Nell’indagine di Sabom sono stati intervistati 32 soggetti che avevano avuto un’NDE accompagnata da un’esperienza fuori dal corpo. La maggior parte di loro fu sottoposta a una rianimazione cardiopolmonare (CPR) mentre si trovava a un passo dalla morte. Lo studio di Sabom includeva anche un’intervista a 25 pazienti cardiopatici che non avevano avuto NDE durante le crisi cardiache; questi 25 pazienti fungevano da gruppo di controllo. A entrambi i gruppi fu chiesto di descrivere l’intervento di rianimazione che avevano ricevuto. Sabom scoprì che i soggetti che avevano avuto un’esperienza fuori dal corpo fornivano descrizioni molto più precise ed accurate rispetto a quelle del gruppo di controllo. In breve, gli esiti di questa indagine collimavano con le affermazioni di quanti avevano avuto un’NDE e dichiaravano di aver realmente assistito, da uno stato extracorporeo, alla loro rianimazione. Penny Sartori invece intervistò (2004) 15 persone che avevano avuto un’NDE e scoprì che 8 di loro avevano sperimentato un distacco dal corpo. Come Sabom, chiese a questi 8 soggetti di descrivere gli interventi di rianimazione cui erano stati sottoposti, e confrontò le loro risposte con quelle del gruppo di controllo (costituito da pazienti che erano stati rianimati, ma non avevano avuto un’OBE). Sartori scoprì che alcuni dei soggetti che avevano avuto un’NDE fornirono una testimonianza alquanto accurata di ciò che avevano osservato mentre si trovavano fuori dal corpo (per coloro che non ne furono in grado, questo potrebbe essere imputabile agli effetti sulla memoria dei sedativi somministrati loro dopo la rianimazione, anche se, come vedremo in seguito, quest'ipotesi non è molto convincente; non è escluso, piuttosto, che anche in condizioni di effettiva disincorporazione si possa avere una prospettiva non molto lucida, anche se ciò risulta infrequente). Il gruppo di controllo, al contrario, fu, invariabilmente, estremamente impreciso. Molti dei soggetti di questo gruppo riuscirono solo ad immaginare ciò che era successo o a descrivere gli interventi di rianimazione che avevano visto in TV, con ampio margine d’errore. Questo può dunque consentire di affermare che esiste una differenza sostanziale, tra un individuo che sperimenta un vissuto extracorporeo, ed uno morente che non lo sperimenta. E, per l’appunto, non c’è solo Janice Holden. Questi due studi, ad esempio, presentano 15 NDE seguite dalla verifica e dalla conferma delle osservazioni avvenute “in remoto”: E.W. Cook, B. Greyson e I. Stevenson, Do Any Near-Death Experiences Provide Evidence for the Survival of Human Personality After Death? Relevant Features and Illustrative Case Reports, in “Journal of Scientific Exploration”, 12, 1998, pp. 377-406, e E.W. Kelly, B. Greyson e I. Stevenson, Can Experiences Near Death Furnish Evidence of Life After Death?, in “Omega”, 40, n. 4, 1999-2000, pp. 513-19. Nello studio sulle OBE della NDERF ci sono ulteriori dieci casi specifici di questo genere. Ed è inutile dire che, in ognuno di essi, le osservazioni compiute durante la OBE risultavano totalmente realistiche. Del resto, le OBE che comportano osservazioni a notevole distanza dal corpo risultano realistiche quanto le OBE più frequenti, ovvero quelle in cui il punto d’osservazione è prossimo al corpo fisico. Un paio di esempi, il primo su d’un’osservazione da un luogo inaccessibile. La testimonianza riportata qui di seguito è quella di un medico indiano. Si era costruito una specie di telefono elettrico, ma qualcosa andò storto e rischiò di morire fulminato. L’uomo riuscì a vedere attraverso i muri di casa e vide suo padre avvicinarsi al suo corpo esanime. Riuscì perfino a vedere i dettagli delle tegole del tetto, molto in alto sopra il suo corpo. Vediamo cosa racconta: “Mi librai a circa tre metri dal suolo, poi mi fermai, restando sospeso vicino al tetto. Riuscivo a vedere da molto vicino – a pochi centimetri di distanza – le scritte impresse sulle tegole. Ogni lettera mi sembrava grandissima.” Evento verificato. In un altro caso, Bruce Greyson ha studiato il racconto di un uomo di nome Al Sullivan sulla sua esperienza di pre-morte durante un intervento di emergenza per l’impianto di un bypass coronarico. Sullivan ha dichiarato che, mentre osservava la scena dall’alto, ha visto il chirurgo piegare ripetutamente i gomiti. Sia il chirurgo sia il cardiologo di Sullivan hanno confermato a Greyson che il chirurgo in questione, prima di ogni intervento, ha in effetti l’insolita abitudine di flettere i gomiti dopo essersi lavato con cura le mani. Se veramente si volesse sostenere che la ketamina sia in grado di produrre effetti analoghi a questi durante uno stato d'incoscienza, nulla vieterebbe di supporre che la ketamina stessa (o l'ibogaina, del resto) inducesse un reale effetto di disincorporazione, con autonomia del quid autocosciente osservante dal suo proprio corpo fisico, come già affermato alla nota 14. Di sicuro non si può sostenere, al modo riduzionista, che la NDE sia il prodotto di una qualche attivazione ketamino-simile sul cervello, come risulterà chiaro dai casi di EEG piatto acclarato o monitorato, anche per tempi assai lunghi in caso di Deep hypothermic circulatory arrest.
- ^ Per i dettagli di questi casi, si veda il paragrafo 14, "Le obiezioni possibili circa i riscontri veridici in OBE da NDE, e le loro proposte confutazioni".
- ^ Si vedano, per questo caso, i dettagli dell'evento al paragrafo 14, "Le obiezioni possibili circa i riscontri veridici in OBE da NDE, e le loro confutazioni".
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 8.
- ^ (Mail ricevuta dal Professor Facco a chi scrive queste righe il 16 dic. 2014, alle h. 07:12. A proposito delle affermazioni di Facco, è essenziale tornare a rilevare, come del resto già fatto notare, che, a seguito d'un arresto cardiaco, in un tempo brevissimo, che va dai 15-20 secondi fino ad un massimo di 30, si instaura un'anossia pancerebrale transitoria - che, se non venisse revertita dalla rianimazione, ovviamente diverrebbe definitiva - con attività elettrica piatta ed indirettamente dimostrata inattività anche del tronco encefalico: per questo il caso di Parnia 2014 viene rilevato come particolarmente indicativo, per via dello stimolo sonoro còlto dal paziente fuori tempo massimo rispetto alle sue possibili facoltà cerebrali.)
- ^ Dopo aver conseguito il Dottorato in Scienze Bibliche al Pontificio Istituto Biblico di Roma, è stato Direttore della Pontificia Università Lateranense, ed è attualmente Officiale dell'Archivio Segreto Vaticano, nonché Docente di Scienze Bibliche alla Pontificia Università della Santa Croce. E' autore, fra l'altro, de "Il libro segreto di Gesù" (Newton Compton, Roma, 2011), nel quale tratta dei riferimenti all'NDE nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento.
- ^ Relazione "La Bibbia racconta l'NDE", in "Incontrare il mistero", Atti del 16° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2012.
- ^ Medico Chirurgo, è Professore Associato Confermato di Anatomia Umana presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Milano, con specifica afferenza al Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale, ed ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientifiche. Nell'ambito del suo incarico di Docenza, ha introdotto un Seminario, da lei stessa ideato, sugli stati modificati di coscienza e sui fenomeni che si verificano in prossimità della morte, non disgiunto da una trattazione complessiva del giusto approccio all'assistenza ai morenti.
- ^ Relazione "Anatomia umana oltre frontiera", in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007.
- ^ Certo, non è facile, addentrarsi in questo campo, che, come vedremo, inerisce alla scienza di confine; sempre con le parole di Jung, "questa circostanza ci creerà le maggiori difficoltà perché, accingendoci a raccogliere del materiale sperimentale che faccia luce in qualche modo su un argomento così oscuro, lo troveremo con assoluta certezza là dove tutte le autorità ci hanno assicurato che non c'è niente da trovare."
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 8.
- ^ In realtà esisterebbe anche un'ulteriore ipotesi, in relazione al fatto che solo una minoranza di "ritornati" sperimenta un'NDE, avanzata dal medico Julio Savi (Relazione "L'esperienza della morte nelle scritture Bahá'í", in "Ignoti sentieri della coscienza", Atti del 7° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine, San Marino, 2003), e cioè che, in quanto le esperienze di pre-morte delle vere e proprie esperienze mistiche, solo una minoranza di individui possiederebbe le caratteristiche tali per poterle esperire; ma quest'ipotesi sembra assai poco probabile, poiché la maggioranza dei soggetti che sperimentano un'NDE durante una crisi quasi mortale sono persone del tutto comuni, senza alcuna particolare virtù umana o vieppiù spirituale che dovrebbe renderle particolarmente predisposte per un'esperienza mistica.
- ^ "Sono molti i libri speculativi scritti da matematici e fisici teoretici che discutono di questi temi a partire da Wolfang Pauli che collaborò con Carl Jung allo sviluppo del concetto di inconscio collettivo (Schrodinger 1944, Zukav 1979, Capra 1976, Tiller 1997, Gleick 1987, Peat 1987, David Bohm 1987, Wheeler in Buckley and Peat 1979). Tutti questi libri sottolineano che la fisica teoretica contiene in sé il concetto di una realtà non localizzabile, volendo significare che gli eventi possono essere legati in maniera indipendente anche se non ci sono forze che li interconnettano. Tempo e spazio non sono costanti immutabili nella realtà subatomica." (Melvin Morse, Relazione "Il lobo temporale destro e le strutture limbiche ad esso associate come interfaccia biologica con un Universo interconnesso", in "Ignoti sentieri della coscienza". Atti del 7° Congresso di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2003) E' evidente che, nel caso qui in esame, la forza di interconnessione temporaneamente mancante e cioè il cervello presuppone comunque l'attività dell'altra forza, l'io cosciente immateriale, ed al momento in cui l'interconnessione torna attiva da ambo le parti non vi sarebbero difficoltà di passaggio di dati. Lo stesso Mauro Milanesio (per le referenze vedere nota 8) afferma di concordare pienamente con le conclusioni dello studio di Pim van Lommel del 2001, di cui si parlerà in seguito, sulla possibilità di una coscienza delocalizzata.
- ^ http://www.wallstreetitalia.com/article/1659164/scienza/nuova-scoperta-avvalora-teoria-della-vita-dopo-la-morte.aspx
- ^ Sicuramente il Modello Orch-Or attribuisce una particolare importanza agli elettroni, se non come sede della coscienza, comunque come elemento di raccordo tra coscienza e cervello (e che l'elettrone sarà l'elemento immortale di cui saremo costituiti dopo la morte fisica, lo sosterrà anche il fisico Jean-Émile Charon, così come lo ventilerà anche il medico, biologo e neuroscienziato Antonio Giuditta, come vedremo): facciamoci raccontare il perché dal Dottor Mario Zampardi, per le cui referenze vedere nota 8: " Circa quindici anni fa, Stuart Hameroff, Professore al Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e Direttore del Centro per gli Studi sulla Coscienza presso l'Università di Tucson, in Arizona, osservò sperimentalmente che l'azione degli anestetici generali interferisce con il passaggio degli elettroni a livello di particolari strutture all'interno dei neuroni, i microtubuli, strutture fino a quel momento considerate unicamente far parte del citoscheletro (assieme a molecole di actina) dei neuroni, di 25 nm di diametro. Dunque, essenzialmente, strutture adibite a funzioni di supporto, di impalcatura e di trasporto di particolari molecole all'interno degli assoni neuronali fino all'estremità sinaptica. Ci si avvide che, a questo livello, il blocco funzionale del flusso di elettroni inibiva lo stato cosciente, inducendo la completa sedazione tipica degli effetti degli anestetici. Assieme al fisico Roger Penrose è stato pertanto elaborato un modello computazionale quantistico, che ha come focus principale appunto i microtubuli. I microtubuli sono formati, a livello ultrastrutturale, da unità molecolari proteiche di tubulina, che tendono, nel citoplasma della cellula, a polimerizzarsi (cioè ad assemblarsi), formando dei lunghi cordoni cilindrici cavi, con pareti disposte in reticoli esagonali, che si estendono per tutta la lunghezza dei dendriti e dell'assone del neurone. Il modello di Hameroff-Penrose prevede che unità molecolari di tubulina siano caratterizzate da una sovrapposizione quantistica coerente. Detto più semplicemente, si attua una contemporanea sovrapposizione di diverse geometrie spazio-temporali a carico della stessa molecola. Cioè si attuano diverse configurazioni della stessa molecola di tubulina, laddove ogni configurazione è caratterizzata da una diversa geometria spazio-temporale. Tutte le molecole di tubulina, caratterizzate dai suddetti stati quantomeccanici, sono al contempo funzionalmente connesse (entangled) in modo da comportarsi come se fossero un'unica grande particella, fino al raggiungimento di una soglia critica correlata alla gravità quantistica. Questo porta all'instabilità del suddetto sistema ed al collasso gravitazionale, con una nuova e unica conformazione finale molecolare delle tubuline stesse. Tale modello è stato denominato: Riduzione Oggettiva Orchestrata (Orchestrated-Objective-Reduction, o Orch-OR). Si tratterebbe, in buona sostanza, di una particolare tipo di collasso che si verifica all'interno di un cervello umano e che, al momento del suo verificarsi, emana unità fondamentali di consapevolezza cosciente, proprio come uno spostamento di elettroni da un orbitale a un altro emette un fotone di luce e, come i fotoni, questi quanti di coscienza sarebbero caratterizzati da una gamma di diverse intensità, frequenze e qualità (il che non esclude, dunque, che siano i fotoni stessi, l'essenza stessa della coscienza: come sostenuto, come vedremo, da Padre Pasquale Ulderico Magni). Questi collassi si verificano, in media, uno ogni circa venticinque millisecondi. Considerando che un singolo neurone possiede al suo interno centinaia di microtubuli composti da più di cento milioni di subunità proteiche, è facilmente intuibile come la sommatoria di questi momenti coscienti all'interno delle mappe cerebrali trasformerà una serie di eventi discreti in una esperienza cosciente vissuta, attimo per attimo, come continua. Possiamo pensare, per una migliore comprensione, ai fotogrammi di un film, laddove lo spettatore vive un'esperienza percettiva visiva continua e non frammentaria. Si ritiene quindi abbastanza verosimile che queste piccole strutture all'interno della cellula possano fornire la base fisica per la coscienza e suoi stati, operando sul piano funzionale come dei veri e propri dispositivi di calcolo, sviluppando una potenza di calcolo per microtubulo potenzialmente pari a circa mille trilioni di operazioni al secondo. Ma c'è di più. Nel 1980 Wolf Singer, Direttore del Max-Planck-Institute per le Ricerche sul Cervello a Francoforte, in Germania, durante uno studio sui tracciati EEG, oltre alle normali frequenze corticali che, come è noto, variano in normali condizioni fisiologiche in rapporto allo stato di attenzione, rilassamento o durante le varie fasi dell'addormentamento e del sonno con frequenze che si estendono fino a circa 30 Hz, ha scoperto una frequenza particolare, perfettamente coerente, che si estende da 30 fino a 90 Hz, in media 40 Hz, cui è stato dato il nome di sincronia gamma, e che rappresenterebbe la prova (il 'marker') indiretta del collasso dello stato quantistico delle molecole di tubulina costituenti i microtubuli. La sincronia gamma si verifica, di volta in volta, in qualsiasi regione corticale dell'encefalo, e correla, verosimilmente, con la coscienza e i suoi vari stati. Ad esempio, se percepiamo coscientemente il profumo di un fiore, la sincronia gamma si verificherà nella corteccia olfattoria; se siamo coscienti di qualcosa di visivo, la sincronia gamma si verificherà nella corteccia occipitale visiva e in quella frontale. Pertanto, l'idea è che la nostra coscienza sia in realtà una sequenza di eventi discreti, una sequenza quantistica di fotogrammi che, in media, si verificano circa 40 volte al secondo. Inoltre, la suddetta frequenza può, a seconda degli eventi esterni o interni-psichici che viviamo, accelerare o rallentare. Ad esempio, quando si verifica un grave incidente d'auto, le persone spesso riferiscono che il tempo esterno sembra rallentare, cioè la nostra percezione del mondo esterno è più lenta. E' probabile che, in tali casi, il tasso di sincronia gamma passi da 40 ad 80 Hz. I monaci tibetani in meditazione hanno mostrato un tasso insolitamente alto di sincronia gamma, circa 80-100 Hz, mentre la sperimentazione su soggetti di controllo era a 40 Hz. Anni di meditazione hanno cambiato quasi permanentemente la loro frequenza. Questo, peraltro, suggerisce che, in questi stati, si possano esperire vissuti di coscienza più ricchi ed intensi rispetto alla media della popolazione. Nel modello appena descritto di Hameroff-Penrose, la coscienza è pertanto un processo naturale che si verifica, primariamente, nella geometria dello spazio-tempo a livello della scala di Planck. Attenzione! Stiamo parlando di una realtà fisica caratterizzata da venticinque livelli di grandezza inferiori a quella dell'atomo, laddove i normali parametri di spazio, tempo e causalità, usuali nella nostra realtà, non hanno più ragion d'essere. Secondariamente a quanto appena detto, l'idea della coscienza come processo quantistico potrebbe finalmente offrire una valida e razionale spiegazione per questi fenomeni, all'apparenza anomali, che caratterizzano le esperienze di pre-morte. Il cuore smette di battere, la pressione si abbassa ai minimi livelli, la funzionalità di tutti gli organi inizia a deficitare e i microtubuli, all'interno dei neuroni, perdono il loro stato quantistico; ma le informazioni quantistiche che essi contengono non vanno distrutte: si limitano a compattarsi e a distribuirsi in una specifica geometria dello spazio-tempo, cioè in uno spazio, dal nostro punto di vista, virtuale. Questo spazio virtuale è da intendersi come un vero e proprio sistema quantistico strettamente legato al princìpio di 'sovrapposizione', che ci dice che una particella piò trovarsi in due luoghi contemporaneamente. Cioè, la particella esiste in stati multipli nello stesso momento. Pertanto, il campo quantistico e le relative informazioni attinenti alla coscienza, in queste particolari condizioni di NDE, non possono essere intese come esistenti in un solo stato fisico classico, ma esistono contemporaneamente in due stati distinti di realtà. La coscienza, pertanto, nei casi di NDE, si trova contemporaneamente sia a percepire l'ambiente circostante della nostra realtà da una posizione 'esterna' e 'superiore' rispetto al proprio corpo, sia a 'fluttuare' in una diversa geometria dello spazio-tempo. Ovviamente, si tratta di un enunciato che chiaramente contraddice il senso comune e smantella alcuni princìpi della fisica classica: in particolare il princìpio di non-contraddizione che ne è alla base. L'idea rivoluzionaria che prima la meccanica quantistica e poi le teorie quantistiche dei campi hanno contribuito a mettere in luce è che la materia, che veniva sempre identificata con la quantità di massa di un corpo fisico, non ha affatto una realtà sostanziale, unica e assoluta. Maxwell infatti sostituì questo concetto con quello, molto più aderente a questa realtà, di campo, la cui struttura geometrica e le cui proprietà fisiche si inscrivono nella struttura geometrica dello spazio in cui il campo agisce. Questo significa che le informazioni di natura quantistica prodotte e contenute nei microtubuli neuronali possono entrare in relazione con una 'realtà' esterna al cervello secondo princìpi di non-località. Ne deriva che il quesito fondamentale è: possiamo ipotizzare una sorta di 'coscienza primaria' o 'proto coscienza' che di norma, interfacciando con la complessa rete corticale, contribuisce alla genesi dei processi di coscienza e di autocoscienza? Un vero e proprio campo primario di coscienza e di informazione che, collassando le funzionalità superiori del cervello, come si verifica negli eventi di morte e di quasi-morte, non si disperda ma continui ad esistere, per sua stessa natura, in una diversa geometria dello spazio-tempo? Considerate in quest'ottica, le suddette informazioni quantistiche e pertanto una coscienza primaria potrebbero esistere in una condizione extra-somatica e ad un livello in sovrapposizione con la nostra realtà. Ma l'idea che una qualche parte della nostra mente possa, in particolari condizioni, distaccarsi dalla fisicità delle funzioni cerebrali in una collocazione esterna al corpo, allo stato attuale delle nostre conoscenze non è affatto compatibile con il nostro quadro di riferimento concettuale. Pertanto, per poter considerare le NDE per quel che sembrerebbero essere, cioè come una possibile manifestazione di una condizione extra-somatica, dobbiamo prima identificare a livello teorico uno specifico quadro di riferimento, all'interno del quale questa spiegazione venga a porsi in termini significanti, cioè come concreta possibilità. Secondo questa ottica, negli stati di completo black-out delle funzionalità corticali si attiverebbe un vero e proprio campo olografico autocosciente, separato dal cervello e della stessa natura delle proprietà spazio-temporali di questo Universo super-luminoso in stato di sovrapposizione con la nostra realtà. In queste condizioni, in questa prima fase del processo, vengono infatti regolarmente riferiti vissuti esperienziali che, considerati secondo una normale e usuale logica, sono a dir poco strani e inusuali. Si tratterebbe di funzionalità 'altre' che vengono automaticamente vissute dai soggetti che si trovano a percepirle come qualcosa di affine al 'mentale' ma che mentali non sono, dato l'estremo deficit delle funzionalità psichiche superiori. Consideriamo sinteticamente la primissima fase extra-somatica di queste esperienze e i parametri funzionali che i soggetti si trovano a percepire e che, quasi immancabilmente, riferiscono: - percezione extra-psichica, - diversa percezione dello spazio, - mantenimento intellettivo del contatto con la nostra realtà (il soggetto 'pensa'), - appercezione visiva, soprattutto in soggetti ciechi dalla nascita (il soggetto 'vede'), - appercezione uditiva (il soggetto 'sente', - iperacutezza visiva in grado di elaborare qualitativamente e quantitativamente anche i minimi dettagli di una situazione, - campo visivo in grado di estendersi fino a 360°, - apparente deficit di critica situazionale in riferimento alla nostra usuale logica causale, - assenza dell'usuale concetto di tempo, - completa assenza di paura. Si tratta, cioè, di una prima fase NDE in cui non soltanto è fatta salva una funzione logica di pensiero, ma si attivano anche funzionalità parasensoriali per fornire informazioni sull'ambiente esterno. Importantissimi, a mio giudizio, i casi di attivazione della funzione visiva in soggetti ciechi dalla nascita, che vengono riportati dalla letteratura internazionale e, in questa sede (il Congresso di San Marino, nota), nel 1997 e 1998 anche dal Dottor Genovesi, che ha riferito il caso di due soggetti, rispettivamente maschio e femmina, di 45 e 32 anni, ciechi appunto dalla nascita, ed in cui si fa notare come fossero «impossibilitati ad avere una esperienza allucinatoria di tipo visivo in quanto completamente mancanti della 'memoria percettiva' di tipo visivo». Per quanto attiene al campo visivo, vengono riferiti vissuti in cui il paziente, 'a vista' e quasi automaticamente, è in grado, ad esempio, non soltanto di vedere l'esterno del tetto della sala di rianimazione in cui si trova, ma anche di avere già a mente, ad esempio, l'esatto numero di tegole che lo compongono. Oltre ad esperire quanto si svolge anche alle sue spalle. Un elemento che mi ha colpito è l'assenza di critica situazionale. Cioè, in una situazione così drammatica ma soprattutto inusuale e mai provata prima, i pensieri che di norma vengono prodotti da questi soggetti sono del tipo: ' non riuscivo a comprendere perché si agitassero tanto quando io stavo bene '. Quasi fosse una condizione di tutta normalità e tranquillità. Infine, la quantificazione dell'esatto scorrere del tempo è riferita sempre come del tutto impossibile, identificando una condizione soggettiva di a-temporalità. Tutto questo ci porta necessariamente ad ipotizzare un quid energetico affine al nostro comune concetto di 'mentale', ma non esattamente sovrapponibile, che interagisce con un diverso aspetto della realtà di questo Universo. E' pertanto chiaro, in accordo con quanto già messo in luce da David Chalmers, che una vera 'teoria del tutto', in fisica, che al contempo non contempli la coscienza, non potrà mai dirsi esaustiva. Una teoria completa dovrà, a stretto rigore, contenere due componenti: quella circa il comportamento dei sistemi fisici, dalle entità quantistiche fondamentali al sistema cosmologico, e quella dei sistemi associati all'esperienza conscia, sfociando verso l'elaborazione di leggi psico-fisiche. Allo stato attuale, come è noto, il problema concettuale è ancora quello dell'unificazione fra le concettualizzazioni emerse dalla fisica quantistica e le relative teorizzazioni circa la natura della coscienza umana, parametri all'apparenza di diversa natura, che non fanno ancora parte di una teoria coerente. La divisione fra il mondo dell'infinitamente piccolo e quello macroscopico non ha ancora trovato vie di unificazione o collegamenti fra loro non contraddittori. Siffatte considerazioni, è ovvio, devono essere recepite solo ad un livello euristico. L'intento è solo quello, se possibile, di suggerire, e non di formulare conclusioni definitive riguardo a questo complesso quadro che ci offrono le NDE e che aspetta ancora una opportuna valutazione sperimentale. Concludo questo sintetico lavoro con un pensiero del celebre neurochirurgo Wilder Penfield, che tanto ha contribuito alla messa a punto di terapie chirurgiche riabilitative nei casi gravi di epilessia. Poco prima di morire, il Professor Penfield ha pubblicato un libro fondamentale dal titolo The Mystery of the Mind (in italiano Il mistero della mente: studio critico sulla coscienza e sul cervello umano, Editore Vallecchi, 1991, nota) in cui cerca di sintetizzare le idee maturate in tanti anni di professione. In questo libro egli denuncia il suo insuccesso nel riuscire ad identificare in modo indiscutibile e scientifico quelli che lui riteneva i due componenti fondamentali dell'essere umano: il cervello e la mente. Nella parte del testo intitolata 'Considerazioni finali', Penfield così conclude: 'Dal canto mio, dopo tanti anni di studi e sperimentazioni nel cercare di comprendere in qual modo mente e cervello si leghino indissolubilmente fra loro, non posso che ribadire che l'ipotesi dualista (separazione dell'uno dall'altro) è senza dubbio la più coerente e ragionevole, seppure indimostrabile... La mente possiede una carica di energia incomparabile. Ed è qualcosa di estremamente diverso, di qualitativamente differente dai potenziali elettrici neuronici che si trasmettono attraverso gli assoni ed i canali nervosi. Anche di questo sono sicuro. Ma più in là di così la mia speculazione non è potuta progredire.' " (Relazione "Modelli della mente e geometria dello spazio-tempo", in "Dimensioni sconosciute", Atti del 17° Congresso Interazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2013)
- ^ Bisogna peraltro dire che già negli anni ’70 il fisico e parapsicologo americano Evan Harris Walker aveva presentato un modello in cui considerava la coscienza come un processo quantistico che avviene nel cervello, Cfr. E. H. Walker, “Foundations of paraphysical and parapsychological phenomena”, in “Quantum Physics and Parapsychology”, Parapsychology Foundation, 1975, non tradotto ed edito in italiano. Naturalmente il modello di Walker non è stato esente da critiche, ma egli ha infine difeso la sua posizione nel testo “The Physics of Consciousness”, “La fisica della coscienza”, edito nel 2000 da Perseus Press, Boston, Massachusetts, non però tradotto ed edito in italiano.
- ^ Bisogna anche dire che, secondo Giuseppe Genovesi (per le sue referenze, vedere nota 8), il modello elaborato da Jack Tuszynski, fisico ed oncologo di origine polacca ed in forza all'Università di Alberta, risulterebbe più convincente di quello di Hameroff, poiché "egli parte dal princìpio che le reti di microtubuli devono funzionare a temperatura ambiente e dimostra che sono trasmettitori elettromeccanici di segnali che computano in base a un modello simile ai vetri di spin. Il microtubulo funziona quindi come un cavo intelligente autoadattativo. In questo caso la rete neurale del cervello è abbinata alla rete dei microtubuli e viceversa. Un gruppo di scienziati della Wayne State University sta simulando un computer molecolare basato su microtubuli, che apprende come una rete di Hopfield e si basa sulla natura oscillatoria dei suoi elementi. Si può a questo punto ipotizzare la natura quantistica di questi processi: infatti la tubulina, che possiede due possibili stati, alfa e beta, passa dall'uno all'altro a causa del passaggio per effetto tunnel dal dimero alfa a quello beta." (Stralcio della sintesi della relazione "Il cervello quantico", in "Segreti percorsi dell'essere", Atti del 14° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2010)
- ^ Sempre il Dottor Mario Zampardi, per le cui referenze vedere nota 8, affronta il problema così: "Per tentare di proporre un modello quanto più possibile onnicomprensivo dei quadri oggi definiti N.D.E., ma che al contempo risponda al criterio, del tutto legittimo in ambito scientifico, della falsificabilità e della compatibilità del predetto modello con le caratteristiche tipiche dei sistemi biologici, dobbiamo in prima istanza - sia pure sinteticamente - rapportarci alle spiegazioni dualistico-interazioniste ipotizzate fra la mente auto-cosciente e il cervello umano, in particolare per l'emisfero dominante (sinistro). In secondo luogo, dobbiamo tentare, sulla base delle fenomenica N.D.E. e della ricerca nell'ambito degli sviluppi della fisica quantistica, di proporre una disamina sulla natura, supposta, della mente-autocosciente intesa, su un piano funzionale-operativo, come 'campo di probabilità'. Si tratta, ovviamente, di una proposta epistemologica molto forte, e che solleva i problemi scientifici più gravi in relazione alla interfase tra il mondo della materia-energia ed il mondo degli stati di coscienza. L'ipotesi consiste nel considerare la mente auto-cosciente come una entità strutturatasi indipendente, attivamente impegnata nella lettura selettiva dei moduli dell'emisfero cerebrale dominante. La mente auto-cosciente seleziona tra questi centri in base alla sua attenzione ed ai suoi interessi, realizzando ad ogni istante, tramite processi di integrazione a doppio senso, l'unità dell'esperienza cosciente. Più in particolare, la componente concettuale principale di questo modello consiste nell'attribuire il primato funzionale alla mente auto-cosciente, che, nel normale corso quotidiano di vita, è costantemente impegnata a ricercare quegli eventi cerebrali che, di volta in volta, sono al centro della sua attenzione e ad integrarli, in ogni istante, nell'unità dell'esperienza cosciente. Pertanto, a differenza della teoria neurologica corrente (dove i diversi inputs all'interno del cervello interagiscono in funzione del complesso delle connessioni neuronali per produrre una specifica risposta integrata e il cui scopo finale - della teoria - quindi, è quello di fornire un resoconto sempre più coerente e completo del modo in cui l'attività di un essere umano possa essere spiegata esclusivamente in questi termini di connessioni neuroniche), nell'ipotesi dualista si ipotizza che, al di sopra dell'attività delle catene neuroniche funzionalmente collegate si stabiliscano, in specifiche aree dell'emisfero dominante (il sinistro), vere e proprie interazioni reciproche con la mente auto-cosciente. Noi sappiamo che, ai livelli superiori del sistema nervoso, le catene neuroniche sono organizzate in entità strutturali e funzionali ben distinte, i cosiddetti moduli. Si tratta, cioè, di un insieme di neuroni, di diverso tipo (circa diecimila) che agiscono all'unisono, organizzati in una specifica struttura morfologica (il modulo, appunto). Il modulo è caratterizzato da una propria vita dinamica interna, e potrebbe rappresentare la componente essenziale aperta all'interazione reciproca con la mente auto-cosciente. Da questo punto di vista, il modulo potrebbe essere paragonato ad una unità radio rice-trasmittente. E' stato anche suggerito che il modulo possa essere considerato come un microcircuito elettrico integrato, sebbene enormemente più complesso. Ad ogni istante della nostra vita, la mente auto-cosciente esercita una azione di scansione su ogni tipo di modulo. Scandisce ovunque, e scopre di poter comunicare soltanto con alcuni moduli sia in senso attivo che passivo: sono, questi, i così detti moduli aperti. I moduli chiusi (in via estemporanea) sono, invece, quelli in cui non si verifica alcun tipo di interazione con la mente. Per semplificare: quando ci si trova, ad esempio, in uno stato di sonno profondo, la mente auto-cosciente svolge la sua azione di scansione e non trova affatto moduli che reagiscono. Questo accade anche durante stati di incoscienza di diversa natura. Nella seconda parte del sonno, alcuni moduli cominceranno a reagire un po' (moduli semi-aperti), sviluppando una qualche attività coerente. Questo stato di cose produrrà una lettura selettiva del sogno da parte della mente. Pertanto, il Sistema Nervoso funziona, secondo l'ipotesi di questo modello, in rapporto alla molteplice disparità di attività modulari ampiamente sparse su una immensa area del cervello di collegamento (il sinistro). La mente esplora in questa grande varietà, la sintetizza e la rende, volta per volta, una unità cosciente. Questi processi accadono in frazioni di secondo, non appena la nostra mente agisce sulle attività del nostro cervello. Questo modello concettuale solleva, a sua volta, le seguenti questioni: - Cos'è la mente auto-cosciente? - Come è giunta a strutturarsi? - Che legame ha con il cervello? La mente auto-cosciente deve sempre essere intesa come un 'prodotto' emergente dal cervello. E' strettamente associata con questo e, ovviamente, dipende dal cervello per tutti i ricordi di dettaglio ma, per quanto attiene alla sua costituzione essenziale, si pone con modalità sovra-ordinate rispetto al cervello stesso. Da un punto di vista operazionale, infatti, la mente sembra davvero possedere una natura intrinsecamente olistica e non divisibile in parti. La psicologia odierna, dal canto suo, non ha ancora affrontato a sufficienza questo problema. Nel nostro cervello si formano, momento per momento, un numero quasi infinito di modelli di attività neuronale. Modelli, che vengono istantaneamente integrati nell'unità dell'esperienza cosciente. Una volta 'estratti', questi eventi verrebbero poi messi insieme, e tale tipo di funzione è un processo a doppio senso (attivo e passivo). Negli ultimi decenni la situazione concettuale della questione mente-cervello è cambiata notevolmente, sia grazie alle notevoli scoperte sulla struttura e ultrastruttura della neocorteccia dei mammiferi, sia perché autorevoli studi sperimentali hanno permesso di indagare il funzionamento della neocorteccia con l'introduzione dei princìpi della fisica quantistica. Senza entrare specificamente nei dettagli di questo complesso problema, si può notare che, un campo di probabilità della meccanica quantistica, ha proprietà che somigliano strettamente al concetto della mente o della coscienza. La mente agisce sul cervello, a livello dei micrositi, aumentando la probabilità di attivazione delle sinapsi neuronali, processo che avviene senza andare contro alle leggi di conservazione dell'energia (primo e secondo princìpio della termodinamica). Ovvero: l'energia per i suddetti processi, nel momento stesso in cui viene utilizzata, viene anche, in contemporanea, restituita secondo arametri di non-località. I micrositi, a livello delle aree del cervello di collegamento, si troverebbero in interazione con entità di natura microgranulare, che Eccles ha definito "psiconi", da intendersi non come unità morfologico-strutturali che danno luogo a funzioni, ma come 'bit' unitari di informazione e di esperienza. Si tratterebbe, cioè, di particelle puntiformi, ondulanti ed estese, che, nel formalismo quantistico, potrebbero essere rappresentate da una specifica struttura matematica in cui molti aspetti dei numeri complessi iniziano a manifestarsi. L'intera informazione risiederebbe, pertanto, nella 'funzione d'onda', così creatasi, tramite processi di 'computazione quantistica'; argomento, questo, oggetto attualmente di una ricerca molto attiva, che mira a sfruttare le enormi risorse di informazione che giacciono nascoste in queste relazioni di 'entanglement'. Pertanto, l'interazione mente-cervello avverrebbe per un flusso interattivo, in entrambe le direzioni, di informazioni ma non di energia. Le aree deputate alla interazione nell'emisfero sinistro del cervello e quelle, sia pure in minor numero, dell'emisfero destro, sono circa 40 milioni nell'intera corteccia. E' pertanto probabile che possano esserci 40 milioni di psiconi attivati secondo tutti i livelli di intensità, e coinvolti in diverse esperienze mentali. Possiamo chiederci se questo ipotizzato campo mentale possa essere assimilato ad una delle quattro forze fondamentali descritte in natura. Nel nostro modello, la mente agisce sul cervello aumentando la probabilità di attivazione sinaptica, cosa che può fare senza andar contro alle leggi di conservazione. Questo significa che la mente agisce senza fare riferimento alle quattro forze di base del mondo della materia-energia. Pertanto, la natura di queste ipotetiche entità quantistiche deve essere ipotizzata radicalmente differente dalle forze fondamentali. Il fisico e matematico Roger Penrose propone una ipotesi della coscienza fondata su due considerazioni: - Le funzionalità mentali non sono caratterizzabili come operazioni di natura algoritmica; - Le attività della mente umana devono essere chiarite facendo appello ad una struttura esplicativa radicalmente diversa. Un computer, ad esempio, che opera soltanto con procedure algoritmiche computabili, non sarà in grado di simulare una qualsiasi attività mentale. Penrose ipotizza, allora, che la coscienza possa essere spiegata da quei modelli che postulano una relazione funzionale tra processi di natura quantistica interni ai neuroni (a livello dei microtubuli) e l'attività, ad un livello di grandezza superiore e computabile delle catene neuroniche a livello della neocorteccia. Se, dunque, la mente autocosciente, ad un micro livello, attua processi attinenti alla dinamica quantistica ed è soggetta, quindi, a fenomeni di non-località e a-temporalità, è probabile che, nella sua dinamica funzionale, possa altresì essere caratterizzata da processi di tipo sintropico, opposti, cioè, ai modelli entropici e regolati da processi di coerenza quantistica e di intrinseca organizzazione funzionale. Possiamo a questo punto, chiederci: cosa avviene, quando le funzioni corticali superiori sono totalmente deficitarie per condizioni patologiche o traumatiche varie? Quando il soggetto si trova in stato comatoso e quel che residua è soltanto un accenno di funzionalità a livello del tronco cerebrale che a stento supporta le funzioni vitali di base? Un vero e proprio stato di coscienza, in termini neurofisiologici, è altamente improbabile. Potrebbe forse persistere una residua facoltà, soggettiva, di tipo vagamente onirico, ma sicuramente improntata a bizzarrìa di contenuti e indicativa dello stato di completo disorientamento spazio-temporale del soggetto. Nelle classiche N.D.E. i soggetti riferiscono, invece, processi di pensiero e funzioni di 'appercezione' visiva e/o uditiva, perfettamente corrispondenti a quanto, nell'ambiente di rianimazione, si stava realmente verificando. Pertanto, se la mente, ad uno specifico livello, funziona come campo di probabilità quantistica, è probabile che i due livelli (neuronale e integrato, che in ordinarie condizioni generano il nostro stato di coscienza) possano, in queste drastiche condizioni, 'scindersi', con l'attivazione del solo livello 'energetico-quantistico'; il quale, funzionando secondo princìpi di non-località e di collasso della funzione d'onda, potrebbe dar luogo ad un'immagine 'isomorfa' di ciò che potrebbe essere riguardato come stato di coscienza, e suscettibile, perciò, di osservare il mondo esterno da un diverso 'angolo' dello spazio-tempo. Il modello suddetto potrebbe rappresentare una iniziale, idonea ed estensiva chiave di lettura per la fenomenica N.D.E. globalmente considerata. Queste fenomeniche pongono implicitamente anche l'ardua questione del confine fra il mondo quantistico e quello classico. Nulla, inoltre, si può dire sulla durata temporale del sopradetto 'campo quantistico di coscienza', e se questo sia o meno, necessariamente, connesso alla complessità delle funzioni neocorticali o, al contrario, possa essere capace di vita autonoma ad un microlivello di realtà. Occorre, in ogni caso, riconoscere che l'ipotesi del livello quantistico della mente si trova ancora ad un livello iniziale di studio. Esso richiede un immenso spettro di studi sperimentali e concettuali, e l'apporto di diverse ed eterogenee linee di ricerca. Considero appropriato concludere questa breve sintesi di studi con un pensiero di Sir John Eccles, espresso in occasione di un lungo colloquio con Karl Popper avvenuto il 19 settembre 1974: 'Io ritengo che ci sia un mistero fondamentale nella mia esistenza che trascende ogni spiegazione biologica dello sviluppo del mio corpo, incluso il mio cervello...e come non posso dare una spiegazione scientifica della mia origine...così non posso ritenere che questo meraviglioso dono di una esistenza cosciente non abbia alcun futuro, alcuna possibilità di un'altra esistenza in condizioni diverse non immaginabili...' " (Relazione "NDE: modelli interpretativi a confronto", in "Alle frontiere della coscienza", Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2011)
- ^ Sul tema della coscienza non-locale si è espresso anche Pim van Lommel in "About the continuity of our consciousness": http://www.iands.org/research/important-research-articles/43-dr-pim-van-lommel-md-continuity-of-consciousness.htlm
- ^ Essi modelli sono egregiamente descritti, in maniera divulgativa, nel volume "Tutto è uno - L'ipotesi della scienza olografica" di Michael Talbot, Editore Urra - Apogeo srl, 1997 (edizione originale "The olografic universe", 1991).
- ^ Qualcosa di sostanzialmente analogo è stato sostenuto anche dallo scrittore, filosofo e parapsicologo ungherese naturalizzato britannico Arthur Koestler, secondo cui le “persone eteriche” sono costituite di particelle subatomiche più sottili delle nostre, i neutrini (tesi sostenuta nel testo “Roots of Coincidence”, “Le radici della Coincidenza”, edito nel 1972 in USA per la Random House hardcover, e nel Regno Unito per la Hutchinson hardcover, non edito in italiano); e qualcosa di sostanzialmente analogo è stato sostenuto anche dal fisico Jean-Émile Charon, nei suoi libri "Lo spirito questo sconosciuto", Armenia Editore, 1979 (edizione originale "L'esprit, cet inconnu", 1977) e "Morte, ecco la tua sconfitta", Edizioni Mediterranee, 1982 (edizione originale "MORT voici ta défaite", 1979): secondo Charon, gli elettroni, che entrano nella costituzione fisica del corpo umano, sono, infatti, simili a minuscoli buchi neri, e contengono un tempo e uno spazio diversi ma complementari rispetto a quelli normalmente noti. Questo spazio-tempo ha, in particolare, la facoltà di memorizzare, meditare e ragionare, dimostrando quindi che nell'elettrone esistono qualità e caratteristiche di tipo spirituale. Dal momento, dunque, che lo spirito umano è composto di tali particelle, che vivono in eterno, ne consegue che anche lo spirito è eterno. E qualcosa di sostanzialmente analogo è stato sostenuto anche dal fisico e cosmologo (nonché ingegnere meccanico e Docente di Termodinamica e Meccanica dei Fluidi) Ronald Pearson, nel suo libro "Creation Solved?" ("La creazione risolta?", edizione stampata in proprio, 2010, non ancora edito in italiano), in cui teorizza che la mente dev’essere parte della struttura dell’elemento di fondo onnipresente, cosciente ed intelligente che esiste in tutto l’Universo, e cioè l’”i-ther”; essendo l’”i-ther” imperituro, ne consegue che la mente ha il grande potenziale di essere immortale, al contrario del corpo materico e fisico, cervello incluso. Peraltro, questo livello di realtà fondamentale ed assoluto ha una struttura simile, alla rete neurale del nostro cervello, e questo consente un’interconnessione. Questa mente individualizzata ha il potenziale di evolvere la propria intelligenza, ed, inoltre, come una vera e propria centrale elettrica, essa produce onde di energia. Sembra che questa intelligenza di fondo, di cui la mente individualizzata è solo un aspetto, organizzi le sue onde e le sue vibrazioni in modo da rendere illusoriamente visibile e concreta, alla mente interconnessa col corpo-cervello, la materia del nostro Universo, ed in effetti ben sappiamo che ciò che noi osserviamo non è affatto la “vera realtà”, quanto piuttosto una sua artefazione sensorialmente còlta. Peraltro, la visione di un Universo concepito come sostanza mentale non è certo nuova, è stata sostenuta anche, ad esempio, dal matematico e filosofo britannico William Kingdon Clifford, dallo psicologo e statistico tedesco Gustav Fechner, e dal gesuita, filosofo e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin, come dai fisici dei quanti, dai quali sono tratte queste affermazioni: "Sarebbe altamente desiderabile se fisica e psiche fossero da considerare aspetti complementari della stessa realtà" (Wolfgang Pauli), "gli stessi elementi costruiscono il Sé e il mondo esterno" ed "il mondo esterno e la coscienza sono la stessa cosa" (Erwin Schrödinger), "la coscienza e la materia sono aspetti differenti della stessa realtà" (Carl Friedrich von Weizsäcker), "il contenuto della coscienza è la realtà ultima" (Eugene Wigner), "l'Universo è da considerare, sia pure ancora in modo imperfetto e inadeguato, come un pensiero" (James Hopwood Jeans), "per concludere in maniera cruda: la sostanza del mondo è sostanza della mente" (Arthur Eddington); dello stesso avviso è anche il nostro medico, biologo e neuroscienziato contemporaneo Antonio Giuditta: il suo assunto è "la mente come unica sostanza dell'Universo, la materia come percezione del mondo esterno da parte del soggetto"; ed ancora: "Com'è stato possibile lasciare sullo sfondo che i componenti ultimi di tutte le entità dell'Universo, viventi e inanimate, non hanno nulla a che vedere con le proprietà assegnate alla materia dalla fisica classica?"; ed ancora: "Nel loro insieme le nostre considerazioni (si riferisce a pubblicazioni scientifiche, nota) hanno suggerito che aspetti mentali sono stati effettivamente presenti sin dall'apparire delle particelle elementari", poiché "aspetti mentali commisurati alla primitività degli organismi sono (...) presenti anche in specie prive di sistema nervoso, tra cui procarioti, protisti e piante" (ma già Jung diceva "dobbiamo rinunciare completamente (...) alla rappresentazione di una psiche connessa con un cervello vivente, e richiamare alla memoria, piuttosto, il comportamento 'significativo' o 'intelligente' degli esseri viventi inferiori che non posseggono cervello. Ci troviamo qui assai più vicini al fattore formale che, come abbiamo detto, non ha niente a che fare con una qualche attività cerebrale", ed ancora "le osservazioni compiute da Karl von Frisch dimostrano l'esistenza di un pensiero e di una percezione transcerebrale"), e se "l'elaborazione dei dati sensoriali consente l'apprendimento, la soluzione di problemi e la ritenzione delle corrispondenti memorie (,) processi analoghi sono stati descritti anche in piante, organismi multicellulari primitivi, protisti e procarioti. I relativi aspetti mentali bene evidenti nell'uomo suggeriscono che aspetti analoghi siano presenti anche in queste specie, in misura proporzionale alla loro primitività", "si è quindi condotti a ritroso fino alle particelle elementari, ubiquitari componenti della materia a cui sono da attribuire aspetti mentali di tipo estremamente primitivo. Si tratta di campi di energia e informazione che assumono comportamenti di particelle o onde radicalmente diversi da quelli degli oggetti studiati dalla fisica classica", e quindi "gli aspetti mentali delle particelle elementari rappresentano una conseguenza ineludibile della visione unitaria dell'Universo concepito come il prodotto di un'unica sostanza. Essi non possono che essere stati presenti sin dalla sua origine, e devono quindi essere considerati presenti nelle particelle elementari, che sono i primi componenti dell'Universo. Le particelle elementari identificate dagli strumenti dell'uomo si rivelano campi di energia e informazione. E' quindi concepibile che esse abbiano percepito le particelle del nascente oceano spazio-temporale come altri campi coi quali era possibile o vietato interagire. Se tali percezioni sono assimilate alle interazioni tra campi in contatto reciproco, è difficile immaginare quale altro dispositivo avrebbe potuto percepire l'esistenza e le qualità di un campo estraneo, se non un altro campo le cui funzioni venivano modificate dall'incontro con quel campo. Il campo assume quindi le potenzialità della più elementare unità percettiva. Inoltre, poiché gli incontri tra particelle elementari possono portare alla fusione dei loro campi e alla generazione di ampi più complessi, la complessità delle unità percettive va crescendo. Non va dimenticato che energia e informazione dei campi via via più complessi si distribuiscono in parte sui più ampi domini delle neonate entità. Gli elettroni π (pi greco) dei composti aromatici del carbonio rappresentano la frazione di energia e informazione che si distribuisce sull'intero dominio molecolare di cui essi garantiscono unità e integrità. Essa può considerarsi l'anima della molecola. Ruoli equivalenti a quelli degli elettroni π (pi greco) sono da presupporre per tutte le entità generate dalle particelle elementari, dal momento che ogni entità riesce a mantenere la sua identità solo grazie al suo supporto energetico/informazionale. Anche l'anima dell'uomo può essere equiparata alla presenza su tutto il suo corpo di una frazione dell'energia e dell'informazione originariamente presente nei suoi componenti. Lo studio delle entità inanimate e viventi derivate dalle particelle elementari procede nell'implicita e giustificata premessa che esse abbiano caratteristiche e funzioni specifiche, vedi minerale, macromolecola o mitocondrio. Bisognerebbe tuttavia non dimenticare che ognuna di esse è sorta dalla fusione di campi elementari che sono anche i componenti di base della mente. Da questo punto di vista, affermare che un organismo è fatto di cellule, molecole e atomi ha un senso accettabile, ma superficiale. Bisognerebbe anche ricordare che ogni unità dell'Universo deve la sua esistenza alla temporanea e complessa fusione di uno straordinario insieme di particelle elementari. In questa prospettiva, se tutte le costruzioni intermedie di un organismo fossero ridotte a un unico strato di particelle elementari, esse genererebbero un sottilissimo e sterminato lenzuolo. Se si accetta la visione del mondo illustrata in queste pagine e sintetizzata nella formulazione di William Kingdon Clifford 'La mente è la sola fondamentale realtà dei più semplici elementi che costituiscono la sensibilità e il pensiero dell'uomo[...] Il presumibile atomo basilare della sostanza mentale coincide con quello della materia. Esso ne costituisce l'entità fondamentale, di cui l'atomo materiale è fenomeno', quali conseguenze essa comporta? Tra le più appariscenti, è bene iniziare con la difficoltà a immaginare la sostanza mentale delle particelle elementari. In questo tentativo, qualunque osservatore utilizza gli aspetti mentali dell'uomo come termine di riferimento, ma si tratta di un punto di partenza ingannevole perché acquisìto dopo quasi 14 miliardi di anni di evoluzione. In ogni caso, è difficile che difficoltà analoghe o maggiori non si presentino, quando si cerca di immaginare la sostanza materiale, delle particelle elementari. Poiché esse si trovano al vertice di un cono evolutivo di straordinaria progressiva differenziazione, credo sia preferibile cercare di immaginarle come le particelle prime e più indifferenziate di tutto il cosmo. La visione unitaria del mondo comporta la sostanziale scomparsa della dicotomia mente/materia. La mente appare come la sola realtà, e la materia diviene l'apparenza che essa assume quando viene osservata dall'esterno. Pertanto, le cosiddette interazioni mente/materia presenti nel normale agire dell'uomo, e in maniera più anomala nel caso delle interazioni telecinetiche (che Giuditta considera sufficientemente provate, nota), vanno considerate come interazioni tra la mente evoluta dell'uomo e quelle molto più primitive degli oggetti cosiddetti materiali. Le interazioni tra soggetto e oggetto diventano più comprensibili se anche all'oggetto viene assegnata una sostanza mentale. (...) E' tuttavia innegabile che anche la visione unitaria del mondo brevemente descritta in queste pagine, rappresenta solo un primo primitivo tentativo di rendere conto dei misteri del cosmo. La natura delle entità immateriali (mente, spirito, coscienza), della capacità di percepire il sé e l'altro da sé, restano ignote e forse (per fortuna dell'umanità) inconoscibili." (Relazione "Mente e materia: il messaggio dei Quanti", in "Dimensioni sconosciute", Atti del 17° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2013) Piuttosto in linea con Pearson e Giuditta è Massimo Teodorani, astrofisico e divulgatore scientifico italiano, il quale, pur senza ipotizzare di quale elemento vada ad essere costituita, ritiene che l’ipotesi più accreditata sia che l’anima non sia altro che “informazione”, cioè una specie di software che controlla un hardware (il nostro corpo o un corpo di qualunque altro tipo), e che poi, alla morte fisica, essa vada a depositarsi altrove come “databank”, per poi essere riattivata come software quando si rientri in un ciclo vitale. Egli ritiene che tutto questo sia un problema più che altro di biofisica quantistica e di “ingegneria informatica non-locale”. Ad ogni modo, dato che è proprio la natura modale di queste entità immateriali, che è qui in causa, tornando alla questione della sostanza del corpo etereo, bisogna rilevare che qualcosa di sostanzialmente analogo agli assunti di Dutheil è stato sostenuto anche dalla nostra astrofisica Giuliana Conforto in suoi vari testi (in cui sostiene che la nostra vera identità è il corpo di Luce, composto dai bosoni "W+", "W–" e "Z"), e dal nostro Padre Ulderico Pasquale Magni, tanto Sacerdote quanto scienziato ed epistemologo (Cfr. "Padre Ulderico Pasquale Magni - Una vita di fede e di scienza", a cura di Paola Giovetti, Edizioni Mediterranee, 2010), che sostiene: “…alla luce di tutto questo, abbreviando ogni discorso, potremmo dare una definizione della morte. La morte è l’epifania del 'corpo di luce'. Dante ci darebbe la immagine della 'angelica farfalla'. Ma, a parte il verme che sarebbe poi il 'corpo mortale', il tema delle ali è troppo legato al concetto dell’aria. La luce è ben altra cosa. E lo vedremo tra poco. Nell’aria i suoni prendono il nome di 'fononi' = fonos = suono, voce, vibrazione per via di atomi e di molecole. Fuori dell’aria i dominatori assoluti sono i fotoni = fos, fotos, fotografia, fotogramma. Cos’è che vibra? Una volta si diceva l’'etere'. Cos’è l’etere? Mancando una sua 'definizione operativa', la scienza di Occidente ha abbandonata la parola, e si è concentrata sul termine 'fotone'. Lunghezza d’onda e frequenza definiscono il fotone. E più ancora la sua definizione è data dalla velocità: la velocità della luce, per l’appunto. Ma attenzione! Quando diciamo 'luce' ci riferiamo solo ad un punto di partenza. Già la fisica, se di rado nomina i takioni, più frequentemente usa il termine 'superluce' …”. Da non dimenticare, poi, gli psiconi, che, secondo John Eccles, sono, se non l'elemento costitutivo, comunque l'elemento di raccordo, della mente che viene a collegarsi al cervello fisico. Potrebbe creare un qualche imbarazzo constatare che Régis Dutheil sostiene che il “corpo di luce” di cui saremo composti una volta abbandonato il corpo fisico sia composto di tachioni, mentre Arthur Koestler lo riteneva composto di neutrini, mentre Jean-Émile Charon di elettroni, mentre Ronald Pearson di un non meglio specificato “i-ther” (anche il nostro medico, biologo e neuroscienziato contemporaneo Antonio Giuditta, come visto, ritiene che l’Universo alla base sia “sostanza mentale”, come Pearson, e pare anche lui ventilare che l’anima sia composta di elettroni, come Charon, mentre anche il nostro astrofisico Massimo Teodorani ritiene che l’anima sia essenzialmente “informazione”), mentre per la nostra astrofisica Giuliana Conforto di bosoni “W+”, “W–” e “Z”, mentre per Padre Pasquale Ulderico Magni di fotoni, ed ancor più specificamente di takioni (ed in questo si raccorderebbe con Dutheil), senza dimenticare gli psiconi di John Eccles come elemento costitutivo o comunque raccordante, e gli elettroni dei microtubuli che costituirebbero la coscienza per Hameroff e Penrose (ed in questo vi sarebbe un’”trait d’union” con Charon e Giuditta)...insomma, potrebbe non mancare la sensazione che regni una gran bella confusione, e ci si potrebbe domandare come questi scienziati possano identificare il “corpo etereo”, o comunque il suo collegamento col corpo fisico, con elementi microcosmici differenti; ma il fatto è che queste sono, fino a prova contraria, ipotesi, modelli teorici, interpretazioni, ed ancora non sappiamo quale sia quella giusta. Questo, però, non può che essere da stimolo e sospingimento a raffronti e confronti, anche se non si vede bene come possa essere valutata empiricamente la composizione di un elemento così sfuggente. Di certo questi modelli teorici ci aiutano comunque a creare un campo concettuale, anche scientifico, dotato di una sua plausibilità.
- ^ Cfr. Régis e Brigitte Dutheil, "L'homme superlumineux", "L'uomo superluminoso" (1990) e "La médecine superlumineuse", "La medicina superluminosa" (2006), Sand Editions, non editi in italiano. Cfr. anche Evelyn Elsaesser Valarino, "D'une vie à l'autre", "Dall'altra parte della vita" (1999), Devry Editions, e "Le pays d'Ange", "Il Paese dell'Angelo (2009), Editions Les Presses du Midi, non ancora editi in italiano.
- ^ Vedere le sue referenze alla nota 22.
- ^ Relazione "Anatomia umana oltre frontiera", in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007.
- ^ Questa è la posizione che pare essere stata espressa dalla cosiddetta "Entità A" in un caso di alta medianità, cfr. "Rapporto dalla dimensione X", di Giorgio di Simone ed Entità A, Edizioni Mediterranee, 1973. E’ comunque necessario spendere qualche parola specifica, sul caso dell'"Entità A" e di Corrado Piancastelli (il suo medium), che, assieme a quello del Cerchio Firenze 77, è sicuramente la realtà medianica più significativa che si sia avuta in Italia. Nel caso dell'"Entità A", a differenza del CF77, abbiamo però anche un medium che per mezzo secolo si è lasciato scientificamente investigare in tutti i modi possibili, caso fino a prova contraria unico al mondo, in questo senso. Si è andati dall'analisi vocale all'Istituto Galileo Ferraris di Torino, che ha utilizzato il metodo "Voice Print" valido anche per analisi giudiziarie in Tribunale, ove si è potuto stabilire che le voci di Andrea (Entità A) e Corrado (il medium) sono strutturalmente diverse, alle alterazioni cardiopressorie in stato di trance che escludono una normale coscienza che pur sappia ben simulare, nel corso di settant'anni, una voce strutturalmente diversa, al Test di Rorschach che ha evidenziato la piena salute mentale del medium (assenza persino di "normale" nevrosi; anzi, era pure psicoterapeuta), all'analisi linguistica comparata che dovrebbe avere un valore approssimato a quello dell'impronta digitale per l'identificazione d'un individuo rispetto ad un altro, e che ha evidenziato una netta autonomìa linguistica di Andrea (più di 9000 vocaboli) rispetto a Corrado (poco più di 2000 vocaboli) e anche al ricercatore Giorgio di Simone, ma soprattutto lo studio elettroencefalografico che ha evidenziato un tracciato di onde alfa mentre si svolgeva una serrata attività dialettica da parte di Andrea, e quindi a monte si suppone ragionativa; eppure il cervello di Corrado era a riposo, ed anzi teneva gli occhi aperti senza che il tracciato si desincronizzasse, cosa che riesce solo a monaci buddhisti dopo un lunghissimo tirocinio meditativo. Che si sappia, l'inconscio si esprime per immagini, simboli, dunque come avrebbe potuto, la sua mente inconscia, non mettere in gioco, a livello cerebrale, nel momento in cui avesse preso ad esprimersi in modo razionalmente articolato, il normale tracciato di onde beta proprio a chi è concentrato su un qualche problema, astratto o meno che sia? Si aggiunga che, nonostante anche una grande variabilità dei presenti alle sedute, la personalità e la visione del mondo di Andrea si è sempre mantenuta peculiare ed inconfondibile. Siamo di fronte ad una vera e propria dottrina organica coerente andata costituendosi nel corso di settant'anni di comunicazioni, evento unico, nella storia del paranormale. Settant'anni di comunicazione, oltre 1500 ore di registrazione (più di mille sedute della durata media di un'ora e mezza), 20.000 e più pagine di trascrizione delle sedute medesime, rappresentano una mole di materiale che, comunque anche e soprattutto per qualità intrinseca, non può essere liquidata con un’alzata di spalle. Anzi, questo caso, stante la sua durata, si presenta come particolarmente forte quale contrapposizione all'idea che la sopravvivenza alla morte fisica sia comunque molto limitata, cioè che l'autocoscienza si trasferisca nei corpi sottili i quali finiscano poi per dissolversi in un tempo relativamente breve, nullificando così l'autocoscienza stessa.
- ^ Ad esempio, nelle due principali scuole medianiche sorte in Italia, quella dell'"Entità A" e quella del "Cerchio Firenze 77", vi è questa discordanza, poiché nel primo caso vi sarebbe un perpetuo divenire evolutivo senza un ricongiungimento che implicherebbe una morte spirituale individuale e quindi renderebbe vano tutto l'iter evolutivo stesso, mentre nel secondo caso si addiverrebbe effettivamente a questo rincongiungimento. Merita di essere menzionata anche la posizione, al riguardo, di Gustavo Adolfo Rol, secondo la quale l'anima post-mortem si ricongiungerebbe immediatamente al Divino, senza alcuna reincarnazione (mentre le due scuole appena citate sono entrambe reincarnazioniste), mentre lo spirito intelligente, caratteristico del solo essere umano, sarebbe la forza eterica che, permanendo un certo tempo in ambiente terrestre, consentirebbe una serie di fenomeni paranormali dei quali lui stesso si rendeva protagonista. E' chiaro che, in questo caso, si ha un'inversione dei termini anima e spirito, rispetto al loro significato intrinseco dianzi esposto come dottrina dell'Entità A. Resta da menzionare un modello di sopravvivenza élitario, il cui principale esponente è stato René Guénon, secondo cui sopravvive e si riunisce in Dio solo chi ha raggiunto un grado di illuminazione nella sua vita terrena, per gli altri i corpi sottili o residui psichici del complesso animico scompaiono senza alcuna scintilla imperitura di base, e, quindi, non resta nulla. Occorre rilevare che, per supportare questa bizzarra convinzione (che, però, può giustificare e può essere funzionale a tutto un iter iniziatico come quello della Massoneria, cui Guénon apparteneva, e allora si può comprendere la convenienza del sostenere queste tesi), occorre operare una selezione del tutto arbitraria, delle varie fonti sacre, iniziatiche ed esoteriche; al, contrario, invece, della pretesa, da questa scuola (detta "tradizionalista" o anche "perennialista") avanzata, di costituire un "corpus" di conoscenza unico.
- ^ Laureato in Sociologia presso l'Università del New South Wales, vi ha conseguito il Dottorato. Titolare della Cattedra di Sociologia presso importanti Scuole di Scienze Sociali internazionali, è stato Docente di Cure Palliative presso la Trobe University a Bundoora (Australia) e alla Facoltà di Medicina dell'Università di Melbourne (1998-2006), dopodiché Professore di Sociologia presso l'Università di Bath (Regno Unito) (2006-2011), poi Professore presso il Dipartimento di Salute Comunitaria e Epidemiologia presso la Dalhousie University di Nova Scotia, Canada (2011-2013). Durante questi periodi è stato anche (2003-04) Visiting Professor di Studi Australiani presso l'Università di Tokyo in Giappone, e quindi (2009) Distinguished Lecturer presso la William J. Clinton Presidential Center e Clinton School of Public Service, presso l'Università di Arkansas, USA. Attualmente è Professore di Salute Comunitaria, Scuola di Sanità e d'Istruzione presso la Middlesex University (Regno Unito), nonché Accademico dell'Accademia delle Scienze Sociali nel Regno Unito. Autore di molti importanti saggi, con il suo libro "NDE fra medicina e religione" si è imposto come massimo esponente dell'interpretazione sociologica sul tema.
- ^ Relazione "Potrebbe esserci più di un tipo di NDE? Alcune possibilità fenomenologiche", in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007.
- ^ Vedere più avanti.
- ^ Da “La Pagina degli Amputati” del Dottor Claudio Pisani, sito no profit e liberamente fruibile: LA NDE DEL DOTTOR GEORGE RODONAIA: MORTO PER TRE GIORNI E RESUSCITATO SUL TAVOLO AUTOPTICO! (28/10/1999) - Apro la serie delle traduzioni delle NDE raccolte da Kevin Williams con la più incredibile e la più inesplicabile storia di sopravvivenza mai avvenuta dopo quella di Gesù Cristo. La differenza è che, mentre la storia di Cristo è suffragata da pochissime prove obiettive se si eccettua la Sacra Sindone, che sarebbe autentica al 99%, quella del Dottor Rodonaia è autenticata da certificati di morte e referto autoptico (parziale, in quanto l'operazione non venne portata a termine per...mancato consenso da parte della...mancata salma!). Se aggiungo poi che il Dott. Rodonaia è tuttora vivente (ha poi definitivamente lasciato il corpo nel 2004, nota), agli scettici non resta che prendere l'aereo ed andare ad intervistarlo in USA! Ecco alcune note biografiche ed il suo racconto, la parte finale è un pò "ostica" ed ho incontrato qualche difficoltà nel tradurla: se qualcuno di voi conosce meglio di me l'inglese, si faccia pure avanti con una traduzione migliore, l'indirizzo dove potete scaricare il testo originale è: http://www.near-death.com/rodonaia.html , il link vi permette anche di ordinare il suo libro via Internet. Il Dott. George Rodonaia ha una Laurea in Medicina (Neuropatologia) ed una in Psicologia della Religione. Molto recentemente ha consegnato una nota indirizzata alle Nazioni Unite sull'"Emergente Spiritualità Globale". Prima di emigrare negli Stati Uniti dall'Unione Sovietica nel 1989, ha lavorato come psichiatra ricercatore all'Università di Mosca. Il Dott. Rodonaia ha subìto uno dei casi più lunghi di NDE mai registrato. Dichiarato morto immediatamente dopo essere stato investito da una macchina nel 1976, è stato lasciato per tre giorni in Obitorio. Non "ritornò in vita" fino a che un Medico Legale non cominciò a fare un'incisione nel suo addome per procedere all'autopsia. Un'altra notevole caratteristica della N.D.E. del Dott. Rodonaia - e ciò è comune a molti - è che è stato trasformato radicalmente da tale esperienza. Prima della sua NDE lavorava come Neuropatologo. Era anche un ateo dichiarato. Ma dopo l'esperienza, si è dedicato esclusivamente allo studio della spiritualità, prendendo un secondo Dottorato in Psicologia della Religione. E' quindi stato ordinato Pastore nella Chiesa Orientale Ortodossa. Oggi serve come Pastore Associato presso la Prima Chiesa Unita Metodista a Nederland, Texas. "La prima cosa che ricordo della mia N.D.E. è che mi ritrovai in un regno di oscurità totale. Non avevo dolore fisico, ero ancora in qualche modo consapevole di essere George e tutt'intorno a me c'era oscurità, oscurità assoluta e completa - l'oscurità più grande mai provata, più scuro di qualunque scuro, più nero di ogni nero. Questo era ciò che mi circondava ed incombeva su di su me. Ero inorridito. Non ero preparato a tutto questo. Sono rimasto disgustato nello scoprire che ancora esistevo, ma non sapevo dove fossi finito. Un pensiero solo attanagliava la mia mente: 'Come è possibile, dato che non esisto più?' Questo è ciò che mi turbava. Lentamente ho fatto forza su me stesso e ho cominciato a pensare a quello che era accaduto ed a ciò che succedeva. Ma non mi giungeva niente di confortante o rilassante. Perché sono in questa oscurità? Cosa posso fare? Allora ho ricordato la famosa citazione di Descartes: 'Penso, dunque sono'. E questo mi ha sollevato da un peso enorme, perché allora ho capito che, in un certo senso, ero ancora vivo, benché, evidentemente, in una dimensione molto diversa. Allora ho pensato: 'Se esisto, perché non devo essere ottimista? Sono George e sono nell'oscurità, ma so che esisto. Sono quello che sono. Non devo essere pessimista. Come posso stabilire cosa è positivo nell'oscurità? La luce è una cosa positiva.' Allora, improvvisamente, fui nella luce; brillante, bianca, luccicante e forte; una luce molto brillante. Era come il 'flash' di una macchina fotografica, ma non lampeggiante, solo brillante. Luminosità continua. Al momento ho trovato lo splendore della luce doloroso, non potevo guardare direttamente ad essa. Ma pian piano ho cominciato a rilassarmi. Ho cominciato a sentire caldo, conforto, e tutto improvvisamente è sembrato eccellente. La cosa successiva che mi accadde fu che ho visto tutte queste molecole volarmi intorno, atomi, protoni, neutroni, volavano dappertutto. Da un lato era totalmente caotico, ma ciò che mi ha dato gioia fu il fatto che questo caos aveva una simmetria intrinseca. Questa simmetria era meravigliosa, unica e totale, e mi ha riempito di una gioia tremenda. Ho visto il modello universale della vita e della natura davanti ai miei occhi. Fu a questo punto, che ogni preoccupazione residua sul mio corpo scomparve, perché mi era ormai chiaro che non avevo più bisogno di esso, che era soltanto una limitazione. Tutti [i ricordi] di questa esperienza si sono fusi, così è difficile per me porre gli eventi in sequenza esatta. Il tempo per come lo avevo conosciuto si fermò; passato, presente, e futuro erano un tutt'uno per me in quell'unità di vita senza tempo. Ad un certo punto ho subìto quello che è stato chiamato il processo di rivisitazione della propria vita, per cui ho visto la mia vita dall'inizio alla fine tutto d'un colpo. Ho partecipato ai veri drammi della mia vita, quasi come se un'immagine olografica della mia vita mi scorresse davanti - nessun senso di passato, presente, o futuro, solo il momento presente e la realtà della mia vita. Non era come è cominciata con la nascita per poi arrivare alla mia vita all'Università di Mosca. Essa mi è apparsa tutta in una volta]]. Io ero là. Questa era la mia vita. Non ho provato alcun senso di colpa o rimorso per le cose che ho fatto. Non ho provato nulla in merito ai miei fallimenti, errori, o risultati ottenuti. Tutto quel che ho percepito era la mia vita per quello che era stata. Ed ero contento così. Ho accettato la mia vita per quella che è. Durante questo tempo la luce irradiava un senso di pace e gioia verso di me. Era molto positivo. Ero così felice di essere nella luce. E ho capito quello che la luce ha voluto dire. Ho imparato che tutte le regole fisiche della esistenza umana erano nulla quando le ho comparate a questa univoca realtà. Ho anche potuto vedere che un buco nero è solo un altro aspetto di quella infinità che è la luce. Sono arrivato a capire che quella realtà è dappertutto. Che non è semplicemente la vita terrena, ma la vita infinita. Tutto quanto non solo è collegato insieme, il tutto è anche uno. Così mi sono sentito un solo essere con la luce, con la sensazione che tutto è perfetto fra me e l'Universo. Avrei potuto essere dovunque immediatamente, proprio là [dove avessi voluto]. Ho cercato di comunicare con la gente che ho visto. Qualcuno ha sentito la mia presenza, ma nessuno ha fatto niente. Ho sentito la necessità di studiare la Bibbia e la filosofia. Chiedi e ti sarà dato. Pensa e tutto giunge a te. Così ho partecipato, sono ritornato [ indietro nel tempo ] e ho vissuto nella mente di Gesù e dei suoi discepoli. Ho sentito le loro conversazioni, ho fatto l'esperienza di mangiare [con loro], di passarci il vino, odorare, assaggiare - eppure non avevo il corpo. Ero pura coscienza. Se non avessi capito ciò che accadeva, mi sarebbe stato dato un chiarimento. Ma nessun insegnante ha parlato. Ho esplorato l'Impero Romano, Babilonia, i tempi di Noè ed Abramo. Qualsiasi epoca vuoi citare, io ci sono andato. Così ero là, inondato da tutte queste buone cose e da questa esperienza meravigliosa, quando qualcuno cominciò a tagliare nel mio stomaco. Potete immaginare? Quello che era accaduto era che ero stato portato all'Obitorio. Sono stato dichiarato morto e lasciato là per tre giorni. Un'indagine sulla causa della mia morte era stata istruita, così hanno mandato qualcuno a fare un'autopsia su di me. Come hanno cominciato a tagliarmi lo stomaco, mi sono sentito come se una grande forza mi avesse afferrato dal collo e mi avesse spinto giù. Ed era così potente che ho aperto gli occhi, e percepii questa enorme sensazione di dolore. Il mio corpo era freddo, e ho cominciato a rabbrividire. Immediatamente hanno fermato l'autopsia e mi hanno portato all'Ospedale, dove sono rimasto per i seguenti nove mesi, la maggior parte dei quali trascorsi sotto il respiratore. Lentamente ho riguadagnato la mia salute. Ma non sarei mai stato più lo stesso individuo, perché tutto ciò che volevo fare per il resto della mia vita era studiare la saggezza. Questo nuovo interesse mi ha condotto a frequentare l'Università di Georgia, dove ho preso la mia seconda Laurea in Psicologia della Religione. Poi sono diventato Prete della Chiesa Orientale Ortodossa. Alla fine, nel 1989, siamo venuti in America, ed ora lavoro come Pastore Associato al First United Methodist Church in Nederland, Texas. Molta gente mi ha domandato a cosa credo, come la mia NDE ha cambiato la mia vita. Tutto quel che posso dire è che ora credo al Dio dell'Universo. Dissimilmente da molta altra gente, comunque, non mai ho chiamato Dio la Luce, perché Dio è oltre la nostra comprensione. Dio, credo, è molto più della luce, perché Dio è anche oscurità. Dio è tutto ciò che esiste, tutto - e questo va ben oltre la nostra capacità di comprendere -. Così, non credo al Dio degli Ebrei, o dei Cristiani, o degli Indù, od in qualsiasi idea religiosa di quello che Dio è o non è. E' per tutti lo stesso Dio, e quel Dio mi ha mostrato che l'Universo nel quale viviamo è un bellissimo e meraviglioso mistero con cui è connesso per sempre e per l'Eternità. Chiunque ha avuto una simile esperienza di Dio, che ha sentito un tale senso di profondo collegamento con la Realtà, sa che c'è solo un lavoro veramente significativo da compiere nella vita, ed esso è l'Amore; amare la natura, amare la gente, amare gli animali, amare la Creazione stessa, perché è giusto così. Servire la creazione di Dio con una calda ed amorevole generosità e compassione - questa è l'unica esistenza che ha senso. Molta gente gira intorno a quelli che hanno avuto NDE perché sentono che abbiamo le risposte. Ma so che questo non è vero, almeno non totalmente. Nessuno di noi può capire fino in fondo le grandi verità della vita finché non saremo uniti all'eternità al momento della morte. Ma di quando in quando otteniamo di dare un'occhiata di sfuggita alle risposte qui sulla Terra, e questo è già abbastanza, per me. Amo fare domande e cercare risposte, ma alla fine so che devo vivere le domande e le risposte. Ma per me va bene, non è vero? Finché amiamo, amiamo con tutto il nostro cuore e passione, nulla ha importanza, non vi pare? Forse il modo migliore per me per esporre quel che cerco di dire è condividere con voi qualcosa che il poeta Rilke una volta ha scritto in una lettera ad un amico. Ho visto questa lettera, la lettera originale scritta a mano, nella biblioteca a Dresda, all'Università in Germania. Cito a memoria, come segue: "Sii paziente con tutto quello è irrisolto nel tuo cuore. E cerca di amare le domande di per sé stesse. Non cercare le risposte che non possono esserti date. Perché non potresti conviverci. E il punto è vivere totalmente, vivere le domande ora, e forse senza saperlo, vivrai abbastanza nelle risposte." Ho fede in ciò. Vivi le domande, e l'Universo aprirà i suoi occhi su di te. (The Journey Home) Di seguito: NUOVE PROVE CONVALIDANO CHE LE NDE SONO REALTA’ E NON ALLUCINAZIONI. SCONVOLGENTI PARTICOLARI RIFERITI DAL DR. RODONAIA AL DR. MELVIN MORSE - Il racconto dell'incontro con un lattante durante la sua NDE - Ulteriori informazioni riguardo al racconto del Dott. Rodonaia sono descritte nel libro del Dott. Melvin Morse (scritto insieme con Paul Perry) intitolato "Trasformati dalla Luce". Il seguente è un estratto di questo libro e descrive un evento che è accaduto durante questa particolarissima NDE, e che è molto interessante poiché i fatti riferiti non sono spiegabili se non ammettendo che lo Spirito - o la Coscienza - sono entità extracorporee, come da sempre insegnano tutte le Religioni. Vi ricordo che il Dr. Rodonaia, sospettato del KGB di essere una spia americana, fu investito per ben due volte da un'auto guidata dagli agenti della famosa agenzia di spionaggio. Dichiarato morto a causa dei traumi multipli subìti, il suo corpo fu surgelato nel freezer della "Morgue" ove rimase per tre giorni! (Nota: A quell'epoca, il Dott. Morse chiamava "Yuri" George Rodonaia per tenerne segreta l'identità.) ...Per un unico motivo Yuri avrebbe voluto andare a far visita alla sua famiglia. Aveva visto sua moglie disperata ed i loro figli, entrambi troppo piccoli per capire che loro padre era stato ucciso. Andò quindi a visitare il suo vicino di casa. Avevano un bambino, nato un paio di giorni prima della sua "morte". Yuri disse che erano rimasti sconvolti da quel che gli era accaduto, ma in quel momento erano angosciati soprattutto dal fatto che il loro bambino non smetteva di piangere. Nonostante i loro tentativi per calmarlo, continuava apiangere. Quando dormiva era agitato e piagnucoloso, da sveglio piangeva di nuovo. Lo avevano portato di nuovo dai dottori, ma non erano stati capaci di capire la causa del pianto. Tutte le solite diagnosi, come le coliche, erano state escluse e li avevano rispediti a casa, sperando che il bambino si calmasse da solo... Durante questo stato di esperienza extracorporea, Yuri scoprì che: "Io potevo parlare col bambino. Era incredibile! Non potevo parlare coi genitori - i miei amici - ma potevo parlare col neonato. Gli ho chiesto quale fosse il problema. Nessuna parola è stata scambiata fra me e lui, forse gliel'ho chiesto telepaticamente. Mi disse che un braccio gli faceva male e, non appena me lo ha detto, fui in grado di vedere che l'osso era stato storto e si era rotto." Il bambino aveva una frattura "A LEGNO VERDE" [ frattura incompleta di un osso lungo, simile a quella che si provoca piegando un rametto di legno non stagionato, i cui monconi non si separano - NdR ], probabilmente a causa di un misconosciuto trauma subìto durante il parto. Ora sia Yuri che il bambino sapevano cos'era successo, ma né l'uno né l'altro avevano modo di comunicare il problema ai genitori. [ Yuri, alias George ] a questo punto si risvegliò mentre stava per iniziare l'autopsia (anzi, era appena iniziata, nota). Da notare che, in Russia, i cadaveri vengono conservati in stato di congelamento PER TRE GIORNI e che quindi, più che di una NDE, qui si tratta di una vera e propria RESURREZIONE DA UNA DOPPIA MORTE, PER TRAUMA DA SCHIACCIAMENTO E PER CONGELAMENTO! Particolare alquanto strano: uno dei medici presenti in sala settoria era uno zio del Dr. Rodonaia! Yuri disse poi alla sua famiglia di essere "morto", ma nessuno gli ha creduto finché non ha cominciato a fornire dettagli di ciò che aveva visto durante i suoi viaggi fuori dal corpo. Allora sono divenuti meno scettici. La sua diagnosi sul neonato faceva la differenza. Riferì ai suoi vicini della visita di quella notte e della loro preoccupazione per il loro bambino, e disse loro che aveva parlato con lui, e che aveva scoperto che aveva una frattura del braccio. I genitori portarono il bimbo da un altro dottore che, sottoposto ad esame radiografico il braccio, scoprì che la diagnosi di Yuri era giusta. - Per la testimonianza dal vivo di Rodonaia (e non solo), vedere su YouTube “NDE Vita Dopo la Vita Premorte Documentario Completo Raymond Moody La Morte non Esiste”, oppure “La Vita oltre la Vita COMPLETO”.
- ^ Da “La Pagina degli Amputati” del Dottor Claudio Pisani, sito no profit e liberamente fruibile: NON SOLO RODONAIA... (14-03-15) (Io ho solo aggiornato il link, nota) - Tutti i nostri Lettori conoscono la incredibile, ma documentatissima storia, del Dr. Rodonaia, morto e resuscitato dopo tre giorni, ma non avevamo fino ad ora avuto notizia di altri casi simili. Grazie ad un nostro Lettore che ce l'ha segnalata (ci scusiamo, ma non ricordiamo chi), siamo riusciti a trovare un articolo in rumeno, tradotto alla meno peggio col traduttore automatico. Se qualcuno di voi conosce questa lingua, è pregato di darci un’occhiata cliccando qui: http://www.formula-as.ro/2014/1136/enigme-16/invierea-din-morti-o-realitate-posibila-18298 , per verificare la bontà del testo. Anche in questo caso, la “ritornata” è rimasta nella morgue per ben tre giorni, prima di “resuscitare”. - Nel 1964, tutta la stampa della regione di Altai, nell’estremo nord della Russia, riportò un evento miracoloso: una donna di 40 anni, nella città di Barnaul, era morta e risorta dopo tre giorni. Klavdia Ustiujanina era una donna semplice, che aveva vissuto una vita tormentata. Raggiunta l’età di 40 anni, fu colpita da un altro castigo: un carcinoma pancreatico avanzato. I medici non le diedero alcuna possibilità di sopravvivenza, ma il Prof. Israele Neimark Isaev, un chirurgo di fama ed uomo eccezionale, non si lasciò intimidire da questa malattia mortale, e decise che la paziente doveva essere operata immediatamente, chiedendo l’intervento di alcuni colleghi con una vasta esperienza. Quando venne aperto l’addome, i medici si resero conto che la donna era un cadavere ambulante: tutti gli organi interni erano stati “mangiati” dal cancro! Durante l’intervento, il cuore della paziente si fermò e, nonostante tutti gli sforzi, i medici non furono in grado di farla rivivere. - Risorta dopo tre giorni - Il Professor Neimark si asciugò il sudore della fronte e sussurrò: “Cacciatemi fuori di qui questo cadavere!” Il corpo senza vita venne portato all’Obitorio dell’Ospedale, dove rimase per tre giorni fino a che i parenti non vennero a prenderlo per la sepoltura. Qui avvenne l’incredibile: gli infermieri scoprirono che la donna mostrava chiari segni di vita! Sotto i loro occhi terrorizzati, Klavdia iniziò a muoversi, aprì gli occhi e la bocca, cercando di articolare qualcosa. L’intero Ospedale venne allertato, ed i medici iniziarono a praticare la rianimazione. Era davvero un miracolo! Morta per tre giorni e poi tornata in vita! Dopo che Klavdia ebbe recuperato completamente i sensi, raccontò tutto quello che le era successo durante la morte. - Vita dell'aldilà - La sua testimonianza lasciò storditi sia la famiglia che l’intero team di medici. Ecco quanto riferiscono i giornali dell’epoca: “Quando morii, sentivo la mia anima fuori dal corpo, ma improvvisamente ho visto quel corpo disteso sul tavolo operatorio. Sapevo d’esser morta, ma ciò non mi causava alcuna emozione, come se avessi visto un oggetto e non il mio corpo. Potevo vedere e sentire come i medici si sforzassero duramente per farmi riprendere coscienza. Improvvisamente, mi sono trovata in un altro mondo dove non c’erano case, gente, animali: nulla mi era familiare. Un viottolo che si estendeva in un campo con un prato verde, un percorso non largo né stretto, la cui fine si perdeva in lontananza. Non ho visto il Sole, ma tutto era pervaso da una luce splendida. Sentii che non ero sulla Terra, e venni presa da un enorme desiderio di scoprire dove fossi. Alla mia sinistra c’era un cancello enorme, splendente come un Sole abbagliante, che mi ricordava la porta della Chiesa del mio villaggio. Quando guardai a destra, vidi una donna che si stava dirigendo verso di me; era alta, la testa coperta con un sobrio mantello, indossava una lunga veste simile ad una veste monastica. Quando i suoi piedi toccavano il suolo, l’erba si piegava sotto il peso dei suoi passi, ma quando li alzava, l’erba tornava a disporsi in fili rettilinei, come se niente l’avesse schiacciata. Ora so che la donna era il mio]] Angelo Custode. Venendo alla mia destra, esclamò: <<Signore, dove inviamo questa donna?>> Una voce tuonò, ma gentilmente, riempendo l’aria: <<Devi inviarla indietro! Il suo tempo non è ancora arrivato!>> Poi mi sono svegliata nel mio corpo all’Obitorio.” Ma il miracolo non finisce qui! Sembra che durante la sua morte clinica, Klavdia sia stata completamente guarita dal cancro! Come prova, rimane la relazione completa stilata dal medico che la seguiva, documento che è venuto alla luce dopo il crollo del comunismo, quando alcuni dei file sono stati declassificati dal KGB e resi pubblici. (WEBMASTER - Fonte: http://www.formula-as.ro/2014/1136/enigme-16/invierea-din-morti-o-realitate-posibila-18298)
- ^ Anche se a rigore vi sarebbe qualcosa di ancora antecedente, seppur più in forma di OBE che non di NDE, e cioè nella Bibbia, Ezechiele - profeta d'Israele vissuto nel VI secolo a.C. - dice di essere stato "rapito" diverse volte dalla Mesopotamia, dove si trovava prigioniero insieme ai suoi correligionari, e di aver avuto "visioni" di Gerusalemme e del suo Tempio. Prestando fede a questa narrazione, se non ammettiamo un caso di chiaroveggenza, dobbiamo ammettere un'esperienza extracorporea. Inoltre non fu solo un viaggio nello spazio, ma anche nel tempo, perché vide una Gerusalemme e un Tempio diversi e lontani, rispetto a quelli del periodo in cui il profeta viveva: quindi saremmo, semmai, al limite, di fronte ad un caso di chiaroveggenza precognitiva. Tuttavia, per come descrive l'esperienza, paiono sussistere pochi dubbi, che Ezechiele sia uscito effettivamente dal suo corpo, per avere visioni "akashiche" del futuro, o che comunque questo sia stato il suo vissuto: «Uno spirito mi sollevò fra terra e cielo e mi portò in visioni divine a Gerusalemme» (Ezechiele 8,3). Dunque Ezechiele si descrive per così dire sollevato "a mezz'aria" da una Guida: il che, per l'appunto, lascerebbe pochi dubbi, sull'esperienza extracorporea.
- ^ La migliore edizione attualmente a disposizione è quella in sette volumi, il cui primo risale al 1998 e l'ultimo al 2007, edita dall'Editore Bibliopolis nella Collana Elenchos, con curatore Mario Vegetti.
- ^ Laureato in Filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Venezia “Ca' Foscari”, Dottore di ricerca in Storia del pensiero politico e delle istituzioni politiche, assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università del Piemonte Orientale “Avogadro”, da settembre 2006 è ricercatore nel settore scientifico-disciplinare SPS/03 (Storia delle istituzioni politiche), nel Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali (DiGSPES).
- ^ (Stralcio del Prologo di Francesco Ingravalle, pubblicabile per gentile concessione delle Edizioni di Ar)
- ^ Vale la pena riportare anche quanto afferma Socrate in prigionia, narrato da Platone nel "Fedone": "Gli uomini, per la propria angoscia della morte, diffamano i cigni, spargono voce che quel canto sia di dolore, un'acuta nenia di morte (...). A me non pare che sia così: neanche i cigni cantano perché stanno soffrendo; penso piuttosto che, essendo votati ad Apollo, sono veggenti, quindi, sapendo in anticipo i tesori dell'Invisibile, cantano e si rasserenano in quel giorno più che in qualunque altro della passata vita. Io non mi stacco certo dalla vita con meno entusiasmo di loro."
- ^ Laureata in Filosofia, si è specializzata in Pratiche Filosofiche con il Prof. Romano Màdera presso l'Università di Milano-Bicocca, presso la quale continua a collaborare come cultrice della materia. Consulente pedagogica ed analista biografica ad orientamento filosofico, insegna Pratiche Filosofiche, Teorie e Metodi Autobiografici ed Analisi Biografica ad Orientamento Filosofico presso le Scuole di Counseling dell'Associazione Italiana Psicofilosofi, di cui è anche Responsabile Scientifica, e presso la Scuola "Philo" di Milano. Collabora anche con l'Hospice dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. E' autrice del saggio filosofico "Non ci lasceremo mai? L'esercizio filosofico della morte fra autobiografia e filosofia", edito da Unicopli, Milano, 2005, con un saggio introduttivo di Romano Màdera ed inserito nella collana diretta da Duccio Demetrio "Laboratori della memoria".
- ^ (Stralcio della Relazione tenuta dal Professor Vittorio Di Cesare in seno al Congresso “Visioni oltre il reale. Atti del 2° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” - San Marino, 1998 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ Laureato in Medicina, dopo una lunga esperienza di ricerca in istituti universitari si è dedicato al giornalismo di area medico-scientifica. Attualmente collabora a testate giornalistiche italiane ed estere, a periodici medici e a vari progetti editoriali. Ha pubblicato diversi volumi, ultimi dei quali: "La Ricerca Psichica - Fatti ed evidenze degli studi parapsicologici", (Editore Il Minotauro, 2004); "Misteriose presenze - Viaggio tra case infestate e luoghi maledetti", (Editore Mondadori, 2005); "Ivig, storia di un'idea" (con Giuseppe Luzi, Editore GSE, 2005); "Trasformazioni - Il mistero di scoprirsi cambiati", (Editore Mondadori, 2006); "Parapsicologia" (con Patrizio Tressoldi, Editore Il Mulino, 2007). Nel campo dei suoi interessi sulla cultura "di confine" si occupa di parapsicologia e di NDE, temi sui quali ha realizzato indagini e ricerche.
- ^ Nel Cratylus giunge a paragonare il corpo ad un "carcere".
- ^ (Affermazione contenuta nella Relazione "Voci dal passato, echi nel presente" tenuta dal Dottor Massimo Biondi in seno al Congresso “La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” - San Marino, 2001 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ Le esperienze di Paolo sono narrate nella Seconda Lettera ai Corinzi 5, 6 e 12, 2 ed in Lettera ai Filippesi 1, 23.
- ^ Plutarco, "Il demone di Socrate", Adelphi, 1993)
- ^ Plutarco, 'frammento' 178, in "Frammenti. Testo greco. Traduzione italiana a fronte", D'auria M. Editore, 2010)
- ^ Luciano di Samosata, "Tutti gli scritti. Testo greco a fronte", Editore Bompiani, Collana "Il pensiero occidentale", a cura di Diego Fusaro (introduzione, note e apparati) e traduzione di Luigi Settembrini, 2007.
- ^ Per il reperimento del testo, vedere nota precedente.
- ^ (Stralcio contenuto nella Relazione "Voci dal passato, echi nel presente" tenuta dal Dottor Massimo Biondi - per le sue referenze, vedere nota 56 - in seno al Congresso “La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” - San Marino, 2001 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ (Stralcio contenuto nella Relazione "Voci dal passato, echi nel presente" tenuta dal Dottor Massimo Biondi in seno al Congresso “La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” - San Marino, 2001 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ Agostino di Ippona, "Le onoranze funebri (De cura pro mortuis gerenda)", Tipolitografia Benedettina Editrice, Parma, 2000. Stralcio pubblicato per gentile concessione della Tipolitografia Benedettina Editrice.
- ^ Gregorio Magno, "Storie di santi e di diavoli. Dialoghi", in due volumi, Mondadori, Milano, 2006. Stralcio pubblicato per gentile concessione della Arnoldo Mondadori S.p.A.
- ^ Vedere nota 63.
- ^ (Stralcio contenuto nella Relazione "Voci dal passato, echi nel presente" tenuta dal Dottor Massimo Biondi - per le sue referenze, vedere nota 56 - in seno al Congresso “La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” - San Marino, 2001 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ Santa Teresa d'Avila, "Opere complete", Editore Paoline Editoriale Libri, Collana "Letture cristiane del secondo millennio", a cura di Luigi Borriello e Giovanna Dalla Croce, traduzione e note di Letizia Falzone, 1998.
- ^ Riferito ne "Le visioni dei morenti" di Ernesto Bozzano (prima edizione in veste di breve monografia nel 1906, e nuova edizione ampliata sia nel 1919 che nel 1930, col titolo "Delle apparizioni di defunti al letto di morte"; nuove edizioni, con nuovo titolo scelto da Gastone De Boni, nel 1947 e nel 1953; ripubblicato, infine, dalle Edizioni del Gattopardo s.r.l., nel 1972).
- ^ La vicenda di Wovoka è stata variamente narrata da Leslie Spier nel 1935, da Alice Beck Kehoke nel 1989, e da Gregory Ellis Smoak nel 2002 e 2008: Leslie Spier, "The Prophet Dance of the Northwest and its Derivatives: the Source of the Ghost Dance", in "General series in Anthropology", n°1; Alice Beck Kehoke, " 'The Ghost Dance Religion'. The Ghost Dance: Ethnohistory and Revitalization ", Thompson Publishing, Washington, DC; Gregory Ellis Smoak, "Ghost Dances and Identity: Prophetic Religion and American Indian Ethnogenesis in the Nineteenth Century", Berkeley, University of California (prima edizione 2002, edizione riveduta ed ampliata 2008).
- ^ Stralci riportati per gentile concessione della Adelphi Edizioni.
- ^ “Una paziente, di cui non ho motivo di mettere in dubbio la credibilità e il rispetto per la verità, mi raccontò che il suo primo parto era stato assai difficile. Dopo doglie protrattesi inutilmente per trenta ore, il medico pensò bene di ricorrere al forcipe. Il ricorso al forcipe si svolse mentre la paziente era in stato di lieve narcosi, e provocò una notevole lacerazione al perineo e una cospicua emorragia. Quando il medico, la madre e il marito se ne furono andati e tutto fu messo in ordine, l’infermiera voleva andare a mangiare, e la paziente la vide ancora sulla porta in atto di domandare: 'Desidera ancora qualcosa prima ch’io vada a cena?' La paziente voleva rispondere, ma non ci riuscì più. Aveva la sensazione si star sprofondando attraverso il letto in un vuoto senza fondo. Notò ancora che l’infermiera si affrettava ad accostarsi e le afferrava la mano per sentirle il polso. Dal modo in cui le dita dell’infermiera si muovevano su e giù per il polso la paziente dedusse che evidentemente il polso si era fatto insensibile. Poiché essa si sentiva molto bene, la paura dell’infermiera la divertì. Quanto a lei, non provava assolutamente paura. Questa era l’ultima cosa che riusciva a ricordare di un periodo del quale non avrebbe saputo definire la durata. La sensazione successiva di cui ebbe coscienza fu che, senza alcuna sensazione del proprio corpo e della sua posizione, guardava in giù da un punto posto proprio sul soffitto della stanza e percepiva tutto ciò che accadeva sotto di lei nella camera: vedeva se stessa pallida come un cadavere, stesa a letto con gli occhi chiusi. Accanto al letto c’era l’infermiera. Il medico s’aggirava agitato su e giù per la stanza, le pareva che avesse perso la testa e non sapesse bene che fare. I parenti della paziente si fecero sulla porta. La madre e il marito entrarono e la guardarono spaventati. La paziente pensava: ma è proprio sciocco che pensino ch’io stia morendo. E’ chiaro che tornerò in me. Intanto sapeva che dietro di lei si trovava uno splendido paesaggio, una sorta di parco dai colori smaglianti, e in particolare un prato verde smeraldo con l’erba corta, che si stendeva su un pendio e al quale si accedeva attraverso una porta a grata che dava sul parco. Era primavera, e il prato era pieno di piccoli fiori variopinti che non aveva mai veduto prima. Un sole intensissimo illuminava la zona e tutti i colori avevano uno splendore indescrivibile. Il pendio era costeggiato da entrambi i lati da alberi color verde scuro. Il prato le faceva l’impressione di una radura nel bosco, dove l’uomo non aveva mai messo piede. 'Sapevo che era l’ingresso a un altro mondo, e che se mi fossi voltata per guardare direttamente la scena sarei stata tentata di varcare la porta e, quindi, di abbandonare la vita'. Non vide realmente questo paesaggio, poiché gli voltava le spalle, ma sapeva che c’era. Sentiva che niente le avrebbe impedito di varcare la soglia. Sapeva soltanto che sarebbe tornata nel suo corpo e non sarebbe morta. Per questo trovava sciocca e ingiustificata l’agitazione del medico e l’affanno dei parenti. Il fatto successivo fu che si destò, a letto, dal suo svenimento e scorse l'infermiera che si chinava su di lei. Le dissero che aveva perso conoscenza per circa mezz'ora. Il giorno seguente, circa quindici ore più tardi, sentendosi più in forze, rivolse all'infermiera una osservazione critica sul comportamento del medico durante il suo svenimento, comportamento che definì incompetente e 'isterico'. Ma l'infermiera respinse energicamente le sue critiche, convintissima com'era che la paziente fosse stata del tutto senza coscienza, e quindi non avesse potuto rilevare niente di quella scena. Solo quando la paziente le descrisse in tutti i particolari ciò che era successo durante il suo svenimento, fu costretta ad ammettere che essa aveva percepito gli avvenimenti esattamente come si erano svolti nella realtà. Si potrebbe supporre che si sia trattato, in questo caso, di uno stato psichico di dormiveglia in cui sussisteva ancora una metà della coscienza, sia pure scissa. Sennonché la paziente non era mai stata isterica, ma aveva sofferto di un autentico collasso cardiaco con sincope dovuta ad anemia cerebrale, come mostravano tutti gli indizi esterni, chiaramente allarmanti. Aveva effettivamente perso conoscenza e di conseguenza avrebbe dovuto essere completamente assente dal punto di vista psichico, assolutamente incapace di osservare con chiarezza e di emettere al tempo stesso un giudizio. L'[[aspetto singolare, poi, è che non si trattò di un'interiorizzazione diretta della situazione mediante osservazione indiretta, inconscia: essa vide tutta la situazione dall'alto, come se i suoi 'occhi si fossero trovati sul soffitto della stanza', come disse nel definire la situazione. In effetti non è facile spiegare come possano verificarsi, in una condizione di grave collasso, processi memorizzabili di straordinaria intensità psichica, e come si possano osservare a occhi chiusi eventi reali nei loro dettagli concreti. Dovremmo aspettarci, in base a tutte le premesse, che un'anemia cerebrale così evidente pregiudichi notevolmente, o addirittura impedisca, proprio il verificarsi di processi psichici assai complessi.” (Stralcio pubblicabile per gentile concessione dell'Editore Bollati Boringhieri.)
- ^ Per Jung "La sincronicità" è solo un proemio del tema, comunque; sarà solo nell'ultima monumentale opera, il Mysterium coniunctionis (1955-56), che egli tratterà a fondo della natura radicale del mondo psichico, postulando l'unità di psiche e materia, lunus mundus.
- ^ Contesta, peraltro, che, nel caso dell'esperienza di Jung, si possa parlare di "esperienza di premorte", Fulvia Cariglia, nella sua Relazione "L'importanza di chiamarsi informatori", in seno a "Il volo della coscienza", Atti del 18° Congresso Internazionale delle esperienze di confine, San Marino, 2014, constatando che Jung stesso se ne riferisce come ad una "strana esperienza allucinatoria", ed afferma che in quel "mondo visionario" si addentrò per ben tre settimane, entusiasta la notte di ritornare con la mente a quel meraviglioso teatro di idee; dunque, le sue "visioni" vennero da lui percepite per più di venti giorni consecutivi, e comunque piuttosto diverse da quelle che conosciamo come classiche NDE; difatti, dice, "duravano per circa un'ora: poi mi addormentavo di nuovo". In effetti, non si può negare che, un vissuto simile, può essere considerato solo parente, semmai, di una NDE classica.
- ^ Nel 1963, Robert Neil Butler, "The life review: An interpretation of reminiscence in the aged", in "Psychiatry", vol. 26, pp. 65-76; nel 1967, Robin C.A. Hunter, "On the experience of nearly dying", in "American Journal of Psychiatry", vol. 124, pp. 122-126; nel 1972, Russel Noyes Jr., "The experience of Dying", in "Psychiatry", vol. 35, pp. 174-184. Nessuno di questi articoli risulta essere stato tradotto ed edito in italiano.
- ^ Dr. Raymond Moody
- ^ (Stralcio della Relazione tenuta dalla Dott.ssa Fulvia Cariglia in seno al Congresso “L'universo magico delle NDE. Atti del 4° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine” - San Marino, 2000 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ Da notare che, quando esplose il fenomeno Moody, la classe medica americana rispose abbastanza repentinamente, a firma del Dr. Richard S. Blacher, con un articolo comparso sul "Journal of the American Medical Association" del 23 novembre 1979, in cui si definivano le esperienze di pre-morte come "fantasie di morte" e si mettevano in guardia gli scienziati dall'accettare una credenza od una convinzione definita "religiosa" come dato scientifico. Ed allora fu proprio il Dr. Michael Sabom, cardiologo, che in quegli anni aveva condotto una simile ricerca, convincendosi della "realtà" del vissuto esperienziale dei soggetti da lui esaminati, che, su quella stessa rivista, rispose qualche mese più tardi all'illustre interlocutore, concludendo l'articolo con questa affermazione: "analoga prudenza deve essere adottata nell'intendere le convinzioni scientifiche alla stregua di dati scientifici".
- ^ Per le referenze, vedere nota 56.
- ^ Psicologo e Teologo, svolge attività di Psicoterapeuta ed è Docente di Psicologia presso la Pontificia Università. E' autore di testi di psicologia e pedagogia tradotti in diverse lingue. Nell'ambito della ricerca sulle NDE, questo suo libro è un compendio delle varie interpretazioni del fenomeno, almeno al 1995.
- ^ Laureato in Scienze Biologiche, ha esercitato la professione di microscopista elettronico clinico presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Bologna. Attualmente ricopre la carica di Direttore Scientifico del Centro Studi Parapsicologici di Bologna, la più prestigiosa Associazione di parapsicologia italiana, ed è membro della Parapsychological Association. Si è interessato a fondo di filosofie orientali e ha intrapreso numerosi viaggi di studio (in Asia, Africa e Sud-America) al fine di approfondire la realtà dello sciamanesimo, in particolare gli stati modificati di coscienza indotti da sostanze psicoattive in contesti tradizionali e rituali.
- ^ Peraltro, per avere la prima testimonianza, che poi è una raccolta di testimonianze, sulle NDE, OBE o comunque esperienze di confine a seguito di incidenti di montagna, bisogna risalire nientemeno che al 1892, laddove uno stimato Professore di Geologia dell'Università di Zurigo (il quale, al di là dell'impegno professionale per cui è ancor oggi ricordato, si distinse particolarmente per le sue ricerche sulle Alpi ed i fenomeni glaciali nelle regioni alpine, ed, oltre ad essere autore d'un trattato di geologia tuttora considerato un classico, è ricordato anche per essere stato il primo a sorvolare le Alpi in mongolfiera con finalità scientifiche), coltivò nella vita due grandi passioni personali: la montagna e lo studio degli stati modificati di coscienza in prossimità della morte. Egli era, infatti, uno scalatore provetto, e, quanto alla seconda delle sue attività predilette, aveva di che argomentare sulla base sia della propria esperienza personale, sia della significativa aneddotica da lui raccolta in oltre 25 anni di indagine. Difatti, dopo essere stato protagonista egli stesso d'una rilevante esperienza NDE, fenomeno che alla fine dell'Ottocento ancora non aveva questo nome, ma non era comunque del tutto sconosciuto, fu talmente colpito da quanto sperimentato su sé stesso, che si dette ad una puntuale ricerca di materiale sull'argomento, e, dopo aver collezionato un buon numero di casi, tenne una conferenza al Club Alpino Svizzero (sul cui Bollettino fu poi pubblicata), in cui premise che la disamina dei casi stessi che si accingeva a presentare gli avrebbe permesso di dimostrare come, nel contesto di incidenti comunemente ritenuti spaventosi, si verificassero, al contrario, situazioni psichiche di estrema pace e serenità. Costui si chiamava Albert Heim, e questo è un frammento del suo intervento di allora: "Poi, come su un palcoscenico, vidi tutta la mia vita passata in innumerevoli immagini: io stesso ero l'attore principale. Tutto era come trasfigurato da una Luce celestiale e tutto era bello e senza dolore, senza paura e senza angoscia. Anche il ricordo delle esperienze tristi era nitido, tuttavia non malinconico. Non c'era lotta né contrasto alcuno; anche il contrasto era divenuto amore. Pensieri elevati e concilianti dominavano e collegavano le singole immagini, ed una pace divina pervadeva la mia anima come musica stupenda." Si può capire che, tanto paradisiaca atmosfera, relativa alla "life review" come all'intera sua esperienza, fu certamente alla base dell'entusiasmo che colse Heim nell'intento di collezionare casi simili. Questo suo intervento si intitola "La morte per caduta", ed è stato abbastanza recentemente pubblicato in "Luce e Ombra", 3, 1987, pp.245-52: si tratta, in effetti, dell'unica versione in lingua italiana di quell'articolo pubblicato dal Bollettino del Club Alpino Svizzero nell'ormai lontano 1892. Meritano, poi, di essere menzionati come affini all'esperienza di Antonio Massena, anche questo stralcio di "Aria sottile" di Jon Krakauer, Editore Corbaccio, 1998 (edizione originale "Into Thin Air: A Personal Account of the Mt. Everest Disaster", 1997): "...Pian piano mi resi conto che la mia mente era partita per la tangente, osservando con un misto di attrazione affascinata e orrore il mio lento distacco dalla realtà. Mi ero spinto a tal punto oltre i limiti della normale spossatezza fisica, che provavo una sorta di bizzarro distacco dal mio corpo, come se stessi osservando la mia discesa stando a qualche metro di altezza. Immaginavo di indossare un cardigan verde, con un paio di babbucce a punta ai piedi e, nonostante che il vento producesse un calo della temperatura che andava oltre i 20 gradi sotto zero, avvertivo un calore strano e fastidioso..." (Stralcio pubblicato per la gentile concessione di Corbaccio Editore), ed anche questa testimonianza di Alessandro Severi (laureato in lettere con una tesi sulla storia delle religioni concernente le ricerche sui fenomeni dell'estasi e della trance, è antropologo. E' esperto di stati modificati di coscienza, tema che ha investigato sia in ambito universitario sia attraverso ricerche sul campo. Insegna meditazione e tecniche di modificazione della coscienza): "Anch'io ho vissuto un'esperienza extracorporea all'età di 20 anni quando, in cordata con un amico, stavo arrampicandomi lungo una parete. Stavo salendo da primo ed, essendo una via nuova, piantavo ogni tanto dei chiodi di sicurezza che avrebbero dovuto salvarmi nel caso di una caduta. Ad un certo punto un intero masso, su cui mi ero aggrappato per superare uno strapiombo, si staccò dalla parete, e, mentre cadevo, vidi davanti a me la corda tendersi e fare leva sull'ultimo chiodo di sicurezza che avevo piantato. Vidi il chiodo uscire dalla roccia senza opporre alcuna resistenza alla mia caduta: ed, a quel punto, ricordo di aver pensato che mi sarei sfracellato. Subito dopo, mi ritrovai a galleggiare piacevolmente nell'aria, in un punto da cui potevo vedere in lontananza, sulla destra in basso, la parete rocciosa e il mio corpo che stava cadendo. Non c'era alcun suono, e tutta la scena della caduta si svolgeva al rallentatore. Non provavo alcuna emozione, il mio corpo era come se non fosse mio, era come vedere un sasso o un oggetto insignificante. Stavo galleggiando nell'aria e la sensazione era semplicemente stupenda e meravigliosa, provavo un senso di pace e serenità mai sperimentato prima. Mentre fluttuavo, rivivevo dei ricordi della mia vita. Tutto questo processo era molto tranquillo, e l'ultimo ricordo che rivissi fu di me stesso nel grembo materno, poi fui strappato a questo viaggio della coscienza per ritrovarmi all'improvviso di nuovo nel corpo fisico, sbattuto sulle rocce. Un chiodo aveva tenuto, la corda si era tesa e la mia caduta era stata fermata senz'altre conseguenze che una lieve escoriazione al braccio. Per me era come se fosse passata mezz'ora, e la prima cosa che chiesi al mio compagno di cordata fu quanto tempo era durata la caduta, e che cosa avevo fatto mentre cadevo. Lui pensò che avessi preso una botta in testa, ma comunque mi rispose che la caduta era durata solo un secondo, massimo due e che, mentre cadevo, avevo gridato come se stessi per morire. Dopo quella volta non ho più sperimentato una OBE, ma le stupende sensazioni di gioia e pienezza che avevo provato in quello stato e il desiderio di ritrovarle, mi hanno spinto in un percorso di ricerca interiore che è iniziato con lo yoga, per proseguire poi con la meditazione e la pratica di altri stati modificati di coscienza senza l'uso di sostanze psicoattive." (Stralcio della relazione "Antropologia degli stati modificati di coscienza", in "Segreti percorsi dell'essere", Atti del 14° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2010) Nella stessa relazione, la testimonianza di Franco, 29 anni, studente della Facoltà di Storia dell'Università degli Studi di Trieste, tratta da un'indagine condotta da Alessandro Severi stesso, "Indagine antropologica sulla distribuzione di alcuni Stati Modificati di coscienza in un campione di studenti universitari", pubblicata su "Luce e Ombra", rivista dell'Archivio di documentazione storica della ricerca psichica di Bologna, nel 1995: "Stavo arrampicando sulle Tre Cime di Lavaredo e stavo salendo in cordata da secondo. Ad un certo punto, in un passaggio particolarmente insidioso, ho mancato la presa, e sono caduto. Tuttavia non mi sono reso conto di cadere, io mi sentivo ancora attaccato alla parete, non mi rendevo assolutamente conto di stare cadendo. In realtà, mentre mi sentivo ancora attaccato alla parete, vedevo allo stesso tempo il mio corpo che stava cadendo, ma non lo percepivo come mio, era come se fosse di qualcun altro. Non c'era alcun suono. Quando la corda si è tesa per effetto della caduta, e mi sono ritrovato appeso a penzolare nel vuoto, e il mio compagno di cordata mi ha gridato 'Come va?', io ancora non mi ero reso conto di essere caduto, tant'è vero che gli ho risposto: 'Come va, cosa?'. E lui: 'Il volo che hai fatto', e io: 'Non ho fatto nessun volo, io non sono caduto'. Solo osservando che ero appeso e mi trovavo a 5 metri più in basso di quel passaggio, mi sono reso conto che ero effettivamente caduto." (Sia lo stralcio di relazione che la testimonianza sono pubblicabili per gentile concessione della Responsabile del Convegno, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ Peraltro la Corazza stessa smentisce la Blackmore nel ritenere, da parte di quest'ultima, l'"effetto tunnel" come un'esperienza universale prodotta dall'anossìa, dal momento che proprio la Corazza, esperta di NDE giapponesi, non ha mai rilevato alcun "effetto tunnel", nelle sue ricerche sulle descrizioni dell'esperienza da parte dei "ritornati" di quei luoghi.
- ^ (dal suo Sito Internet “La Pagina degli Amputati”, 2011, ove il materiale non è protetto da Copyright e quindi liberamente accessibile)
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 15.
- ^ Per le referenze vedere nota 24.
- ^ Il volume principale in cui il Professor Fanti espone i risultati delle sue ricerche è "La Sindone, una sfida alla scienza moderna", Editore Aracne, 2008.
- ^ Relazione "La Bibbia racconta l'NDE", in "Incontrare il mistero", Atti del 16° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2012.
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 8.
- ^ Non apparrebbe, questo come altri analoghi, essere un caso che potrebbe essere fatto rientrare nelle cosiddette "remissioni o regressioni spontanee", poiché esse "richiedono tempo per svilupparsi...ed anche per guarire", come afferma il Professor Giuseppe Scarso (per le cui referenze vedere nota numero 8) in "Alcuni casi clinici di remissioni sintomatologiche inspiegabili", relazione tenuta in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007.
- ^ Questa la testimonianza su di lui di Fulvia Cariglia: "Ho conosciuto personalmente Moody e, durante tre giorni trascorsi insieme, mi sono fatto di lui l'idea che non fosse per nulla interessato ad una maggior vendita dei suoi libri o un cachet adeguato al suo altisonante nome, ma se mai che si fosse messo in testa di sfruttare tutte le sue conoscenze per aiutare a non aver paura della morte o ad accettarla come espressione della vita." (Dalla relazione della Cariglia "La vittoria della vita nei fenomeni intorno alla morte", in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007)
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 8.
- ^ http://www.resapubblica.it/medicina-salute/cosa-si-prova-a-morire-il-racconto-di-uninfermiera-della-terapia-intensiva/ La Sartori si rifà in particolare alle "esperienze di morte condivisa", una particolare variante delle "visioni al letto di morte" ("Death Bed Vision"), in cui un caro defunto viene ad accogliere un morente. Nel momento in cui questa figura viene vista anche da altre persone presente nella stanza, è chiaro che l'ipotesi allucinatoria non può più essere invocata. Già un lavoro basilare in questo senso era stato “Schegge di eternità. Un'indagine nelle esperienze di morte condivisa” (poi ripubblicato dalle Edizioni TEA nel 2013 col titolo “Schegge di eternità. Esperienze di condivisione nel passaggio da questa all'altra vita”) di Raymond A. Moody Jr con Paul Perry (edizione originale 2010, edizione italiana Editore Corbaccio, 2011). Riguardo comunque alle "visioni al letto di morte"("Death Bed Vision"), oltre ai classici di Sir William Fletcher Barrett "Visioni in punto di morte. Esperienze psichiche dei morenti" (edizione originale 1926, edizione italiana Edizioni Mediterranee, 1991) e del nostro Ernesto Bozzano "Le visioni dei morenti" (prima edizione in veste di breve monografia nel 1906, e nuova edizione ampliata sia nel 1919 che nel 1930, col titolo "Delle apparizioni di defunti al letto di morte"; nuove edizioni, con nuovo titolo scelto da Gastone De Boni, nel 1947 e nel 1953; ripubblicato, infine, dalle Edizioni del Gattopardo s.r.l., nel 1972), è da menzionare in particolare "Quello che videro... Nell'ora della morte. I risultati di una indagine su oltre 1000 esperienze in punto di morte" (edizione originale 1977, edizione italiana Armenia Editore, 1979), di Karlis Osis ed Erlendur Haraldsson; per quanto si possa obiettare che le testimonianze raccolte dai due psicologi potrebbero essere condizionate da processi di memoria e da generalizzazione, quel che colpisce è che i due psicologi medesimi dimostrano che le apparizioni si verificano con frequenza assai più alta quando sono presenti minori fattori di predisposizione allucinativa: l'esatto contrario, dunque, di quanto si sarebbe spontaneamente portati a pensare. Quanto al fatto che una parte di queste visioni riguardi individui ancora in vita e non cari defunti che "vengono a prendere" (ma anche, a volte, messaggeri di morte che l'individuo, a volte neanche ritenuto morente e che poi invece effettivamente morrà di lì a poco, non è affatto contento di vedere), è da ricordare che lo spirito, ammessolo esistente, non alberga nel corpo fisico del vivente come grossolanamente si potrebbe pensare (di qui l'improprietà dell'espressione "incarnazione", usata solo per semplicità, ed indicante semmai il raccordo animico), ma lo eccede alquanto, e dunque nulla vieta che, detto spirito, possa manifestarsi in una natura fantasmatica corrispondente al soma dell'individuo vivente, al quale comunque il morente sia in qualche modo legato; in altri termini, lo spirito, anche se "animicamente" "incarnato", ha comunque doti molto più "eclettiche" di quanto non si sia soliti pensare. Ad ogni modo, riguardo a questi studi, da menzionare anche "A window to heaven: When children see life in Death" di Diane M. Komp, pubblicato da Zondervan Publishing House (Grand Rapids, Michigan) nel 1992, ed il ben più recente "An Understanding of the Occurrence of Deathbed Phenomena and its Effects on Palliative Care Clinicians", pubblicato sull'"American Journal of Hospice and Palliative Care" (23 1, 17-24) nel 2006 da Sue Brayne, Chris Farnham e Peter Fenwick, entrambi non però tradotti ed editi in italiano. La cosa interessante, emersa anche dagli ultimi studi, è che il personale infermieristico afferma quasi senza eccezione di essere in grado di distinguere le Death-Bed Vision dalle allucinazioni legate alla malattia, da quelle indotte dai farmaci, dalle visioni dovute alla deprivazione sensoriale e dalla mancanza di sonno. Le prime, infatti, paiono quasi sempre correlate alla vita passata dei pazienti e si presentano con caratteri di coerenza, di significato compiuto, di ordine; le altre, genericamente definibili "patologiche", mancano di questi tratti, e si manifestano in maniera caotica, confusa, incoerente, restando per lo più aderenti al contesto immediato di sofferenza e di angoscia del morente. Un'altra caratteristica delle DBV emersa dalle parole di chi lavora nelle unità di medicina palliativa è quella di essere riferite dai pazienti in un linguaggio coerente e ordinario, comprensibile, che non richiede sforzi interpretativi o congetture inverificabili. Il personale infermieristico riesce così a riconoscerle subito, e, dopo esserne divenuto familiare, prende a considerarle prognostiche di fine imminente. Le visioni, infine, secondo quanto risulta da tutte le analisi compiute sotto qualunque ottica, confortano sempre, mentre le allucinazioni patologiche inquietano, e generano angoscia e fastidio. Tutto il personale infermieristico ribadisce che quelle "percezioni" appaiono, alla loro cognizione, differenti dal delirio premortale, e sono riconoscibili perché, successivamente ad esse, la disposizione d'animo del morente cambia sempre, nel senso che acquista, così riferiscono, una "strana calma" ed una "serena rassegnazione". La sensazione generale che si deriva, è che il personale paramedico sia più attento e partecipe del personale strettamente medico. Secondo Massimo Biondi, medico e giornalista di area medico-scintifica nonché studioso di parapsicologia, "molto resta ancora da sapere (su questi fenomeni) ed è importante che l'argomento esca dalla 'clandestinità' nella quale sembra risiedere e sia posto nell'agenda delle ricerche da effettuare nei campi di confine dell'esistenza" (relazione "Visioni che confortano. Un altro tipo di esperienza in prossimità della morte", in "Il trionfo dell'ignoto", Atti del 12° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2008).
- ^ http://www.zarqon.co.uk/Lancet.pdf
- ^ Albert J. Hebert S.M., I morti resuscitati, Edizioni Segno, 1998, p. 245
- ^ come per l'appunto dimostrato dal medico Claudio Pisani sul suo sito web "La Pagina degli Amputati"
- ^ Antonio Socci, Tornati dall'Aldilà, Rizzoli, 2014, p. 157
- ^ Albert J. Hebert S.M., opera citata, pp. 159-160
- ^ Antonio Socci, opera citata, p.160
- ^ Paola Giovetti, opera citata, p.147
- ^ Evelyn Elsaesser Valarino, "L'NDE negativa: il rovescio della medaglia o il lato nascosto di una bella esperienza?", da "La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2001.
- ^ Evelyn Elsaesser Valarino, "L'NDE negativa: il rovescio della medaglia o il lato nascosto di una bella esperienza?", da "La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2001.
- ^ Ad una richiesta sul contenuto emotivo della NDE da tentato suicidio, 211 individui hanno ritenuto il contenuto della propria esperienza “interamente piacevole”, 13 individui lo hanno ritenuto “interamente angosciante”, 95 lo hanno ritenuto contemporaneamente “piacevole ed angosciante”, 27 individui lo hanno ritenuto “né piacevole né doloroso”. Successivamente in un nuovo campione di 12 persone, 4 hanno ritenuto l’esperienza “interamente piacevole”, 2 “interamente angosciante”, 5 “piacevole ed angosciante contemporaneamente”, 1 “né piacevole né dolorosa”. Da queste statistiche la sensazione complessiva che si deriva, è che vi sia fondamentalmente un sollievo per l’essersi disfatti del proprio corpo fisico e per l’essere sopravvissuti e per il trovarsi in questa nuova dimensione, ma nello stesso tempo che ci si renda conto di aver commesso un’azione “contro le regole”, e che questo crei un disagio più o meno esplicito e marcato. - http://www.nderf.org/Italian/
- ^ (cfr. Stanford Encyclopedia of Philosophy, Afterlife, http://plato.stanford.edu/entries/afterlife )
- ^ Del resto non mancano neppure aderenti ad altre fedi, che sostengono che le NDE siano un "trucco del cervello", come ad esempio Giancarlo Rosati, seguace di Sai Baba (vedere in proposito il suo libro "Morire. E poi?", Editore Milesi, Modena, 2012).
- ^ Qui un essenziale modello teorico di queste "biotesi": http://www.webalice.it/bmaurys/Biotesi.htm
- ^ Questa è ad esempio la posizione tipica della Teosofia, Cfr. i testi di Arthur E. Powell.
- ^ Con questo "mix" di oggettività ed elementi psichici soggettivi derivati dalle proprie convinzioni culturali si potrebbe spiegare anche il fatto che, in Giappone, le NDE sembrerebbero tendere ad essere esperienze prevalentemente negative, come riferito da Ornella Corazza nella sua relazione "Lo spirito del luogo ('Basho'): visioni dell'Aldilà in Giappone", all'interno di "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007: secondo il mito cosmogonico giapponese, difatti, come del resto la stessa Corazza riferisce, l'Aldilà viene descritto come un luogo di putrefazione, di odore fetido e pieno di vermi, la cui porta dunque Izanagi, uno dei protagonisti di questo mito, si affretta a richiudere, nonostante si fosse lì recato a recuperare la sua sposa, Izanami. Appare dunque che vi sia ben poco da stupirsi, che i giapponesi tendano a proiettarsi in un Aldilà mentale tendenzialmente negativo: si tratterebbe, difatti, di una vera e propria scoria culturale, da dipanare ed eliminare, evidentemente, "cammin facendo".
- ^ Per le referenze di Allan Kellehear, vedere nota 44.
- ^ Dalla relazione "Potrebbe esserci più di un tipo di NDE? Alcune possibilità fenomenologiche", in "Sopravvivere. Il velato destino della personalità", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine", San Marino, 2007.
- ^ (cfr. Robert T. Carroll, Near-Death Experience (NDE), in The Skeptic’s Dictionary, http://www.skepdic.com/NDE.html )
- ^ (contributo alla stesura di queste righe tratto da “Esiste un posto bellissimo. L’aldilà nelle testimonianze di chi lo ha visto”, di Jeffrey Long con Paul Perry, edizione originale 2010, edizione italiana Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. 2013; pubblicabile per gentile concessione della Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.)
- ^ a b c Near-death experience in survivors of cardiac arrest: a prospective study in the Netherlands. The Lancet, vol. 358 No. 9298 pp. 2039-2045
- ^ Greyson B., Incidence and correlates of near-death experiences in a cardiac care unit. Gen Hosp Psychiatry 2003; 25 : 269-276.
- ^ Parnia S., Waller D.G., Yeates R., Fenwick P., A qualitative and quantitative study of the incidence, features and aetiology of near death experiences in cardiac arrest survivors. Resuscitation 2001; 48 : 149-156.
- ^ Eben Alexander.
- ^ http://www.repubblica.it/scienze/2012/10/09/news/sono_stato_in_paradiso_ecco_com_il_neuroscienziato_racconta_dopo_il_coma-44202072/?ref=HREC2-10 repubblica.it; http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/12_ottobre_10/neurochirurgo-aldila-meningite_4975a086-12d8-11e2-9375-5d5e6dfabc1a.shtml corriere.it
- ^ http://iands.org/news/news/research-news/888-eben-alexander-answers-skeptics-criticisms.html
- ^ (Le referenze di Robert G. Mays: detiene un Bachelor of Science in Chimica presso il Massachusetts Institute of Technology ed ha lavorato nello sviluppo di software a Eastman Kodak Company, e successivamente presso IBM Corporation per oltre 20 anni, dove ha raggiunto il livello di Senior Software Engineer. Alla IBM si è specializzato in processi di sviluppo del software, la qualità del software e la prevenzione dei difetti del software. E’ stato un co-destinatario del primo Corporate Quality Award di IBM nel 1991. Dopo aver lasciato IBM, ha insegnato Chimica al Liceo per diversi anni in diverse scuole Waldorf negli Stati Uniti ed ha tenuto Corsi Supplementari in Neuroscienze Mediche, Clinica Neurologica, Biomedicina per Immagini, Fondamenti di Neuroscienze; con la moglie Suzanne Mays studia i fenomeni legati alle esperienze di pre-morte – NDE - da oltre 30 anni. Assieme si sono dedicati anche alla ricerca sulle esperienze di pre-morte condivisa - SDE - e sulle implicazioni di questa fenomenologia per la comprensione della coscienza e della funzione neurologica, in particolare riguardo ai fenomeni connessi con la componente OBE della NDE, soprattutto in inerenza alle percezioni veritiere durante NDE e SDE, e sulle interazioni apparenti durante un’NDE tra colui che sarà poi rianimato e la realtà fisica circostante; dunque si è occupato anche di verificare e confermare le specifiche percezioni veritiere durante un’NDE, come ad esempio quelle di George Ritchie; ha inoltre indagato sulla prova neurologica dell’autonomìa della "mente autocosciente" rispetto al cervello, sui meccanismi neurologici di interfaccia tra la "mente" ed il cervello, ed ha eseguito ricerche specifiche sugli arti fantasma, concentrandosi sulle interazioni percepibili “fisicamente” dai menomati.)
- ^ http://www.zarqon.co.uk/Lancet.pdf
- ^ Intervista al medico olandese: (EN) http://www.youtube.com/all_comments?v=YOeLJCdHojU
- ^ L'articolo di van Lommel può essere consultato a: (EN) http://lkm.fri.uni-lj.si/xaigor/slo/znanclanki/neardeat.htm.
- ^ (EN) http://www.nderf.org/vonlommel_consciousness.htm
- ^ La replica di van Lommel in italiano: (EN) http://www.nderf.org/Italian/von_lommel_italian.htm
- ^ (Notizie tratte principalmente dallo studio originale apparso su “Resuscitation” http://www.resuscitationjournal.com/article/S0300-9572%2814%2900739-4/abstract, ma anche da “Results of world's largest Near Death Experiences study”, pubblicato dalla “University of Southampton”, qui: http://www.southampton.ac.uk/mediacentre/news/2014/oct/14_181.shtml; altre fonti saranno liberamente tratte dalla pagina “no profit” e di libero utilizzo “La pagina degli Amputati” del Dottor Claudio Pisani, e poi anche da http://mi-chael.blogspot.it/2012/02/nuove-sulle-esperienze-di-pre-morte.html; e poi: http://scienza.panorama.it/spazio/extremamente/Sam-Parnia-il-medico-che-fa-rivivere-i-morti Sam Parnia: il medico che fa rivivere i morti , http://www.dailymail.co.uk/health/article-2381442/Dr-Sam-Parnia-claims-corpses-soon-revived-24-hours-death.html Dr. Sam Parnia claims corpses soon revived 24 hours Death)
- ^ Speakers Sam Parnia Md. Phd. Mrcp.
- ^ La scienza e il paranormale: AWARE indagherà sulle NDE
- ^ Beyond the Mind Body Problem: the Human Consciousness Project, the AWARE study
- ^ I resuscitati: come si ritorna dalla morte clinica
- ^ Il professor Sam Parnia, della Stony Brook University School of Medicine: è possibile resuscitare un morto. Il libro Cancellare la morte: la scienza sta riscrivendo i confini tra la vita e la morte
- ^ http://www.blitzquotidiano.it/salute/sam-parnia-medico-new-york-cura-morti-li-fa-resuscitare-1555436/ Sam Parnia, il medico che cura i morti. E li fa “resuscitare”
- ^ http://www.resuscitationjournal.com/article/S0300-9572%2814%2900739-4/fulltext Da "Resuscitation", rivista ufficiale dell'European Resuscitation Council
- ^ http://www.repubblica.it/scienze/2014/10/07/news/consapevolezza_dopo_morte-97572231/?ref=HRLV-17 Da La Repubblica.it
- ^ (Notizie tratte principalmente dallo studio originale apparso su “Resuscitation”: http://www.resuscitationjournal.com/article/S0300-9572%2814%2900739-4/abstract , ma anche da “Results of world's largest Near Death Experiences study”, published of “University of Southampton”, qui: http://www.southampton.ac.uk/mediacentre/news/2014/oct/14_181.shtml)
- ^ Evelyn Elsaesser Valarino definisce l'NDE, a mio giudizio a ragione, "l'esperienza spirituale estrema dei nostri tempi". Le fa eco Raymond Moody, nella sua prefazione al libro di Fulvia Cariglia "Territori oltre la vita", definendo le NDE il "fenomeno spirituale probabilmente più importante del nostro tempo e destinato ad assumere sempre maggior significato". Dal canto suo, Machteld Blickman, una "ritornata" per ben due volte (nel 1975 e 1976), afferma che " se soltanto un maggior numero di persone fossero informate di tali esperienze e se soltanto noi, che le abbiamo vissute, fossimo presi più sul serio, allora avremmo l'occasione di contribuire a costruire un mondo migliore, potremmo tutti aiutare a creare 'il cielo sulla Terra' ". Non dissimile è l'affermazione di Luisa Benedetti, psicologa e counselor in sessuologia, Docente di psicologia transpersonale, secondo la quale "è necessario abbandonare l'attuale bipolarismo scienza-misticismo e adoperarsi per sviluppare una Scienza dello Spirito, una reale attitudine alla ricerca che utilizzando i mezzi più adeguati al tema che si vuole indagare, trascenda ogni settorialismo o campanilismo." Ed ancora, con le parole del celebre antropologo Ernesto De Martino: "Come uomini di ragione sentiamo vivo il bisogno di allargare l'autocoscienza della nostra civiltà sì da poter ricuperare nella considerazione storica quelle dimensioni della vita dello spirito che la nostra civiltà, per costituirsi quale è, ha dovuto, polemica, negare o svalutare." (da "Percezione extrasensoriale e magismo etnologico", in "Studi e materiali delle Religioni", Anno 1943-1946, Vol. XIX-XX, Zanichelli, Bologna) In questo senso, come non essere d'accordo con Giorgio Cozzi, quando afferma: "La parapsicologia (...) è un ponte tra l'inconoscibile e le vie della conoscibilità, è un processo di ricerca degno di essere vissuto eroicamente per aprire la strada a una scienza più allargata, più evoluta, più umana, più spirituale"? Ottimista, comunque, a dispetto della situazione per come pare mostrarsi, sembra essere Enrico Facco (per le sue referenze, vedere nota 8): "Il rinnovato interesse per la soggettività e la demolizione del paradigma classico operata dalla fisica moderna promettono di portare ad un profondo rinnovamento culturale, forse una vera e propria rivoluzione e una radicale rifondazione delle conoscenze sull'ancora misteriosa relazione mente-corpo-realtà esterna." (Relazione "Esperienze di pre-morte: una realtà fra scienza e pregiudizio", in "Alle frontiere della coscienza", Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2011)
- ^ http://www.horizonresearch.org/
- ^ http://www.southampton.ac.uk/mediacentre/news/2008/sep/08_165.shtml/
- ^ http://awareofaware.co/2014/10/27/phase-ii-of-the-aware-study-announced/
- ^ (Fonte: http://awareofaware.co/author/orsonw23/)
- ^ (referenze di Charles Theodore Tart: psicologo, psicofisiologo e parapsicologo americano noto per il suo lavoro psicologico sulla natura della coscienza - in particolare gli stati alterati di coscienza -, per essere uno dei fondatori del campo della psicologia transpersonale, e per la sua ricerca in parapsicologia; verso la fine degli anni Sessanta, svolse studi sperimentali presso le Università americane della Virginia e di Davis in California, dove era Docente.)
- ^ http://www.psywww.com/asc/obe/missz.html
- ^ (referenze: Emerito Professore di ingegneria elettronica, è stato Capo Dipartimento della City University di Londra. Per molti anni membro del Consiglio della Società per la Ricerca Psichica, ne ha ricoperto la carica di Presidente dal 1986 al 1992. Noto studioso di parapsicologia, ha avuto egli stesso svariate esperienze di OBE e sogni lucidi, fenomeni sui quali ha particolarmente indagato costituendo gruppi di sperimentazione. Autore di centinaia di articoli e libri in argomento, è stato divulgatore televisivo e radiofonico nel suo Paese.)
- ^ (stralcio gentilmente concesso dalle Edizioni Amrita)
- ^ Kenneth Ring, Sharon Cooper, “Near-Death and Out-of-Body-Experiences in the blind: a study of apparent eyeless vision”, Journal of Near Death Studies, volume 16, n°2, winter, Human Press Inc., 1997.
- ^ Kenneth Ring, Sharon Cooper, “Mindsight. Near-Death and Out-of-Body Experiences in the Blind, William James Center for Conscoioussness Studies at the Institute of Transpersonal Psychology”, Palo Alto CA, 1999.
- ^ (Da notare, comunque, che la nota di Jean-Pierre Schnetzler fa riferimento al solo studio del 1999. In ogni modo, Ring e Cooper si spingono a sostenere che le visioni dei ciechi sono ancora più precise quando non sono terrestri, cioè quando si riferiscono alla fase francamente trascendentale dell'esperienza. Nello specifico, un caso di «ipervista» di un soggetto di questo studio merita di essere menzionato: «Stavo volteggiando sopra una barella in una delle stanze di emergenza dell’Ospedale. Ho guardato giù alla barella, sapevo che il corpo avvolto nelle lenzuola era il mio, e non me ne importava niente. La stanza era molto più interessante del mio corpo. La prospettiva poi, era chiarissima. Potevo vedere ogni cosa. E intendo dire proprio tutto! Potevo vedere sopra la luce sul soffitto e le piastrelle del pavimento, contemporaneamente. Una visione sferica a trecentosessanta gradi, e non soltanto sferica. Dettagliata! Potevo vedere ogni singolo capello e il follicolo da cui ogni capello cresceva sulla testa dell’infermiera in piedi accanto alla barella. Al tempo stesso, sapevo esattamente il numero dei capelli che stavo guardando. Ho spostato l’attenzione: l’infermiera indossava calze bianche di nylon scintillanti. Ogni singolo scintillio e brillio si manifestava in un dettaglio incandescente, e ancora una volta, sapevo esattamente quante scintille erano.» Ring e Cooper sono costretti a concludere con un'affermazione impegnativa, ma che appare inevitabile, e cioè che "non sono gli occhi che vedono, ma lo spirito". Dello stesso avviso è anche Evelyn Elsaesser Valarino, già occupata presso l'Università di Ginevra, in attività di ricerca nel settore in collaborazione con esperti di tutto il mondo, quando afferma: "Io parto dal princìpio che i non vedenti, gli ipo-vedenti e le persone normodotate sono uguali davanti alla NDE o l'OBE, perché è mia convinzione che tali fenomeni non siano legati al cervello e che nessuno veda con i propri occhi; il che mette sullo stesso piano vedenti e non vedenti. Quindi reputo che le conclusioni di Ring e Cooper siano applicabili a tutti i soggetti." - Citato in "Visioni dell'Aldilà durante nel NDE: vanno prese alla lettera?", da "Echi d'altrove", Atti dell'8° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2004.)
- ^ David Scott Rogo, "La nuova parapsicologia", Edizioni Mediterranee,1997.
- ^ David Scott Rogo, "La mente fuori dal corpo", Armenia Editore, 1979.
- ^ (Stralcio della Relazione tenuta da Stefano Beverini - un breve profilo di Stefano Beverini: alterna l'attività di sindacalista a quella di giornalista e scrittore, ove svolge la sua attività pubblicistica in particolare circa le materie attinenti all'insolito. Già parapsicologo d'esperienza sul campo, è stato e rimane un valido studioso di tutta la fenomenologia paranormale, medianica in particolare. Dalle sue ricerche ha tratto sia pubblicazioni divulgative, sia saggi specialistici per addetti ai lavori. E' stato Condirettore della Rivista "Sopravvivere, Indagini e Ipotesi", ed ha collaborato per molti anni con "Il Giornale dei Misteri", curando la sezione "Parapsicologia e Medianità", negli aspetti storici e sperimentali. Attualmente è Direttore di Redazione di "Lettere e Scritti", Rivista di Cultura e Spiritualità a cura del Centro Studi Italiano di Parapsicologia - in seno al Congresso “L'universo magico delle NDE. Atti del 4° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine” - San Marino, 2000 -, pubblicabile per gentile concessione della Responsabile del Congresso, Dott.ssa Fulvia Cariglia)
- ^ https://en.wikipedia.org/wiki/Pam_Reynolds_case
- ^ http://www.near-death.com/experiences/evidence01.html
- ^ Da "La Pagina degli Amputati" del Dottor Claudio Pisani (con aggiunta di virgolette al termine morte, che è evidentemente improprio, e di note per eventuali puntualizzazioni): PAM REYNOLDS: "MORTA" SOTTO STRETTO CONTROLLO MEDICO (15-05-05) - Pam Reynolds proviene da quattro generazioni di scrittori e musicisti. La sua famiglia possiede una Casa Discografica ed una Editoriale, ha una Laurea della Julliard in Composizione Classica, ed è Autore e Redattore Capo della Rivista del Compositore (Songwriter Magazine). E' una professionista colta e piena d'ingegno, ed è molto precisa, quando parla della sua "morte". Avete capito bene: della SUA "morte"! Pam è "morta" sul tavolo operatorio per un'ora... Nell'agosto del 1991, a questa giovane madre di cinque figli è stato diagnosticato un aneurisma di un'arteria basilare del cervello. La chirurgia, nel suo caso, sarebbe stata rischiosa, ma non operare poteva essere egualmente fatale, perché l'aneurisma avrebbe potuto rompersi spontaneamente. Il Dott. Robert F. Spetzler del Barrow Neurological Institute di Phoenix le raccomandò un'operazione speciale, nota come arresto cardiaco ipotermico, chiamato anche "standstill" ("sosta"). In questo tipo di chirurgia, la temperatura del corpo viene abbassata, il battito cardiaco e la respirazione vengono fermate, il sangue fatto defluire dalla testa, finché l'EEG (Elettro-Encefalo-Gramma) diventa totalmente piatto. Clinicamente parlando, il paziente è morto. "Mi hanno tolto la vita al fine di salvarmela", dice la Reynolds. "Il rumore era terribile!" ricorda, "irritante come il trapano dei dentisti. Mi sono sentita come un solletico alla testa, prima che saltassi fuori, come un tappo e mi ritrovassi sopra il tavolo operatorio." Reynolds descrive la vista dei dottori intorno al tavolo; nella mano del Dott. Spetzler c'era lo strumento che produceva il fastidioso rumore. "Ho cominciato a sentire una presenza che era consapevole di me. Mi sono girata ed ho visto una luce brillante piccina come una punta di spillo, diventava sempre più grande ed ha cominciato a trascinarmi verso di sé. Avevo una sensazione di fisicità, simile al salire sopra una collina molto velocemente, o di andare sull'ottovolante. Allora ho sentito la nonna chiamarmi." La Reynolds descrive di aver visto la nonna e lo zio defunti, circondati da mille o più persone, tutti come se fossero vestiti di luce. Si è sentita intimamente collegata con loro. Si è sentita al sicuro, come se fosse a casa sua. Allora ho pensato: "Spero di meritare di essere qui. Non sono una persona perfetta." Ci fu una grande risata, e sua nonna la paragonò ad un bambino congedato da scuola dove aveva commesso degli errori, errori cui però aveva poi posto rimedio. "Quella fu una lezione enorme, per me: capii che gli errori sono diversi dal male fatto intenzionalmente." Nel condividere i dettagli della sua esperienza, la Reynolds trova difficile ordinare la sequenza degli eventi: le sembra che tutto accadde simultaneamente, e che la comunicazione fosse effettuata con tutto il corpo. "Ognuno aveva un tono musicale; sono una musicista, e so che se metti insieme delle tonalità troppo diverse, si creano disarmonie. Questi toni erano invece fusi, sebbene unici ed individuali e suonavano tutti con lo stesso tempo. Era tutto meravigliosamente armonico." La Reynolds conclude ricordando che suo zio l'ha riportata indietro verso il suo corpo, avvertendola che quel ritorno sarebbe stato come un salto in una piscina. "Non volevo ritornare. Mio zio mi ha spinto, sicché non sono stata buttata via a calci dal Cielo: sono stata spinta!", dice, ridendo. Pam Reynolds raccontò a dottori, parenti ed amici della meravigliosa e vivida "allucinazione" che aveva avuto durante la chirurgia, pensando che non fosse stato altro che questo. Due anni più tardi, comunque, uno dei dottori di Atlanta le chiese di parlarne col Dott. Michael Sabom, un cardiologo che studia le NDEs. Solo allora ha compreso l'importanza di ciò che le era accaduto. Come molti medici, Sabom era scettico quando, anni prima, lui stesso aveva letto delle NDEs. Nondimeno, cominciò a parlarne coi suoi pazienti, con la speranza di scoprire una spiegazione valida per tali fenomeni. Il Progetto Atlanta fu il suo secondo Studio sulle NDEs, ed ora è convinto che queste esperienze siano vere. "Le NDE sono molto comuni", dice Janice Holden, Presidente dell'Associazione Internazionale per gli Studi di Pre-Morte (IANDS) (ad oggi il Presidente è il Medico Psichiatra Bruce Greyson, nota). Secondo un sondaggio della Gallup, otto milioni di persone, in America, hanno avuto NDEs (pare un dato chiaramente sovrastimato, nota). Il sito dello IANDS valuta che fra il 35 ed il 40 % di coloro che sono arrivati vicino alla morte, dice di aver avuto una NDE. "Reynolds è il solo caso accaduto mentre l'EEG registrava onde cerebrali", dice Sabom. "E' il migliore ed il più documentato caso conosciuto." Durante la sua ricerca, Sabom ha intervistato il chirurgo che ha operato la Reynolds ed ha comparato quello che lei "ha visto" con le sue cartelle cliniche. Pam ha detto di avere visto e udito cose che lei non poteva conoscere. Durante l'operazione le orecchie della Reynolds sono state tappate per controllare l'attività del tronco cerebrale, gli occhi sono stati bendati ed è stata anestetizzata profondamente, ma nonostante questo la Reynolds afferma che ha visto un attrezzo assomigliante ad un spazzolino da denti elettrico. Ne venne fuori che si trattava dalla "sega da ossa" usata durante la chirurgia (lei assicura che non aveva la minima idea che si utilizzasse un oggetto simile per la chirurgia cranica, nota) In secondo luogo, descrisse una scatola che somigliava ad una presa di corrente e questa era la scatola col motore dove era collegato l'attrezzo. Pam afferma anche di aver sentito la conversazione tra il chirurgo cardiovascolare ed il neurochirurgo riguardante le sue arterie molto piccole. "Queste tre cose erano dettagli importanti a sostegno del fatto che la paziente aveva percepito quello che accadeva quando lei non avrebbe potuto vedere o sentire nulla", dice il Dr. Sabom. Reynolds dice che l'esperienza l'ha cambiata positivamente in molti modi. Come la maggior parte delle persone che raccontano una NDE, ora non ha più nessuna paura della morte, ed ha anche la percezione chiara che la vita serve ad imparare. "Traevo diletto dal fare le cose che facevo meglio, ora è più piacevole lavorare sulle mie deficienze, che non sui miei punti di forza" La differenza più significativa è che la Reynolds è più solitaria, passa il tempo con la famiglia e con gli amici piuttosto che uscire, a causa di un'elevata sensibilità che descrive come una forma di comunicazione che va al di là del linguaggio. Questa sensibilità consiste letteralmente nel sentire la tristezza ed il dolore della gente intorno a sé. "Sono più preoccupata per come la gente si sente, perché ha un impatto diretto su me stessa; la loro pena è la mia pena, e la loro gioia è la mia gioia." Quando è in un luogo pubblico, queste emozioni possono sommergerla. Ma ora sente più compassione e comprensione per gli altri. "Vivo la vita più attentamente ora, difficilmente mi irrito, ed ho la pazienza di Giobbe!"
- ^ http://michaelprescott.typepad.com/michael_prescotts_blog/2009/08/the-nde-is-in-the-details.html
- ^ “Durante il turno di notte un’ambulanza portò in un uomo cianotico e comatoso, di poco più di quarant’anni, nell’Unità di Terapia Intensiva Coronarica. Fu trovato che era già in coma profondo in un prato, senza pressione sanguigna ed in arresto cardiaco, e per più di mezz’ora abbiamo tentato la rianimazione cardio-polmonare (CRP). Non aveva alcuna respirazione spontanea, e quindi l’abbiamo dovuto intubare. Quando l’infermiera, una collega bionda, è andata per intubarlo, si è accorta che risultava avere delle protesi dentarie in bocca, quindi ha rimosso queste protesi dentarie superiori, e le ha messe in una bacinella sul carrello d’emergenza che si trovava sull’altro lato della stanza. Il paziente era davvero in pessime condizioni. Solo dopo un’ora e mezza, finalmente, avevamo ripristinato pressione sanguigna e battito cardiaco sufficienti, ma continuava a non avere respirazione spontanea, rimaneva comatoso, temevamo anche danni cerebrali, che invece fortunatamente non vi furono. È stato dunque trasferito in un’altra Unità di Cure Intensive, laddove abbiamo dovuto necessariamente proseguire con la respirazione artificiale ancora per una settimana. Finalmente, dopo più di una settimana in questo stato di coma, ha iniziato a riprendere conoscenza, ed è stato, allora, possibile trasferirlo nel normale Reparto di Cardiologia. E la prima volta che quell’infermiera bionda che gli aveva rimosso le protesi dentarie è entrata nella sua stanza per somministrargli i farmaci, il paziente l’ha riconosciuta, e le ha detto: 'Oh: voi sì che lo sapete, dove sono le mie protesi dentarie! Me le avete tolte quando mi avete intubato!' L’infermiera era sconvolta, perché non aveva mai sentito parlare di una NDE, prima. Così, ci ha chiamato. Arrivo, e parlo con il paziente. Resto molto, molto sorpreso, per non dire sbigottito, perché il paziente delucida, si spiega meglio: 'Sì, voi eravate là, quando sono stato introdotto in Ospedale, ed avete preso le mie protesi dentarie dalla mia bocca, e le avete messe su quel carrello, dove c’erano tutte queste bottiglie, e c’era anche questo cassetto scorrevole sotto: è proprio là, che avete messo i miei denti!' Ripeto, sono rimasto particolarmente stupito e scosso, proprio perché ricordavo perfettamente che questo fosse avvenuto mentre l’uomo era in coma profondo ed in pieno corso della rianimazione cardio-polmonare (CPR). Dunque non poteva in nessun modo avere questo tipo di cognizione. Non solo, ma l'arresto cardiaco si protraeva da tale tempo, che non poteva neppure esservi attività cerebrale. Quel che risulta, invece, dal suo racconto, è che l'uomo si sia veduto trovarsi sul lettino di rianimazione, percependo da sopra così sia sé stesso, cioè il suo corpo, sia il personale medico ed infermieristico, che tentava d’aggiustare una situazione che appariva disperata, ed era, per l’appunto, occupato con la rianimazione cardio-polmonare (CPR). Poteva inoltre descrivere correttamente e dettagliatamente la piccola stanza in cui era stato rianimato, come pure l’aspetto dei presenti, com’erano vestiti: tutto, insomma. E tutti i presenti hanno confermato la veridicità di queste affermazioni. Naturalmente, difatti, prima, gli abbiamo chiesto di scrivere tutto quello che era successo. I revisori scientifici di “The Lancet” hanno dovuto prendere atto che tutte le testimonianze di conferma, da parte del personale medico e paramedico, erano concordi.”
- ^ Professore di Neurochirurgia presso l'Università di Arizona, il Dottor Hamilton è stato eletto Fellow della American College of Surgeons nel 1994. Nel 1995, il Dottor Hamilton è stato promosso a Capo del Dipartimento di Neurochirurgia ed è divenuto il Presidente di tutto il Dipartimento di Chirurgia nel 1998. Attualmente ricopre la Cattedra di Ruolo in Neurochirurgia, nonché Cattedre aggiuntive nei Dipartimenti di Psicologia, Radioterapia Oncologica, e nella Scuola di Ingegneria Elettrica ed Informatica.
- ^ E' possibile, in merito, anzitutto vedere questo video su YouTube, con sottotitoli in italiano, ove il Dottor Hamilton descrive l'evento: (https://www.youtube.com/watch?v=XSXYZrCY6IM), e poi leggere il resoconto della vicenda pubblicato dal Dottor Claudio Pisani sul suo sito web "La pagina degli amputati": UN ALTRO "CASO REYNOLDS"! (25-03-08) - Scettici e pseudo-scettici sostengono che il fenomeno noto come esperienza di quasi morte (NDE), non è niente di più di un'allucinazione o un mal funzionamento del cervello causato da sostanze chimiche o dalla mancanza di ossigeno. Tuttavia, per quelli che hanno una mente aperta, la NDE sembra essere un tipo di esperienza fuori dal corpo (OBE), un'esperienza che suggerirebbe che abbiamo uno spirito, o corpo eterico, oltre al nostro corpo fisico. Il caso di "Pam Reynolds" è spesso citato come uno dei migliori, ma gli scettici hanno tentato di trovare giustificazioni razionali. Ora ve ne è uno nuovo, quello di Sarah Gideon, che dovrebbe metterli a tacere. Il Dottor Allan J. Hamilton, di Tucson, in Arizona, neuro-chirurgo, ce lo racconta nel suo libro "Il bisturi e lo Spirito". Ma ritorniamo brevemente al caso di Pam Reynolds. Gli scettici sostengono che Pam doveva essere in uno stato di allucinazione prima o dopo d'essere dichiarata clinicamente "morta". Continuano, dicendo che l'inusitato strumento chirurgico da lei descritto, sebbene avesse gli occhi bendati, lo aveva già notato prima dell'intervento, o ne aveva visto uno simile in un programma televisivo e le immagini erano state poi sepolte nel suo subconscio, mentre la discussione sui suoi vasi sanguigni troppo stretti, l'avrebbe sentita prima di essere clinicamente "morta". Come la Reynolds, anche la Gideon ha subìto un intervento chirurgico presso l'Istituto Barrows di Phoenix. Secondo Hamilton, Gideon è stata "come un cadavere", per 17 minuti, mentre una clip al titanio le veniva posizionata sull'aneurisma. Alcune banali conversazioni ebbero luogo nel corso di questi 17 minuti, fra cui quella di una delle infermiere, che annunciò ai colleghi che aveva appena ricevuto una richiesta di matrimonio, citando un anello di diamanti da mezzo carato, in oro giallo, che il suo ragazzo aveva acquistato presso l'oreficeria Fellows Johnston. L'infermiera aveva anche detto che la proposta era avvenuta in un ristorante (Da Morton), e che quando il suo ragazzo si era messo in ginocchio per darle la fedina, uno dei camerieri era inciampato su di lui, cadendo rovinosamente su uno scaffale pieno di bottiglie di vino. Quando Sarah si svegliò nell'Unità di Terapia Intensiva, il chirurgo, il Dr. T. Reed, si fermò a visitarla, e lei gli disse che ricordava di aver sentito parlare di un diamante da mezzo carato, montato in oro giallo, acquistato nel negozio di Johnston Fellows, ed anche di un esilarante episodio avvenuto al ristorante. Reed ne rimase scioccato, e subito richiamò l'attenzione degli altri medici, tra cui Hamilton. Secondo Hamilton, non vi fu alcun dubbio che il cervello della signora Gideon era "morto" al momento in cui la conversazione si era svolta: "Abbiamo avuto, anche in questo caso, inequivocabili prove scientifiche che non solo il suo cervello non funzionava, ma anche la dimostrazione dell'effettiva assenza di attività elettrica corticale, mentre questa conversazione si svolgeva", egli scrive, puntualizzando "la nozione che la coscienza - qualcosa che ogni cervello è in grado di generare - potrebbe avere una vita (per così dire) indipendente dal cervello stesso, il che è un'idea semplicemente sconcertante". Quando Sarah Gideon fu interrogata su quello che poteva aver visto mentre ascoltava il racconto dell'infermiera, è stata in grado di descrivere che aspetto avesse quell'infermiera, tra cui il colore degli occhi e dei capelli. Dal momento che indossava un cappellino chirurgico, fu chiesto a Sarah come conoscesse il colore dei suoi capelli, e lei si ricordò di un ricciolo biondo che fuoriusciva sulla sua fronte, descrivendo, poi, anche gli altri chirurghi ed infermieri presenti quel giorno in sala operatoria. Il Dr. Hamilton racconta nel suo libro anche di una discussione tra Sir Newton Pitcairn, un anestesista britannico che è un'autorità nel campo delle applicazioni della fisica quantistica alle scienze della coscienza, e di un neurofisiologo dell'Università dell'Arizona. Sir Newton era certo che si trattasse di un caso in cui la coscienza si era separata ed era divenuta indipendente dal cervello, mentre il neurochirurgo esprimeva dubbi in merito al fatto che il cervello della paziente fosse completamente addormentato durante l'intervento chirurgico. Hamilton ha così mostrato i tracciati degli Elettro Encefalo Grammi (EEG) intra-operatori a due colleghi molto esperti nella loro lettura, non dicendo loro nulla su dove e come fossero stati effettuati. Entrambi affermarono concordemente che quel paziente era "clinicamente morto", nel momento in cui il personale infermieristico aveva parlato dell'anello e del fidanzamento, fugando così i dubbi del neurochirurgo scettico. Il Dr. Hamilton si chiede chi credono di essere coloro che, nel campo della medicina, liquidano tali casi come semplici "disturbi inquietanti", e conclude: "Perché non potremmo, come medici, almeno valutare la possibilità che il soprannaturale, il divino e la magia costituiscano uno dei fondamenti della nostra realtà?" (Nota: non si può certo dire che, questi tre utilizzati, fossero i termini migliori, che il Dottor Hamilton potesse utilizzare; ma è chiaro che, comunque, intendeva esprimere l'idea d'una realtà più ampia di quella ordinariamente contemplata, inclusiva della sopravvivenza d'un quid verosimilmente imperituro ed autocosciente alla morte fisica.)
- ^ Mario Beauregard, PhD., è un neuroscienziato attualmente affiliato con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Arizona. Ha conseguito una Laurea in Psicologia ed un Dottorato in Neuroscienze presso l'Università di Montreal. Ha anche svolto Borse Post-Dottorato presso l'Università del "Texas Medical School" (Houston) e presso l'"Istituto Neurologico di Montreal" ("MNI"), "McGill University". Il Dr. Beauregard è autore di oltre 100 pubblicazioni (articoli, saggi, capitoli di libri) nel campo delle Neuroscienze, della Psicologia e della Psichiatria. E’ stato un precursore nell’utilizzare le neuroimmagini nelle neuroscienze per indagare le basi neurali del controllo volontario in relazione alle emozioni. In virtù della sua ricerca in neuroscienze della coscienza, è stato selezionato (nel 2000) dal "World Media Net" come uno dei "Cento Pionieri del 21° secolo". Inoltre, la sua ricerca innovativa sulla "neurobiologia delle esperienze spirituali" ha ricevuto copertura mediatica internazionale, e sul suo lavoro è stato prodotto un film-documentario ("The Mystical Brain", "Il cervello mistico", 2007). Il Dr. Beauregard è apparso in diversi programmi radio negli Stati Uniti, Canada, Europa, Asia ed Australia. La sua ricerca è apparsa in TV (Discovery Channel) ed in molti giornali e riviste specializzati, tra cui Nature, Science, The New Scientist, Scientific American Mind, e The Economist. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Joel F. Lubar Award (International Society for Neuronal Regulation, USA) e lo Spectrum Award (The Institutes for the Achievement of Human Potential, USA). Essendo anche un Autore, il Dottor Beauregard ha pubblicato "The Spiritual Brain" (Harper Collins, 2007) e "Brain Wars" (Harper Collins, 2012). In questi libri, egli dimostra che la mente e la coscienza sono molto più che l'attività delle cellule nervose nel cervello. Nel 2013, il Dr. Beauregard ha partecipato ad un dialogo con il Dalai Lama per quanto riguarda la scienza della mente (Melbourne, Australia). Ha inoltre partecipato a "What the BLEEP: Now What!?", un sequel di "What the Bleep Do We Know!?" Collabora attivamente all’articolazione del nuovo paradigma scientifico post-materialista. Co-autore del "Manifesto per una scienza post-materialista", il Dr. Beauregard è anche l'Autore della "Theory of Psychelementarity" ("Teoria della Psicoelementarità") ed uno dei Fondatori della "Campaign for Open Science" ("Campagna per la Scienza Aperta").
- ^ I ricercatori dell'Università di Montreal, Dr. Mario Beauregard, Evelyne Landry St-Pierre, Gabrielle Rayburn e Philippe Demers hanno recentemente pubblicato una lettera al Direttore della prestigiosa rivista medica "RESUSCITATION", riportando uno studio retrospettivo condotto all'Hôpital Sacré-Coeur, un Istituto di Ricerca affiliato con l'Università, di alcuni casi di arresto cardiocircolatorio ipotermico nel periodo 2005-2011. Dei 70 casi, un totale di 33 pazienti ha risposto con questionari compilati e tre pazienti (9%) hanno riportato attività mentale conscia durante la procedura di ipotermia. Queste procedure sono simili alla famosa operazione in "standstill" usata per Pam Reynolds Lowery nel 1991, con la conseguente profonda esperienza di premorte della Reynolds e verifica delle percezioni uditive e visive, caso che è stato ampiamente analizzato e dibattuto. Il Dr. Beauregard e Colleghi hanno recentemente segnalato un altro evento (avvenuto nel 2008), di inspiegabili e verificabili percezioni durante l'anestesia, riportate da una paziente durante un arresto cardiocircolatorio ipotermico. La 31-enne paziente (J.S.), sottoposta a correzione chirurgica di emergenza d'una dissezione aortica, non poteva, ovviamente, vedere o parlare con i membri del "team" chirurgico, né le era possibile osservare le macchine dietro la testata del tavolo operatorio, perché era in anestesia generale e con gli occhi chiusi da nastro adesivo. Dall'esperienza OBE avvenuta durante l'operazione, J.S. ha riportato sentimenti di pace e di gioia e dice di aver visto una luce brillante. Poi ha riferito di aver notato un infermiere che passava gli strumenti chirurgici al cardiochirurgo, ed ha descritto le macchine per l'anestesia (bombole rossa e blu), nonché l'anestesista ad esse addetto, e quelle per l'ecografia, tutte situate dietro la sua testa. Beauregard ed i suoi Colleghi hanno verificato che le sue descrizioni sono accurate, confermate anche dal chirurgo che ha operato su di lei. I ricercatori avvertono che non può essere determinato con certezza se l'esperienza oggettiva riportata da J.S. si sia verificata proprio durante i 15 minuti di arresto cardiocircolatorio: "...tuttavia, il caso di J.S. solleva una serie di domande imbarazzanti. Per questo motivo, ci auguriamo che possa stimolare ulteriormente la ricerca per quanto riguarda la possibilità di attività mentale cosciente durante l'arresto cardiocircolatorio".
- ^ http://iands.org/research/research-news/807-veridical-obe-perceptions-in-a-qstandstillq-operation.html
- ^ Proprio alla luce di tutto questo, non apparrebbe per nulla giustificata, l'affermazione della Cariglia "non stiamo cercando le 'prove della sopravvivenza', una contraddizione in termini, giacché non v'è trascendente se non v'è fede", seppur risalente al 2007 (relazione "La vittoria della vita nei fenomeni intorno alla morte", da "Sopravvivere. Il velato destino della personalità.", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2007), e neppure quella di Giorgio Cozzi "lo (...) spiritualismo può solo rispondere con la fede, non può certificare i fatti extra-corporei", ancor meno giustificata perché è del 2013 (relazione "Ricerca parapsicologica ed esperienze medianiche: materia e spirito nell'improbabile possibile", da "Dimensioni sconosciute", Atti del 17° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino, 2013); e se lo stesso Cozzi, nella medesima occasione, aggiunge che "il ruolo della parapsicologia, tra materia e spirito, è trovare la via dell'integrazione, rendere l'improbabile possibile", ebbene, pare proprio che vi stia riuscendo! Lo stesso Dottor Mario Zampardi, già medico specialista in psichiatria, già Primario Ospedaliero e Capo Dipartimento Salute Mentale del Servizio Sanitario Nazionale, attualmente libero professionista, che pure ha sempre tentato di inquadrare gli stati anomali di coscienza entro modelli interpretativi "scientifici" e "razionali", è costretto a rilasciare queste dichiarazioni: "Durante queste condizioni cliniche estreme, quando cioè il paziente si trova in una condizione clinica comatosa o simil-comatosa, quando una gran parte della rete neuronale della neocorteccia, per l'azione anche dei cosiddetti 'falsi mediatori', si trova in uno stato funzionale di black-out, ha senso parlare ancora di 'coscienza'? Ha senso parlare ancora di 'visione panoramica'? La maggior parte dei neuroscienziati ritiene che occorra una intera rete neuronale intatta, perché si determini una funzione complessa come la coscienza: e, chiaramente, non è questo il caso quando si ha, forse, solo una rudimentale attività cerebrale nel tronco encefalico profondo. Questo tipo di attività, ammesso che effettivamente possa esservi, non corrisponde a quella che riteniamo essere necessaria per avere quella funzione complessa che è la coscienza. Quindi, dal complesso dei dati riportati dalla letteratura specialistica, a tutt'oggi abbiamo una situazione caratterizzata da un lato da un cervello fisiologicamente non funzionante per quanto attiene alle funzioni mentali superiori, privo di coscienza e, dall'altro, dei pazienti che affermano di essere stati coscienti e lucidi per tutta la durata dell'intervento e di avere partecipato emotivamente, in una sorta di rivisitazione mnemonica, ai propri trascorsi vissuti esistenziali. Ma di che cosa effettivamente si tratta? Come spiegare questi casi con i noti paradigmi scientifici? Un paradigma è un'acquisizione teorico-concettuale che sta alla base della normale ricerca scientifica, polarizza e guida stabilmente l'attività dei ricercatori nell'ambito di una specifica disciplina. E' una sorta di 'super-teoria', una formulazione di portata abbastanza ampia da influenzare l'organizzazione della maggioranza o di tutti i principali fenomeni conosciuti nel suo campo. Un paradigma diviene una struttura implicita per la maggioranza degli scienziati che lavorano nel proprio ambito. Pertanto, gli aderenti ad un paradigma non pensano mai seriamente di metterlo in dubbio. D'altra parte, definendo implicitamente alcune linee di ricerca come futili o prive di senso, un paradigma funge da 'paraocchi'. Thomas Kuhn, nel suo saggio 'La struttura delle rivoluzioni scientifiche', ha discusso questa funzione di paraocchi come un fattore principale nella mancanza di comunicazioni efficaci durante gli scontri tra paradigmi. Quando dati che non hanno senso nei termini del paradigma sono portati all'attenzione del consesso scientifico, il risultato normale non è una rivalutazione del paradigma, ma un rifiuto o una errata percezione dei dati. Sono stati, ad esempio, registrati casi clinici in cui, quando il cervello è notevolmente compromesso, i soggetti pensano, d'un tratto, in modo più chiaro. Si è trattato di casi, eccezionali, di persone con demenza irreversibile o gravi malattie mentali, che, alcuni istanti prima di morire, hanno acquistato una perfetta lucidità mentale, riconoscendo i membri della loro famiglia, hanno acquistato un eloquio coerente cessando di essere vittime di illusioni e, dopo di ciò, sono morte. Che tipo di processo mentale, in questi casi, è quello che ci si presenta? Non abbiamo, al momento, alcuna spiegazione scientifica, per questi fatti. Ci si domanda: se, nei casi definiti di NDE, arriviamo al punto, sul piano clinico-funzionale, di aver poche cellule connesse tra loro, poche circuitazioni neuronali ancora efficienti, ha senso affermare che queste poche cellule abbiano coscienza? Io credo di no. La fenomenologia NDE, globalmente considerata, sembrerebbe più comodamente adattarsi a schemi teorico-concettuali che non assumano che la coscienza è solamente una funzione del cervello. I vari tentativi di fare rientrare questi fenomeni nell'ambito del nostro inquadramento scientifico dominante si sono rivelati, fino ad ora, estremamente inadeguati e sembrano principalmente ignorare gli aspetti principali di questa fenomenologia, la cui possibile realtà globale viene negata a priori. Gli studi seri sembrerebbero suggerire che la coscienza potrebbe, in particolari situazioni-limite, essere riguardata come qualcosa di diverso, da un prodotto del cervello. Si tratta - è bene ricordarlo - di una concezione estremamente impopolare negli ambienti scientifici ma, al tempo stesso, abbiamo sufficienti indizi scientifici da poter concedere all'idea una seria considerazione e approfondirne la ricerca. John Eccles (Nobel per i suoi studi sulla funzionalità sinaptica) ha ipotizzato, come è noto, una ipotesi dualistica-interazionista della mente, con un 'campo mentale' di natura 'granulare' composto da psiconi, dove lo psicone è definito come una unità di esperienza sensoriale (un bit di informazione) e non come una struttura che dà luogo ad una esperienza. L'intenzione mentale, nelle interazioni neuroniche, potrebbe agire a livello di una singola vescicola della 'griglia pre-sinaptica', come un campo di probabilità quantistica, influenzando la stessa attività corticale. L'intero campo generale delle esperienze coscienti sarebbe anche esso granulare, e potrebbe quindi essere chiamato in causa per una spiegazione onnicomprensiva della fenomenica NDE. Ovviamente siamo ancora in fase del tutto iniziale di ipotesi che richiederanno, in un prossimo futuro, un immenso spettro di studi sperimentali e concettuali." (Relazione "La visione panoramica nell'NDE al vaglio della psichiatria", da "Segreti percorsi dell'essere", Atti dell'14° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2010) Una considerazione molto triste correlata a quando constatato da Mario Zampardi la fa Patrizio Tressoldi (Ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova, Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, Direttore d'uno studio sulla fenomenologia e fisiologia dell'intuizione di eventi apparentemente casuali, Autore con Massimo Biondi del volume "La Parapsicologia", edito da Il Mulino, Bologna, 2007): "Quando si mettono in discussione paradigmi consolidati (...) la difficoltà per accedere a fondi di ricerca e, successivamente, per vincere le resistenze dei colleghi alla divulgazione dei dati di ricerca, aumenta enormemente, complicando eventuali progetti di carriera." (Relazione "Mente estesa: il contributo della ricerca scientifica", da "Alle frontiere della coscienza", Atti dell'15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2011) E non si può in questo caso non ritornare alle parole, pur già menzionate, di Enrico Facco (per le sue referenze, vedere nota 8): "I dogmi, i pregiudizi e le credenze sono un prodotto della coscienza ordinaria corroborato dal potere; questo non vale solo per la religione ma per tutte le attività umane, dalla politica alla gestione della scienza e delle sue conoscenze." (Relazione "Esperienze di pre-morte: una realtà fra scienza e pregiudizio", in "Alle frontiere della coscienza", Atti del 15° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2011) Dunque, prova sostanziale acquisita, sì; anche se, comunque, sarebbe auspicabile non fermarsi soltanto a quella prova che verrebbe fornita dai fenomeni di punta dell'NDE, ma, bensì, supportarla con altri studi egualmente suggeritivi del medesimo esito, come i segni di nascita, rilevati prima da Ian Stevenson e poi da altri ricercatori indipendenti, sul corpo di bambini impersonificanti personalità precedenti defunte, segni di nascita questi (voglie, malformazioni, etc.) corrispondenti ai segni di morte di quelle stesse personalità precedenti impersonificate dai bambini attuali (per quanto costoro possano fornire informazioni non del tutto esatte sulla personalità precedente, il che potrebbe essere dovuto ad una contaminazione del corpo causale, l'elemento del complesso animico più sottile e che tiene memoria delle varie incarnazioni, una volta per l'appunto avvenuta una nuova incarnazione in un nuovo complesso cerebrale. Stevenson comunque ha preferito chiamare questo vettore che trasporta non solo le informazioni, ma la personalità stessa da un individuo deceduto ad uno nascente, lo psicoforo). Ed anche tenendo presente, beninteso, quel che afferma lo psichiatra e parapsicologo Giovanni Iannuzzo, e cioè che "in campo scientifico il concetto di 'prova' indubitabile non esiste, o perlomeno è una astrazione o, ancora, è suscettibile di aggiustamenti continui", e che "la conoscenza scientifica può non essere definitiva e soprattutto il fatto che una prova non esista in modo inoppugnabile non significa che non possa esistere un 'corpus di evidenze sufficienti' a consentire un atteggiamento di ragionevole convinzione dell'esistenza di un fenomeno o di una classe di fenomeni" (Relazione "Quale destino individuale oltre la soglia della vita?", da "Sopravvivere. Il velato destino della personalità.", Atti dell'11° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine", San Marino, 2007).
- ^ "Ricordi, sogni, riflessioni" cap. X, BUR Saggi, Ed.2007
- ^ «L'aldilà esiste»: parola di neurochirurgo - Corriere.it
- ^ a b c d e Da www.near-death.com
- ^ Dal sito ufficiale
- ^ Da Internet Movie Database
- ^ Da www.near-death.com
- ^ Da LiberoQuotidiano.it
- ^ Antonio Socci su il Giornale
- ^ Da www.near-death.com
- ^ Stralcio pubblicabile per gentile concessione della Casa Editrice BUR Rizzoli, che ha acquisito a sua volta i diritti dalla Edizioni Il Saggiatore ed in seguito dalla Bollati Boringhieri, la quale ultima di Jung cura l'Opera Omnia.
- ^ Dal sito dell'AIP (Associazione Italiana Psicologi e Psicoterapeuti Liberi Professionisti)
- ^ Come comunque già visto, Fulvia Cariglia, nella sua Relazione "L'importanza di chiamarsi informatori", in seno a "Il volo della coscienza", Atti del 18° Congresso Internazionale delle esperienze di confine, San Marino, 2014, contesta che, nel caso dell'esperienza di Jung, si possa parlare di "esperienza di premorte", constatando che Jung stesso se ne riferisce come ad una "strana esperienza allucinatoria", ed afferma che in quel "mondo visionario" si addentrò per ben tre settimane, entusiasta la notte di ritornare con la mente a quel meraviglioso teatro di idee; dunque, le sue "visioni" vennero da lui percepite per più di venti giorni consecutivi, e comunque piuttosto diverse da quelle che conosciamo come classiche NDE; difatti, dice, "duravano per circa un'ora: poi mi addormentavo di nuovo". In effetti, non si può negare che, un vissuto simile, può essere considerato solo parente, semmai, di una NDE classica.
- ^ Non è qui evidentemente possibile trattare di quel che avverrebbe tra un'incarnazione e l'altra. Comunque, a parte il "Bardo Thodol - Il libro tibetano dei morti", consigliabile nella versione a cura di Robert A.F. Thurman, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1998, vi sono almeno tre libri specifici in argomento, editi in lingua italiana: "Dopo la Morte prima della Rinascita - Un'affascinante indagine sul 'bardo', il periodo intermedio tra la morte e una nuova vita", di Joel L. Whitton & Joe Fischer, Armenia Editore, Milano, 1998 (edizione originale 1986), "Il tempo tra due vite - Ricordi che emergono sotto ipnosi", di Andy Tomlinson, Edizioni Amrita, Torino, 2013 (edizione originale 2007), e "L'anima prima della nascita, in vita, dopo la morte - I più importanti maestri spirituali ci guidano alla scoperta della 'luce dell'anima' nella nostra vita quotidiana", a cura di Eliot Jay Rosen, Gruppo Editoriale Armenia S.p.A., Milano, 2000 (edizione originale 1998).
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 14.
- ^ "Il sonno, il sogno e la morte", Relazione tenuta in "La luce e la rinascita. Atti del 5° Congresso Internazionale di studi sulle esperienze di confine", San Marino, 2001.
- ^ Per le sue referenze, vedere nota 80.